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  • N.2 - Aprile-Giugno
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Libri

Letteratura

“Andando in una caserma per qualche tuo affare d’importanza tu pensi naturalmente di doverti rivolgere al colonnello, che risponderà esaurientemente a ogni tua questione, o a ogni tuo desiderio. Dopo averti ricevuto con molta garbatezza egli ti farà introdurre per mezzo dei suoi piantoni da un aiutante maggiore in prima. Ed anche questo sarà teco pieno di cortesia e non lesinerà sui minuti di cordiale conversazione. Infine suonerà un campanello e venuto il piantone tu sarai introdotto da un aiutante maggiore in seconda. Qui, per quanto l’ufficio sia un po’ meno tranquillo degli altri, pure ti sarà fatta ottima accoglienza, e concludendo ti si indicherà di rivolgerti da un certo maresciallo o un semplice sergente che sia. La stanzetta di questo ultimo la troverai piena di gente che va e che viene e sui tavoli vi vedrai ammassate migliaia e migliaia di carte. Il maresciallo o il sergente sarà dietro a scrivere, l’ascoltatore in una mano, e al tempo stesso risponderà ad uno che lo consulta.
Ti converrà aspettare non poco in un angolo, ma se prendendo il momento buono ti avvicinerai a lui e in quattro parole gli farai la tua richiesta, egli con altre quattro o meno se potrà, ti dirà chiaro e tondo il fatto tuo.”

Aldo Palazzeschi

Due imperi … mancati
(L’opera è in libreria nella collana Oscar scrittori moderni della Mondadori al prezzo di euro 8,26)

Anche Aldo Palazzeschi si è cimentato con un libro di guerra, descrivendo la sua esperienza militare durante la Prima guerra mondiale. Non è un’esperienza eroica, né un’esaltazione roboante dell’intervento bellico contro gli Imperi … centrali. L’opera è indubbiamente un atto d’accusa che, al di là di ogni retorica, vuole mettere a nudo le ipocrisie, la tragicità degli eventi, e l’immane catastrofe che ha coinvolto un intero continente. A momenti di prosa, dove la pungente ironia dell’Autore giunge quasi ad un sarcasmo dissacrante, si alternano pagine poetiche che materializzano in poche righe una profonda angoscia umana. La sensibilità di Palazzeschi, il suo radicato senso etico, il suo impegno morale emergono con vigore e determinazione, non lasciando scampo al lettore, chiamato a confrontarsi costantemente con il bene e con il male. Mirabili le pagine che definiscono alcuni aspetti antieroici della vita militare, l’ambiente delle retrovie, delle caserme e dei distretti, dove lontani dal fronte si consumano piccole e grandi nefandezze e le miserie umane sembrano quasi amplificate nel loro lato negativo da quello che, invece, si vive lontano sul fronte di guerra. Palazzeschi descrive con efficaci sfumature psicologiche la vita di relazione all’interno delle caserme, dando un’interpretazione tutta sua della via gerarchica, dipingendo con poche ma incisive pennellate le figure principale di questo mondo, tra le quali quelle degli ufficiali, classificati secondo un’originale visione degli uomini e delle loro passioni. Due imperi … mancati è certamente una lettura fuori dal coro propagandistico, una rilettura spietata dei tempi e degli eventi, una giusta pausa di riflessione per poter inquadrare, secondo tutte le prospettive interpretative, un periodo storico tra i più tormentati e significativi.



“Poi Cosmo dice forte di mettersi tutti ritti e chi ha il cappello se lo tolga. E dice chiaro che i partigiani Blister e Jack del plotone di Treviso, rei confessi di rapina ai danni di questa brava gente che è dei nostri, saranno fucilati in forza dell’articolo tale del bando tale.”

Beppe Fenoglio

Appunti partigiani, ’44 - ’45
(L’opera è in libreria per i tipi Einaudi al prezzo di euro 7,50)

Appunti partigiani è il primo racconto sulla Resistenza di Beppe Fenoglio, scritto di getto sui fogli dei registri di conto tenuti dal padre macellaio. Nel racconto c’è tutta l’epopea partigiana che sarà mirabilmente narrata del romanzo maggiore, Il partigiano Johnny. Tutti i temi cari all’Autore appaiono nella loro quotidiana immediatezza e nella semplicità descrittiva di uno stile asciutto ed essenziale: la lotta, solitaria e coraggiosa, di pochi uomini male armati e peggio equipaggiati, la repressione determinata e spietata, i boschi e gli ambienti naturali delle Langhe, l’amicizia sincera e la solidarietà che si scontrano con una realtà drammatica e feroce. La profonda umanità che traspira dal racconto è l’unico antidoto contro la brutalità del presente, la necessità di combattere con altrettanta ferocia e determinazione, i processi e le esecuzioni sommarie per mantenere un livello minimo di disciplina ed efficienza operativa. Sullo sfondo una popolazione umiliata e sofferente, ma dignitosa nell’intima resistenza del proprio animo. Il racconto richiede la partecipazione del lettore e scorre nelle poche pagine con il vigore di un torrente in piena. Non si può rimanere indifferente agli Appunti partigiani e, soprattutto, non si può non continuare a scoprire Beppe Fenoglio e il suo mondo narrativo, sospeso tra l’epico e il fantastico: quale migliore preludio alle sue opere più impegnative.


“Due carabinieri condussero il tenente colonnello verso la riva del fiume. Camminava nella pioggia, vecchio, a capo scoperto, con un carabiniere per parte. Non vidi la fucilazione ma udii gli spari. Stavano interrogando un altro. Anche questo ufficiale si era allontanato dalle sue truppe. Non gli permisero di dare una spiegazione. Quando lessero la sentenza sul notes pianse e quando lo fucilarono stavano interrogandone un altro. Facevano in modo di essere occupati ad interrogare il prossimo mentre veniva fucilato quello che era stato interrogato prima. In questo modo era evidente che non potevano ripensarci. Non sapevo se aspettare l’interrogatorio o tentare subito la fuga. Era evidente che secondo loro ero un tedesco in uniforme italiana, vedevo come lavoravano i loro cervelli; posto che avessero cervelli e che lavorassero. Erano tutti giovani e stavano tutti salvando la patria. Il secondo esercito andava ricostruito di là del Tagliamento.”

