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Garante della Privacy

L’intero documento è reperibile alla pagina http://www.garanteprivacy.it

I - Stato di attuazione del Codice in materia di protezione dei dati personali

1 Il quadro normativo

1.1. L’entrata in vigore del Codice
L’entrata in vigore del “Codice in materia di protezione dei dati personali” (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, di seguito, semplicemente, “Codice”), avvenuta il 1° gennaio 2004, ha rappresentato una tappa fondamentale per la tutela dei diritti della persona e ha concluso il processo di recepimento delle direttive europee in materia (95/46/CE e 2002/58/CE). È stato così completato il complesso percorso di razionalizzazione della disciplina inizialmente introdotta con la legge 31 dicembre 1996, n. 675, riunendo in un unico testo una regolamentazione che si era, nel tempo, stratificata a seguito di numerosi interventi modificativi e integrativi. In un quadro complessivo di rafforzate garanzie ­con il riconoscimento del diritto alla protezione dei dati personali (art. 1 del Codice), in armonia con quanto ora previsto nel Trattato che ha adottato la Costituzione europea - la nuova disciplina ha provveduto a semplificare alcuni adempimenti e ad attribuire un ruolo significativo, anche in una prospettiva di deflazione legislativa, ai codici di deontologia e di buona condotta, soggetti alla preventiva verifica da parte del Garante.

1.2. Le modifiche (già) apportate
Devono comunque rilevarsi alcuni segnali che sembrano muoversi in controtendenza rispetto al progetto di “stabilizzare” le regole di protezione dei dati personali. Già nel primo anno di vigenza del Codice, infatti, sono stati introdotti alcuni, seppur circoscritti, interventi modificativi in settori di rilievo e segnatamente in relazione al regime dei dati relativi al traffico telefonico, nel contesto sanitario e con riferimento alle ripetute proroghe dei termini per adottare le misure minime di sicurezza e i regolamenti sul trattamento dei dati sensibili da parte dei soggetti pubblici.
Importanza particolare assumono le modifiche legislative apportate all’art. 132 del Codice (prima della sua entrata in vigore) con riguardo alla materia, di rilevanza costituzionale, della conservazione dei dati relativi al traffico telefonico per finalità di accertamento e di repressione dei reati (decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 2004, n. 45). Questa tematica si è riproposta anche nel contesto delle misure adottate per contrastare la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nell’ambito del dibattito parlamentare relativo alla materia regolata nel decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72 (convertito con legge 21 maggio 2004, n. 128). Il profilo della conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico è nuovamente riemerso, con tutte le criticità che lo caratterizzano, nel corso delle audizioni effettuate in sede d’esame del disegno di legge del Governo recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet (AC 4599) (in merito si rinvia al par. 15.2).
Alcune modifiche al Codice - a brevissima distanza di tempo dalla sua entrata in vigore - hanno riguardato altresì i trattamenti di dati personali effettuati in ambito sanitario. In merito a tali interventi il Garante aveva peraltro manifestato i propri dubbi al Senato, trattandosi di modifiche in alcuni casi non necessarie (ad esempio, in quanto volte ad esonerare i medici di base dall’adozione di misure alle quali essi non erano comunque tenuti) e in altri non opportune (in quanto suscettibili di incrinare gravemente l’armonia del quadro normativo). Con tali innovazioni è stata esclusa l’applicabilità ai medici di base dell’obbligo di notificare al Garante alcuni trattamenti effettuati a fini sanitari (art. 37, comma 1-bis, del Codice) e di alcune disposizioni del Codice (v. ora l’art. 83, comma 2-bis) a garanzia dell’“anonimato” del paziente in sala d’attesa (già, peraltro, limitato sin dall’origine alle sole “strutture” sanitarie). Inoltre, si è subordinata l’omissione delle generalità del paziente in alcune ricette mediche ad un’esplicita richiesta dell’interessato (art. 89, comma 2-bis). È stato poi soppresso l’art. 181, comma 1, lett. e), del Codice, che prevedeva il termine del 30 settembre 2004 per adottare modalità semplificate per l’acquisi-zione del consenso e il rilascio dell’informativa previste dall’art. 76, comma 2; con il risultato, quindi, di cancellare inopportunamente il termine transitorio che era stato previsto a favore dei soggetti contemplati nella disposizione (decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito con modificazioni con legge 26 maggio 2004, n. 138; pochi mesi prima, un analogo provvedimento d’urgenza non era stato approvato alla Camera: decreto-legge 21 gennaio 2004, n. 10).
Nel corso dei lavori di conversione del decreto-legge è stato anche presentato, e poi ritirato, un emendamento parlamentare che prevedeva una sorta di “consenso presunto” del paziente al trattamento dei propri dati personali. L’Autorità ha evidenziato al Governo e al Parlamento il contrasto di tale disposizione con i principi normativi, anche comunitari, in materia di consenso - che deve essere comunque “esplicito”, oltre che inequivoco - , soprattutto in relazione ai dati sensibili. Tuttavia, a conclusione dei lavori, il Governo ha accettato come raccomandazione una proposta di ordine del giorno in base alla quale dovrebbero essere adottate, in via transitoria, misure che consentano ai pazienti già in carico ai medici di base di esprimere il consenso mediante una procedura di silenzio-assenso.
Nel pur breve lasso di tempo dall’entrata in vigore del Codice, ricorrendo alla decretazione d’urgenza, si sono differiti i termini per l’adempimento di taluni obblighi posti a garanzia dell’interessato, relativamente all’applicazione delle “nuove” misure minime di sicurezza (per l’introduzione delle quali il Codice aveva fissato il termine del 30 giugno 2004 all’art. 180, comma 1) e all’adozione dei regolamenti in materia di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici (su entrambi gli argomenti si vedano pure, rispettivamente, i par. 16.1 e 2.2).
Con specifico riguardo alle misure minime di sicurezza, malgrado la scadenza originariamente fissata potesse ritenersi congrua rispetto alle esigenze prospettate (tanto più che era previsto il più ampio termine del 1° gennaio 2005 per i soggetti che alla data di entrata in vigore del Codice non disponessero di strumenti elettronici tali da consentire l’im-mediata applicazione delle misure di sicurezza), essa ha subito, in appena un anno, un duplice rinvio: inizialmente al 31 dicembre 2004 e, quindi, al 30 giugno 2005. Analogamente, è stato prorogato anche il termine per l’adozione delle misure di sicurezza da parte dei soggetti che alla data di entrata in vigore del Codice disponevano di strumenti elettronici “obsoleti”: prima al 31 marzo 2005 e, da ultimo, al 30 settembre 2005 (art. 3, decreto-legge 24 giugno 2004, n. 158, convertito, con modificazioni, con legge 27 luglio 2004, n. 188; decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, con legge 27 dicembre 2004, n. 306).
Il citato decreto-legge n. 158/2004 ha prorogato anche il termine previsto dal Codice per approvare i regolamenti delle pubbliche amministrazioni in materia di dati sensibili e giudiziari, originariamente fissato al 30 settembre 2004 (art. 181, comma 1, lett.
a). Si tratta dell’ennesimo rinvio dell’attuazione di una disciplina (che riguarda un settore assai delicato), prevista ora dagli artt. 20 e 21 del Codice, ma introdotta già con il d.lg. n. 135/1999 e rimasta largamente inattuata, come più volte rilevato dal Garante che ha peraltro richiamato sul punto l’attenzione del Governo (v., fra l’altro, Provv. 17 gennaio 2002).

1.3. Legge finanziaria 2005 e altre novità normativecon riflessi in materia di protezione dei dati personali
Nel corso dell’anno sono stati approvati altri provvedimenti normativi che riguardano la materia del trattamento dei dati personali e l’attività del Garante. Si fa riferimento, in particolare, alla legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 312, alla
G.U. 31 dicembre 2004, n. 306, S.O. n. 193), cheprevede la trasmissione per via telematica del certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata presunta della malattia da parte del medico curante all’Inps (art. 1, comma 149) ovvero dei cedolini per il pagamento delle competenze stipendiali del personale della pubblica amministrazione (art. 1, comma 197); presenta poi profili di sovrapposizione con alcune norme del Codice la disciplina, dettata a fini di contrasto di fenomeni di elusione fiscale, che mira a circoscrivere la riutilizzazione commerciale dei documenti e dei dati acquisiti dagli archivi catastali o da pubblici registri immobiliari (art. 1, commi 367-373). La predetta legge, infine, modificando l’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, prevede che la tessera sanitaria sia consegnata a tutti gli assistiti entro il 31 dicembre 2005. La medesima legge finanziaria ha poi ridotto considerevolmente le risorse finanziarie a disposizione del Garante, comportando gravi difficoltà per il funzionamento dell’Ufficio, come ampiamente segnalato dal Garante al Governo e al Parlamento durante i lavori di approvazione del disegno di legge. Di particolare interesse, inoltre, è una recente ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, approvata previo parere del Garante, finalizzata alla localizzazione dei cittadini italiani presenti nelle aree colpite dai recenti eventi calamitosi che hanno investito il sud-est asiatico (ordinanza n. 3390 del 29 dicembre 2004, in G.U. 4 gennaio 2005, n. 2). Con tale provvedimento, i gestori di sistemi di telefonia sono stati autorizzati a fornire al Ministero degli affari esteri dati e informazioni utili per rintracciare i titolari di utenze di telefonia mobile presenti nei luoghi del disastro. In materia di Carta nazionale dei servizi si registra, infine, l’adozione del D.M. 6 dicembre 2004 (adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri dell’innovazione e le tecnologie, nonché dell’economia e delle finanze), recante regole tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie e ai materiali utilizzati per la produzione della “Carta” medesima. Il decreto individua altresì i dati personali registrati nella memoria riscrivibile del microcircuito, le misure di sicurezza, i servizi e le infrastrutture delle pubbliche amministrazioni coinvolte nel circuito di emissione.

1.4. Il monitoraggio delle leggi regionali
Nel corso dell’anno si è proceduto, con riferimento alle disposizioni più rilevanti in materia di protezione dei dati personali, a monitorare le leggi regionali pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. I testi sui quali è stata effettuata un’analisi più approfondita riguardano disposizioni relative ai settori più vari, in ragione del carattere ampio e trasversale della disciplina di protezione dei dati personali. Tra le questioni più rilevanti esaminate vi è quella dei limiti della potestà legislativa nelle materie riservate alle regioni rispetto a quella esclusiva dello Stato in tema di protezione dei dati personali alla luce dell’art. 117 Cost. (così come novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). Trattasi, com’è noto, di un tema al centro del vivace dibattito al quale l’Autorità è stata chiamata a prendere parte in passato (per i profili di propria competenza), anche con l’audizione del Presidente del Garante alla Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, avvenuta il 30 ottobre 2001 (Indagine conoscitiva sugli effetti nell’ordinamento delle revisioni del titolo V della parte II della Costituzione). Sotto tale profilo è stata in particolare registrata la crescente adozione di provvedimenti legislativi che, pur attenendo direttamente a materie di competenza regionale, contengono disposizioni anche in materia di protezione dei dati personali; si tratta, tuttavia, di discipline a volte ripetitive rispetto alla legislazione nazionale e quindi inidonee ad incidere sul livello di protezione dei diritti della persona garantito dalla legislazione comunitaria e da quella statale (salvo riproporne caratteri e problematiche). A titolo esemplificativo, si menziona la normativa in materia di prestazioni sociali agevolate che, com’è noto, prevede il ricorso all’indicatore della situazione economica equivalente ai fini della redazione della graduatoria dei beneficiari (cfr.: d.lg. 31 marzo 1998, n. 109 successivamente integrato dal d.lg. 3 maggio 2000, n. 130 e dai regolamenti applicativi). A questo proposito, è stato rilevato che la genericità e la frammentarietà della legislazione nazionale in materia di prestazioni sociali agevolate, a suo tempo evidenziate dall’Autorità (cfr.: Pareri 27 marzo 1998, 26 maggio 1999 e 5 aprile 2000), si riflettono sulle legislazioni regionali in merito all’esatta individuazione delle medesime, degli enti erogatori e dei soggetti, anche privati, legittimati al trattamento dei dati, delle condizioni e dei limiti delle interconnessioni con gli archivi pubblici e privati. Nell’evidenziare la sostanziale conformità a volte anche letterale tra le disposizioni regionali e quelle statali, è emersa anche, con riferimento alla normativa sugli enti locali - che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il diritto di ottenere dalle amministrazioni di appartenenza notizie ed informazioni connesse all’espletamento del proprio mandato (art. 43, comma 2, d.lg. 18 agosto 2000, n. 267) ­la dibattuta questione dei limiti del predetto diritto di accesso; mentre alcune pronunce giurisprudenziali (per esempio Cons. Stato, 4 maggio 2004, n. 2716) lo configurano in modo piuttosto ampio (ritenendo ad esempio che la motivazione relativa alla richiesta di accesso avanzata “per l’espletamento del mandato” basti a giustificarla, senza che occorra alcuna ulteriore precisazione circa le specifiche ragioni della richiesta), altre significative prese di posizione evidenziano, al contrario, una delimitazione dell’accesso ai soli dati personali comunque pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite nel caso specifico dal richiedente. Anche con riferimento alla legislazione regionale, in più casi è emersa la mancata, o inadeguata specificazione dei dati sensibili oggetto di trattamento, che necessitano pertanto di un’ulteriore individuazione con atto regolamentare ai sensi dell’art. 20, comma 2, del Codice, nei pur più ampi termini temporali accordati dal menzionato decreto-legge n. 158/2004. È allo studio dell’Autorità la questione se ipotesi di accordi tra Stato e regioni nonché, più specificamente, forme di intesa su materie che presentino riflessi rilevanti sulla riservatezza delle persone siano soggette al preventivo parere del Garante (cfr. art. 154, comma 4, del Codice).

