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  • N.4 - Ottobre-Dicembre
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Modello Carabiniere

L’ampliamento della richiesta a livello internazionale di missioni di risposta alle crisi e il sempre maggiore interesse a livello mondiale per il “modello arma” spingono ad una riflessione di natura ontologica su come si sia trasformato il modello del carabiniere.
Il paziente lavoro di contrasto alla criminalità in Patria, il decisivo impiego nei Teatri operativi e l’assiduo lavoro di sviluppo delle attività di cooperazione internazionale, hanno permesso di sviluppare una nuova e forte caratterizzazione dell’Arma. Si è infatti giunti a proporre, a livello internazionale, un innovativo ed originale modello: il “modello carabiniere”.
Se il modello gendarmeria ha costituito nel tempo il termine di paragone per le forze di polizia a status militare(1), dopo il Summit del G8 di Sea Island del giugno 2004(2) il termine “carabiniere” ha assunto una nuova veste. Gli anni d’impiego in operazioni all’estero e i pregiati risultati ottenuti dai carabinieri hanno permesso al termine stesso di sostanziarsi e svilupparsi in modo indipendente. Il termine si è quindi svincolato dal classico concetto di “gendarme”, da sempre utilizzato e conosciuto per identificare l’operatore di polizia a status militare(3).
L’idea di carabiniere è uscita da quel “contenitore” di “gendarme” ed ha assunto una sua piena caratterizzazione. Nella visione internazionale “gendarme” e “carabiniere” sono divenuti concetti distinti, collegati tra loro, ma diversi. Un risultato terminologico e concettuale a cui si è potuti giungere solo tramite un concreto impegno che ha comportato il sacrificio quotidiano dei tanti carabinieri impiegati in Patria ed all’estero anche a costo della propria vita come ci ricordano i tragici fatti di Nassiriya.
Il “modello carabiniere” raccoglie in sé un’idea d’impegno assai differenziato, flessibile ed articolato, capace di rispondere alle esigenze di sicurezza che i contesti nazionale ed internazionale richiedono. Esigenze che vanno dalla necessità di sicurezza ed ordine pubblico sino ad arrivare alle attività d’intelligence e di contrasto ad un terrorismo internazionale che opera secondo le logiche di lotta asimmetrica(4).
Il “modello carabiniere” è divenuto quindi il modello di risposta “globale” a queste esigenze.
Molte sono state, in questi ultimi anni, le iniziative sviluppate dall’Arma nel contesto internazionale. Oltre ai 4 Reggimenti MSU schierati in Bosnia, Kosovo, Albania e Iraq(5), e la costituzione della Forza di Gendarmeria Europea(6), nel dicembre 2004, nel contesto della missione “Althea”(7) è stato schierato il Reggimento di Integrated Police Units, frutto proprio della elaborazione dottrinale dell’Arma(8). La fitta rete di attività di cooperazione bilaterale militare ha inoltre permesso di affermare e costantemente ribadire il ruolo guida dell’Arma nell’ambito delle Peace Support Operations con iniziative di respiro internazionale. Esempio cardine è la creazione del Centro di Eccellenza per Stability Police Units (CoESPU)(9) in Italia, presso la Caserma “Chinotto” di Vicenza, costituito sulla base dell’Action Plan del Summit del G8 di Sea Island con il supporto delle Nazioni Unite e degli USA. Con il CoESPU, centro addestrativo e laboratorio di pensiero dottrinale, il “modello carabiniere” è divenuto un modello formativo di riferimento.
La società in cui viviamo ed in cui il carabiniere si trova ad operare è fortemente caratterizzata da una condizione di insicurezza creata dalla sensazione che una minaccia di natura asimmetrica possa rivolgersi contro la popolazione attraverso strumenti sia civili sia militari (si pensi ai terribili fatti dell’11 settembre o alle armi di distruzione di massa-WMD), creando in sostanza una sorta di commistione tra sfera civile e militare, tra ambito locale ed internazionale.
Il carabiniere, sia che si trovi impiegato in un Teatro operativo o in una stazione di un piccolo paese, si trova ad affrontare il problema della ampia direzionalità (omnitarget)(10) della minaccia, la quale si può manifestare con una imprevedibilità tale da rendere spesso impossibile l’adozione di misure preventive concrete. In numerosi casi il carabiniere si trova ad operare nei confronti di minacce prodotte da “attori non convenzionali”(11), ossia posti al di fuori di strutture organizzative “classiche“, ad esempio eserciti, criminalità organizzata o apparati statali.
Molti di questi “attori” sfuggono alla determinazione politica, alla volontà popolare e non sono ricettive nei confronti delle tradizionali misure di deterrenza.
