Inaugurazione Anno Accademico 2007-2008

Il 31 gennaio 2008, nell’Aula Magna, alla presenza dei rappresentanti degli Organi Costituzionali, nonché di numerose Autorità civili, militari, religiose e del Corpo docente, si è aperto ufficialmente l'Anno Accademico 2007-2008. Hanno preso la parola, nell’ordine, il Comandante della Scuola, Gen. D. Massimo Iadanza, il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Gianfrancesco Siazzu e il Ministro della Difesa, On. Arturo Parisi.



Un momento della cerimonia




Relazione del Comandante della Scuola

Signor Ministro della Difesa, Autorità civili e religiose, gentili signore e signori.
Quale Comandante della Scuola Ufficiali è per me un grande onore porgere loro il più sentito benvenuto all’inaugurazione dell’anno accademico 2007-2008.
La presenza del Signor Ministro della Difesa, del Signor Capo di Stato Maggiore della Difesa e del Signor Comandante Generale, costituisce una chiara testimonianza del costante riconoscimento che le più alte Istituzioni conferiscono alle attività che poniamo quotidianamente in essere, ma è anche un eccellente stimolo per proseguire con rinnovato entusiasmo verso nuovi traguardi formativi, progetti che coltiviamo giornalmente con passione assieme ai docenti civili, che ringrazio sentitamente per il loro qualificato apporto.
Il mio plauso va, inoltre, ai docenti militari che, ordinati in Cattedre Professionali e Giuridico Militari, dedicano la loro professionalità all’insegnamento, alla ricerca ed al continuo aggiornamento anche di compendi dottrinali, per formare ed informare i futuri Comandanti della nostra Istituzione.
La formazione è uno dei primari obiettivi strategici dell’Arma che da sempre esalta il patrimonio culturale e professionale e l’impiego di metodologie didattiche esperienziali.
Da qui discende la “missione” affidata alla Scuola Ufficiali che si persegue attraverso un’attività addestrativa incentrata su due macroaree:
•  l’area cognitiva e delle capacità operative, costituita dall’insieme delle conoscenze teoriche e pratiche, che consente:
-  l’accrescimento del livello culturale dei frequentatori sino al conseguimento della laurea in giurisprudenza;
-  l’acquisizione delle abilità pratiche nei settori cardine della formazione specialistica, con lo svolgimento delle esercitazioni di Tecnica Professionale e Tecniche Investigative e dei tirocini presso i comandi territoriali e della linea mobile dell’Arma;
•  l’area deontologica, che cura la maturazione del carattere ed esalta i valori etico-morali cui l’Ufficiale deve ispirarsi, interiorizzando lo spirito di appartenenza, il senso dello Stato e la convinta partecipazione al servizio per la collettività.
Accanto alla formazione di base, si pone grande attenzione alla formazione permanente, che accompagna la vita dell’Ufficiale sino al grado di Generale, con una vasta gamma di corsi di aggiornamento alla vigilia dell’assunzione di importanti incarichi di comando territoriale ai vari livelli e di responsabilità in specifiche branche di particolare impegno istituzionale. Il Comandante della Scuola
Su indicazione del Signor Comandante delle Scuole dell’Arma, è stato accuratamente rivisitato nella sua architettura il corso di Formazione per Formatori, per consentire agli istruttori di trasferire quei valori etici e morali che costituiscono la struttura spirituale portante dell’essere carabiniere e rafforzare il raccordo tra gli Istituti basici e la Scuola Ufficiali.
Nel quadro dell’osmosi con le Forze di Polizia dei paesi amici ed alleati, la Scuola ospita giovani Ufficiali Turchi, Albanesi, Afghani, Nigerini, Iracheni, Svizzeri e - per la prima volta - 3 funzionari della Gendarmeria della Città del Vaticano.
A tutti loro va il mio personale apprezzamento per l’assiduo impegno, la serietà d’intenti ed il rapido inserimento nella vita dell’Istituto.
Mi sia consentito ora di rivolgermi a tutti i frequentatori.
Giovani Ufficiali, in questi primi mesi ho già avuto modo di apprezzare il vostro entusiasmo e la vostra tenacia.