1.5. Lavori parlamentari
Oltre ai provvedimenti normativi approvati, menzionati nel paragrafo precedente, vanno segnalati alcuni lavori parlamentari in corso, anch’essi di interesse per la materia della protezione dei dati personali. In proposito vanno ricordati, in particolare: a) il disegno di legge costituzionale di modifica della Parte II della Costituzione (AC 4862), nell’ambito del quale la Camera, il 30 settembre 2004, ha approvato un emendamento che “inserisce” le autorità indipendenti nella Carta costituzionale. L’emendamento, presentato da esponenti della maggioranza e modificato da subemendamenti presentati da parlamentari dell’opposizione, è stato approvato quasi all’unanimità (352 sì e 10 no). Esso ha inserito nella Costituzione l’art. 98-bis ai sensi del quale, per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza in materia di diritti di libertà riconosciuti dalla Costituzione e su materie di competenza dello Stato, si possono istituire con legge apposite autorità indipendenti, stabilendo i requisiti di eleggibilità e le condizioni di indipendenza dei componenti e la durata del relativo mandato. Tali autorità riferiscono alle Camere sui risultati delle attività svolte; b) il disegno di legge del Governo recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet (AC 4599), che mira ad istituire, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, un ufficio centrale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet. A tale unità organizzativa (Centro nazionale) verrebbe attribuita una pluralità di compiti: raccogliere dalle forze di polizia segnalazioni di siti che diffondono materiale pedopornografico; tenere un registro dei medesimi, dei loro gestori, dei soggetti beneficiari dei pagamenti connessi al commercio di materiale pedopornografico; raccogliere, inoltre, le segnalazioni dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica relative a contratti con imprese o soggetti che diffondono o commerciano il predetto materiale. Il disegno di legge pone, poi, a carico dei fornitori di connettività ad Internet obblighi finalizzati ad impedire o a filtrare l’accesso ai siti segnalati e prevede scambi informativi fra il menzionato Centro nazionale, l’Ufficio italiano cambi e il sistema bancario e finanziario per l’individuazione delle persone che beneficiano dei pagamenti sopra menzionati. Per l’individuazione delle modalità di trasmissione in via telematica di tali informazioni riservate è prevista l’adozione di un regolamento, previo parere del Garante. Nell’ambito dei lavori in Commissione giustizia della Camera si sono tenute una serie di audizioni informali, che hanno interessato anche l’Autorità, nell’ambito delle quali è stato sollevato il problema della conservazione dei dati di traffico in Internet (sul quale si rinvia al par. 15.2), ritenuta utile dalle forze di polizia per finalità d’indagine e repressione dei reati commessi in via telematica; c) il disegno di legge del Governo in materia di editoria e di diffusione della stampa (AC 4163), in discussione presso la Commissione cultura della Camera, che all’art. 1 reca disposizioni in materia di siti aventi natura editoriale e testate editoriali. In un’audizione informale tenuta il 4 novembre u.s., il Presidente del Garante ha richiamato l’attenzione della Commissione sulla necessità di coordinare le emanande disposizioni con le norme del Codice che disciplinano le responsabilità e i compiti del titolare e del responsabile del trattamento, in particolare quando i dati sono trattati mediante un sito Internet. Il Garante ha ritenuto inoltre opportuno un migliore coordinamento tra alcune disposizioni del disegno di legge, la normativa vigente in materia di registrazione delle testate giornalistiche e il progetto di legge recentemente approvato dalla Camera in materia di diffamazione a mezzo stampa, che ha esteso ai siti aventi natura editoriale l’intera disciplina della legge sulla stampa (AS 3176); d) due proposte di legge in materia di analisi del Dna dell’imputato o dell’indagato in ambito processuale, che prevedono un’integrazione del codice di procedura penale e, a certe condizioni, l’obbligo per tali soggetti di sottoporsi al prelievo di materiale biologico a fini di confronto con quello presente su materiale probatorio rinvenuto nel corso delle indagini (AC 4682 e AC 4161). Nelle ultime sedute è stato sollevato dal Presidente della Commissione giustizia della Camera e dal relatore il problema del-l’eventuale istituzione di una banca dati in cui conservare i campioni di materiale genetico e i dati personali dei soggetti interessati. Ogni approfondimento al riguardo richiederà un’attenta valutazione delle implicazioni di rilievo costituzionale che ne deriverebbero per i diritti fondamentali della persona e, in particolare, per la riservatezza e la dignità degli interessati; e) alcuni disegni di legge recanti disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari (AASS 1437, 2279 e 2943) sono all’esame congiunto della Commissione sanità del Senato. Fra gli aspetti d’in-teresse in materia di protezione dei dati personali, i disegni di legge prevedono il diritto del paziente di “conoscere i dati sanitari” che lo riguardano, diritto che però dovrebbe essere opportunamente coordinato con il diritto di accesso ai dati personali già previsto dall’art. 7 del Codice (oltre che con la disposizione contenuta nell’art. 84 del Codice relativa alle modalità di comunicazione all’interessato dei dati idonei a rivelare lo stato di salute). Le proposte di legge introducono, poi, il “testamento di vita” e il “mandato in previsione dell’incapacità”, definiti, rispettivamente, come l’atto scritto con cui si dispone in merito ai trattamenti sanitari, nonché in ordine all’uso del proprio corpo, e come il contratto con cui si attribuisce al mandatario il potere di compiere atti giuridici in nome e nell’interesse del rappresentato in caso di incapacità sopravvenuta. Sia il “testamento di vita”, sia il “mandato in previsione dell’in-capacità” sarebbero conservati in un registro informatico istituito nell’ambito di un archivio unico nazionale presso il Consiglio nazionale del notariato, consultabili, in via telematica, da notai, autorità giudiziaria, dirigenti sanitari e medici responsabili del trattamento di soggetti ove ricorrano le condizioni di incapacità previste dal disegno di legge. Il contenuto del testamento di vita e le convenzioni oggetto del mandato non verrebbero considerati, ai fini dell’applicazione della norma, dati sensibili. Anche per questi aspetti, le disposizioni richiedono un diverso e adeguato coordinamento con la normativa in materia di protezione dei dati personali; f ) il disegno di legge comunitaria 2004 (AS 2742-B), il cui art. 8 conferisce delega al Governo per il recepimento della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (cd. abusi di mercato). La disposizione, originariamente all’esame delle Commissioni VI e X della Camera nell’ambito del testo di riforma della normativa in materia di tutela del risparmio, attribuisce alla Consob poteri di informazione e di indagine in relazione ai quali l’Autorità ha suggerito alla Commissione per le politiche dell’Unione europea della Camera alcune proposte emendative volte ad armonizzarne il testo con le disposizioni del Codice, in particolare per quanto riguarda l’applicazione delle garanzie in materia di comunicazione o diffusione dei dati e di acquisizione di dati di traffico; g) il disegno di legge di riforma della legge 7 agosto 1990, n. 241 (AS 1281-B) in relazione al quale l’Autorità ha segnalato alla Commissione affari costituzionali del Senato la necessità di alcune modifiche in vista di un opportuno coordinamento con le norme del Codice che disciplinano l’accesso ai dati personali, anche per quanto riguarda la prevista “collaborazione” fra il Garante e la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio, in procedimenti nei quali rilevino allo stesso tempo questioni concernenti l’accesso ai documenti e a dati personali. Solo due delle proposte suggerite dall’Autorità sono state, poi, approvate dal Senato; h) il progetto di riforma della normativa in materia di fallimento (r.d. 16 marzo 1942, n. 267), predisposto da un comitato ristretto istituito nell’ambito della Commissione giustizia del Senato, che presenta alcuni aspetti di interesse in materia di protezione dei dati personali, sui quali la predetta Commissione ha richiesto, informalmente, un contributo all’Autorità per un più ampio approfondimento della materia; i) nell’ambito dei lavori in Commissione giustizia del Senato per la modifica del codice di procedura civile (AS 2430, approvato dalla Camera), cui si è già fatto cenno nella Relazione 2003, l’Autorità ha segnalato l’opportunità di armonizzare alcune disposizioni del testo con le modifiche apportate dal Codice in materia di notifica di atti giudiziari e di pubblicazione degli avvisi di esecuzione immobiliare (art. 490 c.p.c., modificato dall’art. 174, comma 9, del Codice); l) sono stati seguiti i lavori relativi ad alcune indagini conoscitive riguardanti tematiche d’interesse, fra le quali, in particolare, l’indagine sull’armonizzazio-ne dei sistemi di gestione dell’anagrafe tributaria, presso la competente Commissione parlamentare di vigilanza. In tale ambito, il 21 gennaio 2004 si è tenuta un’audizione del Presidente del Garante, nella quale si sono auspicate modalità armonizzate nella circolazione delle informazioni personali conservate nelle anagrafi tributarie dei vari Paesi europei, rispettose dei principi di protezione dei dati. Il documento conclusivo dell’indagine approvato il 6 aprile 2004, nel riportare le indicazioni del Garante, dà risalto al sistema delle garanzie e di tutela degli interessati, mettendo in luce l’importanza del rispetto delle disposizioni del Codice per assicurare un equilibrio fra le esigenze di riservatezza e quelle di conoscenza dei dati di tipo fiscale ed economico, anche in ambito europeo.


II - L’attività svolta dal Garante

Prologo

I compiti del Garante, in buona parte descritti all’art. 154 del Codice (ma non esauribili in questa disposizione) sono molteplici ed implicano attività dal contenuto composito. Per renderne conto compiutamente, questa sezione della Relazione è idealmente strutturata in due corpi: il primo (compreso tra i paragrafi 2 e 16), è orientato sui macro-settori nei quali le norme contenute nel Codice incidono (semplificando: trattamenti in ambito pubblico, attività economiche e libertà fondamentali e tecnologie dell’informazione); il secondo (compreso tra i paragrafi 17 e 23), tralasciando il criterio della materia, mette in luce la multiforme tipologia di attività posta in essere dal Garante e dall’Ufficio, a livello nazionale e sovranazionale, finalizzata all’attuazione della disciplina di protezione dei dati.

2 Trattamenti effettuati in ambito pubblico

2.1. Notazioni introduttive
A otto anni dall’introduzione nel nostro ordinamento della disciplina di protezione dei dati personali, il settore pubblico manifesta (anche alla luce dei quesiti pervenuti al Garante nel 2004) una crescente consapevolezza dei valori sottesi al Codice. Ciononostante, e malgrado l’impegno profuso in varie forme dall’Autorità (ad esempio, attraverso risposte a quesiti, attività di comunicazione, formazione ed informazione svolte; per queste ultime v. i par. 23.1. e ss.) nel sensibilizzare le amministrazioni pubbliche, permane in alcuni contesti una inattuazione (o parziale attuazione) delle disposizioni poste in materia di trattamento dei dati personali, soprattutto con riferimento a quelli sensibili (e giudiziari). A testimoniare poi l’esistenza di flussi di informazioni personali diversi da quelli sensibili e giudiziari tra enti pubblici, anche in assenza di una norma di legge o di regolamento che li preveda (flussi pur necessari per lo svolgimento delle funzioni istituzionali di uno degli enti coinvolti), stanno le numerosissime comunicazioni pervenute all’Autorità ai sensi degli artt. 19, comma 2 e 39, comma 1, lett. a) del Codice (analiticamente menzionate nel successivo par. 2.2). Il settore pubblico resta uno dei contesti nei quali, per i motivi più vari, persiste la difficoltà di una applicazione piena - che non si risolva nel mero assolvi-mento di adempimenti puramente formali - dei principi di protezione dei dati personali. Se obiettivo prioritario del Garante è tuttora la “messa in sicurezza” dei trattamenti più delicati (quelli aventi ad oggetto il trattamento dei dati sensibili) o delle modalità più pericolose di trattamento delle informazioni (prime fra tutte le interconnessio­ni), le pagine a seguire renderanno conto dei mille rivoli nei quali l’Autorità, costantemente sollecitata e pur potendo disporre di risorse assai limitate, è chiamata ad intervenire.

