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Giustizia Amministrativa

Documenti caratteristici - Competenza - Compilatore e revisore - Distinzione - Necessità.

T.A.R. Calabria - Catanzaro, sez. I, sent. 27 novembre 2006, n. 1444 (c.c. 23 novembre 2006), Pres. Mastrocola, Est. Iannini, R. A. c. Ministero Difesa

Nella redazione della scheda valutativa devono intervenire un compilatore e, almeno, un revisore. Il ruolo di compilatore e quello del revisore, infatti, non possono essere svolti dallo stesso soggetto, ma da distinte autorità, altrimenti verrebbero inevitabilmente vulnerate quelle evidenti esigenze che sono alla base della previsione dell’intervento dei revisori e che si pongono a garanzia degli interessi, non solo del militare, ma anche della stessa amministrazione (1).

(1) Si legge quanto appreso in sentenza:
“Con il primo motivo il ricorrente deduce che, in violazione dell’art. 2, nn. 1 e 4, del DPR 213/2002, il Comandante della Compagnia, Ten. […], nel redigere la scheda, ha assunto la duplice veste di compilatore e revisore.
La censura è fondata.
Va premesso che, a norma dell’art. 2, comma 1, del DPR 8 agosto 2002 n. 213 (Regolamento recante disciplina per la redazione dei documenti caratteristici del personale appartenente all’Esercito, alla Marina, all’Aeronautica e all’Arma dei carabinieri) i documenti caratteristici sono compilati dall’autorità dalla quale il militare dipende per l’impiego, secondo la linea ordinativa, e sono sottoposti alla revisione di non più di due autorità superiori in carica lungo la stessa linea ordinativa. Al 4° comma lo stesso art. 2 dispone che mancando il compilatore o uno dei revisori, i documenti caratteristici sono compilati e revisionati dalle rimanenti autorità di cui al comma 1.
Nel caso di specie è avvenuto che il superiore da cui il militare dipende dall’impiego (Comandante del Plotone), che avrebbe dovuto figurare quale compilatore, non è potuto intervenire nella compilazione della scheda in ossequio a quanto disposto dalla sentenza n. 262/2006 di questo Tribunale, nella quale si è ritenuto che lo stesso, in considerazione di vicende pregresse, si trovasse nell’impossibilità di esprimere un giudizio obiettivo.
In considerazione di ciò, al compilatore impedito si è sostituito il Comandante della Compagnia, che ha attribuito al militare, per il periodo sopra indicato, la qualifica di “inferiore alla media”.
Lo stesso Comandante di Compagnia ha assunto anche il ruolo di 1° revisore.
Nessuna altra autorità gerarchicamente sovraordinata è intervenuta quale revisore.
Ritiene il Tribunale che ciò implichi una violazione del disposto delle richiamate norme dell’art. 2 del menzionato DPR 213/2002, dalle quali si desume che, in ogni caso, nella redazione della scheda valutativa devono intervenire un compilatore ed, almeno, un revisore.
Le norme richiamate non pare contemplino deroga alcuna rispetto alle previsione dell’intervento delle due diverse figure, quella del compilatore e quella del revisore.
Né il disposto della norma può ritenersi soddisfatto, in chiave del tutto formalistica, con la compilazione, da parte di uno stesso soggetto, degli spazi del modello recante la scheda valutativa, dedicati, rispettivamente, al compilatore ed al revisore.
Il ruolo di compilatore e quello del revisore, infatti, non possono essere svolti dallo stesso soggetto, giacché in tal modo verrebbero inevitabilmente frustrate quelle evidenti esigenze che sono alla base della previsione dell’intervento dei revisori e che si pongono a garanzia degli interessi, non solo del militar, ma anche dell’Amministrazione.
Il ricorso risulta, pertanto, fondato, con conseguente annullamento dell’atto impugnato. Restano assorbiti i motivi non esaminati.”

La competenza nella redazione dei documenti caratteristici

1. La normativa sulla competenza.

La competenza nella redazione della documentazione caratteristica è regolata in modo specifico, in base alla norma di delega di cui all’art. 5, l. n. 1695/1962, dal d.P.R. 8 agosto 2002, n. 213, contenente il Regolamento recante disciplina per la redazione dei documenti caratteristici del personale appartenente all’Esercito, alla Marina, all’Aeronautica e all’Arma dei carabinieri. L’art. 2, d.P.R. n. 213/2002, stabilisce in generale che i documenti caratteristici sono compilati dall’autorità dalla quale il militare dipende per l’impiego, secondo la linea ordinativa, e sono sottoposti alla revisione di non più di due autorità superiori in carica lungo la stessa linea ordinativa. La norma prevede, inoltre, che, qualora manchi il compilatore o uno dei revisori, i documenti caratteristici sono compilati e revisionati dalle rimanenti autorità giudicatrici, mentre in caso di mancanza di tutte le autorità giudicatrici deve essere compilata d’ufficio la dichiarazione di mancata redazione della documentazione caratteristica. La normativa generale va, poi, integrata con le regole specifiche contenute negli articoli successivi che stabiliscono limiti agli interventi nella redazione dei documenti caratteristici, distinti per gli ufficiali e gli appartenenti agli altri ruoli. Per il caso che qui interessa, dobbiamo analizzare la normativa riguardante il ruolo marescialli (il ricorrente è maresciallo ordinario), la quale, all’art. 13, d.P.R. n. 213/2002, prevede che i documenti in questione siano compilati dal superiore da cui il giudicando dipende per l’impiego e sottoposti alla revisione di almeno un ufficiale, posto lungo la stessa linea ordinativa, stabilendo anche appositi limiti alla revisione. In particolare, per quale che riguarda il personale ispettori dell’Arma dei carabinieri, l’art. 13, comma 4, d.P.R. n. 213/2002, stabilisce che non si procede a seconda revisione, oltre al caso comune ai marescialli delle altre Forze armate(1), anche nel caso in cui il compilatore o il primo revisore è il comandante di reparto ai fini disciplinari. La norma speciale trova una sua giustificazione nella peculiare struttura organizzativa dell’Arma, per la quale i superiori gerarchici di rango più elevato di quello di comandante di reparto hanno - normalmente - la loro sede in località anche molto distanti da quelle dove presta servizio l’appartenente al ruolo marescialli. Ciò ovviamente non garantisce quel giudizio personale e diretto del valutando (non garantisce neanche la sua stessa conoscenza) che costituisce il presupposto essenziale della documentazione caratteristica. Le norme, piuttosto chiare ed univoche, fissano il limite superiore entro il quale le autorità militari intervengono nella redazione dei documenti caratteristici e oltre il quale non è previsto che si esprima alcun superiore gerarchico. Ciò implica che, in mancanza di una di quelle autorità giudicatrici che - astrattamente - sono chiamate a pronunciare il giudizio valutativo sul dipendente, si esprimano soltanto le rimanenti autorità o, al limite, non si esprima nessuno, non tanto perché non è previsto un meccanismo normativo che consenta alle ulteriori superiori autorità di intervenire, ma soprattutto perché è fissato un vero e proprio limite che esclude categoricamente l’intervento di altre autorità giudicatrici.