Ricordate che quello che state vivendo alla Scuola è un periodo formidabile ed essenziale per il vostro futuro nell’Arma, poiché rappresenta un’irripetibile opportunità per prepararsi ad affrontare con professionalità le sfide che il futuro vi riserva, elaborando decisioni efficaci, responsabili e soprattutto coraggiose,perché il coraggio - cosciente e razionale - è l’irrinunciabile sostegno alle scelte più sagge e difficili, spesso nella solitudine che caratterizza l’azione di comando.
Tenete sempre in evidenza i principi cardine del vostro servizio:
-  il senso del dovere, che deve ispirare ogni vostra iniziativa;
-  l’efficienza, che dovete costantemente perseguire nella gestione delle risorse che vi verranno affidate;
-  la tutela dei cittadini più deboli.
Noi, responsabili della formazione, vi sosterremo in ogni fase per permettervi di essere professionalmente al passo con le più diversificate e mutevoli istanze della società civile, con la sola - ma insostituibile soddisfazione, non priva di legittimo orgoglio - di aver raggiunto i nostri obiettivi.
E Voi avete l’impegno di cogliere nella formazione una grande occasione per divenire un modello professionale di Ufficiale, dotato di grande preparazione tecnica, di estesa cultura generale, di sicura competenza, di fermo carattere, che sappia essere un “leader” in grado di gestire al meglio una realtà complessa e articolata, nella consapevolezza che “un vero Comandante deve esercitare la propria autorità con la mente e con il cuore”.
Conosco il forte entusiasmo che vi anima e, orgoglioso di essere il vostro Comandante, auguro a ciascuno di voi buon lavoro.
Ringrazio le Autorità e tutti i convenuti per la cortese attenzione.




Prolusione del Comandante Generale dell’Arma

Il comune denominatore delle mie brevi riflessioni è il costante impegno dell’Arma nella ricerca di più elevati livelli di efficienza.
Un continuo dinamismo organizzativo ancorato saldamente alle pietre angolari del nostro ordinamento, che sono la militarità, la piena integrazione nella Difesa, la territorialità del dispositivo, le scelte di specializzazione, la stretta collaborazione con le altre Forze di polizia.
La mia prima riflessione è dedicata alle missioni che l’Arma, impegnando circa 700 Carabinieri, conduce nell’ambito delle iniziative assunte dalla comunità internazionale per ripristinare le condizioni di stabilità nelle numerose aree di crisi.
In Iraq, è in corso la formazione dell’Iraqi National Police (I.N.P.), che ha già interessato circa 900 poliziotti. In Afghanistan, prosegue l’addestramento dell’Afghan National Civil Order Police (A.N.C.O.P.) impegnata nei servizi a tutela dell’ordine pubblico. In Kosovo, ove è già schierato un Reggimento M.S.U., si sta preparando la nuova missione sotto l’egida dell’Unione europea, assumendo la responsabilità dell’ordine pubblico.
Parallelamente, la Forza di Gendarmeria europea (EUROGENDFOR) - cui contribuiscono, oltre all’Italia, la Francia, l’Olanda, la Spagna ed il Portogallo - è divenuta una realtà pienamente operativa, con la firma del trattato istitutivo e lo schieramento, lo scorso novembre, dei primi contingenti in Bosnia Erzegovina, al comando di un Colonnello dei Carabinieri.
Il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units di Vicenza (COESPU), costituito in stretta intesa con il Dipartimento di Stato americano, sotto l’egida del Dipartimento per le operazioni di pace delle Nazioni Unite, ha già completato la formazione di oltre 1.100 appartenenti a Forze di polizia di Paesi stranieri.
Come si può constatare, si tratta di un onere rilevante e di altissima qualificazione e prestigio, unanimemente riconosciuto dalla comunità internazionale.
Una seconda riflessione riguarda l’impegno dell’Arma a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Il fondamentale parametro di riferimento è rappresentato dalle evoluzioni demografiche e dai significativi cambiamenti degli indici di criminalità che ad esse conseguono.
