Ten. Gen. Filiberto Cecchi

Esprimo innanzitutto il mio sentito ringraziamento al comandante generale dell’Arma dei carabinieri ed al comandante della Scuola Ufficiali dei Carabinieri per avermi invitato a questo seminario, offrendomi la possibilità di dibattere un argomento di grande interesse in un consesso tanto numeroso e qualificato. Certamente, non è facile aggiungere qualcosa a quanto già detto dagli autorevoli relatori che mi hanno preceduto, tra i quali alcuni comandanti di teatro operativo che, avendo alle dirette dipendenze reparti MSU, hanno potuto verificarne l’efficacia sul terreno. Non mi resta quindi che cercare di completare il quadro, peraltro estremamente lusinghiero, tracciato nelle precedenti esposizioni, proponendo alcune considerazioni che derivano dalle mie personali esperienze vissute nella veste di vice comandante di KFOR nel 2001 e in quella, ormai biennale, di comandante operativo di vertice interforze.

Non v’è dubbio, ed è stato già ricordato, che l’Arma dei Carabinieri, per il proprio “status” giuridico bivalente e per i precipui compiti istituzionali affidatigli, possiede caratteristiche assolutamente peculiari e sotto certi aspetti esclusive che ne fanno una componente pregiata dello strumento militare. Tali peculiarità e tali caratteristiche dell’Arma, sintetizzabili nelle due anime, militare e di polizia, sono state armonicamente fuse nelle formazioni MSU, che si sono imposte quali strumenti altamente apprezzati a livello internazionale per la loro valenza e la loro flessibilità nelle operazioni di supporto della pace (PSO) o di gestione delle crisi (CRO), soprattutto quale elemento di raccordo tra le operazioni militari vere e proprie e le attività di sostegno alle comunità locali e di ricostruzione del tessuto civile nelle aree di crisi. La stessa struttura ordinativa dei reggimenti MSU, basata sulle due componenti operativa e di manovra, si presta ad una gamma assai vasta e variegata di compiti che vanno da quelli tipici dell’ordine e della sicurezza pubblica a quelli investigativi e d’intervento nei confronti del terrorismo e della criminalità, a quelli di assistenza alle Forze di polizia locale.

Il tutto, in ambienti caratterizzati da elevati indici di instabilità e di rischio e nell’ambito di operazioni militari complesse, quasi sempre svolte nei contesti interforze e multinazionale. In particolare, la straordinaria professionalità e la secolare esperienza maturata dai carabinieri nel settore dell’ordine pubblico ne fanno una componente pregiata nelle mani del comandante per fronteggiare situazioni di turbativa dell’ordine pubblico dovute a sollevazioni popolari o dimostrazioni di massa, anche violente, tutt’altro che infrequenti nelle aree di crisi. In questi casi, l’esperienza ha mostrato che l’intervento, a volte la sola presenza, di unità MSU, molto più che lo schieramento massiccio di reparti militari, ha contribuito a disinnescare in modo incruento situazioni di tensione potenzialmente esplosive. D’altra parte, l’attività investigativa rivolta al mondo della criminalità ed alle organizzazioni terroristiche è profondamente radicata nella struttura stessa dell’Arma che si avvale per l’assolvimento della specifica missione di risorse umane e materiali di primissimo ordine e di uno specifico sistema infoinvestigativo, strettamente collegato con analoghi organismi nazionali ed internazionali. È questa una attività di straordinaria importanza che, trasferita nel teatro operativo, rappresenta un contributo determinante alla sicurezza ed alla stabilità dell’area di crisi.

Altro settore nel quale i reparti MSU sono in grado di esprimere un prodotto di eccellenza è quello del sostegno alle forze di polizia locale, attraverso una triade di interventi di “training”, “monitoring” e “mentoring” intesi non solo a formare, addestrare ed equipaggiare i nuovi agenti reclutati, ma anche a sostenerli nel corso delle operazioni ed a renderli affidabili e credibili agli occhi della gente comune, quali futuri protagonisti della crescita sociale e civile del proprio paese. Non c’è dunque da meravigliarsi se la creazione e la messa in campo delle Multinational Specialized Units da parte dell’Italia è stata accolta con entusiasmo a livello internazionale e se i comandanti dei teatri operativi considerano queste unità un supporto prezioso alla loro azione di comando, in grado di coprire quell’“area grigia”, molto delicata e talvolta indefinita, di raccordo tra le attività operative classiche e le iniziative di sostegno e di controllo dell’ordine sociale e civile, che sono parte integrante di qualsiasi missione di peace support. Ciò detto, è bene tuttavia evidenziare che l’inserimento e l’impiego di unità MSU nell’ambito di contingenti interforze e multinazionali non è privo di difficoltà e richiede l’adozione di accorgimenti e predisposizioni, resi necessari dalla specificità e dalle caratteristiche proprie delle diverse componenti in gioco.

