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  • N.4 - Ottobre-Dicembre
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  • Legislazione e Giurisprudenza
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Corte di Cassazione

Imputato (cod. proc. pen. 1988) - Dichiarazioni - Oggetto di testimonianza (divieto) - Dichiarazioni non rappresentative di fatti precedenti, percepite da agente di P.G. presente per finalità non investigative - Ammissibilità della testimonianza - Sussistenza - Fattispecie.

(Nuovo cod. proc. pen., art. 62)

Sez. 6, sent. 14239 del 15 aprile 2005 (ud. 15/12/2003). Pres. Fulgenzi, Rel. Oliva, P.M. (conf.), ric. Farina.

Il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso del procedimento non riguarda il contenuto di dialoghi intervenuti tra persone soggette alle indagini e percepiti da agenti di polizia giudiziaria presenti per finalità diverse dall’accertamento dei fatti, in quanto si tratta di dichiarazioni raccolte per ragioni estranee al procedimento e non rappresentative di fatti antecedenti. (Fattispecie relativa all’ascolto, da parte di un agente di P.G., del colloquio tra due degli autori di un sequestro di persona in corso di esecuzione, uno dei quali ricoverato in ospedale, al fine dichiarato di prevenire accordi circa attività pregiudizievoli per le indagini o per l’incolumità dell’ostaggio).


Indagini preliminari (cod. proc. pen. 1988) - Attività della polizia giudiziaria - Assicurazione delle fonti di prova - Stupefacenti - Analisi - Legittimità - Fondamento.

(Nuovo cod. proc. pen., art. 348)



Sez. 4, sent. 15384 del 26 aprile 2005 (ud. 2/3/2005). Pres. Coco, Rel. Marzano, P.M. (conf.), ric. Calò ed altro.

La polizia giudiziaria può autonomamente e legittimamente effettuare, sia in modo diretto che attraverso pubbliche strutture, analisi ricognitive su sostanze ritenute stupefacenti: tale attività di indagine, svolta a corredo della informativa di reato e a sostegno delle ragioni giustificanti l’arresto in flagranza, si inserisce tra quelle previste dall’art. 348 cod. proc. pen. e non prevede il preventivo avviso al difensore.


Indagini preliminari (cod. proc. pen. 1988) - Attività della polizia giudiziaria - Sommarie informazioni - Dichiarazioni spontanee - Dichiarazioni spontanee - Applicabilità della disciplina di cui agli articoli 63 e 64 cod. proc. pen. - Esclusione.

(Nuovo cod. proc. pen., artt. 63, 64 e 350 co. 7)

Sez. 5, sent. 12445 del 4 aprile 2005 (ud. 23/2/2005). Pres. Foscarini, Rel. Lattanzi, P.M. (conf.), ric. Di Stadio ed altro.

Alle dichiarazioni spontanee non si applica la disciplina di cui all’art. 63 cod. proc. pen., la quale concerne l’esame di persone non imputate e non sottoposte ad indagini, mentre le dichiarazioni spontanee provengono precisamente dalla persona nei confronti della quale vengono svolte indagini (art. 350, comma settimo, cod. proc. pen.) e sono utilizzabili se il relativo verbale è stato acquisito al fascicolo per il dibattimento con il consenso delle parti; nemmeno è applicabile alle dichiarazioni spontanee la disciplina di cui all’art. 64 cod. proc. pen. perchè concerne l’interrogatorio, che è atto diverso.


Prove (cod. proc. pen. 1988) - Mezzi di prova - Testimonianza - Testimonianza indiretta - Testimonianza di agente di P.G. su dichiarazioni percepite al di fuori di un contesto procedimentale - Ammissibilità - Fattispecie.

(Nuovo cod. proc. pen., art. 191, 195 co. 4, 351 e 357)

Sez. 5, sent. 14550 del 19 aprile 2005 (ud. 8/11/2004). Pres. Foscarini, Rel. Di Popolo, P.M. (diff.), ric. Hajabid.

Il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di P.G., disciplinato dall’art. 195, comma quarto, cod. proc. pen., con riguardo alle dichiarazioni acquisite da testimoni, ritualmente assunte o per le quali non si sia provveduto alla redazione del relativo verbale, non si applica alla testimonianza resa su dichiarazioni percepite al di fuori di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione. (Fattispecie relativa alla testimonianza di un agente di P.G. su dichiarazioni di un teste raccolte mentre veniva accompagnato in ospedale).


Prove (cod. proc. pen. 1988) - Mezzi di ricerca della prova - Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni - Esecuzione delle operazioni - Utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione della Procura - Motivazione concernente l’insufficienza degli impianti - Requisiti.

(Nuovo cod. proc. pen., art. 268, co. 3)

Sez. 4, sent. 12571 del 5 aprile 2005 (cc. 9/12/2004). Pres. D’Urso, Rel. Calmieri, P.M. (conf.), ric. P.M. in proc. Ballarò.

In tema di intercettazioni di comunicazioni, ai fini della legittimità del decreto del P.M. che dispone ai sensi dell’art. 268, comma terzo, cod. proc. pen. il compimento delle operazioni mediante impianti esterni, anche la motivazione sulla insufficienza di quelli in dotazione alla Procura deve specificarne la ragione, in quanto essa può riguardare non solo il numero delle postazioni ma anche la potenza e la capacità di ascolto.


Reati contro il patrimonio - Contravvenzioni - Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli - Concorso con il reato di furto - Nesso di strumentalità tra il possesso di arnesi atti allo scasso ed il loro uso - Assorbimento della contravvenzione nel delitto di furto aggravato.

(Cod. pen., artt. 624, 625 e 707)

Sez. 6, sent. 12847 del 6 aprile 2005 (ud. 25/2/2005). Pres. Trojano, Rel. De Roberto, P.M. (parz. diff.), ric. Alterio ed altri.

L’assorbimento della contravvenzione di cui all’art. 707 cod. pen. nel furto si verifica qualora il possesso ingiustificato degli strumenti indicati dall’art. 707 risulti strettamente collegato all’uso degli stessi fatto dall’agente per la commissione del furto, e quindi per le sole ipotesi di impiego effettivo delle attrezzature da scasso nell’azione delittuosa e di detenzione attuatasi esclusivamente con l’uso momentaneo necessario all’effrazione. In particolare, il rapporto di cui sopra deve essere escluso ogni volta che gli arnesi atti all’effrazione, trovati in possesso del soggetto attivo, siano tali da assumere autonoma rilevanza giuridica.


Reati contro il patrimonio - Delitti - Fatti commessi a danno di congiunti - Non punibilità - Eccezioni oggettive dell’operatività dell’art. 649 cod. pen. - Estensibilità al tentativo ed ai reati commessi con minaccia - Esclusione - Ragioni.
 
(Cod.pen., artt. 56, 629 e 649)

Sez. 2, sent. 13694 del 13 aprile 2005 (ud. 15/3/2005). Pres. Di Jorio, Rel. Diotallevi, P.M. (conf.), ric. Scibile.

Il tentativo di estorsione (artt. 56, 629 cod. pen.) commesso con minaccia in danno del genitore non è punibile ex art. 649 cod. pen., in quanto le ipotesi criminose che rimangono escluse dalla sua operatività concernono solamente, da un lato, i delitti consumati, dai quali si distinguono, per la loro autonomia, le rispettive forme tentate, di cui agli artt. 628, 629, 630 cod. pen.; e, dall’altro, tutti i delitti contro il patrimonio, anche tentati ma commessi con violenza, con l’esclusione, quindi di ogni rilevanza, al fine che interessa, di quelli commessi con minaccia.


Reati contro il patrimonio - Delitti - Furto - Circostanze aggravanti - Destrezza (borseggio) - Individuazione - Caratteri - Fattispecie.

(cod. pen., art. 625 co. 4)

Sez. 5, sent. 12974 del 7 aprile 2005 (cc. 17/02/2005). Pres. Foscarini, Rel. Ferrua, P.M. (conf.), ric. Russo.

In tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’autore approfitti di condizioni di tempo e di luogo tali da attenuare la normale attenzione della parte lesa nel mantenere il controllo ovvero la vigilanza sulla cosa, rientrando nel concetto di destrezza qualsiasi modalità di azione furtiva, idonea a non destare la detta attenzione. (La Corte ha ritenuto sussistere l’aggravante nella condotta dell’imputato che aveva inserito tutta la merce sottratta in un borsone fatto passare poi dall’ingresso riservato ai portatori di handicap, quel punto essendo l’unico non protetto dal sistema di sorveglianza antitaccheggio).


Reati contro il patrimonio - Delitti - Ricettazione - In genere - Riciclaggio - Condotta - Reato a forma libera - Differenza con la ricettazione - Elementi.

(Cod.pen., artt. 648 e 648 co. 2)

Sez. 2, sent. 13448 del 12 aprile 2005 (cc. 23/2/2005). Pres. Rizzo, Rel. Sirena, P.M. (diff.), ric. De Luca.

Il delitto di riciclaggio non è distinguibile dal reato di ricettazione di cui all’art. 648 cod. pen. sulla base dei delitti presupposti, ma la differenza deve essere ricercata con riferimento agli elementi strutturali, quali l’elemento soggettivo, che fa riferimento al dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e al dolo generico nel delitto di riciclaggio, e nell’elemento materiale, e in particolare nella idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, che è elemento caratterizzante le condotte previste dall’art. 648 bis cod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la sussistenza del delitto di ricettazione anziché quello di riciclaggio, nell’ipotesi in cui la condotta posta in essere dal soggetto agente non è stata ritenuta idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza del denaro).


Reati contro la persona - Delitti contro la libertà individuale - Sequestro di persona - Privazione della libertà personale - Costrizione morale - Sussistenza del reato - Fattispecie.

(cod. pen., art. 605)

Sez. 5, sent. 14566 del 19 aprile 2005 (ud. 14/02/2005). Pres. Colonnese, Rel. Fumo, P.M. (conf.), ric. Gulisano.

Nel delitto di sequestro di persona, previsto dall’art. 605 cod. pen., la costrizione non deve necessariamente estrinsecarsi in mezzi fisici adoperati contro la volontà della persona offesa, ben potendo manifestarsi nella forma della violenza morale, che ricorre in qualsiasi atteggiamento che, in relazione alle particolari circostanze, sia suscettibile di togliere alla vittima la capacità di determinarsi e agire secondo la propria autonoma e indipendente volontà. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto l’imputata colpevole di sequestro di persona per avere privato tre adulti ed una minore della libertà personale per quattro giorni, trattenendoli in un appartamento dove li sottoponeva a “riti” particolari, asseritamente destinati a scacciare il demonio dal corpo della bambina).


Reati contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio - In genere - Illecita concorrenza con minaccia o violenza - Realizzazione del reato in ambienti di criminalità organizzata - Necessità - Esclusione - Atti di concorrenza in senso tecnico giuridico - Necessità - Esclusione - Fondamento.

(Cod.pen., art. 513 bis; Cod.civ., art. 2595)

Sez. 2, sent. 13691 del 13 aprile 2005 (ud. 15/03/2005). Pres. Di Jorio, Rel. Diotallevi, P.M. (conf.), ric. De Noia Mecenero.