2. Il particolare orientamento giurisprudenziale.

Nella sentenza in commento, il giudice amministrativo ritiene fondata la censura addotta dal ricorrente circa la violazione dell’art. 2, commi 1 e 4, d.P.R. n. 213/2002, poiché il competente comandante di reparto (il comandante della compagnia), nel redigere la scheda valutativa, ha assunto la duplice veste di compilatore e, revisore. Bisogna tener presente che, nel caso in esame, il comandante di reparto è il naturale 1° (ed unico, in base all’art. 13, comma 4, d.P.R. n. 213/2002) revisore del valutando, ma - nella circostanza - ha assunto la veste di compilatore del documento, in quanto il naturale compilatore (il comandante di plotone) non è potuto intervenire nella redazione della scheda in questione in ottemperanza a quanto disposto da altra sentenza dello stesso T.A.R. Calabria, con la quale si è ritenuto che lo stesso, in considerazione di vicende pregresse, si trovasse nell’impossibilità di esprimere un giudizio obiettivo(2). Si presuppone che il comandante di compagnia nella circostanza non abbia assunto la duplice veste di compilatore e revisore, come se - in maniera schizofrenica - si fosse sdoppiato, procedendo prima a redigere il documento come compilatore e, poi, correggendoselo come revisore. In questi casi, come stabilito dalla normativa amministrativa di dettaglio(3), il revisore procede a formulare la sua valutazione seguendo le stesse modalità di espressione dei giudizi previste per il compilatore, mentre nella parte relativa al giudizio di revisione dovrà indicare esclusivamente che il 1° revisore si identifica nel compilatore. Stante la normativa sulla competenza, più sopra illustrata, e la concreta vicenda oggetto della pronuncia de qua, è evidente che - come nel caso in esame - una censura di violazione di legge per contrasto con l’art. 2, commi 1 e 4, d.P.R. n. 213/2002, debba ritenersi assolutamente infondata. Non si può, pertanto, condividere l’orientamento del T.A.R. Calabria per il quale il documento caratteristico compilato da un’unica autorità giudicatrice che assume l’esclusivo ruolo di compilatore “implichi una violazione del disposto delle richiamate norme dell’art. 2 del menzionato d.P.R. 213/2002, dalle quali si desume che, in ogni caso, nella redazione della scheda valutativa devono intervenire un compilatore ed, almeno, un revisore”. La normativa, né all’art. 2, né all’art. 13, d.P.R. n. 213/2002, prevede che debba intervenire oltre ad un compilatore almeno un revisore. Semmai - ma è una questione completamente diversa - potrebbe verificarsi per il personale del ruolo marescialli che il compilatore sia maresciallo più alto in grado o più anziano e non possa intervenire alcun revisore con il rango di ufficiale. In questo caso, in base all’art. 13, comma 3, d.P.R. n. 213/2002, non si può prescindere dalla revisione del documento da parte di almeno un ufficiale. Non a caso, l’apposita circolare del Ministero della Difesa(4) chiarisce che “[p]oiché il superiore deve giudicare in funzione della sperimentata conoscenza del proprio dipendente, in caso di mancanza, impedimento o astensione di una o più delle tre (al massimo) Autorità immediatamente sovraordinate (individuate quali compilatore, 1° revisore e 2° revisore) non si potrà mai determinare il coinvolgimento nella valutazione di ulteriori superiori gerarchici presenti nella linea di servizio. Unica eccezione a tale principio è il caso in cui occorra assicurare l’intervento di almeno un ufficiale nella valutazione dei marescialli/sergenti/volontari e ruoli corrispondenti (art. 13, comma 3, art. 14 comma 3 e art. 15 comma 3 del Regolamento). In tale circostanza l’ultima Autorità della linea di giudizio (non avente la qualifica di ufficiale) sarà esclusa dalla valutazione e sostituita dal primo superiore appartenente ai ruoli ufficiali posto nella linea di servizio”. In sintesi, il principio di diritto espresso con la sentenza in commento da parte del T.A.R. Calabria, per cui nella redazione della scheda valutativa devono intervenire un compilatore e, almeno, un revisore, non è rinvenibile nello ius conditum, semmai è pacifico ritenere legittima la circostanza che nella redazione dei documenti caratteristici possa intervenire anche una sola autorità o, addirittura, nessuna. Che il principio di diritto in argomento sia condivisibile ed anche auspicabile è questione di ius condendum, che - in questa circostanza - non ci interessa e soprattutto non vale a definire correttamente la causa oggetto di giudizio del T.A.R. Calabria.

