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Corte dei Conti


Responsabilità amministrativa - Percezione di tangente - Ipotesi di danno all’immagine di una pubblica amministrazione - Configurabilità

Corte conti, sez. giurisd. Lazio, sent. 19 marzo 2007, n. 373 (c.c. 23 novembre 2006), Pres. Nottola, Rel. Russo

L’immagine di un apparato pubblico che per sua natura è preposto allo svolgimento di funzioni nei riguardi della collettività, dovrebbe raffigurarsi idealmente, nella mente del cittadino, come modello di correttezza comportamentale da seguire. Se una simile immagine viene offuscata da eventi corruttivi dei suoi rappresentanti, viene a prodursi una lesione e dunque un danno all’immagine della pubblica amministrazione. Il danno all’immagine attiene alla sfera degli interessi pubblici giuridicamente protetti e dei beni pubblici meritevoli di tutela, la cui lesione sia suscettibile di arrecare un pregiudizio economicamente valutabile, a prescindere dalla materialità o meno, e dalla patrimonialità o meno, del bene protetto (1).

(1) Si legge quanto appresso in sentenza:
“2.1) Occorre ‘in primis’ avere cognizione se i convenuti abbiano percepito tangenti che diano stura al danno erariale. Questo Collegio sa di non poter colmare, per il principio di terzietà ed imparzialità del giudice, una carenza di prove mediante il ricorso al potere sindacatorio, anche se si tratta di materia di interesse generale quale quella tutelata dall’azione di responsabilità amministrativa, pur tuttavia se nella ricerca della prova della tangente risultante dagli atti processuali, conosciuti dalle parti e sulle quali si sia formato il contraddittorio, si evidenzi l’esistenza, quanto meno, di un principio della sua verifica e sempre che si resti nell’ambito del thema decidendum fissato dalla domanda, il giudice può ad esse ricorrere per la formazione del proprio convincimento. Valuta il Collegio che la dazione (tangente) sia provata quando in atti risultino indizi univoci e prove indirette.
In proposito, deve prendersi atto della sussistenza del fenomeno tangentizio come suffragato, non solo, da numerosi atti del procedimento penale, anche a contenuto confessorio, ma anche dalle indagini di polizia giudiziaria che avevano accertato che “ l’obiettivo della sostanziale alterazione della dinamica concorrenziale era perseguito attraverso l’utilizzazione di canali di collegamento tra gli ufficiali e la Direzione Generale Servizi Generali del Ministero Difesa”, costituiti in sostanza dal dott. Nicola M., direttore della IV Divisione preposta alle aggiudicazioni e alle proroghe dei contratti.
La dazione della tangente - quando sia collegata a procedure per l’aggiudicazione di appalti - suscita il fondato sospetto che il prezzo offerto sia stato maggiorato in modo da comprendere la somma illecitamente corrisposta ai funzionari corrotti; non essendo, però, tale evenienza un esito necessitato, il sospetto - come per qualunque altra ipotesi di responsabilità - ha bisogno di essere suffragato. In specie tale supporto è stato avvalorato da elementi probatori ed esattamente quando la Procura evidenziò, sulla base di una consulenza tecnica affidata dal Pubblico Ministero Penale al col. D.B., che l’appalto era stato aggiudicato alla Omissis srl di D[.] G[.], ad un costo complessivo mensile di £ 545.835.000, pur essendo l’offerta di tale ditta la più rilevante dal punto di vista economico rispetto a quelle presentate dalle altre ditte concorrenti o quando sul libro paga della ditta comparivano i convenuti. Non può certo ritenersi verosimile che l’impresa o ditta sia disposta, con la dazione della tangente a rinunciare ai propri guadagni ma è più ragionevole pensare che la tangente si scarichi sui maggiori costi che la Pubblica Amministrazione debba pagare. In tal senso sono da interpretarsi le sopra indicate dichiarazioni rese dal consulente col. D.B.
Il Collegio, sulla base dei suddetti fattori concorrenti ed inequivoci, fondati sui collegamenti finalizzati all’illecito guadagno tra i diversi convenuti in giudizio, ritiene di dover ammettere la percezione delle tangenti da parte degli stessi.