Le analisi più recenti evidenziano il progressivo spostamento del “peso demografico” dalle grandi città verso i centri minori. A fronte di un calo rilevante dei residenti nel 68% dei comuni con più di 50.000 abitanti, si è registrato un sensibile aumento delle popolazioni nei comuni tra i 5.000 e i 20.000 abitanti e negli hinterland delle metropoli, con esempi emblematici a Milano e Bologna. Circa 900.000 persone hanno scelto di vivere in località caratterizzate da una più elevata qualità della vita, con più efficienti servizi ed infrastrutture, oltre a migliori opportunità culturali e lavorative. Per contro, laddove le difficoltà ambientali, economiche o sociali non hanno prodotto queste migliori condizioni, si è assistito ad un progressivo spopolamento, soprattutto nelle aree montane e più interne del Paese. Al flusso migratorio va correlato l’incremento della delinquenza, favorito anche dalla crescente mobilità sul territorio e dalla presenza di numerosi stranieri irregolari, spesso sottoposti a forme accentuate di sfruttamento da parte di gruppi criminali etnici. Questi ultimi, peraltro, continuano a ricercare alleanze operative con la criminalità organizzata, a sua volta impegnata soprattutto nell’aggressione delle attività economiche.Il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri
Le insidie della quotidianità, quindi, portate nelle forme spesso violente del crimine di strada o in quelle non meno odiose e pericolose della violazione delle private abitazioni, sono gli elementi di situazione cui si rivolge la nostra prioritaria attenzione.
Non possono essere trascurate, peraltro, le più evolute domande di sicurezza riferite alla tutela di beni e diritti giustamente percepiti con crescente e acuta sensibilità, quali la sanità degli alimenti, la salubrità e l’integrità dell’ambiente, la sicurezza dei luoghi di lavoro.
Da queste osservazioni sono scaturiti gli obiettivi principali dell’attività istituzionale: il rafforzamento del controllo del territorio, anche attraverso l’affermazione del modello di “polizia della comunità”, e il potenziamento qualitativo dell’attività investigativa.
Il rafforzamento del controllo del territorio muove, innanzitutto, dalla revisione degli indici di distribuzione delle risorse nel fitto dispositivo territoriale, privilegiando quella gran parte dei comuni - sono 3.700 - ove l’Arma è l’unica forza di polizia presente.
In sostanza, la forza operativa nelle singole realtà viene adeguata ai verificati carichi di lavoro, nel rigoroso rispetto, naturalmente, dei criteri di coordinamento che affidano all’Arma il potenziamento dei reparti della provincia e alla Polizia di Stato quello dei capoluoghi.
La più recente manovra, attuata nello scorso mese di novembre, ha consentito di reimpiegare 527 unità a favore delle aree, soprattutto del Centro-Nord, interessate negli ultimi decenni da un più marcato sviluppo demografico ed economico e da parallele crescite dei fenomeni delinquenziali.
Tale provvedimento segue la completata attuazione dei “Patti per la sicurezza” siglati dal Ministero dell’Interno, cui i Carabinieri hanno contribuito con oltre 600 unità, distribuite nella regione Calabria e nelle maggiori aree metropolitane, tra cui Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli.
Le scelte operate trovano speculare e positivo riscontro nei risultati conseguiti nell’anno appena trascorso.
Più di 6.800.000 pattuglie, un aumento del 16,3% rispetto al 2006; quasi 6.000.000 di interventi, in risposta alle richieste pervenute al “112”; oltre 358.000 persone denunciate e circa 94.000 arrestate - di cui circa 71.000 in flagranza di reato - con un incremento del 6,5%(1).
La lotta alla criminalità organizzata ha condotto alla denuncia di 1.053 persone per associazione di tipo mafioso, all’arresto di 370 latitanti, nonché al sequestro di patrimoni illeciti per circa 864 milioni di euro. Le attività investigative del R.O.S. hanno anche consentito l’arresto di esponenti di rilievo dell’area eversiva anarco-insurrezionalista e la disarticolazione di strutture terroristiche di matrice salafita stanziate in Italia.
Particolarmente significativa l’attività delle Stazioni Carabinieri, che nel 2007 hanno denunciato oltre 266.000 persone ed effettuato 52.627 arresti. Di non minore rilievo il numero di denunce ricevute: 2.015.844, vale a dire il 67% di quelle complessivamente presentate a tutte le Forze di polizia. Un numero rappresentativo della straordinaria produttività delle Stazioni e, al tempo stesso, concreta testimonianza del credito di fiducia che la cittadinanza accorda alle Stazioni e, attraverso esse, alle Istituzioni.
In altri termini, le comunità mostrano di percepire le Stazioni Carabinieri come un “patrimonio” delle municipalità ed espressioni di una forma di “protezione ravvicinata” che supera il mero esercizio dei compiti di polizia.