3. I casi di astensione e di esclusione della competenza.

È interessante a questo punto esaminare anche la sentenza che ha creato il presupposto dell’unico compilatore del documento caratteristico impugnato. In questa precedente vicenda il giudice amministrativo ha annullato il documento caratteristico impugnato, accogliendo il ricorso per l’assorbente motivo della violazione di legge. In particolare, si è verificato che il compilatore, comandante di plotone del ricorrente, è stato autore di relazioni di servizio a carico di quest’ultimo, le quali sono sfociate in un procedimento penale nei confronti del medesimo. Inoltre, per il contenuto delle citate relazioni, lo stesso compilatore è stato denunciato dal ricorrente, unitamente ad altri militari, per calunnia. Per tali circostanze, il T.A.R. Calabria, accogliendo le specifiche doglianze avanzate dal ricorrente, ha ritenuto che il compilatore si è trovato in una situazione per la quale non gli è stato possibile esprimere un giudizio obiettivo. In particolare, “[i]l collegio precisa che la ragione di tale impossibilità non risiede tanto nell’avere compiuto relazioni di servizio che hanno portato all’incriminazione del ricorrente, quanto piuttosto nella circostanza che da tali relazioni emerge che lo stesso [compilatore] assume il ruolo di oggetto materiale del reato che si assume essere stato commesso dal ricorrente”. Il non poter esprimere un giudizio obiettivo, come richiesto dalla normativa in vigore, risiederebbe - in questo caso - in una peculiare circostanza soggettiva, per la quale è rilevante una determinata situazione psicologica, cioè “[…] quella di chi si trova a giudicare un soggetto che lo stesso valutante reputa avere commesso un delitto ai propri danni”. Conseguentemente, si è ritenuta sussistente la violazione, nel caso di specie, dell’art. 2 del d.P.R. n. 213/2002, che prevede l’obbligo di astensione dal giudizio quando il compilatore non si trovi nella possibilità di esprimerlo in modo obiettivo. L’assunto non convince del tutto, poiché in questi casi è necessario preliminarmente distinguere quando un superiore denunci un dipendente per fatti comunque connessi con il servizio dalle ipotesi per le quali nessuna attinenza con il servizio sia riscontrabile. Per esemplificare, una cosa è denunciare il proprio dipendente per insubordinazione nei propri confronti, o per altri reati militari contro la persona che - in quanto reati oggettivamente militari - presentano sempre profili di lesività della disciplina militare o, comunque, di interessi militari; altra cosa è denunciarlo (o, meglio ancora, querelarlo) per altri reati in cui il superiore è semplicemente parte offesa di un comportamento completamente scollegato con il rapporto di servizio o disciplinare. Per il primo profilo, è indubbio che il superiore, poiché pubblico ufficiale, se non anche ufficiale di polizia giudiziaria, è sempre tenuto a denunciare il fatto, mentre per le altre ipotesi esercita un diritto potestativo rimesso alla sua completa discrezionalità, tant’è che sono considerati irrilevanti i motivi che spingono l’interessato a produrre querela. È evidente che nel primo caso la denuncia è un obbligo d’ufficio e le eventuali situazioni psicologiche rimangono ai margini della vicenda, mentre nel secondo caso ben possono essere rilevanti nell’indurre a querelare un proprio dipendente.
Da quel che è dato evincere dal contesto della vicenda, il compilatore non ha proceduto né a querelare il ricorrente, né a denunciarlo direttamente all’autorità giudiziaria, avendo esclusivamente redatto (come suo preciso dovere) relazioni “di servizio” che altra autorità ha ricevuto, valutato e utilizzato come contenuto di una denuncia penale. Quest’ultima autorità, d’altra parte, non è stata considerata in una situazione di incompatibilità con l’attività di valutazione del ricorrente. Infatti, è stato espressamente affermato che “[n]ella stessa situazione di impossibilità ad esprimere un giudizio obiettivo non si trova il [revisore] perché egli si è limitato ad informare l’Autorità Giudiziaria sulla base di fatti oggetto di relazione di terzi”. A suffragare la convinzione di imparzialità astratta del ricorrente viene addotta anche la circostanza che quest’ultimo non è stato denunciato per calunnia dal ricorrente.
In sintesi, le valutazioni sull’imparzialità delle autorità giudicatrici non appaiono del tutto coerenti con parametri univoci e significativi e sembrano determinate più dal comportamento giudiziario del valutando che da una reale e concreta carenza di obiettività del giudizio.
D’altra parte, l’unico caso di incompatibilità per possibile parzialità dell’autorità giudicatrice, previsto dalla normativa, è contemplato dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 213/2002, dove viene stabilito che il superiore il quale deve valutare un inferiore sottoposto ad inchiesta formale e che può, a giudizio dell’autorità che ha ordinato l’inchiesta, essere comunque interessato all’esito del procedimento disciplinare, non può compilare o revisionare il documento caratteristico. Questa norma è stata estesa per analogia anche al caso di indagini penali tra loro interdipendenti, interessanti il compilatore e il valutando. È stato affermato che “[u]na volta stabilito un nesso tra il comportamento del militare subordinato e quello del suo superiore l’obbligo di astensione per quest’ultimo deriva direttamente dai principi dell’ordinamento”(5).
Insomma, la delicatezza della materia della valutazione del personale militare suggerisce una attenta e ponderata attività di interpretazione, sia per evitare pregiudizi per il militare valutando, sia per non minare inutilmente l’autorità e il prestigio delle autorità giudicatrici, le quali debbono esprimere un giudizio obiettivo e, d’altra parte, non possono sottrarsi alla responsabilità di valutare il proprio personale. Se il militare da valutare ha diritto ad un giudizio personale, diretto ed obiettivo, non di meno non possono essere suffragate eventuali manovre dilatorie od elusive, tese ad evitare giudizi “scomodi” o valutazioni latamente sfavorevoli.

Ten. Col. CC Fausto Bassetta


_________________
(1) - La norma prevede che non si procede a revisione o a seconda revisione nei casi in cui il compilatore o il primo revisore è il comandante di corpo o un ufficiale che riveste grado pari o superiore a colonnello, o grado corrispondente, o un’autorità civile con qualifica di dirigente.
(2) - Si tratta di: T.A.R. Calabria - Catanzaro, sez. I, sent. 6 marzo 2006, n. 263 (c.c. 27 gennaio 2006), Pres. Mastrocola, Est. Morgantini, R. A. c. Ministero Difesa.
(3) - Cfr.: Istruzioni sui documenti caratteristici del personale delle Forze armate, edite il 30 ottobre 2006 dal Segretariato generale della Difesa (capitolo I, paragrafo 7); Circolare del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare, prot. n. M_D/GMIL_06-V/G.L./28979/D9-1 del 31 ottobre 2006 (punto 4, lettera b).
(4) - Cfr.: Circolare del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare, prot. n. M_D/GMIL_06-V/G.L./28979/D9-1 del 31 ottobre 2006 (punto 4, lettera c).

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Documenti caratteristici - Discordanza tra compilatore e 1° revisore - Adeguata motivazione - Necessità.

T.A.R. Sicilia - Catania, sez. III, sent. 9 ottobre 2006, n. 1723 (c.c. 5 luglio 2006), Pres. Leo, Est. Milana, T. C. c. Ministero Finanze.

In caso di una rimodulazione in senso deteriore di un giudizio espresso dal compilatore, il revisore ha l’obbligo di motivare adeguatamente, pur nell’ambito dell’ampia discrezionalità di cui gode in sede di attribuzione della qualifica finale. A tal fine non è sufficiente un enunciato semplicemente tautologico, autoreferenziale ed apodittico, ma è necessario che la motivazione si colleghi a fatti o situazioni determinati (1).

(1) Si legge quanto appresso in sentenza:
“diritto
Le censure formulate dal ricorrente, con particolare riguardo a quelle di carenza di motivazione e violazione di norme interne, ad avviso del Collegio, sono condivisibili.
Invero, l’odierno ricorrente ha riportato per il periodo sino al 25/1/04, il giudizio di “eccellente” sia da parte del compilatore che del revisore, nel mentre, per ciò che atteneva al successivo periodo, era stato sempre quello di “eccellente” da parte del compilatore ma di “superiore alla media”, ovvero di un gradino inferiore nella scala dei giudizi, da parte del revisore che nell’occasione era sempre il Comandante Provinciale […].
Rientra certamente nella facoltà dell’Amministrazione e specificatamente dei redattori dei giudizi valutativi dei militari modificare, in senso deteriore, i giudizi espressi per i periodi precedenti sui militari subordinati. è altresì doveroso per l’ufficiale più alto in grado, revisore, di rimodulare al ribasso i giudizi più lusinghieri espressi dagli ufficiali <compilatori> se l’ufficiale relatore dovesse riscontrare una valutazione eccessivamente benevola nei confronti dello scrutinato.
Nell’esprimere il giudizio gli organi dell’Amministrazione godono di una limitata discrezionalità, imbrigliata da una griglia di giudizi predeterminata dagli appositi moduli e dalle norme di settore emanate dall’Amministrazione di appartenenza.
Inoltre le valutazioni più elevate, (come le valutazioni più basse), devono essere particolarmente ponderate dai redattori delle note, al fine di non appiattire in alto le valutazioni dei militari e di non rendere l’importante, per l’efficienza dell’istituto, momento valutativo un vuoto rito.
Però, ciò premesso, dinnanzi ad una rimodulazione in senso deteriore di un giudizio espresso dal compilatore il revisore ha l’obbligo di motivare, pur nell’ampia discrezionalità di esso cui fruisce in sede di qualifica finale, con un enunciato non semplicemente tautologico la revisione, in ribasso od in rialzo del precedente giudizio.
La motivazione sia pure stringata deve però non essere soltanto autoreferenziale ed apodittica,ma deve ricollegarsi (sia pure nell’ambito della discrezionalità nella valutazione) a fatti o situazioni determinati.
Trasponendo i principi sopra esposti al caso di specie il giudizio <non ha confermato le qualità precedentemente espresse> formulato dal Comandante Provinciale, in data 2/5/2005, giudizio avversato con il presente ricorso, si appalesa inficiato dal vizio di carenza di motivazione.
Esso, pertanto, va annullato facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione che nel riformulare il giudizio si conformerà ai principi esposti nella presente sentenza.
Inafferenti, per contro, si appalesano le censure relative al ritardo nella compilazione del giudizio valutativo atteso che i termini di redazione dei documenti di valutazione devono considerarsi, nel silenzio della norma, termini di cui sopra non possono che avere natura ordinatoria, essendo finalizzati soltanto ad una opportuna accelerazione della procedura, non essendo neppure configurabile una decadenza della relativa potestà amministrativa, trattandosi di adempimenti necessari in vista dell’interesse pubblico alla redazione delle schede valutative richieste, tra l’altro, per i giudizi di avanzamento. Ed in tale prospettiva non si vede, in realtà, neppure un qualsiasi interesse del ricorrente ad un eventuale annullamento delle schede valutative impugnate per l’asservita violazione di un termine perentorio.”

La discordanza dei giudizi nella documentazione caratteristica.