2.2. Regolamenti sui trattamenti di dati sensibili egiudiziari
Come è noto, i soggetti pubblici possono trattare i dati sensibili esclusivamente in base ad un’espres-sa disposizione di legge nella quale siano specificati i tipi di dati, le operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite. In presenza di una disposizione primaria che si limiti unicamente a specificare solo la finalità di rilevante interesse pubblico, tali soggetti devono identificare e rendere pubblici i tipi di dati sensibili o giudiziari, nonché le operazioni eseguibili in relazione alle finalità perseguite nei singoli casi, al fine di rendere legittimo il trattamento: a tale scopo, sono tenuti ad adottare o a promuovere l’adozione di un atto di natura regolamentare che sia conforme al parere reso dal Garante sui relativi progetti (parere che, nell’ottica di garantire il principio di semplificazione nell’eleva-ta tutela, può essere fornito anche su schemi-tipo). Nonostante tale adempimento fosse già contemplato dalla legge n. 675/1996, il Codice, prevedendo un ulteriore periodo transitorio di adeguamento per le amministrazioni, aveva indicato, in un primo tempo, il 30 settembre 2004, termine successivamente prorogato al 31 dicembre 2005, quale scadenza perentoria per l’adozione dei predetti regolamenti previsti dagli artt. 20 e 21 (legge 27 luglio 2004, n. 188, di conversione del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 158).
Al fine di agevolare l’adozione dei menzionati regolamenti, il Garante ha mantenuto e ampliato le forme di collaborazione con le pubbliche amministrazioni già avviate negli anni passati, finalizzate all’elaborazione dei menzionati schemi-tipo, prestando particolare attenzione ai contenuti delle schede che identificano la tipologia di dati sensibili trattati e le operazioni eseguibili in relazione alle finalità perseguite. Nel corso dell’anno l’Autorità è stata interpellata sul punto anche da altri soggetti pubblici tra i quali, in particolare, si segnalano la Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane), nonché l’Istituto nazionale di fisica nucleare.
L’Autorità ha inoltre collaborato su richiesta alla predisposizione di una direttiva del Dipartimento della funzione pubblica, finalizzata a richiamare l’atten-zione delle amministrazioni sulle prescrizioni del Codice che incidono maggiormente nel settore pubblico e che richiedono l’adozione di efficaci scelte organizzative per tradurre sul piano sostanziale le garanzie previste dal legislatore, nonché sulle conseguenze connesse alla loro mancata attuazione. In chiave di semplificazione, con la direttiva in fase di definitiva formalizzazione, le amministrazioni sono state esortate ad avviare ogni iniziativa utile ad identificare settori di attività, comuni a più enti, per i quali si possa procedere ad un’elaborazione congiunta di schemi tipo da sottoporre all’attenzio-ne del Garante, avvalendosi della collaborazione del Dipartimento della Funzione pubblica medesimo, che intraprenderà a tale scopo le necessarie attività di coordinamento. In vista della scadenza del 31 dicembre 2005, l’Autorità si riserva di fornire ulteriori chiarimenti ed indicazioni di carattere generale in aggiunta a quelle, già dettagliate, del 17 gennaio 2002 (in Bollettino n. 24 del 2002, p. 40-45).
Anche la collaborazione avviata dall’Autorità con gli organismi rappresentativi delle autonomie locali (Anci, Upi e Uncem) ha ricevuto un ulteriore impulso nel corso del 2004. La fase della consultazione è altresì proseguita con le regioni, riunite nell’ambito della Segreteria della conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, sotto il coordinamento del Cisis (Centro interregionale per il sistema informatico e il sistema statistico).
Nel quadro della collaborazione instauratasi, è stata redatta una prima bozza di regolamento per i comuni e le comunità montane contenente la denominazione dei trattamenti effettuati, la fonte normativa, le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili, nonché la sintetica, ma esauriente, descrizione dei trattamenti e dei flussi informativi. Lo schema di regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari è stato messo a disposizione delle amministrazioni comunali e delle comunità montane, dal 25 maggio al 15 giugno 2004, sul sito dell’Ancitel , al fine di stimolare proposte di modifica, suggerimenti, integrazioni ed osservazioni e perfezionare ulteriormente il documento che, una volta approvato dall’Autorità, costituirà lo schema-tipo in conformità al quale gli enti citati potranno adottare - senza dover più richiedere il parere formale del Garante ai sensi del-l’art. 20, comma 2, del Codice - i propri atti regolamentari, salvo che debbano procedere a specifici trattamenti non considerati nel contesto generale.
Analoghe forme di collaborazione sono intercorse con l’Unione delle Province d’Italia (UPI) per la stesura di corrispondenti schemi di regolamento utili per le amministrazioni provinciali: anche in questo caso, è imminente la pubblicazione del modello predisposto sul sito web dell’organo rappresentativo, per raccogliere pure in questo ambito, eventuali proposte di integrazione e suggerimenti prima che il Garante esprima il parere di competenza e lo ponga formalmente a disposizione delle province.
Con riferimento, invece, alla collaborazione con le regioni, è stato istituito un gruppo di lavoro interregionale, con la partecipazione del Garante, del Ministero della salute, degli assessorati alla sanità e delle aziende sanitarie locali, in considerazione della necessità di includere nello schema di regolamento anche i trattamenti di dati relativi alla salute. Ciò, alla luce della nuova disciplina dettata in argomento dal Codice, che non prevede più una specifica competenza del Ministero della salute a regolamentare tali trattamenti (a differenza dell’art. 23, comma 1-bis, della legge n. 675/1996) e demanda tale incombenza all’iniziativa delle diverse amministrazioni.
In considerazione della peculiarità dei trattamenti da parte delle Asl, si è ritenuto opportuno istituire un sottogruppo di esperti, costituito dai rappresentanti degli assessorati in materia, che si è soffermato sui trattamenti di dati sanitari di competenza delle regioni predisponendo lo schema-tipo per i trattamenti di competenza delle aziende sanitarie da inserire nello schema di regolamento regionale. Pur essendo stata redatta una prima bozza di regolamento nel corso del 2004, la già menzionata proroga al 31 dicembre 2005 del termine per l’adozio-ne degli atti regolamentari (inizialmente prevista per il 30 settembre 2004) ha offerto la possibilità di svolgere ulteriori approfondimenti, potendosi così tenere conto anche delle ulteriori proposte modificative o integrative e delle osservazioni pervenute recentemente al gruppo tecnico e sottoposte successivamente all’attenzione del Garante.

2.3. Trasparenza dell’attività amministrativa e accesso ai documenti
Il difficile equilibrio tra la trasparenza dell’attività amministrativa e la tutela della riservatezza ha costituito oggetto di attenta riflessione da parte del Garante che, al pari degli anni passati, è stato interpellato in più circostanze in merito. È stata sottoposta al vaglio del Garante la prassi, seguita da alcuni enti locali, di acquisire copia del documento di identità dei soggetti che, a diverso titolo (ad es. residenti e domiciliati in determinate zone), chiedono il rilascio del permesso di acces-so/sosta nelle zone urbane a traffico limitato. Tale trattamento dei dati personali è stato ritenuto legittimo - anche in conformità al nuovo Codice della strada (art. 7 del d.lg. 30 aprile 1992, n. 285) e alla normativa in materia di documentazione amministrativa (art. 45 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) - poiché rientra tra le finalità istituzionali dei comuni (art. 18, commi 2 e 3, del Codice) e non contrasta i principi di pertinenza e non eccedenza, di cui all’art. 11, comma 1, lett. d ), del Codice (Nota 28 ottobre 2004).
Ulteriori problemi ha sollevato la compatibilità dello specifico regime di pubblicità dell’albo dei beneficiari di provvidenze economiche, istituito ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 7 aprile 2000, n. 118, con le disposizioni in materia di tutela della riservatezza; l’Autorità ha ritenuto lecita la diffusione indifferenziata dei nominativi dei beneficiari unitamente all’in-dicazione della normativa che autorizza l’erogazio-ne (art. 1, comma 2, del citato d.P.R. n. 118/2000) escludendo, invece, l’indicazione in quella stessa sede di ulteriori dati personali (quali, ad esempio, l’indirizzo, il codice fiscale o l’importo dell’erogazio-ne) ritenuti non pertinenti ed eccedenti rispetto alle finalità perseguite. In considerazione del divieto di diffondere i dati sulla salute (artt. 22, comma 8, e 68, comma 3, del Codice), è stato precisato che eventuali elenchi di soggetti beneficiari di assegni di cura o di prestazioni sanitarie non devono contenere i nominativi o le iniziali degli interessati, né il puntuale riferimento a disposizioni di legge (come nel caso della legge 5 febbraio 1992, n. 104 in materia di assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone handicappate) da cui possano desumersi le cause dell’eroga-zione: possono essere invece utilizzate, a fini di trasparenza, diciture generiche o codici numerici (Nota 2 novembre 2004).
Aspetto importante della tematica relativa alla trasparenza è la conciliabilità del diritto di accesso con il diritto alla riservatezza: permangono in merito numerose le richieste di chiarimenti.
A tal proposito, tra le questioni maggiormente significative si segnala una richiesta di chiarimenti sul-l’ostensibilità di documenti amministrativi concernenti l’attività lavorativa dell’ex coniuge detenuti dal Servizio ispezione del lavoro (Nota 26 aprile 2004). Sul punto il Garante è stato consultato anche da una pubblica amministrazione con riferimento alla richiesta di accesso, presentata da parte dell’ex coniuge di un proprio dipendente, volta ad ottenere copia della documentazione contabile relativa alla situazione retributiva del dipendente medesimo al fine di avviare un’azione giudiziaria per la rideterminazione di un assegno di mantenimento (Nota 20, luglio 2004). In entrambe le occasioni l’Autorità ha evidenziato che la normativa in materia di protezione dei dati personali non ha abrogato le norme vigenti in materia di accesso ai documenti amministrativi (artt. 59 e 60 del Codice), le quali attribuiscono al cittadino che vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accedere ai documenti detenuti dalle amministrazioni pubbliche (artt. 22 e ss. legge 7 agosto 1990, n. 241). È stato quindi sottolineato che spetta all’amministrazione destinataria della richiesta di accesso verificare, caso per caso, l’interesse e i motivi sottesi alla relativa istanza, nonché valutare la sussistenza di una delle ragioni per le quali il documento può essere sottratto alla conoscibilità del richiedente, essendo la stessa in possesso di tutti i necessari elementi di ponderazione della istanza di accesso. Con riferimento ad una richiesta di accesso ad un rapporto informativo concernente un dirigente scolastico, redatto in seguito ad un accertamento ispettivo, il Garante ha ricordato che il rispetto della normativa in materia di accesso ai documenti amministrativi è requisito di liceità del trattamento. Pertanto, l’Autorità ha ribadito che, qualora il documento sia stato illecitamente reso accessibile, come nel caso specifico, i dati ivi contenuti sono inutilizzabili stante la violazione di una disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali (art. 11, comma 2, del Codice) (Nota 16 luglio 2004).
L’Autorità è stata chiamata a precisare ulteriormente il rapporto tra il diritto di accesso e quello alla protezione dei dati personali con specifico riferimento alla possibilità per i comuni di accedere ad elenchi dettagliati detenuti dalle società concessionarie del-l’erogazione di pubblici servizi contenenti i dati degli intestatari dei contratti di fornitura. In particolare il Garante ha chiarito che ai fini della comunicazione si può prescindere dal consenso dell’interessato nel caso in cui sussistano esigenze di istituzione o completamento del catasto degli impianti termici, alla luce dell’art. 17 del d.P.R., n. 551/1999, il quale ha espressamente previsto che le società distributrici di combustibile comunichino agli enti locali che ne facciano richiesta la titolarità degli impianti da esse riforniti nel corso degli ultimi dodici mesi (Nota 1° marzo 2004).
È allo studio dell’Autorità la predisposizione di un documento sulla delicata questione del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, già oggetto di talune pronunce in casi specifici nel corso dell’anno. Con riferimento alla possibilità di consentire ad alcuni consiglieri comunali l’acquisi-zione di informazioni sui cespiti relativi ad un piano di dismissione del patrimonio immobiliare di un comune, ivi inclusi i nominativi degli utenti assegnatari delle singole unità immobiliari, ed ulteriori dati di carattere sensibile, il Garante ha evidenziato che il Codice non ha abrogato o modificato la specifica disposizione di legge che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il diritto di ottenere dagli uffici del comune, comprese aziende ed enti collegati, informazioni utili all’espletamento del loro mandato, nel rispetto del segreto d’ufficio e del principio di pertinenza e non eccedenza, ai sensi dell’art. 43, comma 2, d.lg. 18 agosto 2000, n. 267 (Nota 13 settembre 2004). Nell’ipotesi in cui l’accesso da parte dei consiglieri comunali riguardi dati sensibili, l’esercizio di tale diritto, ai sensi dell’art. 65, comma 4, lett. b), del Codice, è consentito se indispensabile per lo svolgimento della funzione di controllo, di indirizzo politico, di sindacato ispettivo e di altre forme di accesso a documenti riconosciute dalla legge e dai regolamenti degli organi interessati per consentire l’esple-tamento di un mandato elettivo. Resta ferma la necessità, come già accennato nel par. 1.4., che i dati così acquisiti siano utilizzati per le sole finalità connesse all’esercizio del mandato, rispettando in particolare il divieto di divulgazione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute. Spetta quindi all’amministrazione destinataria della richiesta accertare l’ampia e qualificata posizione di pretesa all’in-formazione ratione officii del consigliere comunale. Il medesimo orientamento è stato espresso con riferimento alla possibilità di consentire a un consigliere comunale l’acquisizione di informazioni relative ad una comunità di nomadi Rom coinvolti in un progetto di assistenza ed integrazione sociale intrapreso in loro favore da un comune (Nota 10 novembre 2004).
Il Garante ha poi precisato, come in passato, che il diritto di accesso si configura in termini diversi con riferimento ad altri esponenti istituzionali del comune: tale è il caso del diniego opposto ad un sindaco di acquisire copia di tutti i ricorsi proposti dai trasgressori del Codice della strada, corredati dalle deduzioni tecniche redatte dal locale Comando di polizia municipale. Il d.lg. n. 267/2000 dispone, a differenza di quanto previsto per i consiglieri, che il sindaco e i singoli assessori per gli specifici settori ad essi delegati, debbano unicamente sovrintendere al funzionamento degli uffici e dei servizi, non con atti di diretta gestione, ma con direttive generali. L’ordinamento degli enti locali, infatti, prevede il principio della distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo, che spettano agli organi di governo dell’ente, e l’attuazione e gestione amministrativa, che competono ai dirigenti. Pertanto, nel solo caso in cui la richiesta di informazioni, anche di natura sensibile, sia indispensabile al sindaco per espletare la funzione di controllo poli-tico-amministrativo sull’andamento dell’ufficio del personale, l’acquisizione dei dati può risultare conforme alle norme rilevanti in tema di protezione dei dati. Di contro, in assenza delle ricordate finalità di rilevante interesse pubblico, la comunicazione di questi dati, specie se non generalizzata, non è legittima e l’accesso da parte del sindaco non è consentito (Nota 22 ottobre 2004).
Un ulteriore caso particolare è stato portato all’atten-zione del Garante da un’associazione, in merito alla richiesta da parte di un difensore civico di conoscere eventuali provvedimenti adottati nei confronti di un educatore (a seguito del rinvio a giudizio di quest’ulti-mo per maltrattamenti a danno di soggetti disabili affidatigli). Sulla base degli elementi disponibili riguardo ai poteri informativi dello specifico difensore civico richiedente, l’Autorità non ha ravvisato una specifica funzione idonea a consentire l’acquisizione delle informazioni richieste all’associazione, in mancanza del consenso dell’interessato, necessario ai sensi dell’art. 24 del Codice (Nota 3 maggio 2004).
Rispettoso del principio di pertinenza è stato giudicato anche il trattamento dei dati personali riportati nel tesserino di riconoscimento delle guardie ecologiche volontarie di una provincia: al riguardo, la normativa di settore (in particolare il regolamento della provincia in questione) indica espressamente gli elementi identificativi destinati ad essere riportati nel documento (le generalità, la fotografia, i connotati e gli estremi del decreto di guardia particolare giurata), disciplinandone, inoltre, l’uso in caso di esibizione per lo svolgimento dei particolari compiti attribuiti (Nota 9 settembre 2004).