Ernest Hemingway

Addio alle armi
(L’opera è in libreria nella collana Oscar classici moderni della Mondadori al prezzo di euro 8,40)

La Prima guerra mondiale, combattuta sul fronte italiano, campeggia in uno dei più bei romanzi di Ernest Hemingway. Un romanzo di guerra, ma anche d’amore, dove la storia tra un ufficiale di sanità, volontario di guerra, ed un’infermiera, entrambi stranieri, si intreccia e si dipana attraverso i tragici eventi della disfatta di Caporetto e della ritirata oltre il Piave. La densità e la drammaticità della narrazione scorre velocemente sulla punta di una penna quanto mai felice ed efficace. Il romanzo può leggersi d’un fiato, ma - talvolta - si è quasi costretti ad interrompere l’appassionata corsa letteraria, perché la riflessione reclama un adeguato spazio. La riflessione è necessaria per rendere merito ad una trama narrativa che coinvolge il lettore nella sua più profonda umanità. Molti sono i temi che Hemingway affronta nel suo romanzo, dalla guerra all’amore, dalla vita alla morte, dal coraggio alla codardia. È un racconto che punta su un vissuto sentimentale che non lascia campo ad ambiguità di sorta ed è costruito sulla costante comparazione degli opposti, in una dinamica dicotomica dove si incontrano e si scontrano gli estremi. All’interno del romanzo c’è tutto il mondo militare, le sue regole e la sua disciplina, il cameratismo e il senso del dovere, l’aspro combattimento e il coraggio, ma anche l’assurdità di alcune decisioni, la disumanità dell’intervento repressivo, la vigliaccheria e la fuga, l’“imboscamento” e la diserzione. In questo scenario, dove si tocca con mano la precarietà dell’esistenza e la violenza ingiustificata, l’Autore inserisce una tenerissima storia d’amore che, però, non riesce a sfuggire alla drammaticità dei tempi. Il titolo del romanzo sembra proprio evocare un senso di profonda disfatta che coglie l’uomo di fronte alla fatalità degli eventi ed alla sovrumana forza degli accadimenti. Addio alle armi , allora, suona come una rinuncia alla lotta, un abbandono disperato ad un destino infausto, una rinuncia ad inseguire ancora la propria felicità. Rimane - però - come motivo dominante di tutto il romanzo, quasi in controluce, la forte aspirazione a qualcosa di migliore, la rinuncia alla violenza e il profondo senso della vita.





“Il 15 gennaio 1943 la forza organica del corpo d’armata alpino sul fronte russo (compresi gli ufficiali, le truppe e i servizi del comando della grande unità) si aggirava sui 56.000 uomini. Ogni divisione alpina aveva una forza di circa 16.000 uomini.
Sul finire della ritirata, dal 31 gennaio al 2 febbraio, ‘da Scebekino vengono sgombrati su Kharchov 7.571 tra feriti e congelati. Con la colonna (del corpo d’armata alpino, o meglio della Tridentina) sono sfuggiti all’accerchiamento oltre ai feriti e ai congelati spedalizzati: 6.500 uomini della tridentina, 3.300 della Julia, 1.600 della Cuneense, 1.300 della Vicenza, 880 del corpo d’armata e suoi servizi, 8-9.000 tedeschi, 6-7.000 ungheresi’.
Perdite complessive del corpo d’armata alpino in ufficiali e soldati morti o dispersi, feriti o congelati: 43.580, pari a circa l’80 per cento.”

Nuto Revelli

La strada del davai
(L’opera è in libreria per i tipi Einaudi al prezzo di euro 12,50)

Nuto Revelli è stato un ufficiale in servizio permanente effettivo degli alpini, ha partecipato alla campagna di Russia durante la Seconda guerra mondiale ed ha vissuto la tragica epopea della ritirata del corpo d’armata alpino. Rientrato in patria ha combattuto nella Resistenza, lasciandoci una testimonianza per molti aspetti unica dell’impegno come militare, come patriota e come uomo di principi incrollabili. Revelli ha vissuto in prima persona una vicenda esistenziale irripetibile, che ha condensato in molte opere, tra le più significative di quel periodo storico. Autore, tra l’altro, di Mai tardi, con La strada del davai ha voluto dare voce anche agli altri protagonisti di quelle tragiche vicende. L’opera è un insieme di racconti brevi, tratti dalla diretta narrazione degli interessati, che compongono un quadro quanto mai completo di fatti, personaggi e vicende di guerra. Sono 42 storie, tutte differenti e tutte in qualche modo simili nella sofferenza e nel ricordo di chi le ha vissute, tanti piccoli frammenti che rappresentano uno scenario complessivo di fame, di freddo, di fuga disperata dalla prigionia e dalla morte. Sono 42 storie, potrebbero essere anche molte di più, ma sono già di per sé sufficienti a lanciare un chiaro messaggio che ognuno di noi ha il dovere di raccogliere. Avanti, cammina (come si potrebbe tradurre la parola russa “davai”), sembra voler dire l’opera al lettore che si accinge a ripercorrere più volte lo stesso cammino, ma ogni volta con qualcosa di più nel cuore e nell’animo. La lettura sembra trasmettere una forza d’animo, analoga a quella che ha sostenuto migliaia di uomini dispersi nel bianco e gelido inverno russo. Essa è un arricchimento costante che non lascia indifferenti, che provoca talvolta un senso di reazione per tanto dolore, ma anche una consapevolezza più matura. La strada del davai è un’opera che lascia il segno, una testimonianza che va coltivata e tramandata, una radice tra le più belle e solide sulla quale oggi germogliano i nostri frutti. Lo stile diretto ed essenziale di Revelli rende la lettura piacevole e coinvolgente, senza pause retoriche o stilistiche. Non si finirebbe mai di leggere libri come questi.