1. La natura giuridica e la struttura dei documenti caratteristici.

I documenti caratteristici sono atti amministrativi prodotti dalle competenti autorità gerarchiche con lo scopo di registrare tempestivamente il giudizio personale, diretto ed obiettivo dei superiori sui servizi prestati e sul rendimento fornito dai militari, nei limiti dell’interesse pubblico riguardante la valutazione delle attitudini e delle attività del singolo nell’ambito delle proprie qualità fisiche, caratteriali, intellettuali, culturali e professionali(1).
Dal punto di vista strutturale, il documento caratteristico si presenta come un atto di giudizio composto, formato cioè dalla volontà concorrente di più persone, poste in reciproca interrelazione secondo un criterio di sovraordinazione successiva(2). Non si tratta, però, di una manifestazione di volontà collegiale, in quanto i singoli giudizi rimangono separati ed autonomi (anche se sono necessariamente correlati) e il documento stesso esprime il contenuto del singolo giudizio valutativo (a maggior ragione dopo le modifiche introdotte ai modelli da utilizzare da parte del d.P.R. …)(3). Coloro che intervengono nella redazione del documento caratteristico non procedono congiuntamente a definire un unico giudizio valutativo, sintesi di discussione collegiale e di successiva deliberazione a maggioranza, ma formulano distinti giudizi attribuibili ciascuno alla volontà di ciascuna autorità, cosicché lo stesso giudizio finale è esclusivamente dell’ultimo revisore (o in alcuni casi del solo compilatore) e può anche essere sensibilmente differente da quelli delle altre autorità intervenute nella redazione del documento in questione.
Il documento caratteristico potrebbe apparire piuttosto come un atto complesso(4), cioè un atto che, secondo la prevalente dottrina, è caratterizzato da un unico fine immediato, dall’omogeneità delle attività le quali si fondono nello stesso atto e dalla concordia di volontà e di interessi coinvolti(5). L’identità funzionale dell’atto e l’omogeneità delle attività che convergono alla sua formazione (attività di valutazione), nonché la prevalente rilevanza degli interessi pubblici coinvolti depongono a favore della tesi dell’atto complesso, anche se potrebbe mancare una perfetta concordia di volontà tra coloro che intervengono nella formazione del documento in questione. In effetti si tratterebbe di un atto complesso disuguale, dove le volontà hanno un diverso peso e non presentano un’equivalenza giuridica, tant’è che il giudizio del revisore, qualora discordante da quello dell’autorità subordinata, prevale nel determinare la qualifica finale attribuita al militare interessato. L’assenza di concordia tra le volontà, però, non comporta il mancato perfezionamento dell’atto che rimane valido ed efficace anche qualora i giudizi siano tra loro completamente discordanti. Si potrebbe piuttosto ritenere che una concordia di volontà sia da ravvisarsi nel momento in cui ogni singola autorità procede a valutare il militare dipendente, cioè nella circostanza che si ponga in essere un’attività di valutazione (peraltro doverosa), al di là dell’esito finale e dei singoli giudizi di merito che attengono ad un ambito di libera scelta (peraltro insindacabile da parte del giudice amministrativo)(6). A supportare, poi, la tesi dell’atto complesso è l’aspetto relativo all’eventuale patologia dello stesso: il vizio relativo ad un giudizio valutativo coinvolge l’intero documento caratteristico, comportando l’annullamento dello stesso(7). L’effetto demolitorio che riguarda l’intero documento, anche se il vizio concerne il giudizio di una sola autorità intervenuta nell’atto, non si riscontra - ad esempio - negli atti collettivi dove le singole volontà rimangono distinte e i vizi non si comunicano all’intero atto. In questo contesto, il giudizio di ciascuna autorità che interviene nella redazione del documento caratteristico rimane valido ed efficace, anche se viene sostanzialmente contraddetto nel merito da quello dell’autorità sovraordinata, rappresentando il necessario ed ineludibile presupposto per l’attività di valutazione successiva. In sostanza, il giudizio del compilatore o del primo revisore ben potrebbe essere vanificato nel merito da un successivo, superiore giudizio discordante, a favore o a sfavore del militare valutato, senza che il primo sia per tale motivo rimosso, cancellato o annullato. A ben vedere, allora, il giudizio del compilatore, e lo stesso vale per quello dell’eventuale 1° revisore, costituisce, oltre ad un giudizio di merito definitivo (almeno da parte di chi lo emana), anche una vera e propria proposta sulla quale l’autorità sovraordinata esprime un giudizio di concordanza o di discordanza(8). In quanto proposta è atto proprio del proponente che non può essere eluso o superato attraverso un’indipendente, superiore attività di valutazione: non si può formulare un giudizio autonomo se prima non si concordi o meno su quello precedente del proprio subordinato. Inoltre, in quanto proposta implica un’attività procedimentalizzata che fa apparire la valutazione caratteristica come un vero e proprio procedimento scandito da fasi successive e da diversi responsabili, piuttosto che come un unico atto ancorché complesso(9). Il profilo procedimentale andrebbe maggiormente approfondito, ma non rientra nelle finalità di queste brevi riflessioni, per cui, anche se inopportunamente, se ne tralascia la trattazione.
In quanto atti di giudizio (e anche atti di proposta) i singoli interventi dei redattori dei documenti caratteristici costituiscono tipiche manifestazioni di volontà, giuridicamente non equivalenti, e ciascuna connotata da propri elementi caratteristici. Per valutare esattamente il problema della loro eventuale discordanza e della loro adeguata motivazione, allora è necessario differenziare i singoli atti di giudizio e analizzarne i contenuti.