2.4. Il principio del cd. pari rango
Profili particolari riguardano l’accesso ai documenti amministrativi contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale. Infatti, in tal caso il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso è di rango almeno pari ai diritti del-l’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile (art. 60 del Codice). In proposito, il Garante ha già chiarito che il destinatario della richiesta, al fine di stabilire se il diritto dedotto dal richiedente vada considerato “di pari rango” rispetto a quello della persona cui si riferiscono i dati, deve fare riferimento non al “diritto di azione e difesa” - che pure è costituzionalmente garantito - quanto alla situazione giuridica soggettiva sottostante che il terzo intende far valere (v.: già Provv. 9 luglio 2003, in Relazione 2003, p. 64). I predetti principi, affermati anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, sono stati posti all’at-tenzione dell’Autorità in varie circostanze. È in avanzato stadio di trattazione la richiesta di chiari-menti di un’amministrazione alla quale un Comando provinciale della Guardia di finanza aveva chiesto copia degli atti relativi al procedimento a carico di un finanziere per l’applicazione della sanzione amministrativa prevista per la fattispecie colposa del reato di atti osceni (art. 527, comma 2, c.p.). La documentazione oggetto della richiesta potrebbe contenere dati sensibili riconducibili, ad esempio, ad informazioni idonee a rivelare la vita sessuale dell’interessato. L’Autorità si è, invece, pronunciata in merito alla richiesta di chiarimenti avanzata da un comune circa la possibilità da parte delle strutture sanitarie di rilasciare ad un consigliere comunale, ai sensi dell’art. 43 del d.lg., n. 267/2000, copia di un referto medico riguardante un terzo (Nota 30 settembre 2004). Ciò comporta, in sintesi, che nella prevalenza dei casi riguardanti solo diritti di credito non sia possibile accogliere l’istanza di accesso e di comunicazione, e che si possa invece valutare, sia pure con cautela e caso per caso, l’effettiva necessità di consentire l’accesso ad una cartella clinica - prima della sua probabile acquisizione su iniziativa del giudice in caso di controversia risarcitoria per danni ascritti all’attività professionale medica documentata nella cartella stessa.
La questione dei limiti alla comunicazione di dati sulla salute e sulla vita sessuale a persone diverse dall’interessato ha assunto spesso rilevanza nel caso di richieste di accesso a cartelle cliniche detenute presso strutture sanitarie, a volte formulate da un difensore nell’ambito delle cd. indagini difensive (art. 391-quater c.p.p.). Anche in tal caso l’Autorità ha ribadito che le pubbliche amministrazioni non necessitano di una specifica autorizzazione del Garante ai fini dell’accoglimen-to di richieste di accesso ai documenti o di comunicazione di dati personali formulate ai sensi della disciplina delle indagini difensive introdotta dalla legge 7 dicembre 2000, n. 397. Dal momento che il Codice, come già ricordato, non ha abrogato le norme vigenti in materia di accesso ai documenti amministrativi (art. 59 del Codice), le disposizioni contenute nell’art. 391-quater del c.p.p. vanno ritenute un’idonea fonte normativa per la comunicazione all’esterno di dati personali che va comunque inquadrata sistematicamente (v., ad esempio, art. 71 del Codice). Spetta pertanto all’amministrazione destinataria della richiesta, che dispone di tutti gli elementi a ciò necessari, accertare, caso per caso, la sussistenza dei presupposti per l’esercizio di tale facoltà, compresa la legittimazione del soggetto che ha formulato l’istanza di accesso (Nota 15 ottobre 2004).

2.5. Pubblici registri, elenchi, atti e documenti conoscibili da chiunque
Nel corso dell’anno il Garante si è pronunciato su alcune questioni relative al trattamento dei dati contenuti in pubblici registri, elenchi, atti e documenti conoscibili da chiunque.
In particolare, l’Autorità è stata chiamata a chiarire il regime di pubblicità del registro delle quote-latte tenuto dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) all’interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN). Al riguardo, è stata evidenziata la base normativa che consente l’integrale consultabilità (anche in via telematica attraverso il sito Internet del SIAN) del predetto registro da chiunque ne abbia interesse, lasciando invece all’Agenzia la valutazione circa la possibilità di estendere la piena conoscibilità anche alle informazioni relative al periodo antecedente all’istituzione del registro (Nota 27 settembre 2004).
Un’altra questione all’esame dell’Autorità riguarda la possibilità di divulgare tramite il sito web dell’ACI l’elenco dei demolitori autorizzati all’esercizio delle operazioni di “rottamazione” dei veicoli fuori uso: in proposito, il Garante ha ribadito le indicazioni già fornite in un’altra occasione (Nota 16 giugno 1999), facendo presente che la diffusione del predetto elenco è lecita solo se prevista da apposita disposizione di rango normativo primario o secondario, non essendo sufficiente in tal senso la sola previsione contenuta in un regolamento interno dell’ACI (Nota 29 dicembre 2004).
In sede di ricorso è stata ritenuta infondata, allo stato della normativa all’epoca applicabile, la richiesta di cancellazione dei dati relativi ad un’ipoteca avanzata nei confronti di una società che fornisce informazioni commerciali. Tali dati, relativi alla proprietà immobi­liare e detenuti dai competenti uffici dell’Agenzia del territorio competenti erano, infatti, pubblici e quindi accessibili a chiunque ed utilizzabili anche senza il consenso degli interessati (art. 24, comma 1, lett. c). Pertanto, la loro estrazione e comunicazione a terzi da parte di società che operano nel settore dell’infor-mazione societaria e commerciale erano, allo stato, lecite (Provv. 20 maggio 2004). Sul punto, tuttavia, è intervenuto da ultimo il legislatore che, con la legge finanziaria 2005, al fine di contrastare fenomeni di elusione fiscale e di tutelare la fede pubblica, ha introdotto una disposizione che, di regola, vieta la riutilizzazione commerciale delle informazioni contenute negli archivi catastali e nei pubblici registri immobiliari tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio (art. 1, commi 367 e ss., legge 30 dicembre 2004, n. 311). L’eventuale possibilità di riutilizzare per fini commerciali tali informazioni verrebbe subordinata alla stipula di specifiche convenzioni con la stessa Agenzia, le quali dovrebbero disciplinare, a fronte del preventivo pagamento dei tributi dovuti, le modalità ed i termini della raccolta, della conservazione, dell’elaborazione dei dati, nonché il controllo del limite di riutilizzo consentito. Va però rilevato che l’applicazione di tali disposizioni dovrà essere coordinata con le scelte normative già fatte da Governo e Parlamento nel Codice, anche in attuazione di raccomandazioni del Consiglio d’Europa, tenendo conto, in particolare, del principio di compatibilità con gli scopi per i quali i dati sono stati raccolti, e affidando al Garante la promozione di codici deontologici che dovranno regolare la materia (artt. 61 e 118 del Codice).