Si tratta di provvedimenti suggeriti dalla ormai pluriennale esperienza di missioni “fuori area”, di cui i pianificatori militari e gli stessi comandanti debbono tenere debito conto, pena un impiego non ottimale, se non addirittura improprio, di tale pregiata risorsa. Innanzitutto, occorre garantire la conoscenza, da parte dei comandanti militari che esercitano l’autorità del controllo operativo, delle capacità delle possibilità e dei limiti di tali organismi. Non è un fatto scontato, dal momento che il “controllore operativo” è in genere un ufficiale di altra Forza armata, non sempre in possesso di cognizioni ed esperienze che gli consentono l’oculata gestione delle unità MSU. Di contro, gli ufficiali dei carabinieri destinati ad assumere la guida di una MSU in operazioni devono essere perfettamente consapevoli delle missioni, dei compiti, dei criteri d’impiego e dei procedimenti tattici propri delle unità nazionali e straniere con le quali sono chiamati ad operare. Tale esigenza di “reciprocal understanding” va soddisfatta, ovviamente, attraverso lo scambio di informazioni, l’addestramento congiunto e l’organizzazione di esercitazioni “joint” e “combined”, ma anche iniziative come questo seminario possono risultare molto utili allo scopo.

È inoltre imperativo assicurare l’interoperabilità, se non l’integrazione, dei sistemi di comunicazione e di comando e controllo delle unità MSU con quelli dei comandi militari superiori e collaterali e delle Forze di polizia locali e internazionali presenti in zona, tenendo conto che anche il sistema infoinvestigativo dei carabinieri deve poter interagire, con criterio di mutuo scambio, con l’architettura dell’“intelligence” operativa realizzata dai comandi militari in teatro, dal momento che criminalità, organizzazioni terroristiche, gruppi armati e formazioni regolari nemiche costituiscono parti di un unico quadro della minaccia alla sicurezza ed alla stabilità dell’area di crisi. Si tratta, dunque, di realizzare un unico sistema integrato, alle dirette dipendenze del comandante operativo in teatro, nel quale le task forces terrestri e l’MSU agiscono in stretto coordinamento. Particolare cura deve essere dedicata alla definizione della “task organization” del reparto MSU che deve essere oculatamente calibrata sulla base della missione da compiere, della tipologia del teatro operativo, dell’andamento del processo di stabilizazione dell’area di crisi.

Dunque, non una struttura rigida, ma flessibile, pronta ad adattarsi, anche missione durante, all’evolvere della situazione sul terreno, mediante il sapiente dosaggio delle componenti operativa e di manovra e delle singole cellule costitutive. Una struttura, infine, pronta a ricevere, sia nello staff del comando, sia nei reparti d'impiego, personale di altri paesi alleati ed amici, per assumere piena fisionomia multinazionale. Per concludere, uno sguardo all’organizzazione di comando e controllo. È innegabile che per assolvere al meglio la propria funzione, l’unità MSU deve poter disporre della sufficiente libertà d’azione e di manovra, che le consenta di estendere quanto più possibile la presenza dei suoi “sensori” sul territorio, di ampliare la sua rete di intelligence investigativa anche oltre i limiti del settore di responsabilità e di mantenere un contatto costante e diffuso con le popolazioni e le istituzioni locali. Essa opera pertanto accentrata, anche in virtù della sua alta specializzazione che ne fa risorsa limitata e preziosa, alle dirette dipendenze del comandante interforze multinazionale o nazionale cui è affidata una ben definita area di responsabilità, ma non è raro che, per particolari missioni e su espressa delega nazionale, essa possa essere impiegata, unitariamente o per aliquote, anche a livello superiore.

Si è di recente aperto un dibattito nell’ambito della Nato e dell’Unione Europea circa l’opportunità di porre le unità MSU alle dirette dipendenze dell’autorità civile che rappresenta la comunità internazionale nella regione interessata alla crisi. Non intendo in questa circostanza, anche per mancanza di tempo, approfondire l’argomento. Desidero solo evidenziare che tale ipotesi configura un impiego, peraltro previsto dall’unione europea nell’ambito delle IPU (Integrated Police Units), in situazioni di avanzata stabilizzazione dell’area di crisi, dove la presenza militare assolve un ruolo di pura deterrenza e le unità dei carabinieri rientrano nel novero degli assetti di polizia multinazionale all’uopo costituita. Ma in questo caso dubito si possa continuare a parlare di MSU, almeno nella accezione ormai nota e consolidata, attribuita al termine dai pianificatori militari. Concludo questo mio breve intervento, consapevole di aver appena sfiorato alcuni importanti aspetti relativi all’impiego delle unità MSU, che rappresentano un vero valore aggiunto che integra ed esalta le capacità delle Forze armate italiane nel loro intenso ed oneroso impegno nei più diversificati e critici teatri operativi a favore della pace, della stabilità e della sicurezza internazionale.


(*) - Tenente Generale, Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze.