Terrorismo Internazionale e nuovi modelli funzionali nell'Onu e nell'Ue

Magg. Umberto Montuoro

1. Riflessioni informali

L’analisi e lo studio di nuove soluzioni applicative o di una più avanzata configurazione di alcuni meccanismi procedurali o della stessa fisionomia compositiva dell’organigramma istituzionale delle Nazioni Unite appartiene ad uno dei piani più elevati dell’attuale ricerca internazionalistica. L’alto Gruppo di Lavoro (gruppo di Alte personalità per lo studio delle riforme del Consiglio di Sicurezza), all’uopo istituito dal Segretario Generale, reca ampia testimonianza. La portata straordinaria, altresì, delle innovazioni fissate nel Progetto di Trattato costituzionale europeo modifica profondamente l’attuale assetto dell’ordinamento comunitario, anche in riferimento ai temi della Politica Estera e di Sicurezza Comune. Gli ampi dibattiti, non solo di natura dottrinale, sviluppatisi in materia consentono, tuttavia, la redazione di alcune sintetiche annotazioni in merito ad alcuni profili, funzionali alla presente indagine. Il Comitato contro il Terrorismo, istituito dalla risoluzione 1373 delle Nazioni Unite, ha l’alto mandato di presidiare l’osservanza degli impegni assunti da parte di ogni Stato membro, sui quali insiste un obbligo di presentazione di rapporti, con regolare periodicità, sullo stato di applicazione negli ordinamenti interni delle previsioni contenute nella medesima risoluzione. Nonostante l’emersione delle dimensioni regionali del fenomeno, della sua portata transnazionale, dei suoi flussi finanziari e logistici concepiti mediante triangolazioni in Paesi od in aree geografiche non necessariamente coincidenti con la sede degli obiettivi, gli attori principali delle attività di attuazione degli indirizzi sanciti nel precitato Comitato sono gli Stati membri. Le organizzazioni internazionali permangono formalmente, pur in presenza di nuove funzioni conseguite, nel loro ruolo assegnato dallo Statuto dell’ONU(1). Il Comitato delle sanzioni rappresenta una sede del controllo del Consiglio di Sicurezza sui provvedimenti nazionali di attuazione delle sue risoluzioni. Gli Stati hanno l’obbligo di comunicare a tale Comitato le informazioni relative all’attuazione, all’applicazione ed alla repressione delle condotte realizzate in violazione dei divieti disposti. In questo ambito, la Comunità europea si affianca agli Stati membri nell’attività di produzione dei dati e delle notizie d’interesse: lo Stato che assicura la Presidenza del Consiglio europeo procede alla trasmissione(2). La questione attinente al riconoscimento dello status di membro delle Nazioni Unite e dell’attribuzione di un seggio permanente all’Unione europea nel seno del Consiglio di Sicurezza ormai è da ritenersi risalente nel tempo(3). Gli articoli 31 e 32 della Carta statuiscono la partecipazione di ogni membro delle Nazioni Unite che non sia membro del Consiglio di Sicurezza o di ogni Stato che non sia membro delle Nazioni Unite, in determinate ipotesi, senza diritto di voto, a riunioni dello stesso Consiglio. Ma la prassi, finora consolidatasi, non contempla estensioni a soggetti di diritto internazionale che non siano Stati. L’Italia si è resa promotrice, infatti, di una proposta di modifica del Consiglio di Sicurezza, orientata in tal senso, già nell’ormai lontano 1997(4). La partecipazione dell’Unione rientra nei più generali disegni ed ipotesi di riforma dello Statuto attualmente in divenire. L’eventuale modifica porrebbe ulteriori quanto superabili quesiti in tema di accordi di adesione dell’Unione ad organizzazioni internazionali(5).