2.6. Documentazione anagrafica e materia elettorale
A seguito delle modifiche introdotte dal Codice nella materia anagrafica, dello stato civile e delle liste elettorali, sono pervenuti numerosi quesiti volti ad ottenere chiarimenti; più precisamente, il Codice ha integrato la disciplina sull’utilizzo degli elenchi anagrafici da parte delle pubbliche amministrazioni, prevedendo espressamente che rientrano tra gli scopi di pubblica utilità anche quelli relativi all’applicazione della disciplina in materia di comunicazione istituzionale e che può farne uso per tale finalità anche il comune presso il quale è istituita l’anagrafe. Al riguardo, l’Autorità si è pronunciata su un ricorso relativo all’invio a cittadini minorenni, da parte di un comune, di un invito a partecipare alla sagra patronale ed alla festa di Halloween organizzate dall’en-te. Il Garante non ha riscontrato, sulla base degli elementi forniti dalle parti, specifiche violazioni in quanto i dati trattati non erano conservati presso il comune e le comunicazioni erano state inviate direttamente dall’ente con la sola intenzione di fare conoscere ai bambini il contenuto delle iniziative ricreative organizzate (Provv. 30 gennaio 2004). Sono stati avviati però specifici accertamenti al fine di verificare la liceità del trattamento e la correttezza del comportamento del comune, soprattutto con riferimento all’acquisizione dei dati dei minori.
Significativa è stata anche la collaborazione richiesta al Garante dal Ministero dell’interno per la definizione di una bozza di accordo tra la Repubblica federale tedesca e la Repubblica italiana sullo scambio reciproco di dati tra gli uffici anagrafici nel-l’ambito dei trasferimenti di domicilio degli abitanti (vale a dire delle persone fisiche sulle quali ricadono obblighi anagrafici ai sensi della normativa statale interna, indipendentemente dalla loro cittadinanza), da e verso i rispettivi territori nazionali. In proposito il Garante ha evidenziato, con riferimento all’istituzione presso ciascuno Stato contraente di un “ufficio centrale” nazionale competente a gestire il flusso di dati tra i due Paesi, che la disciplina sulle modalità di utilizzazione anche esterna delle banche dati ed il connesso obbligo per gli uffici anagrafici di comunicare dati a tale ufficio centrale, devono essere previsti da norme di legge o di regolamento, in conformità all’art. 19 del Codice. Inoltre, l’Autorità ha rilevato il rischio di vanificare la disciplina anagrafica tramite la previsione contenuta nella bozza di accordo in questione, in quanto i flussi di comunicazioni anagrafiche che si intendono attivare modificano profondamente la specifica normativa di settore (cfr.: d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223; legge 15 maggio 1997, n. 127). Il Garante ha osservato che simili modifiche potrebbero essere introdotte solo sulla base di una previa disposizione legislativa che le preveda e ne determini i caratteri fondamentali, nel rispetto di necessarie cautele quali, in particolare, la non eccedenza delle informazioni trasmesse rispetto alle finalità perseguite (Nota 14 settembre 2004). Alla luce di tali considerazioni, su richiesta del Ministero dell’interno, si è aperto un tavolo di lavoro presso l’Autorità al fine di esaminare congiuntamente i profili più delicati del-l’iniziativa ed individuare idonee soluzioni anche nell’ambito della disciplina vigente ed avvalendosi dell’Indice nazionale delle anagrafi (Ina).
La collaborazione proficuamente avviata con il Ministero dell’Interno ha trovato conferma anche in altri ambiti: il Garante, infatti, è stato chiamato a prendere parte, assieme ad altre istituzioni, al Comitato tecnico per la predisposizione di uno studio finalizzato alla revisione della normativa anagrafica, alla luce delle innovazioni riguardanti l’Ina ed il Sistema di accesso ed interscambio anagrafico (Saia).
Una questione particolarmente delicata in materia è all’esame dell’Autorità, con riferimento alla possibilità di rilasciare ad un istituto enciclopedico privato informazioni sullo status di figlio adottivo di un noto imprenditore, al fine di completarne la biografia da inserire nel dizionario degli imprenditori italiani. La normativa fa espresso divieto dell’indicazione della paternità e della maternità nelle attestazioni di stato civile riferite all’adottato (cfr.: artt. 26, comma 4, 28, comma 2, e 73, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozioni), negli estratti per riassunto degli atti dello stato civile, nonché nei certificati relativi agli atti di nascita, di matrimonio, di cittadinanza, negli atti attestanti lo stato di famiglia e nelle pubblicazioni di matrimonio esposte al pubblico (art. 1 della legge 31 ottobre 1955, n. 1064, richiamata dall’art. 108, comma 3 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Peraltro, la disciplina in materia di protezione dei dati personali se, da un lato, autorizza, in linea generale, il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile una volta decorsi settanta anni dalla loro formazione (cfr.: art. 177, comma 3, del Codice), dall’altro fa salve le disposizioni di legge che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in materia di trattamento di “taluni” dati personali (art. 184, comma 3). Occorre quindi valutare il rilievo dei predetti divieti stabiliti dalla legge sull’adozione.
L’Autorità è stata anche interpellata sulla fondatezza della richiesta formulata da uno studio di ricerche genealogiche, volta ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare ricerche presso i servizi dello stato civile di alcuni comuni al fine di definire le devoluzioni successorie. Sul punto, il Garante ha ricordato che
- a partire dal 1°gennaio 2004, secondo quanto disposto dall’art. 177, comma 3, del Codice - il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile è consentito unicamente ai soggetti cui l’atto si riferisce, oppure su motivata istanza comprovante l’interesse personale e concreto del richiedente ai fini di tutela di una situazione giuridicamente rilevante, ovvero decorsi settanta anni dalla formazione dell’atto. Resta ferma la possibilità che l’ufficiale dello stato civile fornisca a richiesta singole notizie che possono essere comunicate ai sensi dell’art. 450 c.c. (Nota 12 maggio 2004). Con riferimento, invece, al trattamento dei dati contenuti nelle liste elettorali, il Garante è stato impegnato a fornire chiarimenti alla luce della rilevante modifica introdotta dal Codice che, rispetto al previo regime di piena conoscibilità e pubblicità delle liste elettorali degli enti locali, ora prevede, in applicazione del principio di finalità, che le liste elettorali possano essere rilasciate in copia solo in favore di chi intende perseguire una finalità di attuazione della disciplina in materia di elettorato attivo o passivo, di studio, ricerca scientifica o storica o socio-assistenziale, oppure per perseguire un interesse collettivo o diffuso (art. 177, comma 5, del Codice). L’Autorità è stata chiamata a pronunciarsi, tra l’al-tro, in merito al possibile rilascio, da parte delle amministrazioni comunali, di copia delle liste elettorali ai patronati per lo svolgimento delle loro funzioni istituzionali. Il Garante ha chiarito che spetta all’amministrazione destinataria dell’istanza entrare nel merito della richiesta e valutare se la specifica finalità del loro successivo utilizzo dichiarata da parte del richiedente sia conforme all’attività svolta dal soggetto medesimo, nonché se rientri effettivamente tra le ipotesi di cui al citato art. 177. In tale occasione è stato ricordato che il Codice consente agli istituti di patronato e di assistenza sociale, per lo svolgimento delle proprie attività, e solo nell’am-bito di un mandato conferito dall’interessato, di accedere alle banche di dati degli enti eroganti le prestazioni, in relazione a tipi di dati individuati specificamente con il consenso dell’interessato (art. 116 del Codice) (Nota 28 luglio 2004).
In materia di immigrazione, è stato adottato un regolamento per la razionalizzazione e l’intercon-nessione delle comunicazioni fra amministrazioni pubbliche ai fini, in particolare, del funzionamento dello sportello unico per il rilascio del permesso di soggiorno (d.P.R. 27 luglio 2004, n. 242, di attuazione della legge 30 luglio 2002, n. 189), sul quale l’Autorità ha espresso parere il 4 marzo 2004. Il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione presso il Ministero dell’interno istituisce e detiene gli archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo, ai quali accedono le pubbliche amministrazioni interessate, individuate con decreto del Ministro medesimo. Tali archivi sono interconnessi con i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni interessate e con quelli delle regioni, delle province autonome e degli enti locali. Su richiesta dell’Autorità, i “controlli” sugli accessi al sistema informativo sono stati disciplinati in conformità al principio di proporzionalità, prevedendo che i dati personali concernenti l’identificazione degli utenti e le operazioni di accesso agli archivi possano essere utilizzati solo per finalità di sicurezza e di accertamento di eventuali illeciti.

2.7. Istruzione
Anche in materia di pubblicità degli esiti scolastici l’Autorità ha dovuto recentemente ricordare che non è vietata la pubblicazione dei risultati degli scrutini; al contrario, essi devono essere pubblicati, come esplicitamente previsto dalla disciplina in materia (ordinanze ministeriali 13 febbraio 2001, n. 29; 4 aprile 2003, n. 35; 9 febbraio 2004, n. 21).
Numerose sono state le richieste di chiarimenti in merito al trattamento dei dati personali nel settore dell’istruzione, con particolare riferimento alla conoscibilità di informazioni riguardanti gli studenti. L’Autorità ha dovuto ancora una volta precisare che non esiste alcuna disposizione del Codice o provvedimento del Garante che imponga di tenere segreti i voti dei compiti in classe o delle interrogazioni, né di consegnarli agli alunni in busta chiusa. Così come non esiste alcuna disposizione che proibisca ai medesimi di rendere nota la fede religiosa o che ostacoli le soluzioni da tempo in atto per la partecipazione o meno degli studenti all’ora di religione (Comunicato stampa 3 dicembre 2004).
Sono giunte al Garante numerose comunicazioni ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), del Codice da parte di istituti scolastici che intendevano comunicare dati personali degli alunni ad altri soggetti pubblici per lo svolgimento di finalità istituzionali, in particolare di natura socio-assistenziale. In tali occasioni nel ricordare che il trattamento dei dati personali deve essere ispirato ai principi di pertinenza, proporzionalità e necessità, il Garante ha fissato alcuni limiti a tale flusso di dati personali degli alunni, di seguito sintetizzati:
- in merito alla richiesta di una Asl di ricevere dalle strutture scolastiche presenti nella provincia alcuni dati personali dei minori ivi iscritti al fine di realizzare un archivio informatizzato per contattare gli studenti in caso di denuncia di malattie infettive, l’Autorità ha precisato che, pur essendo attribuito a tali enti il compito di provvedere, tra l’altro, all’igiene e alla medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado (cfr.: art. 14, comma 3, lett. e), l. n. 833/1978), lo stesso può essere assolto con modalità meno invasive. Ad esempio, sarebbe possibile individuare un responsabile interno ad ogni istituto scolastico in grado di fornire, qualora si verifichi un evento infettivo, i dati strettamente necessari per assicurare l’opportuno intervento sanitario, senza creare una banca dati informatizzata relativa alla realtà scolastica minorile di un’intera provincia (Nota 28 dicembre 2004);
- analogamente, una Asl ha richiesto l’elenco dei nomi e degli indirizzi degli alunni iscritti nelle scuole presenti nel distretto sanitario dell’azienda, al fine di contattare gli stessi all’interno di una campagna contro il morbillo. Il Garante ha osservato che la finalità di promuovere la prevenzione delle malattie infettive attribuita alle Asl può essere utilmente raggiunta anche senza procedere all’invio sistematico alle stesse degli elenchi di tutti gli alunni iscritti agli istituti, mettendo a disposizione delle famiglie il materiale informativo distribuito dal Ministero della salute e dalle Asl presso gli istituti scolastici (Nota 17 novembre 2004);
- alcuni istituti scolastici presenti all’interno di unostesso comune hanno comunicato di voler avviare un progetto di gestione integrato dell’anagrafe scolastica, contenente i dati personali degli alunni iscritti e delle loro famiglie. Da un esame dei dati personali richiesti è risultato che sarebbero state raccolte anche informazioni di carattere sensibile relative ad alunni (es. stato di handicap). In merito a tale progetto, ai sensi degli artt. 20 e ss. del Codice, il Garante sta valutando se - in mancanza di un’espressa previsione di legge o di regolamento che preveda l’in-terconnessione di banche dati per la gestione integrata dell’anagrafica scolastica comunale e tenendo conto dei principi di indispensabilità, pertinenza e proporzionalità - la finalità di migliorare il percorso formativo degli alunni possa essere raggiunta con altre modalità che non comportino la creazione di archivi contenenti dati sensibili relativi a minori, condivisi da più soggetti pubblici;
- un assessorato regionale alla sanità ha richiestoad un’università pubblica alcuni dati personali degli iscritti alle facoltà di medicina e di scienze, per inviare agli studenti una lettera di sensibilizzazione in merito alla donazione di sangue e midollo osseo, nonché informazioni sull’autoemoteca dei volontari dell’AVIS. Al riguardo è stato osservato che, pur sussistendo in capo alle regioni ed ad altre amministrazioni pubbliche la funzione di promuovere la donazione del sangue e degli emoderivati (cfr.: art. 11, comma 3, legge 4 maggio 1990, n. 107 e Dir. P.C.M. 6 giugno 2003), tale finalità può essere raggiunta con altre modalità, quali, ad esempio, la distribuzione di specifico materiale informativo presso le facoltà universitarie (Nota 29 dicembre 2004).
L’Autorità ha ricordato che anche nella redazione di atti e circolari interne contenenti dati personali è necessario rispettare i principi di pertinenza e non eccedenza. In seguito ad una segnalazione di un’insegnante il Garante ha ravvisato la non conformità a tali principi del comportamento di un dirigente scolastico che, nell’informare il personale e gli studenti di alcune difficoltà organizzative causate dalla pendenza di procedimenti amministrativi e giudiziari contro l’istituto, aveva specificato anche i nominativi delle insegnanti che li avevano avviati (Nota 25 novembre 2004).
Sono in corso alcuni approfondimenti in merito al progetto di un istituto tecnico industriale volto al controllo elettronico della presenza degli studenti nell’edificio scolastico, rendendo possibile la verifica della presenza degli alunni da parte dei genitori degli stessi tramite il sito web della scuola. Il Garante è in procinto di definire l’istruttoria in ordine ad un caso di monitoraggio della presenza di allievi stranieri nel territorio provinciale effettuato da un istituto scolastico. Tale attività, che prevede la raccolta di dati sugli alunni tramite questionari distribuiti agli istituti d’istruzione, può comportare il trattamento di dati sensibili dei medesimi (in particolare, di informazioni relative all’origine razziale o etnica), nonché di altre delicate informazioni di carattere personale, come quelle concernenti adozioni o affidamenti.
A seguito di un ricorso (Provv. 29 dicembre 2003), il Garante ha avviato ulteriori accertamenti in merito all’avvenuta comunicazione ad una casa editrice, da parte di un’università statale, di alcuni dati personali dei propri studenti. Al riguardo, è stato rilevato che un determinato decreto rettorale non poteva ritenersi fonte idonea a consentire tale operazione, non individuando in modo puntuale i casi di comunicazione di dati personali degli studenti da parte del-l’ateneo a soggetti privati. L’ateneo è stato invitato a sospendere di propria iniziativa il trattamento in questione, nonché ad individuare con esattezza nell’atto regolamentare le singole ipotesi di comunicazione di dati personali degli studenti a soggetti privati, in conformità ai principi di necessità, pertinenza e non eccedenza dei dati rispetto alle finalità perseguite. L’Autorità in tale occasione ha anche accertato che la stessa università aveva fornito un’informativa incompleta agli studenti, senza individuare le finalità, le modalità del trattamento, nonché l’ambito di comunicazione dei dati personali degli studenti a soggetti privati. Il Garante ha, quindi, contestato all’università la sanzione amministrativa di cui all’art. 161 del Codice (contestazione del 19 novembre 2004, cui è seguito il pagamento in misura ridotta).