Il reato di illecita concorrenza (art. 513 bis cod. pen.) è integrato da comportamenti che, per essere attuati con minaccia o violenza, configurano una concorrenza illecita, anche se non consistente negli atti giuridici previsti dall’art. 2595 cod. civ., e si concretizzano in forme di intimidazione, tipiche della criminalità organizzata, che tendono a controllare le attività commerciali, industriali o produttive o, comunque, a condizionarle, giacché il riferimento alle condotte tipiche della criminalità organizzata non definisce l’ambito di applicabilità della norma (restringendolo alle sole operazioni di criminalità organizzata e a condotte di appartenenti ad organizzazioni criminali) ma caratterizza i comportamenti punibili.


Reati contro l’ordine pubblico - Delitti - Associazione per delinquere - In genere - Numero minimo degli associati - Individuazione - Criteri - Associati ignoti, giudicati separatamente o deceduti - Rilevanza ai fini della configurabilità del reato - Sussistenza.

(cod. pen., art. 416)

Sez. 6, sent. 12845 del 6 aprile 2005 (ud. 24/2/2005). Pres. Fulgenzi, Rel. Romano, P.M. (parz. diff.), ric. Biancucci ed altri.

In tema di associazione per delinquere, il numero minimo degli associati previsto dalla legge per la configurabilità del reato deve essere valutato in senso oggettivo, ossia come componente umana effettiva ed esistente nel sodalizio e non con riferimento al numero degli imputati presenti nel processo; ne consegue che vale ad integrare il reato anche la partecipazione degli individui rimasti ignoti, giudicati a parte o deceduti, e che è possibile dedurre l’esistenza della realtà associativa, anche sotto il profilo numerico, dalle attività svolte, dalle quali può risultare in concreto una distribuzione di compiti necessariamente estesa a più di due persone.


Sanità pubblica - In genere - Gestione dei rifiuti - Discarica autorizzata - Conferimento di diversa tipologia di rifiuto - Reato di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità - Fondamento.

(L. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51; L. 13 gennaio 2003, n. 36, artt. 7 e 16)

Sez. 3, sent. 12349 del 1° aprile 2005 (ud. 9/02/2005). Pres. Svignano, Rel. Petti, P.M. (parz. diff.), ric. Renna.

Lo smaltimento in discarica di rifiuti diversi da quelli per i quali si è in possesso di autorizzazione configura il reato di cui all’art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di discarica abusiva), atteso che il trattamento di un rifiuto diverso da quello autorizzato equivale a trattamento di rifiuti senza autorizzazione.


Sanità pubblica - In genere - Gestione dei rifiuti - Trasporto - Effettuato con mezzi diversi da quelli comunicati - Reato di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità.

(L. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51 co. 4)

Sez. 3, sent. 12374 del 1° aprile 2005 (ud. 9/03/2005). Pres. Grillo, Rel. Petti, P.M. (diff.), ric. Rosafio.

Il trasporto di rifiuti effettuato con mezzi diversi da quelli originariamente comunicati, in sede di iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che esercitano l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, configura il reato di cui all’art. 51, comma quarto, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che deve ritenersi svolto in violazione dei requisiti e delle condizioni richiesti per l’iscrizione e delle prescrizioni richiamate nell’atto abilitativo.


Sicurezza pubblica - In genere - Trasferimento fraudolento di valori - Caratteri della fattispecie criminosa - Concorso di persona nel reato - Sussistenza.

(Cod. pen., art. 110; L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 quinquies)

Sez. 1, sent. 14626 del 19 aprile 2005 (ud. 10/02/2005). Pres. Gemelli, Rel. Vancheri, P.M. (conf.), ric. Pavanati.

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori non è un reato plurisoggettivo improprio, ma è una fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro o altro bene o utilità e consiste in una situazione di apparenza formale della titolarità del bene, difforme dalla realtà sostanziale, con la conseguenza che colui che si rende fittiziamente titolare di tali beni con lo scopo di aggirare le norma in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la fittizia attribuzione in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione dell’interesse protetto dalla norma.

Sentenze tratte dal sito C.E.D. Cassazione
(massime a cura dell’Ufficio Massimario)