2. Complessità dei meccanismi procedurali d’attuazione

I destinatari delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sono gli Stati membri dell’Organizzazione. L’espressa previsione disposta dagli articoli 25, 48 e 4 della Carta di San Francisco è in tal senso. Tuttavia, se nessun obbligo insiste in capo all’Unione in relazione alle disposizioni statutarie, non si rinvengono neanche elementi ostativi alla sua partecipazione all’attuazione delle misure contenute nelle risoluzioni. L’art.48 prevede l’esecuzione degli obblighi da parte degli Stati direttamente o nell’ambito delle “organizzazioni internazionali competenti”, non fornendo alcun riferimento riguardo quest’ultima definizione( 6). La mancata previsione è sostenuta dalla precisa intenzione di rinviare agli atti costitutivi delle organizzazioni tale ricerca, evitando, in tal modo, che gli Stati possano utilizzare questi ultimi come schermi per sottrarsi ai loro individuati obblighi. Il Trattato di Roma, modificato dal Trattato di Maastricht, contempla sia competenze comunitarie in materia sia specifici strumenti giuridici di attuazione; gli articoli 301 e 60 consentono, ad esempio, l’adozione di provvedimenti restrittivi riguardo gli scambi commerciali con Paesi terzi. “Gli articoli menzionati, che costituiscono una base giuridica complessa o a più livelli, realizzano una sorta di passerella, o collegamento, tra la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) e il Trattato CE. Il coinvolgimento dell’Unione consente di imputare ad essa le misure di attuazione, che saranno poi concretamente eseguite ora dagli Stati membri, ora dalla Comunità”(7). L’esecuzione delle sanzioni, mediante gli atti comunitari, ed in modo particolare, attraverso atti PESC, consente un’interpretazione uniforme in tutti gli Stati, la diretta applicabilità degli stessi nonché il vaglio della Corte di Giustizia di eventuali violazioni. Si realizza un rafforzamento del valore vincolante dei contenuti delle risoluzioni, vigenti, in questa maniera, in base ad un duplice titolo(8). L’atto mediante il quale l’Unione recepisce i contenuti delle risoluzioni emanate dal Consiglio di Sicurezza è la posizione comune, adottata in base al titolo V del Trattato sull’Unione europea, il II pilastro PESC. La posizione comune è dell’Unione, ovvero degli Stati e delle Comunità, ed è, quindi, funzionale all’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che presuppongono livelli di competenza diversi. Le azioni comuni, invece, ai sensi dell’art.14 del TUE, “affrontano specifiche situazioni in cui si ritiene necessario un intervento operativo dell’Unione”(9). L’art. 15 del TUE prevede che “le posizioni comuni definiscono l’approccio dell’Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica”, fornendo uno specifico quadro di riferimento per le politiche degli Stati membri. Queste sono rivolte direttamente agli Stati che devono assicurarne l’applicazione. Tuttavia, appare opportuno evidenziare che la prima reazione dell’Unione, in seguito agli attentati dell’11 settembre, si sostanzia in un pacchetto di misure, adottate il 27 dicembre 2001, composto da due posizioni comuni, un regolamento ed una decisione del Consiglio(10). In conformità, infatti, al principio di proporzionalità, risultato dell’elaborazione di natura giurisprudenziale, principio generale di diritto comunitario, codificato all’art. 5, 3 comma del Trattato Istitutivo della Comunità europea, dispone che “l’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del Trattato”. Il potere normativo, nel pieno rispetto di tale principio ed al fine di non inficiare la validità degli atti emanati, individua, di volta in volta, i mezzi confacenti allo scopo da conseguire e necessari per raggiungerlo. Il regolamento è, per definizione normativa, lo strumento più idoneo per un’applicazione diretta ed uniforme. Infine, nell’eventualità di carenza di un atto PESC, la competenza torna ai singoli Stati membri, che hanno, comunque, l’obbligo di esperire ogni tentativo al fine di ottener l’adozione dell’atto, in ossequio al principio della solidarietà e dell’unità dell’azione esterna. Il Progetto di Trattato Costituzionale europeo contiene nuovi materiali per un ulteriore sviluppo di tali prospettive. Tuttavia, appare prioritario considerare le nuove architetture istituzionali delineate.