Lo dimostrano le oltre 300 richieste avanzate da altrettanti Comuni per l’istituzione di nuovi reparti. Lo confermano le ricorrenti e preoccupate reazioni all’adozione di provvedimenti di accorpamento o ripiegamento di comandi, vissuti dai cittadini come un segno di minore attenzione per le loro prioritarie esigenze di sicurezza.
In sintesi, le Stazioni, nate con l’Arma nel 1814, costituiscono ancora oggi i tasselli più efficaci dell’articolato dispositivo territoriale della sicurezza nazionale.
E per questo dedichiamo ad esse ogni cura organizzativa, per potenziarne le capacità di prevenzione e di investigazione.
Un potenziamento che passa anche attraverso l’utilizzazione delle più avanzate innovazioni tecnologiche. Basti pensare alle enormi capacità di ausilio della Banca Dati Interforze, straordinario strumento di cognizione informativa a disposizione di tutte le Forze di polizia.
Anche a tal riguardo, mi preme sottolineare il rilevante contributo offerto dalle Stazioni Carabinieri che nel 2007 hanno inserito nella banca dati il 68% degli eventi ivi complessivamente registrati. Le potenzialità di questo patrimonio informativo interforze saranno ulteriormente accresciute da più rapidi processi di consultazione, in ragione dell’ormai prossimo completamento delle reti in ponte radio digitale e in fibra ottica, alle quali si aggiungeranno a breve i collegamenti satellitari del progetto ARMASAT, sviluppato sotto l’egida dello Stato Maggiore della Difesa.
L’utilizzo delle nuove tecnologie è stato rivolto anche al contatto diretto con i cittadini. Voglio citare la “Stazione Carabinieri web”, attiva sul nostro sito istituzionale, che consente l’accesso ad un gran numero di informazioni, consigli e servizi attraverso un’accattivante interfaccia virtuale. Il cittadino può così dialogare con un Carabiniere virtuale e, qualora desideri accedere ad informazioni più dettagliate, può essere automaticamente collegato ad un militare dell’Arma.
La scorsa settimana, a Berlino, proprio questa applicazione informatica è stata citata quale esempio di avanguardia tecnologica nel rapporto con i cittadini, nel corso del forum europeo sull’“e-government”(2), meritando il titolo di “portale della sicurezza migliore al mondo”.
I programmi tecnologici, è chiaro, influenzano sempre più sensibilmente il modo di produrre sicurezza. Non va dimenticato, però, che si tratta pur sempre di una dimensione “strumentale”, che non può e non deve incidere sulla centralità delle risorse umane nell’attuazione delle misure a tutela della sicurezza pubblica.
Ritenere - come è stato affermato - che l’acquisizione di un sistema di videosorveglianza urbana sostituisca la presenza di una Stazione Carabinieri in un Comune, può essere un’ipotesi suggestiva, ma resta comunque una poco fruttuosa “scorciatoia” e rischia di deludere, soprattutto sul piano costo/efficacia, i suoi stessi assertori. La “deterrenza” non è l’effetto del sistema elettronico in sé, ma è strettamente connessa con la consapevolezza della “presenza” di Forze dell’ordine in grado di intervenire.
In altri termini, occorre considerare che la sicurezza è, prima di ogni cosa, il prodotto di un agire concreto, l’espressione di un “fare”, tangibile e immediato, che richiede un contatto diretto tra il cittadino e chi è chiamato a tutelarne i diritti. La percezione della sicurezza e, ancor di più, l’efficacia della prevenzione, non possono prescindere dall’intervento degli uomini e delle donne carabinieri e delle altre Forze di polizia, che restano gli ineludibili parametri di riferimento per ogni strategia operativa.
In una visione più generale, la calibrata capillarità del dispositivo territoriale e l’intelligente utilizzo delle applicazioni tecnologiche, sono i fattori essenziali del moderno concetto di “polizia della comunità”, in cui le indeclinabili responsabilità di “governo del territorio”, affidate alle amministrazioni locali, si armonizzano con i compiti di “controllo del territorio”, propri delle due Forze di polizia a competenza generale.
Si tratta di nuove forme di cooperazione, svolte nell’ottica unitaria del miglioramento della qualità della vita, cui aspirano con crescente sensibilità tutte le comunità locali.
Giova ricordare come il sistema di coordinamento delle Forze di polizia abbia offerto, proprio nella redazione dei già ricordati Patti per la sicurezza, principi e criteri di indirizzo di straordinaria efficacia, a riprova che la vigente normativa e le discendenti applicazioni pratiche, senza riscontro in altre Nazioni, rappresentano oggi una risolutiva e irrinunciabile risorsa del sistema della sicurezza nazionale.