2.8. Notificazioni di atti e comunicazioni
Già in passato l’Autorità ha più volte rappresentato alle pubbliche amministrazioni l’esigenza di tutelare in maniera adeguata la riservatezza delle persone alle quali sono notificati atti giudiziari, verbali di contravvenzione, avvisi fiscali o altri atti amministrativi (Provv. 22 ottobre 1998 e 26 ottobre 1999). Molte esortazioni espresse dal Garante sono state tradotte in disposizioni normative dal nuovo Codice, il quale ha modificato le norme processuali interessate (art. 174) seguendo il principio secondo cui, qualora la notificazione non possa essere eseguita nelle mani del destinatario, la copia dell’atto deve essere consegnata in busta sigillata e su questa non devono essere apposte indicazioni da cui possa desumersi il contenuto dell’atto stesso. Tale principio si applica sia nel processo civile, sia in quello penale, nonché per le notificazioni di sanzioni amministrative e di atti e documenti provenienti da organi delle pubbliche amministrazioni, se effettuate a soggetti diversi dagli interessati.
L’Ufficio del Garante ha inoltre risposto a quesiti relativi alla notifica di violazioni finanziarie o di sanzioni disciplinari, ribadendo che gli addetti al protocollo e il messo comunale tramite il quale viene effettuata la notifica vanno designati quali soggetti incaricati di svolgere le pertinenti operazioni del trattamento; essi possono pertanto accedere al contenuto del documento oggetto di notifica senza che ciò comporti la violazione delle disposizioni sulla comunicazione dei dati personali, essendo peraltro i medesimi incaricati tenuti al segreto d’uffi-cio in virtù del loro status di dipendenti pubblici.
L’Autorità ha ricordato che l’utilizzo del fax come mezzo di comunicazione tra pubbliche amministrazioni è espressamente consentito dalla legge, ed ha fatto anche presente che i dipendenti incaricati dalle amministrazioni di inviare e ricevere comunicazioni tramite fax devono rivestire il ruolo di incaricati del trattamento e, in quanto tali, rispettare le misure di sicurezza e gli obblighi di riservatezza previsti dal Codice (Nota 29 dicembre 2004).
Il Garante ha precisato che, nel recapitare a mano documenti contenenti dati relativi allo stato di salute (anche qualora il destinatario sia un dipendente del medesimo ente), devono essere prescelte modalità rispettose della riservatezza degli interessati, eliminando ogni occasione di impropria conoscibilità dei dati anche da parte delle persone fisiche incaricate del trattamento, inclusi i messi notificatori (es., allegazione di dati sanitari in busta chiusa; inviti all’inte-ressato a ritirare personalmente un documento presso l’ufficio competente; comunicazione o messa a disposizione telematica o informatica direttamente in favore del solo interessato) (Provv. 23 luglio 2004).
L’Autorità ha evidenziato in più occasioni che il Codice ha apportato alcune modifiche anche alle disposizioni relative alla pubblicità degli avvisi di vendita giudiziaria. In particolare, con riferimento al processo esecutivo, il nuovo art. 490 c.p.c. prevede che debba essere omessa l’indicazione del debitore qualora l’annuncio sia inserito in quotidiani, oppure divulgato con le forme della pubblicità commerciale. Le informazioni relative al debitore possono essere però fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia interesse, unitamente ad ogni altra ulteriore necessaria informazione.

2.9. Attività fiscale, tributaria e doganale
A seguito di numerosi quesiti, segnalazioni e ricorsi, l’Autorità ha giudicato illegittima la prassi delle società concessionarie del servizio per la riscossione dei tributi di chiedere informazioni personali a terzi per ottenerne una dichiarazione stragiudiziale che attesti l’esistenza di crediti del contribuente su cui rivalersi, in quanto nessuna previsione legislativa o regolamentare attribuiva alla stessa il potere di effettuare questo tipo di trattamento senza il consenso del contribuente medesimo (Provv. 12 gennaio 2004). Tale procedura, anche in contrasto con il principio di non eccedenza (art. 11 del Codice), poiché sproporzionata rispetto alla finalità di recupero del credito (che può essere comunque perseguita con altri strumenti), risultava, infatti, disciplinata solo da risoluzioni dell’Agenzia delle entrate e da mere circolari ministeriali. Deve essere tuttavia segnalato che il quadro normativo è stato parzialmente modificato di recente con la legge 30 dicembre 2004, n. 312 (art.1, comma 425, della legge finanziaria 2005), che ha introdotto l’isti-tuto della dichiarazione stragiudiziale. Il nuovo art. 75-bis del d.P.R. n. 602/1973 stabilisce, infatti, che il concessionario - anche prima di procedere al pignoramento presso terzi - possa chiedere ai debitori del soggetto che è iscritto a ruolo di indicare per iscritto le cose e le somme dovute al creditore. Poiché la norma prevede che l’indicazione possa avvenire anche solo in modo generico, dovrà essere nuovamente verificato il rapporto tra la novella e il predetto principio di pertinenza e non eccedenza.
Per quanto riguarda il regime di pubblicità dell’elen-co dei contribuenti, il Garante ha affermato più volte in passato che, in base al vigente quadro normativo, risultava legittima la pubblicazione presso gli uffici finanziari ed i comuni degli elenchi nominativi dei contribuenti che avevano presentato la dichiarazione dei redditi, unitamente all’indicazione del reddito imponibile. Merita al riguardo segnalare che, recentemente, l’Agenzia delle entrate - nel disporre la pubblicazione degli elenchi per gli anni 2001 e 2002 - ha ritenuto, adducendo il rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza, di limitare tale pubblicità al dato relativo alla categoria reddituale prevalente (Provv. dell’Agenzia 29 settembre 2004).
Sono stati avviati approfondimenti con l’Agenzia delle dogane in merito all’applicazione del Codice ai trattamenti effettuati da parte degli uffici centrali e territoriali antifrode che svolgono funzioni di prevenzione, accertamento e repressione delle violazioni della normativa tributaria ed extratributaria. In particolare, l’Autorità ha esaminato anche le collaborazioni avviate dall’Agenzia con gli operatori commerciali e le associazioni di categoria, quali ad esempio la Confindustria.

2.10. Trattamenti svolti da regioni ed enti locali
Numerosissimi sono stati i casi in cui le regioni e gli enti locali hanno sottoposto all’attenzione del Garante, ai sensi degli artt. 19, comma 2, e 39, comma 1, lett. a), del Codice, l’intenzione di trasmettere ad altri soggetti pubblici dati personali reputati necessari per lo svolgimento di funzioni istituzionali, anche in assenza di una norma di legge o di regolamento.
In seguito ad una richiesta di informazioni (Nota 15 giugno 2004), ad esempio, il Garante ha ritenuto legittimo il progetto di una regione volto a consentire ai singoli comandanti di polizia locale, in possesso di specifiche password, l’accesso all’archivio contenente i dati personali dei propri operatori di polizia locale partecipanti ai corsi di aggiornamento e qualificazione professionale organizzati dalla regione medesima, al fine di poter valutare la partecipazione ai predetti corsi per le esigenze di servizio delle rispettive amministrazioni. Analogamente, non è stato interdetto alle province l’accesso in rete ai dati contenuti nell’anagrafe venatoria centrale della regione di appartenenza per consentire la vigilanza e la gestione delle opzioni sulle forme di caccia esercitate dagli interessati (Nota 30 agosto 2004). Al contrario, l’Autorità ha precisato che il meccanismo previsto dall’art. 39 non è idoneo a consentire ad un comune di arricchire la propria banca dati sui soggetti che hanno manifestato la propria disponibilità all’affidamento temporaneo di minori con le informazioni relative ai nuclei familiari aspiranti all’adozione trattate dalla Asl. La reciproca comunicazione di dati tra il comune e la Asl avrebbe, infatti, coinvolto anche dati sensibili per i quali sono da osservare le più rigorose garanzie di cui agli artt. 20 e ss. del Codice (Nota 13 settembre 2004). Analoghe problematiche ha sollevato la richiesta della Regione Lazio volta ad ottenere dall’Inps la comunicazione di alcuni dati personali, anche sensibili, per la concessione di benefici economici a favore degli anziani e degli invalidi civili. L’Autorità, interpellata sul punto, ha indicato alle amministrazioni coinvolte le modalità più idonee a garantire il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. L’INPS, pertanto, secondo i criteri stabiliti dalla regione, ha individuato direttamente i soggetti beneficiari delle provvidenze economiche. Successivamente, su indicazione della regione, ha consegnato a Poste Italiane S.p.A., designata responsabile del trattamento dall’Istituto, l’elenco dei nominativi ed il relativo domicilio dei beneficiari per l’erogazione delle provvidenze economiche. È stato poi operato un doveroso distinguo tra le ipotesi in cui la comunicazione di dati sia indirizzata da un’amministrazione comunale ad un consorzio, a seconda della natura giuridica, pubblica o privata, di quest’ultimo. L’applicazione degli artt. 19, comma 2, e 39, comma 1, lett. a) del Codice è, infatti, ammissibile solo per la comunicazione di dati tra soggetti pubblici, non essendo invece possibile avvalersi della norma in questione ove il consorzio abbia, invece, natura privata. La comunicazione di dati da un soggetto pubblico ad un soggetto privato è ammessa, infatti, dall’art. 19, comma 3, unicamente quando è prevista da norme di legge o regolamento (Nota 22 novembre 2004). Sulla base dei medesimi principi, è stata rappresentata ad un comune l’impossibilità di una trasmissione sistematica di dati relativi a deceduti alle parrocchie, non avendo queste ultime natura di soggetti pubblici (Nota 17 gennaio 2005).
Con riferimento allo scambio dei dati dei tesserati nell’ambito dei sistemi bibliotecari provinciali, è stato rilevato che la finalità di assicurare un adeguato servizio pubblico di lettura e di informazione tramite il servizio di prestito interbibliotecario potrebbe essere utilmente conseguita anche riducendo i flussi di dati personali. Ad esempio, nel rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza di cui all’art. 11 del Codice, potrebbero essere trasmesse alle biblioteche collegate le sole richieste dei volumi prive dei dati personali degli utenti, che sarebbero conservati solo presso la biblioteca richiedente (Nota 21 dicembre 2004).
È stata ritenuta legittima la comunicazione di dati anagrafici da parte di un comune alla Asl al fine di addivenire, nell’ambito di un piano integrato per l’emergenza estiva, alla campionatura della popolazione anziana per monitorare e prevenire eventuali episodi di grave decadimento psico-fisico e di solitudine. La normativa sugli atti anagrafici prevede, infatti, la possibilità per l’ufficiale dell’anagrafe di rilasciare, anche periodicamente, elenchi degli iscritti nell’anagrafe della popolazione residente alle amministrazioni pubbliche che ne facciano motivata richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 34, comma 1, d.P.R. n. 223/1989 (Nota 19 luglio 2004).
In materia di trattamento di dati sensibili da parte degli enti locali, è in istruttoria il caso nel quale un comune ha divulgato sul proprio sito Internet i nominativi di coloro che avevano richiesto la sostituzione nel pagamento della tariffa per la gestione dei rifiuti, affiancati dai motivi della richiesta. In base ad una deliberazione del locale consiglio comunale, la predetta sostituzione può avvenire per “le utenze domestiche connesse a nuclei familiari ove sussiste la condizione di indigenza o sono presenti portatori di handicap”. La questione involge i diritti dei soggetti portatori di handicap che, sebbene non menzionati con le relative generalità, potrebbero essere indirettamente identificati.
Un recente caso in fase di preliminare approfondimento attiene alla richiesta di collaborazione pervenuta da parte della Procura della Repubblica di Roma in relazione ad accertamenti avviati per controllare la liceità dei trattamenti di dati personali relativi alle contestazioni delle sanzioni previste dal Codice della strada effettuate da ausiliari del traffico. La vicenda riguarda in particolare profili connessi alla verifica dei presupposti richiesti dalla legge in relazione a comunicazioni di dati personali eventualmente intercorse tra un ente locale e la società di cui l’ente si avvale per la gestione del servizio.
Nel corso del 2004 è proseguita intensamente l’atti-vità di collaborazione richiesta al Garante in relazione alle modalità di svolgimento del censimento etni-co-linguistico nella Provincia di Bolzano. In seguito ad ampi approfondimenti, anche in collaborazione con le istituzioni europee, nazionali e locali, l’Autorità ha ribadito al Governo le considerazioni, già contenute nei due provvedimenti del 2001, in merito al contrasto tra alcuni profili della disciplina sulla “proporzionale etnica” e la normativa in materia di protezione dei dati personali sopravvenuta sul piano internazionale comunitario e nazionale. In particolare, è stata evidenziata la necessità di separare dalle operazioni di censimento decennale della popolazione le dichiarazioni individuali nominative di appartenenza o aggregazione linguistica e l’esigenza che le medesime dichiarazioni divengano facoltative, da esercitarsi una tantum solo dalle persone interessate ad usufruire dei previsti benefici, senza la necessità di periodici rinnovi. La conservazione di tali dichiarazioni deve avvenire presso un organo pubblico, escludendo la raccolta intermedia presso gli enti locali e, soprattutto, la creazione di banche dati centralizzate. Pur volendo legittimamente prevenire elusioni o utilizzi strumentali, la normativa deve prevedere che, trascorso un adeguato lasso temporale, comunque inferiore all’attuale decennio, l’interessa-to possa modificare la dichiarazione, semmai con effetti che si producono decorso un congruo periodo di tempo (Nota 2 luglio 2004). Dopo un ampio e serrato confronto, le istituzioni coinvolte hanno siglato un accordo sulle modifiche da apportare alla normativa provinciale, sottoposto nei giorni scorsi al parere del Garante, il quale valuterà prontamente se - come ipotizzato - sono state recepite diverse sue indicazioni, tenendo peraltro conto di alcuni rilievi critici di recente formulati in una nuova segnalazione inviata da parte di associazioni locali.