3. Le prospettive delineate dal Trattato Costituzionale per l’Europa

L’attuazione delle disposizioni comunitarie e l’effettivo pieno funzionamento delle agenzie e degli strumenti operativi configurati si fonda su standard condivisibili e condivisi in materia di tutela, protezione ed impiego dei dati notiziali e delle informazioni da essi elaborate. Le strutture istituzionali prefigurate dal legislatore comunitario devono poter dispiegare la loro azione sinergica: la logica della moltiplicazione delle organismi e degli strumenti deve confrontarsi con le esigenze del bilancio finanziario e con una non eccessiva proliferazione di soggetti agenti. Inoltre, l’intelligenza investigativa non può essere sostituita da una raccolta iperbolica di dati e notizie, condotta mediante l’uso massiccio ed indiscriminato delle nuove sorprendenti potenzialità offerte dalla odierna tecnologia informatica, confliggente per definizione con la tutela della privacy dei cittadini. Tuttavia, i principi di pertinenza, finalità, non eccedenza, ragionevolezza e proporzionalità nel trattamento delle notizie, codificati nelle disposizioni disciplinanti l’attività informativa di Europol, costituiscono dei parametri normativi mutuabili per la definizione di una disciplina unitaria di settore. Le connesse tematiche attinenti al controllo della Corte di Giustizia e del Parlamento europeo, al fine di evitare il tanto discusso deficit democratico, mantengono inalterato il loro valore dialettico e propositivo. I moduli operativi e le fonti di acquisizione dati, spesso a contenuto altamente tecnologico (osservazione satellitare), dell’intelligence militare rappresentano una risorsa immediatamente disponibile, inserita pienamente nel contesto della lotta al terrorismo nel Progetto di Trattato Costituzionale europeo(11). Le cognizioni ed i dati acquisiti nei teatri operativi ove si svolgono le missioni di pace dell’Unione o dei singoli Stati membri si completano con le informazioni raccolte d’istituto in scacchieri anche apparentemente lontani, durante lo svolgimento delle previste ordinarie funzioni informative di ogni Servizio d’Informazione. La visione d’insieme della situazione internazionale su scala mondiale non può che appartenere agli operatori della sfera della sicurezza esterna. L’analisi e l’elaborazione delle informazioni deve essere agevolata dall’attuale sviluppo delle reti per lo scambio dei dati, dal Sistema Informatico Doganale al SIS II, comprendendo i luoghi di fusione dell’intelligence militare, SITCEN, già previsti dalle disposizioni comunitarie vigenti. L’interpretazione evolutiva dell’art.5 del Trattato Nord- Atlantico, la nuova nozione di “guerra al terrorismo” promossa nella NATO, i contenuti sanciti nella risoluzione 1373 delle Nazioni Unite, delineano una diversa configurazione giuridica della distinzione fra la lotta al terrorismo quale fenomeno criminale e la lotta al terrorismo quale nuova forma di aggressione armata, realizzata con tecniche e modalità di violenza di portata straordinaria: le aree di sovrapposizione divengono notevoli. La clausola di solidarietà fra gli Stati membri, art.III-329, dispone, in caso di “attacco terroristico”, che il Consiglio sia assistito dal già istituito Comitato Politico e di Sicurezza, mediante l’apporto delle strutture operanti nell’ambito della politica e di difesa comune, e dal Comitato per la Sicurezza Interna, previsto dall’art. III- 261 dello stesso Trattato(12). Emerge, in tal modo, una nuova categoria: la sicurezza interna dell’Unione. La presunta prospettiva meramente reattiva al terrorismo, attribuita da parte della dottrina(13), al meccanismo disposto dalla clausola di solidarietà in realtà risulta fortemente ridimensionata di fronte ad un’interpretazione di natura sistematica. Le altre norme, ratione materiae esaminate in questa sede, rinviano ad uno spettro di attività di prevenzione e di missioni di stabilizzazione e ricostruzione delle strutture istituzionali nelle zone di crisi che postulano un impegno quanto mai attivo da parte dell’Unione. Previsioni quest’ultime complementari alla precitata clausola e sintomatiche del nuovo ruolo di pacificazione demandato alle neocostituite strutture di comando militare dell’Unione. Riconoscimento di funzioni e di compiti cresciuto in un sinergia con gli indirizzi ed i molteplici atti ed accordi rispettivamente assunti ed addottati anche dall’Alleanza Atlantica in questo settore di fondamentale strategica rilevanza per i futuri assetti sia europei che euro-atlantici. Nell’ambito del medesimo Progetto di Trattato Costituzionale europeo, nella disciplina della cooperazione di polizia, è ribadito, ad integrazione delle disposizioni già vigenti ed ad escludere qualsivoglia remora istituzionale, che ogni azione operativa dell’Europol deve essere realizzata in collegamento con le autorità preposte dei singoli Stati membri nel cui territorio tale operazione si sviluppa. L’adozione di ogni misura coercitiva è mantenuta, comunque, nell’esclusiva competenza delle autorità nazionali, art. III-276.3. Nel Progetto di Trattato, la sezione dedicata alla Politica di sicurezza e di difesa comune si apre con una norma che al primo paragrafo descrive l’articolato catalogo di tipologie di missioni realizzabili dall’Unione, che si conclude con una importante previsione d’ordine generale. “Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a Stati terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio”(14).