a cura del
Ten.Col. CC Fausto Bassetta


Novità editoriali

Loris D’Ambrosio

La pratica di polizia giudiziaria

CEDAM editore,
2007, pagg. 1000,
euro 70,00

Sono trascorsi quasi dieci anni dall’ultima edizione del fortunato testo “La pratica di polizia giudiziaria”, pubblicato, per la prima volta, in concomitanza con l’entrata in vigore dell’attuale codice di rito.
Fu un manuale che ebbe, da subito, notevole successo e grande attenzione per la chiarezza con cui riuscì a disvelare anche le più recondite coordinate giuridiche di complessa lettura e di ardua applicazione per “gli addetti ai lavori” che muovevano, preoccupati ma pieni di grandi aspettative, i primi passi con un codice innovativo e frutto di decenni di lavori parlamentari, quindi sintesi di moltepici componimenti.
Le varie edizioni, che si sono succedute nel tempo, anche sulla base di puntuali stimoli degli studiosi e degli operativi correlati anche all’incessante opera - credo senza precedenti nella storia codicistica - di adeguamento alle interminabili novelle ed interventi correttivi dei Giudici costituzionali. Tale circostanza ha imposto, specie nell’ultima edizione, la sesta, la produzione di più fascicoli di aggiornamento, finalizzati a fare un vero restailing del libro base; questo viene evidenziato perché è un fatto molto raro nel settore giuridico-editoriale. Pertanto, dopo un lungo lavoro di reimpostazione e di aggiornamento il Consigliere D’Ambrosio, rispondendo alle pressanti richieste degli operatori di settore, ha ora licenziato la nuova edizione che nasce, rinnovando il suo noto pragmatismo, attraverso il filtro della personale esperienza maturata anche a contatto (forse, soprattutto) con la polizia giudiziaria che opera ai vari livelli di competenza/responsabilità e gli studenti del mondo universitario.
Il nuovo e corposo libro, registra con chiarezza e semplicità, senza sfociare nell’ovvio, il complesso divenire del processo penale, in tutte le sue articolazioni, quindi ivi compresa quella del Giudice di pace, dove è rilevante (innovativo) il ruolo e l’apporto della polizia giudiziaria e su cui ci sono ancora grosse aspettative deflazionatorie del legislatore.
Questa nuova edizione, davvero integralmente rivista, anche sotto il punto di vista organizzativo ed espositivo in quanto è articolata in due tomi, di cui il primo, ovviamente più corposo, di fatto costituisce più di un manuale di procedura, mentre il secondo ha una sua autonoma ripartizione che ricomprende, esaurientemente, le sintesi ragionate, quindi in modo comprensibile e facilmente da interiorizzare, gli istituti processuali, illustrati con un linguaggio stimolante nella lettura, vari prospetti delle competenze fra i diversificati soggetti della giurisdizione e della p.g., completato con innumerevoli schemi redazionali di atti di polizia giudiziaria. Colpisce, subito, durante la scorrevole lettura del primo tomo (articolato in ben 15 capitoli, con dettagliato indice analitico), l’appassionante esame dei singoli istituti portanti e collaterali, nati dal codice stesso ovvero costruiti in questi quasi trent’anni di applicazione, dall’incessante diritto giurisprudenziale.
L’Autore, con la mano ferma dell’esperto chirurgo, incide i vari profili codicistici senza per questo rendere il testo di complessa analisi ed interpretazione, anzi è riuscito a legare ad un lungo filo lo sviluppo processuale, senza tralasciare alcunché. è questa semplicità di linguaggio (amplificata da una pertinente e differenziata grafica che ne facilita la lettura e la ricerca) che riesce a trasformare gli aspetti più difficili in concetti di agevole approccio, rendendo il testo un chiaro e sicuro riferimento per quanti sono chiamati, a vario livello e titolo, quotidianamente e sul battere frenetico della concreta emergenza operativa, ad applicare le norme processuali; per questa ragione molti Comandanti di Stazione Carabinieri ne hanno fatto uno strumento di lavoro ponendolo al fianco del loro divenire professionale per sostenerne proficuamente lo sviluppo processuale dal suo innesco (fondamentale).
La predetta semplicità non va, in alcun modo, ad incidere sulla scientificità del manuale, molto valido per una vastissima fascia di persone, riconducibile non solo a chi è chiamato ad applicare le norme processuali (magistrati e polizia giudiziaria) ma anche a coloro i quali desiderano affrontare esami universitari, concorsi di secondo livello, etc. Infatti, lo studioso, appartenente a qualsiasi taglio culturale e senza uno specifico background (anzi, a costoro ne è facilitato l’apprendimento guidato), è in grado di cogliere dall’esame manualistico tutte le spigolature dottrinali e giurisprudenziali, frutto di una seria ricerca multisettoriale.
Non mancano chiari e continui riferimenti, opportunamente dettagliati, anche ad altre partizioni del diritto sostanziale (non solo penale, che è pure presente con una serie interminabile di situazioni concrete), fra cui segnaliamo gli inediti richiami al diritto disciplinare della polizia giudiziaria (a proposito, è da notare che l’ampia e documentata elencazione delle categorie interessate, con puntuali riscontri giuridici, molti dei quali introvabili, perché risalenti negli anni, è sicuramente esaustiva ed illustrativa dei differenti ruoli operativi e l’ampiezza dei relativi “poteri”). Tali aspetti peculiari, che hanno rilevanti incidenze sullo stesso stato giuridico della polizia giudiziaria (ivi inclusi i soggetti che esercitano funzioni a competenza limitata), sono trattati con appropriati agganci applicativi atteso che la normativa di settore manca di ulteriori momenti esplicativi ed è stata pure oggetto di interventi additivi da parte della Corte costituzionale. Non mancano, in tutto lo sviluppo del manuale, continui approfondimenti speculativi alla luce della più recente ed importante interpretazione giurisprudenziale della Corte suprema e delle più significative novelle che, pur non afferenti il sistema processuale, hanno con esso continui e qualificanti momenti di scambio operativo e cognitivo, atteso che il testo si rivolge anche a quella parte (considerevole).
Sono di ampio rilievo gli innumerevoli suggerimenti pratici, collocati nelle varie partizioni, per l’avvio di particolari tecniche investigative (compresa la piena utilizzabilità degli atti compilati), indispensabili per realizzare un efficace reticolo probatorio.
Qualche ulteriore breve notazione va dedicata al secondo tomo che rappresenta il vero momento pratico (è una esauriente raccolta di tecnica-professionale) della procedura penale, senza per questo scendere nel vago e tedioso tecnicismo. è in questa parte che si può trovare una ricerca esemplificativa per l’operatore di polizia giudiziaria, ai vari livelli di competenza, per trasformare in atti e momenti processuali, l’agire quotidiano sul campo. Nel complesso, l’esperto Autore, Magistrato dalla diversificata e sedimentata esperienza professionale ed universitaria, ha pienamente conseguito l’obiettivo posto sin dalla prima edizione dell’analogo testo: rendere aderente e comprensibili le complesse regole del diritto processuale penale, per una spedita azione investigativa nel quadro generale dei principi costituzionali in tema di “ responsabilità penale e giusto processo”.