3) Occorre ora procedere all’analisi delle singole vicende e cioè dei fatti da cui prendono corpo le obbligazioni risarcitorie, in cui sono coinvolti in relazione alle singole tranche i rispettivi convenuti. I fatti, per connessione logica anche con la vicenda penale, possono rapportarsi ai diversi capi di imputazione che hanno interessato le partecipazioni dei convenuti nella vicenda delle percezioni delle tangenti. Le tangenti hanno preso corpo già prima della vincita della gara di appalto conclusasi a favore del titolare della ditta appaltatrice. Dichiara, infatti, il titolare A.V. “ho conosciuto il Ten Col F.D. … verso il 1970, in quanto, essendo rappresentante di una società alimentare, fornivo alcuni generi alimentari presso la SARVAM; il F.D. mi convinse a partecipare quando sarebbe stata indetta la gara … Prima ancora di vincere la gara in economia il F.D. mi fece conoscere l’allora cap. P.S., il quale mi disse che mi avrebbe fatto conoscere un personaggio di nome M. che gestiva le gare presso il Ministero … Me lo fece conoscere nel suo ufficio a Roma ... mi portò, esattamente dicendo che con P.S. potevo in qualche modo avere delle informazioni molto più precise per quanto riguardava l’ambito della gara … L’allora magg. F.D. pretese il 4% del guadagno mensile, che si aggirava sui 6-7 milioni, altrimenti mi avrebbe rovinato presso la II Regione Aerea per la gara definitiva, in quanto aveva il potere, nel rapporto mensile, di poter scrivere parole da denigrare il mio operato … P.S. mi disse: eventualmente ti serve qualcosa, con M. ci penso io”. è sconcertante, per quanto si rileva dagli atti in ordine agli illeciti comportamenti dei convenuti, il ruolo attivo avuto da ciascuno di essi nel perseguimento di tangenti. Altri elementi si ricavano dall’informativa dei CC, in cui viene diffusamente illustrato il ruolo determinante avuto dagli stessi nell’aggiudicazione degli appalti. In particolare:
3.1) gli appalti presso la SARVAM Viterbo, hanno visto la partecipazione di P.S. per tangenti pari ad ¤ 54.744, 40 pretese da A.V.; di F.D. per versamenti fatti da A.V. di circa 8 milioni mensili per gli ultimi 4 mesi del 1990 e metà del 1992 per un ammontare di ¤ 90.896,50. Il danno complessivo è pari ad euro 145.640,90. Va rilevato che sulla base di una consulenza tecnica affidata dal P.M. penale al col. D.B. era risultato, come già riferito, che “l’appalto era stato aggiudicato alla Omissis srl ad un costo complessivo di £ 545.835.000, pur essendo l’offerta la più rilevante dal punto di vista economico rispetto a quelle presentate dalle altre ditte concorrenti. Qualora fosse stato invece assicurato il rispetto delle disposizioni in materia di aggiudicazione in base ai costi fissi e variabili (manodopera, materiali per la pulizia, ammortamento di attrezzature, spese di gestione ed utile aziendale) l’appalto sarebbe stato aggiudicato ad altra impresa, con un risparmio di £ 30.000.000 mensili, pari a £ 360.000.000 per l’intero anno 1995”.
Valuta il Collegio che per questa serie di tangenti non sembra rinvenibile il carattere della solidarietà per l’intera somma complessiva perché il concetto di responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 1292 c.c. implica che i soggetti siano obbligati per la medesima prestazione. Nel caso in specie il P.S. ha percepito tangenti inferiori e pertanto il principio della solidarietà è riferita all’importo corrispondente alla quota parte della tangente riscossa. Pur considerando, infatti, che vi sia stato in atto una intesa tra i soggetti coinvolti a percepire le tangenti, da cui nasce l’obbligazione solidale, proprio in forza di quella compartecipazione responsabile per fatto illecito, pur tuttavia la diversa percezione quantitativa della tangente comporta una differente partecipazione al grado di responsabilità e dunque al carattere solidale. In definitiva la solidarietà è solamente relativa alla somma di ¤ 54.744, 40 cui sono coobligati sia Stefano P.S. che Domenico F.D. restando invece a carico del secondo la solidarietà per l’intero e cioè di ¤ 145.640,90.
3.2) Gli illeciti relativi agli appalti presso la II Regione Aerea hanno visto la partecipazione di P.S., E.R. e P.C. per tangenti pari ad euro 363.069,20, per i cui coinvolti vale la responsabilità in solido, in quanto non è stato possibile stabilire se gli stessi abbiano avuto percezioni diverse, sotto il profilo quantitative delle tangenti.
3.3) I vari appalti dei servizi di pulizia e mensa hanno visto coinvolti N. M. e M. M.; il primo per euro 145.449,80 più euro 28.926,77 per aver favorito l’aggiudicazione delle proroghe del contratto per lo smaltimento dei rifiuti dell’arsenale della Marina Militare di La Spezia. A N. M. viene addebitato l’importo complessivo di ¤ 174.376,57.
Quanto alla M. rileva il Collegio che la stessa risulta aver avuto una partecipazione marginale nella vicenda illecita tanto è vero che anche il P.M. evidenzia che la stessa ha ricevuto dazioni di danaro nella misura di £ 3.000.000 pari ad ¤ 1.549,37. Ne consegue che in relazione al fatto illecito addebitabile alla medesima la responsabilità solidale della stessa non può andare al di là della dazione ricevuta (¤ 1.549,37 ) trattandosi di un medesimo fatto che ha interessato la vicenda ed esattamente quella di compartecipazione col fratello Nicola.
Deve, a questo punto, osservarsi che il concetto di tangente non può essere disgiunto da quello dei regali, comportando ugualmente questi ultimi dazioni che possono avere incidenza diversa sul principio della solidarietà, soltanto nell’entità di partecipazione del soggetto fruitore.
4) Quanto al danno all’immagine preme fare alcune considerazioni. L’immagine di un apparato pubblico che per sua natura è preposto allo svolgimento di funzioni nei riguardi della collettività, dovrebbe raffigurarsi idealmente nella mente del cittadino, come modello di splendente correttezza comportamentale da seguire. Se una simile immagine viene offuscata da eventi corruttivi dei suoi rappresentanti, viene a prodursi una lesione e dunque un danno che di fatto viene a rompere quell’equilibrato rapporto mentale di fiducia tra le istituzioni ed i cittadini, i cui effetti derivati sono evidentemente presumibili nella società, per l’indotto innesto nel cittadino di un sentimento di scoraggiamento, perché quale contribuente ed utente di servizi ne rileva la progressiva compromissione del rapporto di vita sociale. Occorre specificare che un simile danno non si identifica o si verifica soltanto quando, per ripristinarlo, l’Amministrazione pubblica dovrà sostenere delle spese, spese che peraltro al momento della produzione del danno non sono neppure determinate e certe. Il danno all’immagine va visto e si concreta anche nel caso in cui la rottura di quella aspettativa di correttezza che il cittadino si attende dall’apparato viene spezzata da illecito comportamento dei suoi rappresentanti. La quantificazione di detto danno perciò non si palesa solo in stretta relazione alla sussistenza di una spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso, in quanto la risarcibilità di un simile danno non può rapportarsi, per la sua intrinseca lesione, come sopra esposta al ristoro della spesa che abbia inciso sul bilancio dell’ente, ma va vista come lesione ideale, con valore da determinarsi secondo l’apprezzamento del giudice, ai sensi dell’art. 1216 c.c. Ciò premesso la richiesta di condanna per danno all’immagine, avanzata dal P.R. e rapportata al 10% del danno patrimoniale appare equa. Il danno all’immagine attiene alla sfera degli interessi pubblici giuridicamente protetti e dei beni pubblici meritevoli di tutela, la cui lesione sia suscettibile di arrecare un pregiudizio economicamente valutabile, a prescindere, quindi, dalla materialità o meno, dalla patrimonialità o meno del bene protetto (Corte Conti. Sez. Riun. n. 16/QM del 28.5.199; Cassaz. Sez., Unite n. 568/97 e n. 744 del 25.10.1999). Giova anche precisare che il danno all’immagine si qualifica, quale danno evento e non danno conseguenza con l’effetto che il torto si individua in una entità ravvisabile ex se, che trova i suoi parametri di raffronto in criteri: soggettivi (posizione dei convenuti); oggettivi (gravità degli illeciti); sociale (rilevanza dell’ente cui i responsabili appartenevano). Nel danno conseguenza, esso comprende anche le conseguenze negative, rispetto alle quali l’evento lesione rileverà solo quale presupposto (Corte Conti. Sez. Riun. 10/QM del 23.4.2003). La concezione di danno evento evita l’evenienza che il torto, riconosciuto in astratto, possa essere vanificato dalla difficoltà in cui possa trovarsi l’offeso di dimostrare caso per caso le effettive compromissioni subite. In sostanza la tutela risarcitoria sarà possibile per il solo fatto che una determinata prerogativa risulti danneggiata, restando in discussione solo gli aspetti relativi alla quantificazione del danno, rimessa al giudice secondo criteri e parametri discrezionali. Alle condanne singole nei termini sopra precisarti va aggiunto, pertanto il danno all’immagine che viene calcolato in misura pari al 10% delle singole poste di condanna da addebitare a ciascuno”

Sentenza tratta dal sito www.corteconti.it
(Massima a cura della Redazione)