Tali avversari sviluppano capacità asimmetriche e ricercano nuove possibilità d’impiego delle proprie capacità. Creano in sostanza un accavallamento tra l’ambito gerarchizzato/convenzionale(12) e quello “destrutturato”, puntando le loro capacità non solo contro “classici” obiettivi e installazioni militari ma sempre più nei confronti di obiettivi civili, centri economici e aree con una forte valenza simbolica.
La presenza del carabiniere nella società diviene allora elemento essenziale per garantire la sicurezza e la stabilità.
Una presenza che deve essere intesa in senso il più ampio possibile, partendo dall’attività di polizia nazionale, passando per le mille sfaccettature che questa assume con la proiezione verso prospettive internazionali, giungendo fino all’impiego in Teatro operativo.
Sul campo, lì dove fisicamente la richiesta di pace, sicurezza e stabilità è più pressante ed esigente.
Una presenza in Teatro che si esplica attraverso l’assolvimento di compiti di polizia, l’assistenza delle Istituzioni locali, il controllo del territorio, l’attività di intelligence, la garanzia dell’ordine pubblico e il costante contatto con le Autorità civili ed internazionali. Attività che il carabiniere attua non attenendosi pedissequamente a norme e canoni fissi, bensì “reagendo” alle situazioni con iniziativa e flessibilità, con spirito di iniziativa ed intraprendenza, allargando quanto più possibile la propria capacità di relazione e comunicazione con la popolazione e le Istituzioni.
La “risposta” che il carabiniere sviluppa risulta flessibile e plastica, capace di interagire con il contesto con cui si trova ad operare.
La visione quindi “amico/nemico” pur essendo patrimonio proprio del mondo militare e della attività del combattimento (funzione combat)(13) non si adatta a quella che è l’attività del carabiniere, vero e proprio elemento della società, in cui è immerso ed in cui vive.
Facendo anche riferimento al Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri appare evidente come ogni carabiniere assuma in sé un ruolo variegato e complesso che investe il ruolo di cittadino, soldato e di tutore dell’ordine e della legge.
Posta tale complessità e l’impossibilità di non potersi rifare a modelli di risposta fissi e predeterminati alla luce dei rapidissimi mutamenti che investono la società civile, sorge la necessità di implementare al massimo nel carabiniere la capacità di sapersi rapportare alle problematiche che si presentano in modo nuovo ed inaspettato.
I valori di lealtà, senso dell’ordine e del dovere, coraggio, spirito di sacrificio e l’abitudine all’obbedienza sono di certo i cardini portanti della formazione di un carabiniere e le basi su cui sviluppare la capacità di muoversi reagendo alle situazioni con “spirito d’azione”, autonomia di pensiero e di ragionamento. Sono infatti questi gli aspetti che fanno del carabiniere una figura viva ed attiva e non un semplice esecutore di ordini e controllore del rispetto delle norme. Tale capacità è sintetizzabile nel concetto di “pensiero aperto” e dialettico non ancorato allo scritto “universale sempre valido”.
Il pensiero partendo dalla base del ricordo e della consapevolezza del proprio essere cittadino, militare e tutore della legge deve riuscire ad aprire la propria capacità di ragionamento ed a confrontarsi con le realtà che la società prospetta. Il “pensiero aperto” parte dal ricordo e dalla coscienza di se stessi e del nostro passato, per giungere ad una coerente valutazione della realtà quotidiana. Il ricordo diventa quindi un paradigma che indirizza verso una lettura ponderata del reale permettendo di sviluppare un pensiero vivo e reattivo.
I Carabinieri, grazie a strutture ed organismi capaci di dare una risposta eterogenea e diversificata, sono in grado di sviluppare azioni indipendenti, reattive all’imprevisto, autonome così da confrontarsi con quelle avversarie, con il sostanziale vantaggio di potersi appoggiare su una capacità ed uno spirito militare radicato ma strettamente connesso con la vita sociale del Paese in ogni sua forma ed espressione.
L’impossibilità di creare un sistema fisso di comportamento è frutto del mutare troppo rapido del contesto culturale e sociale che ci circonda. L’unica via praticabile risulta quindi quella di creare un sistema “aperto”(14) basato sull’analisi e la rielaborazione dei dati e degli stimoli che ci provengono tutti i giorni, rielaborandoli alla luce dei modelli di riferimento valoriali, così da affrontare e la realtà quotidiana che ci circonda senza dimenticare il suo passato.
Il militare deve divenire sempre più un pensatore capace di gestire le proprie virtù secondo canoni etici di riferimento e solo secondo leggi e regolamenti predefiniti per situazioni ipotetiche di vita quotidiana.
L’eccezionalità degli eventi spingerà il militare ad essere sempre più un libero pensatore vincolato alla coscienza e alla consapevolezza di essere un portatore di valori tramandati attraverso il tempo.