Col. Francesco Bonfiglio
Pietro Grasso
Francesco La Licata

Pizzini, veleni e cicoria. La mafia prima e dopo provenzano

Feltrinelli editotre,
2007, pagg. 174,
euro 13,00

Sulla mafia, sul suo divenire nel tempo, certamente non mancano i testi che ne tracciano la storia e la interpretata strategia, ma l’opera di Grasso e La Licata riempie un vuoto nel panorama editoriale nel disegnare l’evoluzione complessiva e lo stato dell’arte basato su recentissimi accadimenti giudiziari che fanno il punto di situazione della struttura del sodalizio di ieri, di oggi e ne spiega le possibili proiezioni, per una valida azione di contrasto.
Il libro molto affascinante nella lettura, si compone in una lunga conversazione tra il Procuratore Nazionale Antimafia Grasso, per tanti anni apprezzato responsabile della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, con il noto giornalista
La Licata profondo conoscitore - come pochi - della mafia sotto il profilo della cronaca giudiziaria nel suo - purtroppo - antico sviluppo.
Il lungo filo del testo, che riannoda le varie fasi che hanno costituito l’insieme della cattura di Provenzano, su cui è fornito un profilo, per certi versi inedito, le problematiche sull’ordine pubblico, le difficoltà operative ed un quadro aggiornato di cosa nostra, lancia grandi speranze sul futuro della Sicilia.
è in cinque partizioni che si snoda il saggio ed in cui sono snocciolati, in modo appassionante, le varie problematiche connesse con l’arresto del latitante, con la sua figura, con le tante e poliedriche criticità sociali senza tralasciare le vischiose contiguità con il “palazzo”, tutti aspetti che confluiscono in un sistema criminale che minaccia la stessa democrazia della Repubblica.
Non è un diario degli avvenimenti, redatto in modo meccanico, ma assurge quasi ad un manuale scientifico per la presa di contatto e la ricerca delle “scie”, spesso fumose che conducono inevitabilmente, ma arduamente, al ricercato. Ed è proprio la persona tanto nascosta e tutelata sul suo territorio sul quale vuole comunque esercitare, secondo la visone “proprietaria” di cosa nostra, il controllo illegale, sfidando apertamente lo Stato ed i suoi organi e accreditandosi potente (garante) nei confronti dei consociati.
Questa truce formula, propria della criminalità del sud, da noi conosciuta per aver concorso alla sua destrutturazione, è quella che spesso consente ai clan di poter operare con le “spalle coperte” e la omertosa compartecipazione, anche se passiva, di ampi strati della sociètà civile, non sempre capace di alzare la schiena e ribellarsi. Gli Autori sono riusciti a sviluppare, anche attraverso la particolare ed approfondita conoscenza dei dati processuali, la lunga scia di sangue legata al sodalizio di Provenzano con una sintesi che non tralascia il fondamento di quanto accertato in sede giurisdizionale. Si intravede nel legare idealmente le singole conversazioni, una valida tecnica investigativa realizzata da piccole intuizioni mescolate a vere e proprie genialità che sono le vere risorse delle Forze dell’Ordine chiamate a contrastare, tatticamente, i sodalizi mafiosi. In sostanza, siamo di fronte ad un libro avvincente come un racconto, una vera e propria testimonianza, ricca di curiosi dettagli che illustrano i patemi degli investigatori, non per questo marginali o poco interessanti, i gravi eventi, molti dei quali disvelati, che hanno caratterizzato la lotta alla mafia negli ultimi decenni.

Col. Francesco Bonfiglio


Christian Jennings

Mezzanotte in una città in fiamme. Le forze speciali britanniche da Belgrado a Baghdad

Longanesi editore,
2006, pag. 277,
euro 17,60

“…Gli otto uomini della pattuglia del reparto aereo dello Squadrone G uscirono dal portello di coda dell’Hercules a seimila metri di quota. Si gettarono nel vuoto con temperatura notturna al di sotto dello zero, respirando ossigeno mentre precipitavano ad una velocità di 190 chilometri l’ora… l’obiettivo dell’operazione era, secondo i rapporti del controspionaggio ricevuti dagli inglesi e dagli americani, una base di talebani e di Al-Qaeda in cui forse poteva nascondersi Osama Bin Laden…”. Questo è l’avvincente stile narrativo con cui l’autore, un giornalista che da dodici anni si occupa di operazioni militari, interventi dei reparti speciali/d’élite e conflitti nelle aree più calde del pianeta, racconta la realtà delle missioni compiute dalle forze speciali britanniche in Sierra Leone (2000-2001), in Kosovo (1999-2001), in Macedonia e Serbia (2001), in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003-2004). Da oltre due decenni le unità dello Special Air Service (SAS) e dello Special Boat Squadron (SBS) costituiscono la punta di diamante dello strumento militare del Regno Unito ed in virtù della loro elevata specializzazione sono stati impiegate nelle più delicate operazioni speciali, di cui gran parte “coperte” ed “occulte”, per portare a compimento ricognizioni speciali, missioni di guerra non convenzionale, attività informative e, soprattutto, operazioni di lotta al terrorismo.
L’organizzazione, le tipologie d’impiego, gli incredibili successi delle loro unità - così come qualche frustrante insuccesso - sono descritti dall’autore con quell’attenzione per i particolari nascosti che solo chi ha vissuto da combat reporter in prima linea, fianco a fianco con gli operatori, può permettersi di conoscere.
Dalle missioni per la ricerca e cattura degli indiziati di crimini di guerra nel Balcani alla incessante attività intelligence in Afghanistan sulle tracce di Osama Bin Laden, si susseguono ad un ritmo incalzante retroscena, aneddoti e testimonianze di momenti operativi che hanno per protagonisti gli uomini dei celeberrimi “Squadroni Operativi” (Sabre Squadrons) del SAS e degli incursori anfibi dell’SBS.
Costituito durante la seconda guerra mondiale in Nord Africa, il SAS è probabilmente il migliore reparto al mondo di Special Forces, con competenze anche in materia di antiterrorismo e contro terrorismo. Il famoso 22nd SAS Regiment è inquadrato in una struttura nota come Special Air Service Group (SASG), che conta altri due reggimenti della riserva ed un reparto trasmissioni di supporto. L’attuale sede è situata a Credenhill, una base area situata ad una ventina di chilometri a est di Hereford, dove per anni è stato di stanza il reparto. Nonostante lo stretto riserbo che circonda il 22nd SAS, è noto che la struttura operativa si basa principalmente su quattro “Squadroni” (Sabre Squadrons), designati A, B, D e G, ognuno suddiviso in tre “Plotoni” (troops) caratterizzati da una propria specialità (operazioni anfibie, in ambiente desertico, in ambiente montuoso/artico, infiltrazioni con paracadute ad ala, ecc.).
L’SBS è di più recente costituzione, giugno 1987, e le proprie pedine operative sono costituite dallo “Squadrone di azioni sottomarine/subacquee” (Squadron C) e dallo “Squadrone di controterrorismo marittimo” (Squadron M), ciascuno suddiviso in sei “Gruppi” di combattimento designati Sections anch’essi caratterizzate da una propria specialità (operazioni in acque artiche, in superficie, in profondità, utilizzo di battelli/offshore, ecc.).
L’autore, ben conscio che le moderne “guerre globali” sono combattute con assetti operativi spiccatamente joint (interforze) e combined (multinazionali), illustra con efficacia espositiva anche il qualificato ruolo di supporto alle Forze Speciali svolto da prestigiosi reparti d’elite britannici quali il Royal Parachutist Regiment, impiegati massicciamente nel giugno 1999 per porre in sicurezza l’area di Pristina (Kosovo) ed i Royal Marines Commando, schierati in Afghanista sin dal febbraio 2002 nell’ambito dell’Operazione di coalizione Enduring Freedom.
Nel paragrafo finale “Un mondo tutto nostro” l’autore si interroga sul futuro ruolo delle forze speciali del Regno Unito, auspicando in particolare per il 22nd SAS un ritorno al passato, nel segno di una tradizione che vuole continuare a fare storia: meno visibilità in compiti ufficialmente dichiarati e più operazioni riservate, ma senza doversi agitare più di tanto, poiché come sottolinea l’autore…”…Al bar della geopolitica mondiale e delle operazioni delle forze speciali è stata concessa, per così dire, una licenza per rimanere aperto anche a tarda ora. Il telefono squillerà sempre e ci sarà sempre qualche personaggio importante che vorrà chiedere al reggimento di ballare…”.

Magg. Gianluca Feroce


Luciano Stroppa

Carabinieri nelle Marche

Edizioni Tecnostampa, 2007, pagg. 207

Il volume realizzato dal Comando Regione Carabinieri “Marche” con il patrocinio e la collaborazione della Regione Marche ricorda la presenza dei carabinieri nelle Marche a partire dall’Unità d’Italia con la costituzione della 13° legione carabinieri reali il cui comando aveva sede ad Ancona.
Allora la competenza territoriale era assai vasta poiché si estendeva sui territori delle allora province di Ancona, Pesaro, Macerata, Ascoli, Teramo, Chieti, Foggia e Campobasso.
Il territorio della legione non fu privo di episodi di valore o di eroismo civile. Basti ricordare, uno per tutti, la cattura del bandito Musolino o il soccorso alle popolazioni locali, attività che allora come oggi contraddistingue il servizio d’istituto dell’Arma dei Carabinieri.
Il libro, dopo aver dedicato una prima parte alla storia dell’Arma ed ai principali avvenimenti sin dalla fondazione del Corpo nel 1814, dedica particolare attenzione agli avvenimenti accaduti nel territorio della legione carabinieri di Ancona rappresentandoli attraverso l’ultilizzo di numerose fonti iconografiche.
Nel volume è ricordato anche il carabiniere Giovanni Burocchi, Medaglia d’Oro al Valor Militare, caduto nelle mani di legionari fiumani e da questi ucciso a seguito del dirottamento del piroscafo su cui esercitava la propri vigilanza partito da Ancona; altri militari seguirono l’esempio del Burocchi.
La legione visse un periodo particolarmente difficile nei mesi successivi alla dichiarazione d’armistizio dell’8 settembre 1943 e sino all’arrivo degli Alleati. In particolare, numerosi carabinieri furono vittime delle armi tedesche nel tentativo di evitare furti e rappresaglie a danno della popolazione locale.
Con la liberazione della regione la legione Ancona fu ricostituita. Con la fine della guerra e la ripresa della ricostruzione in Italia vi furono continui miglioramenti nella organizzazione territoriale dell’Arma e tra questi merita particolare importanza la soppressione della legione nel 1992 con la contestuale costituzione del Comando Regione Carabinieri “Marche” nell’ambito della più complessa riorganizzazione dei reparti dell’Arma.
Va ricordato, tuttavia, che il valore dei militari in servizio nelle Marche non terminò con la fine del II Conflitto Mondiale. Basti ricordare il sangue versato dall’allora capitano Rosario Aiosa, dal maresciallo capo Sergio Piermanni e dall’appuntato Alfredo Beni, tutti decorati di Medaglia d’Oro al Valore Militare (gli ultimi due alla memoria) a seguito di un conflitto a fuoco con una banda di criminali.
In sintesi, il volume intende ripercorrere anche con l’ausilio di numerose illustrazioni, fotografie e documenti, l’attività della legione carabinieri di Ancona e della più giovane Regione Carabinieri “Marche”.

Magg. Flavio Carbone


Filippo Cappellano
Nicola Pignato

Andare  contro i carri armati

Gaspari editotre,
2007, pagg. 396,
 euro 29,00

Il volume dal sottotitolo “L’evoluzione della difesa controcarro nell’esercito italiano dal 1918 al 1945” ripercorre, attraverso la ricostruzione della regolamentazione, tutto il dibattito maturato in Italia dalla fine del Primo Conflitto mondiale sino al Secondo.
È interessante sottolineare come il lavoro di Cappellano e Pignato vada a colmare una lacuna negli studi del settore. Infatti, sebbene vi siano stati alcuni studi di settore e nello specifico relativi all’impiego dei mezzi corazzati, poco o nulla è stato fatto relativamente allo studio delle tecniche di contrasto ai suddetti.
Va chiarito che non si tratta di un lavoro sulla teorica d’impiego dei carri armati e dei sistemi difensivi da questi ma di molto di più. Gli autori, attraverso una documentazione davvero ricca, hanno ricostruito le sperimentazioni successive alla I Guerra Mondiale, lo studio e l’addestramento delle tecniche di lotta controcarri che poi furono testati dapprima durante la guerra civile spagnola e poi nel corso di tutto il secondo conflitto mondiale.
Lo studio analizza concretamente gli sviluppi tattici che l’impiego del carro armato e dei sistemi controcarro videro con l’adozione di nuovi strumenti di lotta come quella ravvicinata. Inoltre, al fine di comprendere compiutamente l’impiego dello strumento militare nel contrasto di mezzi corazzati, sono state analizzate le tattiche e l’impiego dei mezzi corazzati. Un ultimo capitolo è dedicato esclusivamente allo studio degli ostacoli e difese controcarri con particolare riferimento agli ostacoli passivi, alle fortificazioni permamenti ed a quelle costiere.
Completano il volume due appendici: una iconografica con numerose fotografie di carri nemici distrutti ed una documentale che riporta gli organici dei reparti controcarri.
In sintesi, i due autori, il primo ufficiale superiore dei carristi ed il secondo studioso di mezzi e materiali militari sono riusciti nel difficile compito di trattare un argomento dal forte sapore tecnico rendendolo comprensibile ad un pubblico decisamente più vasto.
Si segnala, a completamento, la ricchissima iconografia che impreziosisce il volume.

Magg. Flavio Carbone


Guido Crainz

L’ombra della guerra

Donzelli editore.
 2007, pagg. 150,
euro 14,00

Guido Crainz, professore presso l’Università di Teramo, nel volume “L’ombra della guerra, il 1945 - L’Italia” affronta il dramma di un Paese che ha vissuto una guerra drammatica non solamente per i propri soldati in armi ma per la tragedia di un conflitto il cui fronte ha toccato la maggior parte delle regioni con maggiore o minore intensità e che, per le regioni che non hanno vissuto la nefasta presenza di un fronte con bombardamenti, combattimenti eccetera, è stato ancora più drammatico con la pressione del tallone nemico.
Il libro ripercorre l’effervescenza di quell’anno meraviglioso che portò la fine della guerra e le sofferenze di una economia distrutta e in una fase di ricostruzione appena accennata.
Accanto alla ricostruzione materiale degli edifici, delle industrie, dei collegamenti interni riprese fulminea anche la ricostruzione politica con l’affiorare di vecchie militanze o la fondazione di nuovi partiti.
L’autore, attraverso l’utilizzo della letteratura, del giornalismo dell’epoca, delle fonti bibliografiche ed archivistiche, riesce a testimoniare il passaggio da una Italia uscita stremata da un conflitto di proporzioni colossali e dal ventennio di regime fascista ad una nuova vita democratica.
Si avvia anche il tentativo di procedere alla nascita di una società priva di elementi che maggiormente si erano distinti nel precedente periodo politico. Senza esito.
Emerge anche la chiara testimonianza di un bisogno disperato della normalità e, accanto a questa, di una nuova costruzione sociale. Da una parte affiora la necessità di cancellare il passato, talvolta anche scomodo, ma dall’altra si scorge un futuro pieno di difficoltà ed incerto.
Il libro, organizzato su cinque capitoli snelli e dalla piacevole lettura, riesce a trasmettere le complicazioni e l’emotività di una vita difficile e complessa come quella del 1945 con razionamento alimentare, forte presenza degli Alleati (o vincitori), assenza dei servizi minimi essenziali; tutti aspetti che mostrano un’Italia lontanissima dalla vita odierna e che cerca, nonostante tutte le difficoltà (lutti, sofferenze e privazioni), di riallacciare i fili della vita sociale.

Magg. Flavio Carbone
Domenico Quirico

Generali

Oscar Mondadori,
 2007, pagg. 411,
 euro 10,80

L’autore, affermato giornalista e corrispondente da Parigi per una importante testata gionalistica nazionale, torna ad occuparsi di questioni militari attravero il volume dedicato ai generali.
È interessante sottolineare che il sottotitolo del volume riesci a far comprendere in maniera più compiuta lo scopo del lavoro: “Controstoria dei vertici militari che fecero e disfecero l’Italia”. Non si tratta quindi di una storia ufficiale, bensì di una ricostruzione di alcuni profili di generali che ebbero particolare importanza per la storia nazionale.
La copertina del volume riporta le immagini di sei di essi; Alfonso Lamarmora, Enrico Cialdini, Giuseppe Govone, Fiorenzo Bava Beccaris, Armando Diaz e Pietro Badoglio. In realtà l’elenco è molto più lungo e riesce a ripercorrere la storia nazionale attraverso le ricostruzioni della vita e della carriera di ciascuno di essi.
Il volume, di agile lettura, è stato diviso in sette capitoli: I «piemontesi», i garibaldini, i gendarmi, gli africani, i vincitori, i fascisti e i vinti.
L’attribuzione dei capitoli aiuta a ricostruire i vari momenti della storia nazionale dall’unità d’Italia sino alla fine del Secondo Conflitto Mondiale. Si considerino ad esempio i vincitori in cui Quirico tratta di Cadorna, Caviglia e Diaz. Sono gli artefici della Prima Guerra Mondiale sul fronte italiano e, in questo libro, sono rappresentati con sapore verace, ovvero non parlando solamente dell’ufficiale ma anche dell’uomo, del carattere, della formazione, dei successi e degli insuccessi che ebbero uomini come questi sulle cui spalle furono riposte tante responsabilità.

Magg. Flavio Carbone


Simone Sarasso

Confine di Stato

Marsilio editori,
2007, pagg. 416,
euro 18,00

Entriamo nel “pianeta Italia” con un originale romanzo d’esordio che esplora, con magistrale occhio fotografico, un paese ossessionato dalla violenza e dal crimine; all’interno di una multiforme galleria di fatti e personaggi, sapientemente costruita. “Confine di Stato” è reportage, denuncia sferzante e introspezione: l’analisi interiore di un’Italia che ha perso ormai da tempo il ricordo dell’onore e dell’innocenza, dove le ideologie hanno lasciato il posto ad uno spaccato della nostra storia che risalta le sue grandezze e le sue miserie, così come la sua civiltà giuridica con le sue ingiustizie.
Con il suo primo volume, di una trilogia noir sui misteri e le trame della storia d’Italia dal dopoguerra a tangentopoli, Simone Sarasso accompagna il lettore in un viaggio nel tempo tra il 1954 e il 1972. Un percorso nero e amaro alle radici di un’Italia senza eroi dove, se solo per un istante, le esistenze dei protagonisti avessero imboccato una strada diversa, l’Italia come la conosciamo noi non sarebbe esistita.
Questo non è il tipo di roba che si scrive da soli. Senza i libri che sono venuti prima di me, Confine non esisterebbe. Per molti versi, è un libro che avrebbe potuto scrivere chiunque. La mia fortuna è stata avere l’idea prima degli altri. Un lavoro, quello dell’Autore, che vanta l’originalità di aver raccolto un’insieme di vicende di cronaca vera - con date che corrispondono - nelle quali i protagonisti e i personaggi hanno tutti nomi di fantasia. Un’opera in cui allo sdegno di dover annoverare un’infinità di eventi tragici che ha dilaniato il nostro paese, si accompagna quell’insieme di storie svelate in parte, oscure e misteriose, che hanno indissolubilmente intrecciato i destini di coloro che lo hanno reso così com’è.
In un “dietro le quinte”, che completa il testo in appendice, l’Autore rende omaggio alla letteratura di Carlo Lucarelli, Giorgio Boatti e Giuseppe Genna, per citarne alcuni. Sarasso, rende soprattutto un tributo da autentico fanatico alla prosa di James Ellroy, la quale ha ispirato tutti gli autori di riferimento. Formula altresì omaggi sparsi agli autori di una certa cultura letteraria e fumettistica: dai romanzi Wu Ming ai fumetti di Garth Ennis.

Mar.Ca. Alessio Rumori
Giampaolo Pansa

I gendarmi della memoria. Storie proibite della guerra civile

Sperling & Kupfer editore,
2007, pagg. 503,
euro 19,00

Scopo dei “gendarmi della memoria” è quello di negare l’accesso alla memoria della guerra civile così come la presenta l’Autore nelle sue precedenti opere (“La grande bugia” e “Il sangue dei vinti”), diametralmente opposta a quella che un certa cultura ha voluto consegnare alla storia.
Raccolte le testimonianze di persone che, dopo 60 anni di silenzio, si decidevano ad esporre la loro verità, egli demoliva il mito della Resistenza svelando le vere gesta di molti partigiani, soprattutto a guerra finita: essi avevano sommariamente giustiziato non solo gli ex fascisti sopravvissuti alla guerra, ma anche quelli che li avevano aiutati a salvarsi, coloro che erano semplicemente sospettati di non essere comunisti, esponenti del clero, aderenti ad altri partiti politici. Ne emergeva un punto di vista diametralmente opposto a quello convenzionale.
I fatti accaduti dopo l’8 settembre ma, soprattutto, dopo la guerra, dimostravano che le parti si erano semplicemente invertite.
Da un’ipotetica postazione dall’alto, si sarebbe osservata la medesima tragedia - un carnefice che giustizia la sua vittima - con un semplice scambio di ruolo tra protagonisti e antagonisti. Non tutti liberatori, quindi, i partigiani, ma anche spietati carnefici, boia improvvisati, giustizieri implacabili. All’indomani della pubblicazione delle sue opere, l’atteggiamento nei confronti del giornalista è stato di solida intolleranza.
I gendarmi della memoria prima tacevano sulla visione alternativa dei fatti, oggi censurano e contestano chi la promulga, ricorrendo alla violenza fisica e morale.
“Dopo l’uscita della Grande bugia”, spiega l’Autore “li ho sperimentati tutti, tranne il pestaggio fisico. L’incursione manesca per impedire il dibattito su un libro da proibire. La rappresaglia contro le librerie che ospitavano i miei incontri.
L’incitamento a farmi del male, diffuso via Internet: «Pansa gambizzato», «Pansa al muro», «Pansa a piazzale Loreto»”. Sono frasi che si ispirano a slogan già noti, di qualche decennio fa, quando al grido di “Uccidere un fascista non è reato” si giustificavano atti di violenza inconsulti, abusi, brutalità, prepotenze. Ma l’autore non è nuovo a questo tipo di atteggiamenti visto che nel 1980 la banda di Marco Barbone lo giudicò un giornalista scomodo, per aver pubblicato il volume “Cronache italiane di violenza e terrorismo” (recentemente ristampato da Mondadori con il titolo “L’utopia armata”). Per niente intimorito, egli si ripresenta oggi in libreria caparbiamente determinato a contrastare tanto l’atteggiamento di condanna nei suoi confronti, quanto la sistematica censura proposta verso la vera Storia. Egli mostra l’evidenza dei fatti, l’attendibilità delle sue considerazioni, svelando ulteriori accadimenti celati dai “gendarmi” (il ruolo del Partito nell’Emilia del periodo successivo alla Liberazione; le storie di partigiani comunisti eliminati perché sfavorevoli alle direttive del Partito; altre condanne senza appello pronunciate nei confronti da fascisti sconfitti).
L’Autore denuncia anche l’atteggiamento omertoso e di pavido silenzio palesato dalla “Grande Sinistra” nei confronti di tali violenze, da esponenti politici ben noti agli ambienti della sinistra giovane. “Dopo l’ormai nota incursione di Reggio Emilia il 16 ottobre dell’anno scorso” (un sabotaggio di una libreria che lo aveva ospitato, fatto che indusse polizia e carabinieri a presenziare ad ogni incontro pubblico dell’autore), “decisi di disdire tutti gli appuntamenti futuri. Solo il presidente Giorgio Napolitano espresse pubblicamente il suo sdegno e la sua solidarietà. Il resto della sinistra, silenzio. No, che dico: ci furono le telefonate di Prodi, di Fassino, di Veltroni. Cortesissime e naturalmente privatissime, neanche uno straccio di rigo sull’Ansa. Veltroni mi invitò a parlare al comune di Roma. Mi misi a ridere: “Vuoi che ti sfascino il Campidoglio?”.
Presentazioni del suo libro, quest’anno, non ci saranno: “Non posso tollerare che in un’Italia che deve vedersela con mafia, camorra, ‘ndrangheta, Sacra corona unita e criminalità di ogni tipo, le forze dell’ordine siano costrette a presidiare un luogo dove si parla di un libro”. È una protesta, precisa l’autore, “contro la situazione odierna che ricorda pericolosamente i regimi totalitari, di ogni colore, le cui prime vittime sono i libri e chi li scrive. Protesto contro questa democrazia azzoppata e falsa che ha paura delle idee scomode e totalitariamente non sa far altro che aggredire chi le sostiene. Io continuo a scrivere tutte le settimane il mio “Bestiario” sull’Espresso, scrivo un libro l’anno. Scrivo non solo per i familiari, i fratelli, i figli delle vittime dei partigiani comunisti, ma anche per le migliaia di persone di ogni colore e opinione ansiose di conoscere - dopo oltre sessant’anni! - la verità sulla guerra civile”.
Il volume appare attendibile e non è ardito affermare che Pansa si palesa in termini super partes: non solo perché è un uomo di sinistra, ma anche perché espone gli accadimenti in uno stile scevro dal facile sensazionalismo, avvalorati peraltro da elementi di fatto e prove documentali (al punto che, in un precedente numero della Rassegna, recensendo “Il sangue dei vinti”, chi scrive aveva criticato l’autore perché esponeva i fatti in maniera assai analitica limitandosi a raccontare l’episodio e a suffragarlo con le prove raccolte, quasi fosse una cronaca giudiziaria).
L’autore condanna politici, giornalisti, memorialisti, ma anche appartenenti a sedicenti “movimenti”, come il gruppo romano Antifascism Militant che a Reggio Emilia gridava “Viva Schio!” (ove, nel 1945, furono trucidate cinquantatré persone).
Appartengono, spiega il giornalista, alla sinistra radicale oppure si identificano come intellettuali che vi si ispirano concettualmente. Sono membri della “Casta Rossa” e contrastano ogni lettura in chiave critica del periodo che va dall’8 settembre a quasi due anni dopo la fine della guerra.
Dovrebbero, continua Pansa, dar prova di disponibilità, aprirsi al dialogo e al confronto, ma sono invece aggressivi, superbi, arroganti. Uno di essi - noto giornalista - è arrivato addirittura a proporre l’arresto di tutti coloro che criticano la Resistenza: appartengono non alla Sinistra, ma alla “Grande Sinistra Unita”. “Unita?”, incalza l’autore in un’intervista, “Le dieci sinistre italiane dalle sedicenti riformiste alle regressiste, mi hanno pesantemente randellato per i miei libri, passando dall’intimidazione esplicita alla demolizione ipocrita. La mia grande soddisfazione è vedere che oggi le sinistre si randellano fra di loro e mentre il loro fatturato elettorale è in picchiata, il discredito tocca vertici mai raggiunti prima”. E nel libro puntualizza: “La rissa interna all’alleanza di centrosinistra è diventata un’imitazione ridicola della guerra civile”.
Pansa non rinnega la sua formazione politico-culturale ma si dichiara appartenente ad una sinistra che oggi non esiste più. Sembra di sentir parlare Montanelli, uomo di destra che non si identificava nella destra del suo tempo. “Io sono per i partigiani che hanno fatto cose pulite. E ce ne sono stati tanti”. Egli si schiera dalla parte dei comunisti vittime e abiura i comunisti carnefici. Come Eugenio Corbezzola, un partigiano cattolico di Reggio Emilia ucciso nell’agosto del ‘47 perché indagava su alcuni omicidi sospetti. “Vivo in un Paese che muore di faziosità, stupidità e ignoranza. Non so più dove abito. Probabilmente non andrò più a votare. Mi sento come un vecchio cane da caccia che per antica abitudine continua ad annusare il terreno, cercando una traccia. Una traccia che lo porti a casa. Dove sia questa casa non lo so. Non certo nei partiti. Forse nelle persone, le persone che capiscono. Non di Resistenza si deve oggi parlare, ma di quella grande, orrenda, comune tragedia che fu la guerra civile”.

Magg. Gianluca Livi


Umberto Galimberti

L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani

Feltrinelli editore,
2008, pagg. 180,
euro 12.00

Il nichilismo è la negazione di ogni valore o, più in generale, di uno o più aspetti della realtà. Nietzsche gli attribuiva un significato positivo laddove alludeva alla distruzione di vecchi valori e credenze tradizionali.
Oggi, in un’epoca fortemente tecnologica, la realtà quotidiana sembra misurata utilizzando un parametro attestato su livelli di fredda e meccanica efficienza. Corrosi dal nichilismo, scompaiono, quasi dimenticati i valori tradizionali: identità, libertà, etica, politica, religione, storia. Più degli altri, i giovani sono pervasi da un generale senso di insicurezza, di inappagamento, “condannati a una deriva dell’esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona”.
L’autore descrive il nichilismo giovanile come un ospite inquietante, un concetto già proprio di Nietzsche, secondo cui tutti i valori tradizionali soccombono di fronte agli algidi meccanismi tecnologici dell’era moderna, e prevalgono l’appiattimento degli orizzonti, la cancellazione delle passioni, l’inaridimento interiore. La società prospetta loro un mondo che all’apparenza sembra estremamente divertente, ma che in realtà è pervaso di bieco consumismo, del concetto dell’usa e del getta, del frivolo, dell’apparenza. “Ciò che si consuma” in realtà, precisa l’autore, “è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa”. In questo “deserto emotivo, creato dal nichilismo”, i giovani si indirizzano verso forme di devianza come il bullismo nelle scuole, le violenze negli stadi, le droghe nelle discoteche.
Per l’autore, un siffatto scenario scaturisce da una visione culturale, anzi sub-culturale, piuttosto che da problemi di natura psicologica o sociale. Egli ritiene che la soluzione sia nascosta tra le righe de “La gaia scienza”, di Nietsche, ove il filosofo tedesco promulgava: “La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo sempre più ricca, più desiderabile e più misteriosa (.) La vita come mezzo di conoscenza. Con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma anche gioiosamente vivere e gioiosamente ridere”. Orbene, l’autore è della convinzione che gli adulti debbano insegnare ai propri ragazzi l’“arte del vivere”, come dicevano i Greci antichi, che consiste nell’autodeterminazione, nella volitività, nella fiducia in se stessi. Insomma, i giovani devono apprendere come identificare le loro potenzialità, imparare ad esternarle in maniera ponderata ma proporzionata all’ambiente circostante, allontanando definitivamente “l’ospite inquietante”. Galimberti - filosofo, psicologo e saggista di successo - sintetizza efficacemente il pensiero di Freud, Benasayag, Ehrenberg, Blask e Nietzsche. Soprattutto quest’ultimo esercita nei confronti del lettore un fascino incondizionato: i suoi aforismi sono ricorrenti in tutta l’opera. C’è anche posto per Kerouac, uno degli esponenti più rappresentativi della beat generation, instancabile sostenitore del viaggio (suo, lo splendido e intramontabile “On the Road”, del 1957) inteso quale momento di introspezione e di realizzazione dei rapporti tra individuo e mondo esterno. L’unico neo del volume è lo stile narrativo, non fruibilissimo, soprattutto nella considerazione che l’opera potrebbe avere anche una destinazione giovanile.

Magg. Gianluca Livi


Pier Luigi Vigna
Carabba

Codice di procedura penale

Laurus Robuffo editore,
2007, pagg. 1120,
euro 80,00

Spesso la lettura di un articolo, pur commentato, ma estrapolato dal contesto nel quale è stato inserito dal Legislatore, non esplicita fino in fondo la sua portata ed efficacia normativa. E per questa ragione che si sono premesse le Note generali ai vari titoli del Codice di procedura penale che, all’interno degli Undici libri in cui si articola, contengono le norme relative a specifici istituti. Ogni articolo del Codice è poi corredato da un apparato di riferimento costituito da modifiche legislative, decisioni della Corte Costituzionale, giurisprudenza e note, anche con eventuali opinioni della dottrina su singole tematiche. L’analisi degli istituti e i commenti alle singole disposizioni codicistiche sono aggiornati fino ad agosto 2007, anche con l’esposizione delle principali normative (ad esempio intercettazioni) in corso di approvazione da parte del Parlamento. Il volume dedica anche gli opportuni commenti al processo penale davanti al Giudice di Pace ed a quello a carico di imputati minorenni.