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Corte dei Conti

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Personale militare - Trattamento diquiescenza - Base pensionabile - Retribuzione individuale di anzianità - Assegno funzionale ex art. 1, co. IX, l. n. 468/1987 - Non rientra.

Corte conti, sez. giurisd. reg. Emilia Romagna, sent. 30 novembre 2005, n. 1506 (7 ottobre 2005).

L’assegno di funzione di cui all’art. 1, comma 9, legge n. 468/1987, nella misura di cui all’art. 4, della legge n. 231/1990, non soddisfa nessuna delle regole per l’inclusione nella base pensionabile, contemplate dall’art. 16 della legge 29 aprile 1976, n. 177, (che ha sostituito l’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, per le cessazioni dal servizio aventi decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1976), non essendo compreso tra gli assegni e indennità di cui al primo comma del predetto articolo e non essendo assistito dalla clausola espressa di valutabilità nella base pensionabile. (1)

(1) Si legge quanto appresso in sentenza:

“Diritto

Con i ricorsi all’esame - che, per evidenti ragioni di connessione, devono essere riuniti ai sensi dell’art. 274 del codice di procedura civile - viene chiesto il riconoscimento del diritto all’inclusione nella base pensionabile, e precisamente nella retribuzione individuale di anzianità (r.i.a.) - (con relativa conseguente maggiorazione del 18% ex art. 16 legge n. 177/76) - dell’assegno funzionale previsto dall’art. 1, comma 9, legge 468/87, nella misura di cui all’art. 4 della legge n. 231/90 o comunque risultante dai documenti di causa nonché alla rideterminazione, sulla base dell’assegno funzionale spettante ai ricorrenti, dei sei scatti attribuiti dall’art. 1, comma 15 bis, della legge n. 468/87, come sostituito dall’art. 11 1. n. 231/90 e dei tre aumenti di cui all’art. 2, comma 1, legge n. 336/70. Al riguardo si deve ricordare che per l’art. 16 della legge 29 aprile 1976, n. 177, (che ha sostituito l’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, per le cessazioni dal servizio aventi decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1976) ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell’art. 54, penultimo comma, la base pensionabile, costituita dall’ultimo stipendio o dall’ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili, integralmente percepiti, indicati nella norma stessa - a) indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista dall’art. 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804; b) assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall’art. 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, in favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa; c) assegno personale previsto dall’art. 202 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile al personale militare in base all’art. 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751 - è aumentata del 18% (primo comma). “Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile” (secondo comma). L’assegno di funzione di cui trattasi non soddisfa nessuna delle due anzidette regole per l’inclusione nella base pensionabile, non essendo compreso tra gli assegni e indennità di cui al primo comma e non essendo assistito dalla clausola espressa di valutabilità nella base pensionabile di cui al secondo dei commi succitati. La Difesa della Parte privata, peraltro, ha coltivato altra argomentazione, invocando la sentenza della II^ Sezione Giurisdizionale di Appello n. 66 del 1999 che, partendo dal dato normativo secondo cui l’assegno di funzione “si aggiunge” alla R.I.A. (Retribuzione Individuale di Anzianità) ne evince la conclusione che l’assegno di funzione assume la stessa natura della R.I.A., della quale viene a far parte, in quanto l’assegno viene attribuito, a prescindere da ogni elemento attinente alla funzione, in virtù solo di anzianità (dopo 19 anni di servizio o, dopo 29 anni, in maggior importo), così da assumere identica natura della retribuzione individuale di anzianità. La Sezione rileva che le argomentazioni assunte dalla II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello con la citata sentenza n. 66/99 sono state espressamente disattese da successive sentenze n. 314, n. 315, n. 317, n. 336 e n. 337 del 2 ottobre 2003 della stessa II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello che - re melius perpensa - (cfr. sent. 347), ha osservato come l’assegno de quo, in quanto entità che si aggiunge ad un’altra (nella specie: R.I.A.) costituisce emolumento distinto e separato dalla stessa R.I.A. e non può, in ipotesi, affermarsi che esso è inglobato nella R.I.A. o essere considerato di natura analoga alla R.I.A.. Invero, l’uso del termine “si aggiunge” sta a significare che l’assegno di funzione non confluisce nella R.I.A. ma ne rimane distinto ponendovisi accanto e non al suo interno, in posizione di cumulo e non di assorbimento perché altrimenti diversa avrebbe dovuto essere l’espressione usata dal legislatore (anziché dire l’assegno di funzione “si aggiunge” alla R.I.A., avrebbe dovuto esprimersi con altra più congrua: “la R.I.A. è aumentata di importi pari a .. ..”). Questo giudice non ignora che sulla inclusione o meno dell’assegno di funzione de quo nella base pensionabile, con aumento del 18%, si sono formati, nella giurisprudenza di questa Corte dei Conti, orientamenti contrapposti, uno negativo di detta inclusione e l’altro di segno contrario: rileva peraltro questo giudice che, nel punto controverso, l’orientamento consolidato della II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello (cfr. la sentenza dianzi citata), rivisitando il precedente giurisprudenziale segnato dalla sentenza n. 66/99, è nel senso che l’assegno di funzione de quo non può essere incluso nella base pensionabile con la maggiorazione del 18%. E la Sezione non ravvisa motivi per discostarsi dal suindicato orientamento (cfr., in tal senso, Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale Emilia-Romagna, 31 gennaio 2005, n. 75). Risulta di conseguenza privo di fondamento anche il secondo motivo di ricorso. La pretesa azionata dai ricorrenti risulta pertanto infondata”.

Sentenza tratta dal sito www.corteconti.it
(massima a cura della Redazione)