I concetti di universalità, fedeltà all’autorità costituita, i valori cristiani di difesa del più debole attraverso una sacralizzazione(15) del proprio agire, il sacrificio della materialità e, non ultimo, un genuino sentire le passioni e gli ideali secondo un modello di “spada ed intelletto”(16) sono solo alcuni degli spunti sui cui il ricordo dovrebbe basarsi per creare un “guardiano” capace di vivere il proprio essere militare immerso nella società che lo circonda e che si evolve. In conclusione il “modello carabiniere” racchiude in sé elementi che si ispirano ad un principio di pensiero “aperto” andando quindi a costituire una possibile risposta alla minaccia globale alla sicurezza e alla pace che investe la nostra società.

S. Ten. CC Danilo Ciampini

Approfondimenti



(1) - “Rientrato in Piemonte dopo la caduta di Napoleone, Vittorio Emanuele I di Savoia costituì il Corpo dei Carabinieri ispirandosi alla Gendarmeria francese”.
(2) - Cfr.: Sea Island Summit 2004 “G8 Action Plan for Expanding Global Capacity for Peace Support Operations”.
(3) - Cfr.: G. Ferrari, La polizia militare. Profili storici, giuridici e d’impiego, Roma, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, 1993.
(4) - Cfr.: Q. Liang e W. Xiangsui, Guerra senza limiti, ed. it., Gorizia, LEG, 1999.
(5) - “…le esperienze maturate nei Balcani negli anni ’90 sembrano aver insegnato che solo una combinazione di strumenti militari e civili attentamente pianificata permette di gestire crisi con efficacia…”, S. Pasquazzi, EU: la componente civile della politica europea di sicurezza e difesa, in Equilibri - Dossier, 21 luglio 2004., pag.12.
(6) - Nel corso della riunione informale dei Ministri della Difesa dell’UE, tenutasi a Roma l’8 ottobre 2003, i Ministri della Difesa francese e italiano convennero sulla necessità di costituire, mutuando le esperienze delle Multinational Specialized Units, una Forza di Gendarmeria Europea (EGF). L’iniziativa, cui hanno aderito anche Spagna, Portogallo e Olanda, è tesa a valorizzare le peculiari capacità delle forze di polizia ad ordinamento militare in operazioni di peace-keeping (PKOs). La Gendarmeria sarà composta dalle stesse forze offerte dagli Stati Parte per il catalogo delle forze di Helsinki per la gestione civile delle crisi. Per L’Arma si tratta di 800 carabinieri di cui 150 a schieramento rapido in 30 gg. con un Comando a livello reggimento. Cfr.: A. Paris, La Gendarmeria Europea in Rivista Italiana Difesa, (n. 4), 2005.
(7) - Nel dicembre 2004 ha preso avvio in Bosnia la Missione a guida UE “Althea” dove un reggimento IPU style capability ha sostituito il reggimento MSU SFOR.
(8) - La prima esercitazione per IPU “Lucerna ‘03” è stata condotta dall’Arma nel novembre 2003 a Roma presso la Scuola Ufficiali Carabinieri.
(9) - Cfr.: Atti del Convegno The Center of Excellence for Stability Police Units: Exploring the Way Ahead, USIP-CoESPU-PKSOI, dicembre 2004.
(10) - Cfr.: R. Myers, National Military Strategy of the United States of America 2004, Joint Chief of Staff, JCS, 2004, pagg. 4-5.
(11) - Ibdem.
(12) - G.E. Rusconi, Scambio, minaccia, decisione, Bologna, Il Mulino, 1984, pag. 70.
(13) - Cfr.: AJP - 3 Allied Joint Operations, NATO, settembre 2002.
(14) - Cfr.: N. Abbagnano, Storia della filosofia, Utet, Torino, 1976.
(15) - “Tra l’VIII ed il IX secolo la Chiesa operò intensamente per conseguire una vera e propria cristianizzazione della cavalleria secolare modificando in toto lo stile di vita di una gran massa di cavalieri”, D. Libertini, Profili di etica militare, in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 3, 1998, pag. 36.
“In proposito dobbiamo ricordare come per esso le popolazioni germaniche potevano essere dei milites solo gli uomini liberi, dato che soltanto questi potevano usare le armi …l’insieme di questi milites costituì, in questo modo la militia, e cioè l’Ordo Militaris, che veniva definita anche come Ordo Equestris”, D. Libertini, I milites e la cerimonia di investitura cavalleresca, Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, pag. 7.
(16) - “Non ti pare che il futuro tipo di guardiano debba avere ancor questo, che cioè oltre all’essere irascibile debba essere di natura filosofo?” Platone, La Repubblica, Libro II.