Il secondo obiettivo dell’Istituzione è il potenziamento qualitativo dell’attività investigativa.
A tal fine, abbiamo anzitutto concentrato l’impegno sulla formazione, con l’intento di valorizzare ulteriormente l’apporto professionale del nostro militare, senza dubbio la risorsa più importante di cui l’Istituzione può disporre.
In questa ottica, sono state avviate le misure organizzative per la costituzione dell’Istituto superiore di tecniche investigative. Dal prossimo autunno, il personale delle Sezioni anticrimine del R.O.S., dei Nuclei investigativi provinciali e delle Compagnie territoriali, frequenterà mirati corsi di aggiornamento per l’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, con livelli di specializzazione differenziati a seconda degli incarichi ricoperti. Il corpo docente sarà costituito, fra gli altri, da esperti ufficiali di polizia giudiziaria, tratti dal R.O.S. e dai nuclei investigativi maggiormente impegnati sul fronte delle indagini criminali, in modo da trasferire direttamente dal “campo” all’aula le articolate esperienze della quotidianità, realizzando così la piena e necessaria interazione tra la “pratica investigativa” e la dimensione “teorica” dell’insegnamento.
Tra le materie oggetto dei corsi troveranno ampio spazio anche le indagini “scientifiche”, il cui corretto svolgimento è utile e talvolta indispensabile premessa per il positivo esito delle investigazioni.
L’istituzione di cinque Sezioni di Intervento Operativo, quali articolazioni periferiche dei R.I.S. nelle città di Roma, Parma, Messina, Genova e Bari, potenzierà ulteriormente le capacità di intervento specialistico sui luoghi di reato nei casi di particolare gravità e complessità. Parallelamente, è avviato al termine l’aggiornamento degli standard qualitativi dei laboratori dei R.I.S., allineati ai requisiti di certificazione europei, anche per quanto attiene alla sicurezza in tema di analisi biologiche sul DNA, in attesa dell’auspicata istituzione della Banca dati nazionale.
Tutte le iniziative assunte aprono anche la strada all’aggiornamento e alla codificazione delle regole procedurali, in modo da dare corpo ad una originale “cultura investigativa”, oggetto di insegnamento, nei contenuti fondamentali, già nei corsi di formazione di base.
Il rafforzamento del controllo del territorio e il potenziamento qualitativo dell’attività investigativa segnano, dunque, il percorso innovativo intrapreso, il quale, tuttavia, mancherebbe di concretezza se non fosse riferito alle risorse finanziarie, strumentali e umane che è realisticamente prevedibile attendersi nei prossimi anni.
Alla definizione degli obiettivi operativi è quindi seguita la severa analisi di tutte le componenti organizzative, in un’ottica di operosa condivisione degli indirizzi di razionalizzazione posti dall’Autorità di Governo.
La semplificazione dell’architettura logistica, realizzata anche attraverso la diffusa utilizzazione dei processi di lavoro telematici, ha già consentito, nel tempo, di liberare oltre 4.000 unità a favore dei compiti operativi.
Contestualmente, è stata avviata la revisione dell’organizzazione addestrativa in ragione delle minori esigenze formative dei prossimi anni, recuperando alle attività operative, già in questa prima fase, 234 unità. La riorganizzazione dei corsi e la prossima disponibilità di una nuova sede a Firenze per la Scuola Allievi Marescialli, condurranno ad un’ulteriore razionalizzazione che comporterà, prevedibilmente e a breve termine, anche la chiusura di alcuni Istituti.
Gli adeguamenti sono stati rivolti anche al settore della motorizzazione, al servizio aereo e agli assetti navali, ponendo a fattor comune una più razionale utilizzazione dei mezzi in ragione dei loro migliorati parametri tecnici.
Quanto sinora fatto rimane, tuttavia, essenzialmente condizionato dalla necessità che il turn over del personale sia garantito nel tempo, onde evitare l’ulteriore impoverimento del bacino di forze - oggi carente di oltre 6.000 unità rispetto agli organici - cui conseguirebbe la sostanziale inutilità degli sforzi sinora compiuti, con negativi riflessi sulle capacità operative.
Allo stesso tempo, è importante che vengano assicurati adeguati livelli di investimento, per consentire l’ammodernamento dei mezzi, delle infrastrutture e delle tecnologie, inesorabilmente destinati ad obsolescenza.