2.11. Attività giudiziaria e informatica giuridica
Il Ministero della giustizia ha chiesto all’Autorità un parere in merito allo schema di decreto ministeriale (successivamente approvato con il D.M. 14 ottobre 2004) finalizzato a rendere pienamente operativo il processo civile telematico. Il decreto prevede che, tramite un complesso sistema informatico (SICI-Sistema informativo civile), magistrati, avvocati, parti e personale giudiziario, collegati in rete, possano intervenire direttamente nel processo, trasmettendo comunicazioni, notifiche, atti sottoscritti con firma digitale e consultando lo stato del procedimento, senza recarsi necessariamente in tribunale. Nel parere adottato il 23 luglio 2004, l’Autorità, richiedendo maggiori garanzie per i cittadini, ha tra le altre cose invitato il Ministero ad effettuare una rigorosa individuazione dei soggetti abilitati all’ac-cesso al sistema sulla base delle rispettive specifiche competenze. In considerazione della delicatezza della tematica e della complessità del sistema informativo, l’Autorità ha poi sottolineato l’esigenza che i dati e le informazioni trattati dai soggetti pubblici coinvolti nel funzionamento del sistema debbano essere usati solo per le finalità legate allo svolgimento del processo civile on-line e in base alle rispettive funzioni e competenze. Il Garante ha inoltre richiesto un rafforzamento delle misure di sicurezza e l’individuazione di specifici e congrui termini di conservazione dei dati in ragione del tempo necessario a raggiungere gli scopi per i quali essi sono stati raccolti. Il decreto (pubblicato in G.U. n. 272 del 19 novembre 2004) ha tuttavia recepito solo in minima parte le indicazioni fornite dal Garante.
Precise garanzie per gli interessati sono state indicate in un progetto avviato da una camera di commercio, un tribunale ed un consiglio dell’ordine degli avvocati nell’ambito dello sviluppo di metodi alternativi di risoluzione delle controversie. Pur essendo il progetto basato sull’adesione libera e volontaria degli interessati, l’Autorità ha individuato alcune prescrizioni da rispettare nella definizione dei moduli operativi. In particolare, i dati personali contenuti nei fascicoli del tribunale non devono essere accessibili ai rappresentanti della camera di commercio e dell’ordine; le parti delle controversie interessate dal tentativo di conciliazione stragiudiziale devono essere preventivamente informate in sede giudiziaria che verranno contattate dagli addetti dello sportello della camera di commercio. L’informativa dovrà essere specifica, con particolare riferimento alle modalità di trattamento ed al periodo di eventuale temporanea conservazione dei dati presso la camera di commercio, anche in caso di insuccesso del tentativo di conciliazione.
È in corso un tavolo di lavoro con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia nell’ambito dei lavori della Commissione di studio “Mediazione penale e giustizia riparativa”. Il Ministero ha infatti avviato un progetto finalizzato all’adozione di modelli di giustizia riparativa nell’ambito dell’esecuzione penale, in particolare con la sperimentazione di percorsi di mediazione penale tra reo e vittima. Le modalità di attuazione di tale progetto sono al vaglio del Garante nella parte in cui coinvolgono profili che attengono alla tutela della riservatezza, soprattutto per quanto riguarda le esigenze di tutela della vittima del reato.
Come in passato, il Garante ha più volte ribadito che la normativa in materia di protezione dei dati personali non ha modificato il regime di pubblicità delle sentenze, le quali devono essere redatte secondo le regole ordinarie. Solamente in caso di riproduzione per attività di informazione giuridica il giudice, d’ufficio o su richiesta di parte per motivi legittimi, può disporre l’apposizione sul provvedimento di un’annotazione volta a precludere l’indica-zione, nella versione pubblicata, delle generalità e di altri dati identificativi degli interessati. A prescindere dall’annotazione, le generalità e i dati identificativi devono essere comunque omessi nelle decisioni in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone o che coinvolgono minori (artt. 51 e 52 del Codice). Una distinta questione è stata invece posta all’at-tenzione del Garante da un ricorso avverso l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, relativamente alla conoscibilità in rete mediante motori di ricerca dei provvedimenti che tale amministrazione deve pubblicare sul proprio bollettino, “riprodotto” anche sul sito web istituzionale.
Infine, rispondendo ad alcuni quesiti e segnalazioni relativamente a particolari modalità di acquisizione di mezzi di prova nell’ambito di procedimenti giudiziari, il Garante ha ribadito che resta ferma la competenza del giudice per ogni valutazione circa l’am-missibilità e la rilevanza delle prove; il Codice, infatti, afferma chiaramente che la validità, l’efficacia e l’utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizione di legge
o di regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale (art. 160, comma 6).

6 Attività di polizia

6.1. Il controllo sul Centro elaborazione dati delDipartimento di p.s.
Anche nel 2004 l’Autorità ha ricevuto alcune segnalazioni, talvolta presentate direttamente al Garante
o adesso a seguito di istanze di accesso rivolte al Dipartimento della pubblica sicurezza, con le quali gli interessati hanno fatto presente la registrazione nel Centro elaborazioni dati (C.e.d.) di dati inesatti, incompleti ovvero non aggiornati, per lo più in riferimento a provvedimenti giudiziari o amministrativi adottati e non registrati (art. 10, legge 1° aprile 1981, n. 121, modificato dall’art. 42, l. n. 675/1996 e, da ultimo, dall’art. 175, comma 3, del Codice). In più occasioni l’Autorità ha sottolineato che anche i trattamenti effettuati da organi o uffici di polizia concernenti dati memorizzati nel predetto C.e.d. ovvero trattati per finalità di prevenzione, accertamento o repressione dei reati devono essere effettuati nel rispetto dei principi di liceità, pertinenza e non eccedenza. L’Autorità ha richiamato l’attenzione degli uffici sulla necessità di verificare con cadenza periodica la rispondenza dei dati trattati a tali principi, apportandovi le modifiche richieste e necessarie o cancellando i dati detenuti, specie in ragione degli esiti processuali a volte documentati dagli stessi interessati. Dal 1° gennaio 2004, con l’entrata in vigore del Codice, tali indicazioni hanno trovato ulteriore rafforzamento, in linea con quelle fornite dal Garante.
Il Codice ha previsto che il C.e.d. del Dipartimento della pubblica sicurezza debba assicurare, in misura più incisiva rispetto al passato, l’aggiornamento periodico e la pertinenza e non eccedenza dei dati trattati anche attraverso interrogazioni di altre banche dati, come il casellario giudiziale e quello dei carichi pendenti del Ministero della giustizia, al fine di garantire il costante “allineamento” delle informazioni registrate nel C.e.d. con quelle conservate in altri archivi (art. 54, comma 3, del Codice). L’obbligo di verificare periodicamente il rispetto dei principi descritti nell’art. 11 del Codice è previsto anche per i singoli organi e uffici di polizia, i quali potranno avvalersi delle risultanze del C.e.d. e dovranno, in caso di trattamenti di dati effettuati con mezzi diversi da quelli elettronici, annotare o integrare i documenti cartacei che li contengono (art. 54, comma 4, del Codice). L’importanza attribuita dal Codice a tali garanzie è testimoniata dalla previsione di un regolamento governativo che dovrà sviluppare l’applicazione dei descritti principi ai trattamenti effettuati per finalità di polizia, prevedendo, fra l’altro, più precisi termini di conservazione dei dati e specifiche modalità di aggiornamento periodico e di verifica della pertinenza dei dati stessi rispetto alla finalità perseguita (art. 57 del Codice). In considerazione della particolare importanza che assume la corretta applicazione dei principi di protezione dei dati personali in tale settore, l’Autorità intende fornire in materia altre utili indicazioni al Governo, anche in occasione del rilascio del parere sullo schema di regolamento che dovrà essere richiesto al Garante ai sensi dell’art. 154, comma 4 del Codice.
Il Codice ha ulteriormente valorizzato le garanzie per l’interessato in materia di accesso ai dati personali che lo riguardano, in riferimento alla circostanza che la disciplina vigente per l’accesso ai dati conservati nel C.e.d. si applica anche ai dati comunque trattati da organi o uffici di polizia con l’ausilio di strumenti elettronici, nonché a quelli - già espressamente considerati in passato - destinati a confluire nel C.e.d. medesimo (art. 10, commi 3, 4 e 5, l. n. 121/1981 e art. 56 del Codice). A fronte dell’accresciuto quadro di garanzie, il Garante, nell’esaminare alcune segnalazioni pervenute, ha non di rado constatato l’inadeguatezza del riscontro fornito dal competente ufficio della pubblica sicurezza alle richieste di accesso, di rettifica o di cancellazione dei dati registrati nel C.e.d. presentate dall’interessato. In alcuni casi, infatti, contrariamente a quanto chiaramente previsto dallo stesso art. 10 della l. n. 121/1981, l’ufficio competente non ha fornito all’in-teressato la “comunicazione in forma intellegibile” dei dati registrati nel C.e.d.; in altri, la richiesta di modifica o di cancellazione dei dati, benché supportata da documentati esiti processuali, è stata riscontrata con la sola, generica comunicazione che la posizione dell’interessato nella banca di dati risultava aggiornata o che erano state apportate le richieste modifiche ai dati. L’Autorità intende avviare un ciclo generale di accertamenti e verifiche presso gli archivi del C.e.d. tenendo conto del numero ingente di casi per i quali il riscontro fornito dal Dipartimento non è risultato soddisfacente, al fine di verificare l’effettiva corrispondenza delle operazioni compiute dal Dipartimento della pubblica sicurezza alle richieste di rettifica o di cancellazione dei dati presentate dagli interessati e, più in generale, affinché i trattamenti effettuati nell’ambito del C.e.d. si svolgano nel tempestivo e sostanziale rispetto delle garanzie previste dal Codice.
Sempre nel quadro delle più ampie garanzie previste dal Codice, deve essere prestata particolare attenzione a taluni trattamenti effettuati per finalità di polizia che presentano maggiori rischi per l’inte-ressato in quanto riferiti a dati genetici, biometrici o effettuati mediante tecniche basate su dati relativi all’ubicazione. Per tali trattamenti l’Autorità intende prescrivere, anche su comunicazione degli organi interessati, particolari misure ed accorgimenti a garanzia del-l’interessato (artt. 55 e 17, del Codice) ed ha già segnalato la necessità di individuare tali misure in relazione alla raccolta dei rilievi dattiloscopici effettuata in occasione del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno agli stranieri e all’eventuale inserimento dei dati biometrici nel documento di soggiorno elettronico.

6.2. Controllo sui trattamenti effettuati dai servizi diinformazione e di sicurezza
Il Garante ha svolto anche nel periodo di riferimento l’attività di verifica su specifici trattamenti di dati personali effettuati presso gli organismi competenti in materia di informazioni e di sicurezza (SISMI, SISDE e CESIS), disciplinati ora dall’art. 58 del Codice. Questa disposizione, oltre a specificare quali regole del Codice sono applicabili a tali trattamenti, stabilisce che, con decreto del Presidente del Consiglio, si provveda ad individuare le misure minime di sicurezza e le modalità di applicazione a tali trattamenti delle pertinenti disposizioni del Codice. La previsione di tali decreti assume particolare importanza per assicurare, anche in sintonia con orientamenti giurisprudenziali internazionali in materia di tutela dei diritti dell’uomo, trasparenza ai trattamenti effettuati per tali finalità, in relazione ai tipi di operazioni e di dati trattati, l’aggiornamento e la corretta conservazione dei dati medesimi. L’Autorità si accinge quindi a prestare la propria collaborazione a partire dai profili relativi alle misure di sicurezza. Il Garante ha effettuato gli accertamenti rispetto alle segnalazioni presentate dai soggetti interessati, in conformità a quanto previsto dal Codice (art. 160) e con le modalità già osservate nel corso dei precedenti anni. I controlli, che hanno fatto seguito a quelli effettuati nel marzo 2003, sono stati concentrati nel quinto gruppo di verifiche effettuate dal Garante a decorrere dalla sua istituzione (per un totale di circa 40 persone che hanno chiesto accertamenti) e si sono svolti con la piena collaborazione dei predetti organismi, permettendo di fornire un riscontro dell’attivi-tà svolta agli interessati nei particolari termini previsti dal Codice all’esito degli accertamenti.