4. Conclusioni

La cosiddetta minaccia asimmetrica non costituisce un moderno baluardo inespugnabile dalla razionalità della politica internazionale e dell’azione diplomatica. L’adozione di nuove architetture di sicurezza regionali appare essere la chiave di volta sulla quale costruire reali strategie di risposta alla minaccia lanciata dal terrorismo internazionale, a fronte della dimensione transnazionale e della fisionomia criminale assunte da questo fenomeno. Il consolidamento della pace in tormentate aree di crisi etniche ed identitarie, il ristabilimento delle indispensabili condizioni di legalità in apparentemente lontani Paesi devastati da decenni di instabilità, le finalità di prevenzione di gravi atti di terrorismo, l’intercettazione di flussi finanziari o di armi rappresentano precisi obiettivi da realizzare in un contesto necessariamente regionale. Gli atti posti in essere nel seno di un rinnovato assetto istituzionale delle Nazioni Unite devono potersi tradurre più agevolmente in strumenti giuridici vigenti nell’UE. L’Europa in questo mutato panorama geopolitico, infatti, non può non conseguire un ruolo primario e non imprimere una spinta unitaria nell’adozione delle scelte fondamentali in materia di sicurezza internazionale. Magg. Umberto Montuoro

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(1) - L’evoluzione dello scenario geopolitico, i nuovi rischi legati alle attuali tensioni e situazioni di conflittualità, non più relegati in ambiti regionali circoscritti, e le dirette conseguenze incidenti sullo svolgimento delle più ordinarie attività della vita civile sono elementi appariscenti per l’intera generalità dei consociati. La soglia di sicurezza esistente, ormai non più solo nei Paesi occidentali ma su scala globale, appare essere divenuta improvvisamente virtuale o, comunque, non certa, di fronte alla serie di tragici eventi susseguitisi da New York, a Madrid, a Beslan o in riferimento alla dichiarata minaccia dell’uso di armi di distruzione di massa. (2) - Un’articolata disamina delle attività concernenti il Comitato delle sanzioni e degli obblighi imposti alla Comunità internazionale è delineata da F. NAUD, L’embargo: une valse à trois temps. Nations Unies, Union européenne et Etats membres, in RMC, 1997, pagg. 25 e ss. (3) - Sono emersi, in un recente passato, due orientamenti difformi in merito. Il Consiglio ha espressamente negato l’intenzione dell’Unione di richiedere lo status di membro delle Nazioni Unite,in ossequio al dettato letterale del suo Statuto, risposta del 30 novembre 2000 all’interrogazione scritta E-2810/00, in GUCE (Gazzetta ufficiale della Comunità Europea), C 113 E del 18 aprile 2001, pag. 181. Il Parlamento europeo, invece, si è espresso in proposito in modo antitetico, cfr.: E. BARON CRESPO, l’Union europénne et l’action des Nations Unies pour la paix et la sécurité internationales, in: D. DORMOY (sous la direction de), L’Union européenne et les organisations internationales, Bruxelles, 1997, pagg. 398 e ss. (4) - Camera dei Deputati, XIII Legislatura, Commissione III (Affari esteri e comunitari) Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma dell’ONU in relazione all’evoluzione della situazione politica internazionale, approvato l’11 settembre 1997, Roma, 1998. In merito ad un’analisi articolata dei temi attinenti allo status di osservatore della Comunità europea, presso alcuni organi delle Nazioni Unite, quali il Consiglio economico e sociale e l’Assemblea Generale, ed alla posizione odierna dell’Unione, si rinvia ai testi istituzionali, aggiornati al Progetto di Trattato costituzionale. (5) - Appare importante citare, ai fini della presente disamina, i primi due accordi conclusi dall’Unione, in conformità al titolo V, art.24, o al titolo VI, art.38, del Trattato sull’Unione europea. L’accordo stipulato con la Repubblica federale di Jugoslavia sulle attività della missione di vigilanza dell’UE (EUMM) nella Repubblica federale di Jugoslavia, in GUCE, L. 125 del 5 maggio 2001. Il secondo atto di diritto internazionale è stipulato con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia sulle attività della missione di vigilanza dell’UE (EUMM) nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, in GUCE, L. 241 dell’11 settembre 2001. È mantenuta la precedente prassi della Comunità e degli Stati membri di firma di accordi con Paesi terzi: gli accordi PESC in questo campo risultano essere paradigmatici. La Presidenza, in passato, ha formalizzato negoziati e memorandum di non certo valore giuridico, cfr.: D. LOPANDIC, Les mémorandums d’entente: des instruments juridiques spécifiques de la politique étrangére et de sécurite de l’Union européenne. Les cas de l’ex-Yougoslavie, in RMC, 1995, pagg. 557 e ss. Inoltre, A. MIGNOLLI, Sul treaty-making power nel secondo e terzo pilastro dell’Unione europea, in RDI, 