2. Il potere di valutazione e il giudizio del compilatore.

Il giudizio del compilatore è di fondamentale importanza, sia perché costituisce l’atto di valutazione del superiore gerarchico che, più di ogni altro, ha una conoscenza diretta e personale del valutando, sia perché rappresenta la base per la successiva attività di revisione. Per tale duplice motivo il giudizio del compilatore si esprime in modo molto articolato, attraverso la scelta tra formulazioni prefissate per alcune qualità, con l’indicazione, inoltre, di espressioni di valore (per mezzo di una gamma predefinita), anche con la possibilità di riportare note di commento, obbligatorie in caso di indicazione di valori estremi, infine, con la formulazione di un giudizio sintetico e con l’eventuale attribuzione di una qualifica finale (solo per la scheda valutativa). La strutturazione articolata e complessa del documento caratteristico è finalizzata non soltanto a consentire al superiore gerarchico di pronunciarsi nella maniera più ampia ed esauriente possibile sulle qualità complessive del valutando, sul suo rendimento in servizio e sulle attitudini dimostrate, ma anche a vincolarlo in un certo qual modo nell’esercizio del peculiare potere discrezionale. Il riconosciuto e legalmente predefinito potere di valutazione dei superiori gerarchici è stato, in sostanza, orientato e disciplinato attraverso una prefissata griglia di voci, formule e valori che costituisce il limite interno della discrezionalità esercitata nella circostanza. Il limite esterno sono indubbiamente i criteri di ragionevolezza enucleati in sede giurisprudenziale, tra i quali, ai fini delle presenti riflessioni, devono essere citati la logicità e la congruità dei giudizi, la globalità del loro oggetto, la loro autonomia e la loro riferibilità alle sole prestazioni istituzionali. Innanzitutto, per quanto riguarda l’oggetto del sindacato giurisdizionale, è costante l’affermazione che lo stesso è necessariamente circoscritto alla logicità intrinseca dei giudizi complessivi, alla loro congruità reciproca, all’aderenza e alla consequenzialità rispetto ai giudizi analitici, in quanto espressione del generale sindacato di legittimità, il quale non può ingerirsi nelle questioni attinenti al merito della valutazione caratteristica, che è caratterizzata da amplissima discrezionalità(10). Altro importante principio è la necessità che la valutazione del servizio prestato deve essere globale, e prescindere da fatti specifici, sia che questi risultino pienamente legittimi, sia che, al contrario, si accompagnino, ad esempio, a mancanze disciplinarmente rilevanti. La documentazione caratteristica non può, quindi, risultare un dettagliato resoconto o una cronistoria dell’attività del giudicando(11). Ancora, costante è l’affermazione giurisprudenziale dell’autonomia delle valutazioni caratteristiche, per le quali l’amministrazione militare, per ciascun periodo di tempo considerato e tenuto conto del servizio svolto, può pervenire a valutazioni diverse da quelle anteriori, in quanto il carattere, le attitudini ed i risultati del lavoro compiuto dal medesimo soggetto, lungo il corso degli anni, non sono necessariamente uniformi e sono, pertanto, suscettibili di diversa valutazione nel corso del tempo(12). Interessante, infine, il principio della riferibilità dei giudizi - prioritariamente - alle “prestazioni istituzionali”, previste per ogni singola Forza armata o Corpo armato e riferite all’incarico assolto, le quali devono costituire il principale oggetto di valutazione e che non possono essere surrogate da prestazioni collaterali o secondarie(13).
Nel rispetto dei suddetti limiti il compilatore esprime un giudizio di merito, insindacabile dal giudice amministrativo, ma pienamente sindacabile dalle superiore autorità che intervengono in sede di revisione.