Così come è di prioritaria importanza la definizione della riforma dell’istituto della rappresentanza militare, per la quale, tenendo fermo il fondamentale principio di coesione della compagine militare, si auspica una più efficace valorizzazione del ruolo.
Ad essa fanno capo le istanze del nostro personale, fra le quali desidero richiamare quelle attinenti al miglioramento del trattamento economico, con giusta attenzione alla “specificità” dello status e dei compiti, e, non meno rilevanti, quelle riferite al riordino dei ruoli.
Concludo rivolgendomi a voi, giovani Ufficiali Allievi.
In questa Scuola vi preparate ad affrontare un impegno che non si limita all’esercizio di una professione, ma si deve tradurre in un modo di essere.
Sappiate che a voi guarderanno i vostri uomini, cercando guida ed esempio, ed a voi si riferiranno i cittadini, cercando competenza e disponibilità.
Per assolvere adeguatamente i vostri compiti dovrete essere sorretti da un’elevata preparazione e soprattutto da una grande forza morale, in un binomio inscindibile di capacità e responsabilità.
Siete chiamati a guidare uomini e donne che espongono quotidianamente a rischio la propria incolumità per il bene comune.
Siete chiamati ad assumere decisioni che si riflettono direttamente sui diritti fondamentali di libertà e giustizia dei cittadini.
Le vostre risposte non possono rimanere solo semplice e pur indispensabile osservanza dei doveri professionali.
Vi si chiederà coraggio, serenità, buon senso, fermezza, generosa disponibilità verso il prossimo, tutti valori e principi che, nel tempo, hanno connotato la figura etica del Carabiniere.
Mi piace qui ricordare le illuminate parole che Giovanni Paolo II ha rivolto ai giovani e che, nella loro straordinaria attualità, devono essere guida del vostro pensiero e della vostra azione: in una civiltà che privilegia l’avere di più, ciascuno di voi deve impegnarsi ad essere di più, crescendo oggi nel sapere, per servire domani il Paese(3).
è questo che ci attendiamo da voi, giovani Ufficiali dell’Arma.
La vostra scelta di vita e il vostro appassionato impegno sono le migliori garanzie per il futuro dell’Arma e per le Istituzioni democratiche del nostro Paese.
Ringrazio per l’attenzione ed invito il Signor Ministro della Difesa a dichiarare ufficialmente aperto l’Anno Accademico 2007-2008 della Scuola Ufficiali Carabinieri.





Saluto del Ministro della Difesa

Presidente Emerito Cossiga, Ammiraglio Di Paola, Generale Siazzu, illustri ospiti, signore, signori, oggi è un giorno importante, perché l’inaugurazione dell’Anno Accademico di una scuola prestigiosa, quale è questa, ci impone di riflettere su quanto è stato fatto finora, e su quanto resta ancora da fare.
Ed è un giorno importante perché ci permette di parlare, di fronte agli Ufficiali Allievi, ai Comandanti di domani, dell’Arma dei Carabinieri, di una Istituzione che tutti noi amiamo e rispettiamo, per la sua storia e per il suo presente.
L’Arma, lo sappiamo bene, è una realtà per molti aspetti unica, in Italia e nel resto del mondo. Lo sappiamo bene noi, e sempre meglio lo sanno i nostri alleati ed i nostri amici nel resto del mondo.
Poche settimane orsono, a Baghdad, il Generale statunitense Petraeus, parlando in una occasione per alcuni versi simile a quella odierna, ovvero di fronte agli Allievi della Polizia irachena appena qualificati dal corso di formazione lì condotto dai nostri Carabinieri, ha definito l’Arma “the best of the best police”.
Come Petraeus, e prima di Petraeus, tanti leader internazionali che negli anni hanno potuto conoscere questa nostra preziosa realtà ne sono rimasti impressionati ed affascinati. Oggi l’Arma è una realtà che si tenta di replicare in altri Paesi del Mondo, e l’attività del Centre Of Eccelence for Stability Police Units di Vicenza - lo ha ricordato anche Lei, Generale Siazzu - ha formato oltre mille appartenenti alle forze di Polizia di altri Paesi.
Ma sappiamo bene - e soprattutto lo sanno bene i Carabinieri - che il primo, più tangibile e più importante segno di apprezzamento per quanto fanno e per come sono i Carabinieri viene dalla popolazione civile.
Sono ormai tantissimi i Carabinieri che hanno prestato servizio nelle missioni italiane all’estero, in Teatri difficili, a volte pericolosissimi.
Tutti loro hanno riportato con sé, al ritorno in Patria, il ricordo indelebile delle popolazioni locali, con le quali hanno interagito durante i lunghi mesi del proprio turno di servizio, e per le quali hanno lavorato e rischiato la vita.
è un patrimonio di ricordi e di esperienze che certamente rimarrà nei cuori dei singoli, ma che costituisce anche un formidabile arricchimento del patrimonio culturale - e quindi professionale - di tutta l’Arma.
Grazie a queste dure, difficili esperienze, l’Arma di oggi si presenta sempre più come l’indispensabile ed insostituibile interfaccia fra lo strumento militare tradizionale - che rimane ovviamente essenziale anche negli scenari correnti - ed il contesto sociale e antropologico delle zone di intervento.
Grazie alla presenza dell’Arma, l’intervento militare italiano ed alleato - perché spesso il contingente dell’Arma dei Carabinieri è considerato tanto prezioso da essere inserito fra gli assetti alle dirette dipendenze del Comandante dell’intera Forza internazionale - amplia la propria capacità di penetrare nella dimensione culturale del conflitto.
Sbaglia l’osservatore poco attento, o troppo superficiale, che intravede nei Carabinieri italiani, affiancati dai contingenti analoghi forniti dai nostri Alleati, strumenti idonei a migliorare il controllo del territorio, o magari a fare ordine pubblico laddove il ricorso ai Reparti convenzionali delle Forze di terra appare troppo dispendioso o poco efficiente.
Certo, i Carabinieri fanno anche quello, controllano il territorio e garantiscono l’ordine pubblico, ma la loro attività nei Teatri d’impiego è inserita in una matrice che prevede al tempo stesso la raccolta e l’analisi delle informazioni, l’attività investigativa, l’addestramento, il monitoraggio e l’assistenza alle locali Forze di polizia.
è pertanto un insieme multidimensionale di attività, che incide sulle dimensioni fisiche e su quelle culturali dei contesti in cui si interviene. Oggi si sente sempre più spesso parlare di conflitti post moderni, di guerre di quarta generazione. Molti cercano dì adeguarsi a questa nuova realtà, trasformando in parte le proprie Forze armate, oppure le proprie Forze di polizia.
Il nostro Paese ha l’Arma dei Carabinieri fin dal 1814, e da allora può contare su di essa, in pace come in guerra, sul territorio nazionale così come all’estero, dovunque il Paese ne richieda l’intervento.
Ma non possiamo solo per questo riposare sugli allori. Guai a restare fermi, in un mondo che cambia con sempre maggiore velocità.
Anche i Carabinieri devono cambiare, per prepararsi alle nuove sfide, e lo stanno puntualmente facendo. Stanno cambiando, senza però modificare la loro natura, la loro radice storica e culturale.
Il primo, fondamentale carattere di distinzione dei Carabinieri è costituito dalla loro militarità.
E' un valore irrinunciabile - desidero dirlo a chiare lettere - che trova quotidiana conferma nelle sfide che si pongono di fronte alla nostra collettività e che si frappongono al nostro desiderio di sicurezza.
L’essere militari garantisce la migliore tenuta di un’organizzazione la cui capillare articolazione sul territorio nazionale rappresenta la prima e più preziosa risorsa del sistema di sicurezza pubblica.Il Ministro della Difesa
Al tempo stesso, la militarità permette all’Arma dei Carabinieri di offrire un contributo insostituibile sia alla dimensione della sicurezza, sia a quella della difesa, dimensioni rese sempre più strettamente interdipendenti dalla globalità e dalla varietà delle minacce. Fenomeni aberranti, come il terrorismo stragista, il cosiddetto macro-terrorismo, la grande criminalità trans-nazionale, impongono a tutti noi di interpretare le tradizionali categorie della sicurezza interna e della difesa da minacce esterne in senso più lasco.
Esiste un continuum nelle forme di minaccia, che possono nascere fuori dal territorio nazionale, magari in contesti degradati da prolungate situazioni di conflitto, e poi infiltrarsi all’interno del nostro territorio e delle nostre società, magari sfruttando proprio quelle forme di tutela della libertà individuale e della privacy che connotano le società più aperte ed avanzate.