6.3. Il controllo sul Sistema di informazioneSchengen
Il Codice ha introdotto importanti modifiche alle modalità di esercizio del diritto di accesso al Sistema di informazione Schengen (SIS) e degli altri diritti connessi (rettifica, integrazione o cancellazione), che possono ora essere esercitati direttamente nei confronti dell’autorità di polizia (c.d. accesso “diretto”) e non più solo “per il tramite” del Garante (c.d. accesso “indiretto”).
Come riportato più diffusamente nella Relazione 2003, il Codice ha stabilito (in linea con le scelte effettuate da gran parte dei paesi di “area Schengen”) che l’interessato può rivolgersi in Italia direttamente all’autorità che ha la competenza centrale per la sezione nazionale del Sis, ossia il Dipartimento della pubblica sicurezza, fermo restando il diritto di proporre una segnalazione o un reclamo al Garante in caso di mancata o incompleta risposta. In vista dell’entrata in vigore della nuova normativa il Garante, sulla base dell’esperienza, ha suggerito al Ministero dell’interno e all’Ufficio visti del Ministero degli affari esteri accorgimenti idonei ad assicurare ai richiedenti l’accesso un riscontro completo e tempestivo, anche attraverso il ricorso a moduli prestampati. A seguito delle indicazioni fornite dall’Autorità, il Dipartimento della pubblica sicurezza ha designato la Divisione N-SIS dell’Ufficio coordinamento e pianificazione delle forze di polizia quale ufficio preposto a ricevere le richieste di accesso, mentre il Ministero degli affari esteri ha comunicato alle ambasciate e alle cancellerie le necessarie misure operative, riformulando l’infor-mativa da inserire sui provvedimenti di diniego di visto in modo da orientare più correttamente l’eser-cizio del diritto di verifica delle segnalazioni. Il Garante ha reso nota al pubblico la nuova procedura (anche mediante Newsletter) pubblicando sul proprio sito web, in italiano e in inglese, una breve informativa con alcune indicazioni volte ad agevolare l’inoltro delle richieste di verifica, consultabile nella home-page del sito dell’Autorità; ad essa ha fatto riferimento anche il Ministero degli affari esteri nell’ambito delle diretti-ve impartite agli uffici consolari. Delle novità introdotte dal Codice l’Autorità ha poi informato le autorità nazionali di controllo sulla protezione dei dati, con le quali è stata instaurata una significativa collaborazione nell’ambito della procedura di coordinamento prevista dall’art. 114 della Convenzione di Schengen al fine di definire le indicazioni che tali autorità possono fornire agli interessati che richiedano assistenza per l’inoltro di richieste di accesso al SIS. In proposito, l’Autorità ha registrato la fattiva collaborazione della Divisione N-SIS del Dipartimento della pubblica sicurezza nell’applicazione della nuova normativa. Su specifica indicazione fornita dall’Autorità, la Divisione N-SIS informa per conoscenza il Garante su ogni richiesta di accesso ricevuta e sul relativo riscontro fornito, in modo da consentire all’Autorità un efficace monitoraggio e controllo di tutte le richieste di accesso presentate. Quest’ultima, a sua volta, trasmette al predetto ufficio le richieste di semplice verifica dei dati che continuano a pervenire assai numerose probabilmente a causa di una ancora incompleta conoscenza (specie in paesi terzi) delle nuove modalità di accesso “diretto” introdotte dal Codice (dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2004 risultano pervenute al Garante circa 300 richieste). Si tratta in gran parte di domande presentate a seguito di diniego del rilascio di visti, per lo più in conseguenza di segnalazioni dovute alla non ammissione nei Paesi Schengen di persone nei cui confronti sono stati emessi provvedimenti amministrativi sfavorevoli in materia di ingresso e soggiorno (espulsione, respingimento alla frontiera). In altri casi si tratta di asserite usurpazioni d’identità o di omonimie in relazione alle quali è stata ulteriormente rafforzata la collaborazione con il Centro visti del Ministero degli affari esteri e con la Direzione centrale per l’immigrazione e la polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza.
Nei mesi di settembre e ottobre, l’Italia è stata oggetto della visita di valutazione da parte di gruppi di esperti del Consiglio dell’Unione europea. Il Consiglio ha infatti costituito da alcuni anni un gruppo per la valutazione Schengen che sta procedendo ad un esame, paese per paese, del funzionamento di tutti gli elementi che compongono il sistema: visti, frontiere esterne, SIS e SIRENE. Una delle visite era espressamente dedicata alla verifica del rispetto delle norme italiane in materia di protezione dei dati personali; in particolare, ha riguardato le modalità di inserimento dei dati nel SIS nazionale, quelle di accesso ai dati contenuti nel sistema, le misure di protezione da accessi indesiderati e le misure di sicurezza dei sistemi e delle reti. Attenzione è stata anche dedicata all’incontro con il Garante nella sua qualità di autorità nazionale di controllo sul SIS; dopo la presentazione svolta dal segretario generale dell’Autorità, sono state soddisfatte diverse domande tese a verificare il grado di effettiva indipendenza dell’Autorità (come, ad esempio, in merito a: disponibilità di una sede idonea, adeguatezza delle risorse finanziarie, possibilità di scelta del proprio personale e numero di persone in servizio) e le modalità di esercizio del suo ruolo di controllo sulla correttezza dei trattamenti. Il rapporto redatto dagli esperti al termine della visita esprime una valutazione positiva pur contenendo alcuni inviti agli uffici di polizia che gestiscono il sistema informativo a migliorare la protezione dei dati da accessi non autorizzati e a controllare, in particolare, i dati inseriti dall’Italia nel SIS, numericamente superiori a quelli di qualsiasi altro paese Schengen, verificando la necessità del loro mantenimento nel sistema. Su questo aspetto il Garante sta eseguendo un dettagliato lavoro di verifica concordato con l’Autorità comune di controllo Schengen.

6.4. Altri casi di intervento del Garante in relazione a diverse attività svolte dalle forze di polizia
L’Autorità è nuovamente intervenuta in merito alla diffusione da parte di organi di polizia di immagini e, specialmente, di foto segnaletiche di persone coinvolte in attività di polizia (in particolare con riferimento ad una vicenda giudiziaria che ha coinvolto anche alcuni personaggi del mondo dello spettacolo). Il Garante ha sottolineato - in linea con quanto già avvenuto in precedenti occasioni - che la diffusione di immagini di persone coinvolte in indagini o altri accertamenti è consentita agli organi di polizia solo per finalità di giustizia o di polizia e comunque nel rispetto della dignità della persona arrestata o altrimenti detenuta (cfr. art. 97, legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d’autore e art. 42-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354). A seguito dell’intervento del Garante, le amministrazioni interessate hanno nuovamente richiamato il personale di polizia al rispetto della normativa vigente e delle cautele indicate dall’Autorità. L’orientamento dell’Autorità ha trovato da ultimo conferma in una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo. Trasmettere agli organi di stampa fotografie di una persona accusata in un procedimento penale costituisce infatti una violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il principio è stato affermato in una recente sentenza della Corte europea (50774/99, 11 gennaio 2005) originata dal ricorso di un’insegnante italiana fermata e posta agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere, evasione fiscale e falso in bilancio - la cui fotografia, scattata durante le indagini, era stata diffusa nel corso di una conferenza stampa delle forze dell’ordine e quindi pubblicata su diverse edizioni di due quotidiani locali. I giudici hanno messo in evidenza che, rispetto ad altri casi oggetto di precedenti pronunce della Corte (cfr. von Hannover/Germania, 59320/00, 24 giugno 2004), la fattispecie in esame presentava alcune peculiarità: essa, in primo luogo, non riguardava un personaggio pubblico; inoltre, la foto pubblicata proveniente dal fascicolo d’inchiesta era stata fornita ai giornali da agenti della Guardia di finanza. Il fatto che nel caso di specie la ricorrente non fosse un personaggio pubblico giustifica - secondo la Corte - una contrazione della legittima “zona di interazione tra l’individuo e i terzi” (più ampia, evidentemente, nel caso di persone note) che non può espandersi in ragione del coinvolgimento della donna in un procedimento penale. I giudici, inoltre, ravvisando l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 329 c.p.p. (obbligo del segreto per gli atti d’indagine), non hanno riscontrato la presenza di previsioni normative nell’ordinamento italiano che nella fattispecie in esame giustificassero, ai sensi del secondo comma dell’art. 8 della Convenzione, l’inge-renza nella vita privata della ricorrente.
Nell’ambito dei trattamenti svolti per finalità di polizia, il Ministero dell’interno ha sottoposto all’esame dell’Autorità la realizzazione di un sistema automatizzato di supporto alle decisioni per garantire trasparenza e sicurezza degli appalti nel Mezzogiorno che comporta l’acquisizione di dati da numerose altre pubbliche amministrazioni. Il Garante ha proposto l’avvio di un tavolo di lavoro finalizzato all’in-dividuazione di una soluzione idonea a realizzare tale iniziativa nel pieno rispetto delle garanzie previste dal Codice (Nota 4 ottobre 2004). L’Autorità ha altresì avviato specifici accertamenti in merito ad un progetto finanziato dall’Unione europea volto alla prevenzione ed alla repressione da parte delle forze di polizia del traffico di stupefacenti tra alcuni porti dell’Adriatico attraverso l’utilizzo di tecnologie informatiche di ultima generazione.
Il Ministero dell’interno e la Questura di Genova hanno chiesto al Garante se i dati contenuti nelle comunicazioni di cessione di fabbricati di cui al decreto legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, delle quali il sindaco è destinatario ai sensi dell’art. 15, comma 2, della l. n. 121/1981, potessero essere utilizzati dal comune per lo svolgimento di controlli di natura fiscale e tributaria. L’Autorità ha chiarito che la disciplina da ultimo menzionata consente l’utilizzo delle informazioni contenute nel C.e.d. del Dipartimento di pubblica sicurezza esclusivamente per finalità di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità e ne vieta la circolazione all’interno della pubblica amministrazione (Nota 5 ottobre 2004).
L’Autorità è stata contattata dal Ministero dell’inter-no per approfondire le modalità di attuazione della normativa in materia protezione dei dati personali nell’ambito delle prefetture, con particolare riferimento ai trattamenti non finalizzati alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico ovvero alla prevenzione, accertamento e repressione dei reati e, quindi, soggetti all’integrale applicazione del Codice.
Alcuni quesiti riguardano ancora le richieste delle autorità di pubblica sicurezza e delle forze di polizia volte ad acquisire informazioni e documenti riguardanti cittadini detenuti dagli uffici comunali. In proposito è stato in più occasioni ricordato che, fermo restando il divieto per le persone estranee all’ufficio di anagrafe di accedere all’ufficio stesso e, quindi, di procedere alla consultazione diretta degli atti anagrafici, le persone appositamente incaricate dall’autorità giudiziaria e gli appartenenti alle forze dell’ordine ed al Corpo della Guardia di finanza possono legittimamente consultare tali informazioni. In tal caso, tuttavia, i nominativi delle persone autorizzate ad effettuare la consultazione diretta degli atti anagrafici devono figurare in apposite richieste dell’ufficio o del comando di appartenenza, da esibire all’ufficiale di anagrafe unitamente ad un documento di riconoscimento (art. 37, d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223). Inoltre, il Codice prevede che, in conformità alla legge ed ai regolamenti, tale acquisizione possa altresì essere realizzata per via telematica attraverso convenzioni, anche con schemi tipo adottati dal Ministero dell’interno su conforme parere del Garante, a condizione che le modalità di collegamento previste assicurino un accesso selettivo ai soli dati necessari al perseguimento delle finalità di sicurezza ed ordine pubblico, nonché di prevenzione, accertamento e repressione dei reati (artt. 3, 11 e 54, del Codice).
Prosegue, infine, l’attività di verifica dell’Autorità sui protocolli di intesa sottoscritti tra le regioni, le Asl e la Guardia di finanza ai fini del coordinamento dei controlli e dello scambio di informazioni in materia di spesa sanitaria che presentano diversi elementi critici sul piano della proporzionalità e liceità delle modalità di trattamento previste.