3. Il giudizio dei revisori.

Il sistema della revisione della documentazione caratteristica ha un duplice obiettivo: pervenire ad un giudizio finale maggiormente ponderato sul militare in valutazione, controllare l’attività di valutazione svolta dai dipendenti gerarchici. Attraverso il giudizio di revisione il superiore può correggere, integrare o confermare il giudizio di merito espresso dalle autorità a lui subordinate. Nel correggere il giudizio il superiore sostituisce la sua valutazione di merito a quella precedente, nel senso che il giudizio finale e la relativa attribuzione di qualifica sarà quella indicata dall’ultimo revisore. Non si tratta, quindi, di intervenire sul giudizio del compilatore, che rimane valido ed efficace, ma di sostituire - a titolo definitivo - un giudizio valutativo ad un altro, senza che quest’ultimo debba essere rivisto o modificato. Per quanto riguarda l’attività di integrazione, in questo caso il superiore, normalmente, concorda solo in parte, confermando - di massima - il giudizio dell’autorità sott’ordinata (almeno per qual che riguarda la qualifica finale) e aggiungendo proprie valutazioni dissonanti (in melius o anche in pejus) da quelle precedenti su alcuni aspetti delle qualità, del rendimento o delle attitudini del valutando. Nel confermare il precedente giudizio, invece, l’autorità competente concorda pienamente con la valutazione delle altre autorità, attribuendo la stessa qualifica finale. In questi ultimi due casi non si pongono particolari problematiche, in quanto il revisore dovrà esclusivamente motivare, in modo adeguato, il dissenso su singole qualità. Diverso è il tema della discordanza, soprattutto se in pejus, tra il giudizio del compilatore e quello dei revisore. La tematica è disciplinata dalla normativa vigente, la quale, ai sensi dell’art. 2, comma 6 d.P.R,. n. 213/2002, dispone che l’autorità la quale revisiona il documento caratteristico deve motivare l’eventuale dissenso dal giudizio espresso dall’autorità inferiore. Anche se non ci fosse stata una norma specifica, la necessità della motivazione è in re ipsa in quanto già da tempo dottrina e giurisprudenza, in assenza di della peculiare norma di cui all’art. 3, l. n. 241/1990, avevano individuati, tra i vari provvedimenti amministrativi necessitanti di un’apposita motivazione, anche quelli espressione di giudizio(14). D’altra parte, è stato acutamente rilevato che il problema della motivazione ha riguardato due aspetti: quello dei casi in cui la stessa debba ritenersi necessaria e quello del suo contenuto e della sua ampiezza(15). Proprio la questione dell’adeguatezza della motivazione, in relazione al suo contenuto e alla sua ampiezza, è il tema che qui ci occupa e sul quale la giurisprudenza si è espressa costantemente circa la necessità che la stessa sia tanto più chiara ed esauriente quanto più l’atto venga ad incidere negativamente la sfera giuridica del suo destinatario, al fine di garantire al medesimo la migliore tutela dei diritti e degli interessi di cui è titolare(16).
È evidente che il riferimento è al giudizio di discordanza in pejus, il quale va ad incidere negativamente sulla sfera giuridica del valutando, considerando non solo gli scopi immediati della valutazione caratteristica, ma soprattutto quelli mediati (avanzamento, impiego, trattamento economico ed altro ancora)(17). In tal senso, si è anche affermato che un giudizio di non concordanza, magari riferito ad un mero rapporto informativo, che non si conclude con l’attribuzione di una qualifica, deve comunque evidenziare con precisione e specifici riferimenti fattuali i motivi che spingono il revisore a dissentire dal giudizio del compilatore. A tal proposito, è stato anche precisato che quanto più risulta limitato il periodo di osservazione effettiva a disposizione del revisore, a prescindere dalla sua formale rispondenza alle previsioni minime normative, tanto più puntuale e circostanziata deve essere la giustificazione di un dissenso rispetto al giudizio espresso da chi ha avuto a disposizione un più lungo periodo di osservazione(18).
È stato anche rilevato che la divergenza di giudizio nella fase della revisione imporrebbe una motivazione specifica solo quando il dissenso dal compilatore cada su voci specifiche, e non anche quando riguardi la qualifica finale, che esprime un autonomo giudizio di valore, come tale insindacabile, salvo che risulti palesemente abnorme o illogico(19).
È bene precisare - infine - che il potere di reformatio in pejus dei revisori, previsto e disciplinato dalla normativa in vigore, per poter essere correttamente esercitato deve essere giustamente esternato mediante un’adeguata motivazione, la cui concreta formulazione - però - si svolge secondo le precise modalità indicate nei documenti caratteristici. Queste ultime modalità rappresentano altrettante griglie predefinite all’interno delle quali (e soltanto al loro interno) è possibile formulare il giudizio di discordanza, senza poter integrare la motivazione rinviando ad altri atti e allegando gli stessi ai documenti caratteristici o - comunque - secondo ulteriori, irritali modalità. In sostanza, il revisore deve valorizzare elementi o presupposti non tenuti adeguatamente presenti dal precedente compilatore o la cui conoscenza sia esclusiva da parte del primo. In questo senso, non può utilizzare formule generiche, tralatizie o inconferenti, ma deve concretamente individuare ed enunciare le circostanze che impongono di disattendere il giudizio valutativo del precedente compilatore(20).