2001, pagg. 978 e ss. (6) - Esaminare compiutamente tali profili, a causa di evidenti ragioni di economia espositiva, esula dalle finalità perseguite in questa sede volte ad individuare le possibili ed auspicabili linee evolutive in materia. Per ulteriori approfondimenti sul tema, si rimanda all’articolata analisi realizzata da A. LANG, Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Milano, Ed. Giuffrè, 2002; id, Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, obblighi comunitari e politica estera dell’Unione europea, in COMUNICAZIONI E STUDI, Milano, Ed. Giuffré, 1997, pagg. 538 e ss. (7) - A. LANG, Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, op. cit., pag. 71. (8) - In questa sede, non può che effettuarsi uno scarno, quanto lapidario, accenno all’insieme dei molteplici profili attinenti alla non coincidenza del momento di inizio della produzione di effetti delle risoluzioni rispetto agli atti comunitari o della loro abrogazione o revoca. Il criterio teleologico, inoltre, è utilizzato dalla Corte di Giustizia, per assicurare l’effetto utile, nell’opera di interpretazione dei soli atti comunitari, non avendo, come noto, la Corte competenze in merito al pilastro PESC (Politica Estera e di Sicurezza Pubblica). (9) - È da porre in evidenza che l’art. 14 disciplina le azioni comuni, adottate per far fronte a “specifiche situazioni in cui si ritiene necessario un intervento operativo dell’Unione” definendone gli obiettivi, la portata, i mezzi, le condizioni di attuazione e la durata. Esse sono vincolanti per gli Stati membri, evidenziando il carattere di unitarietà impresso alla PESC, e precisando al par.7 che “In caso di difficoltà rilevanti nell’applicazione di un’azione comune, uno Stato membro ne investe il Consiglio che delibera al riguardo e ricerca le soluzioni appropriate. Queste ultime non possono essere in contrasto con gli obiettivi dell’azione né nuocere alla sua efficacia”. Inoltre, fin dal Consiglio europeo del dicembre 1991, la lotta al terrorismo, questione di interesse internazionale, costituisce uno dei settori, individuati a titolo esemplificativo, nei quali può essere adottata un’azione comune. (10) - Posizione comune del Consiglio 2001/930/PESC, relativa alla lotta al terrorismo, in GUCE, L.344 del 28 dicembre 2001, pagg. 90 e ss.; posizione comune del Consiglio 2001/931/PESC, concernente l’applicazione delle misure specifiche per la lotta al terrorismo, ibidem, pagg. 93 e ss.; regolamento del Consiglio 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, ibidem, pagg. 70 e ss.; decisione del Consiglio 2001/927/CE del 27 dicembre 2001, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento 2580/2001 del Consiglio, ibidem, pagg. 83 e ss. (11) -Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, Bruxelles, 13 ottobre 2004, CIG 87/1/04 REV 1. (12) -Art. III-329: 1. Se uno Stato membro subisce un attacco terroristico o è vittima di una calamità naturale o provocata dall’uomo, gli altri Stati membri, su richiesta delle sue autorità politiche, gli prestano assistenza. A tal fine gli Stati membri si coordinano in sede di Consiglio. 2. Le modalità di attuazione della clausola di solidarietà di cui all’articolo I-43 da parte dell’Unione sono definite da una decisione europea adottata dal Consiglio, su proposta congiunta della Commissione e del ministro degli affari esteri dell’Unione. Quando tale decisione ha implicazioni nel settore della difesa, il Consiglio delibera conformemente all’articolo III-300, paragrafo 1. Il Parlamento europeo è informato. Ai fini del presente paragrafo e fatto salvo l’articolo III-344, il Consiglio è assistito da comitato politico e di sicurezza, con il sostegno delle strutture sviluppate nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, e dal comitato di cui all’articolo III-261, i quali gli presentano, se del caso, pareri congiunti. 3. Per consentire all’Unione e agli Stati membri di agire in modo efficace, il Consiglio europeo valuta regolarmente le minacce cui è confrontata l’Unione. Art. III-261: È istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all’interno dell’Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. Fatto salvo l’articolo III-344, esso favorisce il coordinamento dell’azione delle autorità competenti degli Stati membri. I rappresentanti degli organi e organismi interessati dell’Unione possono essere associati ai lavori del comitato. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono tenuti informati dei lavori. (13) -L. MONTI, L’Unione europea e la lotta al terrorismo, in AFFARI ESTERI, n.143, luglio 2004, pag. 611. (14) -Art. III-309: 1: “Le missioni… nelle quali l’Unione può ricorrere a mezzi civili e militari, comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento nella gestione delle crisi, ivi comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti...”.