A fronte di un continuum nella minaccia, dobbiamo poter disporre di un continuum anche nelle capacità di difesa. E all’interno di questo continuum l’Arma dei Carabinieri si colloca in modo armonioso e funzionale, per la sua organizzazione e per il suo modus operandi.
Al tempo stesso, è vitale mantenere al centro dell’attenzione quanto avviene all’interno della nostra comunità, nei tanti, innumerevoli centri urbani che caratterizzano il nostro Paese.
L’attività di polizia condotta dall’Arma è stata ben illustrata dal Generale Siazzu. I numeri sono lì a testimoniare l’impegno dei Carabinieri in questo cruciale ambito della vita collettiva, ambito in cui il Ministro della Difesa condivide ovviamente le responsabilità con il Ministro degli Interni.
Tra le cifre citate vorrei però sottolineare in particolare uno specifico dato, fra quelli che meglio descrivono la realtà dell’Arma. In 3.700 Comuni d’Italia, i Carabinieri sono l’unica forza di polizia presente.
Questo è il frutto del radicamento dell’Arma sul territorio. Un radicamento la cui efficacia è resa possibile della peculiare organizzazione militare dei Carabinieri.
Ma il mantenimento di un così elevato numero di Stazioni, ed anzi il loro potenziamento organico, non è l’esito di un’inerzia organizzativa. Esso è l’esito di una scelta, è la risposta alle necessità emergenti, a cominciare dallo spostamento crescente di popolazione dai centri urbani maggiori verso quelli minori.
Per quanto possa sembrare paradossale, la risposta alle nuove domande muove quindi dalla valorizzazione di caratteristiche antiche.
Va anche sottolineata la capacità dei Carabinieri e delle altre Forze di polizia di interagire e di coordinarsi reciprocamente, con sempre maggiore efficacia.
Anche questa è una opportuna, direi doverosa risposta alle sfide emergenti.
L’impiego razionale delle risorse è un’esigenza ineludibile, imposta dall’attuale quadro finanziario ma soprattutto dalla sempre maggiore sensibilità delle pubblica opinione verso tale obiettivo.
E anche da questo punto di vista, l’Arma dei Carabinieri sta operando in maniera efficace, per razionalizzare la sua organizzazione, recuperare risorse preziose ed aumentare ulteriormente le sue capacità operative.
Ma la prima risorsa, anche in questo concordo con quanto affermato dal Comandante Generale, è e resterà sempre l’elemento umano.
Avendo chiaro in mente questo, in conclusione del mio intervento ritengo doveroso rivolgermi direttamente a coloro i quali sono, in una certa misura, i protagonisti della cerimonia di oggi.
Voi, Ufficiali Allievi, sapete che in questa scuola state acquisendo un bagaglio culturale di primissimo ordine.
Ma ciò che più conta, sapete che questa scuola è destinata a trasformarvi in Comandanti di altri uomini e di altre donne, che dovrete guidare nei corso di operazioni che potranno mettere alla prova la forza del vostro coraggio.
Fate tesoro degli insegnamenti che qui riceverete. Fate tesoro degli insegnamenti accademici, che vi permetteranno di disimpegnare al meglio i vostri compiti. Ma fate tesoro soprattutto dei precetti morali che qui acquisite. Sarà la saldezza dei vostri valori a condurvi verso le scelte giuste, nei momenti più difficili che certamente dovrete superare.
Come sancito nelle Regie Patenti del 1814, voi siete un “Corpo di militari, distinti per buona condotta e saggezza”. Non sarà facile, ma dovrete tener fede alle tradizioni e all’operato di quanti vi hanno preceduto. Siate però anche sereni per la vita che vi attende. Sarà un percorso entusiasmante, che vi porterà a conoscere realtà distanti dal vostro ambiente di provenienza, in una misura che ben pochi dei vostri coetanei potranno mai sperimentare.
Sarete cittadini del mondo, perché dovrete saper comprendere e dialogare con le innumerevoli realtà sociali e politiche che il futuro ci riserverà.
Sarete però, prima di tutto, servitori dello Stato. Sarete i primi artefici di quella volontà di pace e di giustizia che è scolpita nella nostra Costituzione.
Avete un compito molto grande, davanti a voi.
Avete un paese altrettanto grande dietro di voi.
Generale Siazzu, dichiaro aperto l’Anno Accademico 2007-2008 della Scuola Ufficiali Carabinieri.