Ten. Col. CC Fausto Bassetta

(1) - Cfr. la Premessa alle Istruzioni sui documenti caratteristici del personale delle Forze armate, edita il 30 ottobre 2006 dal Segretariato generale della Difesa.
(2) - Sugli atti strutturalmente complessi in diritto amministrativo: M. S. Giannini, Diritto amministrativo, II, Milano, Giuffrè, 1970, 829 ss.; A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, 1, Napoli, Novene, 198915, 659. Sulla natura giuridica e la struttura della valutazione caratteristica, si veda, in particolare: L. Scirman, Il diritto nella valutazione del militare, in Il Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, n. 3-4, 2005, 699 ss.
(4) - Contrario: L. Scirman, Il diritto nella valutazione del militare, cit., 700.
(5) - Cfr.: F. Migliarese, Atto complesso, in Enc. Giur., IV, Roma, Ist. Enc. it., 1988, 1-3.
(6) - È stato autorevolmente rilevato come nell’atto complesso “convergono e si uniscono interessi coordinati in atteggiamento di cooperazione”: A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., 659.
(7) - Cfr.: A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., 659.
(8) - Si veda, in particolare, la circolare del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare, prot. n. M_D/GMIL_06-V/G.L./28979/D9-1 del 31 ottobre 2006: “Il compilatore può, inoltre, utilizzare il quadro in parola per proporre la formulazione di una espressione di apprezzamento, compiacimento, esortazione o biasimo. Il primo revisore esprime concordanza con il giudizio espresso e la qualifica proposta dal compilatore, motiva adeguatamente l’eventuale discordanza, sia in termini negativi sia positivi, e formula il proprio giudizio in forma testuale comprensivo di eventuali proposte per l’estensore del giudizio complessivo finale”.
(9) - Sulla natura procedimentale della valutazione caratteristica: L. Scirman, Il diritto nella valutazione del militare, cit., 702 ss. Inoltre: A. Mantero, Qualifiche e rapporti informativi dei pubblici dipendenti, in Enc. Giur., XXV, Roma, Ist. Enc. it., 1991, 1-2.
(10) - Tra le tante, cfr.: Cons. Stato, sez. IV, 5 maggio 1987, n. 271; Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2001; T.A.R. Trentino Alto Adige, sede di Trento, 25 ottobre 2001; T.A.R. Lombardia, sezione prima, 26 giugno 2002; T.A.R. Emilia-Romagna, sez. Parma, 6 marzo 2003, n. 132; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sent. 27 ottobre 204, n. 621 (c.c. 24 settembre 2004), Pres. Sammarco, Est. Settesoldi; Cons. Stato, sez. IV, dec. 27 aprile 2004, n. 2559 (c.c. 17 febbraio 2004), Pres. Riccio, Est. Poli; T.A.R. Lazio, sez. I-bis, sent. n. 11330/2004 (c.c. 6 ottobre 2004), Pres. Mastrocola, Est. Politi; T.A.R. Lazio, sez. I-bis, sent. n. 1873/2005 (c.c. 9 febbraio 2005), Pres. Politi, Est. Morabito. In dottrina: P. Iovino - A. Ritacco, L’autonomia dei giudizi in sede di documentazione caratteristica, in Riv. G.d.F., n. 5, settembre-ottobre 2005 (LIV), 1600 ss.
(11) - Cfr.: T.A.R. Lombardia, sezione prima, 26 giugno 2002; T.A.R. Puglia - sezione prima -, 9 ottobre 2002; T.A.R. Sardegna, 20 novembre 2002, n. 415; T.A.R. Basilicata, sent. 7 febbraio 2004, n. 58 (c.c. 20 novembre 2003), Pres. Camozzi, Est. Pennetti; T.A.R. Piemonte, sez. I, sent. 25 maggio 2004, n. 898 (c.c. 20 maggio 2004), Pres. Gomez de Ayala, Est. Baglietto; T.A.R. Toscana, sez. I, sent. 13 luglio 2005, n. 3261 (c.c. 19 aprile 2005), Pres. Vacirca, Est. Romano; T.A.R. Lazio, sez. I-bis, sent. n. 4671/2005 (c.c. 10 novembre 2004), Pres. Mastrocola, Est. Scala.
(12) - Tra le tante, cfr.: Cons. Stato, sez. IV, 30 luglio 1994, n. 644; Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2001; Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2001, n. 991; T.A.R. Calabria, sezione prima, 23 maggio 2002; T.A.R. Lombardia, sezione prima, 26 giugno 2002; T.A.R. Lazio, sez. I-bis, 18 novembre 2002; T.A.R. Lazio, sez. I-bis, 10 marzo 2003, n. 3341; T.A.R. Basilicata, sent. 7 febbraio 2004, n. 58 (c.c. 20 novembre 2003), Pres. Camozzi, Est. Pennetti; Cons. Stato, sez. IV, dec. 27 aprile 2004, n. 2559 (c.c. 17 febbraio 2004), Pres. Riccio, Est. Poli; T.A.R. Toscana, sez. I, sent. 18 gennaio 2005, n. 152 (c.c. 19 ottobre 2004), Pres. Vacirca, Est. Massari. In dottrina: P. Iovino - A. Ritacco, L’autonomia dei giudizi in sede di documentazione caratteristica, cit., 1606 ss.; V. Bardi - P. Iovino - B. Salsano - A.N. Serena, La tutela giustiziale: da appunti di esperienze militari, casi e materiali per le amministrazioni pubbliche, Bari, Cacucci, 2005, 209 ss.
(13) - Cfr.: T.A.R. Calabria - sezione distaccata di Reggio Calabria, 13 gennaio 2001, relativa all’impugnazione di una scheda valutativa sfavorevole, redatta nei confronti di un ufficiale della Guardia di finanza comandante di compagnia territoriale, impugnazione ritenuta infondata anche per gli aspetti inerenti al decremento dell’attività operativa istituzionale - accertamento delle evasioni fiscali e delle violazioni finanziarie - cui il ricorrente aveva tentato di opporre, in compensazione, l’incremento delle attività operative extratributarie. Ancora: T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sent. 27 ottobre 204, n. 621 (c.c. 24 settembre 2004), Pres. Sammarco, Est. Settesoldi.
(14) - Sul punto: M. S. Giannini, Diritto amministrativo, I, cit., 569 ss.; B. G. Mattarella, Il provvedimento, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di S. Cassese), Diritto amministrativo generale, I, Milano, Giuffrè, 20032, 868 ss.
(15) - Cfr.: B. G. Mattarella, Il provvedimento, cit., 869.
(16) - Cfr.: T.A.R. Liguria, sez. I, sent. 4 novembre 2004, n. 1523 (c.c. 23 giugno 2004), Pres. Vivenzio, Est. Bianchi. Sul punto, inoltre: T.A.R. Piemonte, sez. I, sent. 27 ottobre 2004, n. 2784 (c.c. 27 ottobre 2004), Pres. Gomez de Ayala, Est. Baglietto.
(17) - Sulla rilevanza esterna della documentazione caratteristica, sia consentito rinviare a: F. Bassetta, La valutazione caratteristica del personale militare, in Il Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, n. 1, 2004 (VII), 291 ss. Inoltre: L. Scirman, Il diritto nella valutazione del militare, cit., 702 ss.
(18) - Cfr.: T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sent. 12 ottobre 2000, n. 759 (c.c. 22 settembre 2000), Pres. Ingrassia, Est. Settesoldi, I. G. c. Ministero Finanze.
(19) - Cfr.: Cons. Stato, sez. IV, dec. 27 aprile 2004, n. 2559 (c.c. 17 febbraio 2004), Pres. Riccio, Est. Poli.
(20) - Per una caso di corretto esercizio del potere di reformatio in pejus, per il quale la discordanza risulta adeguatamente motivata nel momento in cui “il primo revisore ha modificato le voci analitiche, ha esaminato le qualità positive e negative del ricorrente ed ha espresso un giudizio complessivo equilibrato e coerente con la qualifica di ‘superiore alla media’ assegnata al ricorrente”: T.A.R. Calabria - Catanzaro, sez. I, sent. 2 maggio 2006, n. 447 (c.c. 24 marzo 2006), Pres. Mastrocola, Est. Morgantini, R. G. c. Ministero Difesa.