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Gazzetta Ufficiale


LEGGE 11 GIUGNO 2004, N.145

MODIFICHE AL CODICE PENALE E ALLE RELATIVE DISPOSIZIONI DI COORDINAMENTO E TRANSITORIE IN MATERIA DI SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA E DI TERMINI PER LA RIABILITAZIONE DEL CONDANNATO

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 136 del 12 giugno 2004)

Art. 1.

1. All’articolo 163 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: “…” (Si riporta il testo dell’art. 163 del codice penale, come modificato dalla legge: “Art. 163 (Sospensione condizionale della pena). Nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all’arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione.

In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia superiore a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa. Se il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a tre anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia superiore a tre anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.

Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei mesi. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni e sei mesi, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell’articolo 135, sia superiore a due anni e sei mesi, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.

Qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno, prima che sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, nonché qualora il colpevole, entro lo stesso termine e fuori del caso previsto nel quarto comma dell’articolo 56, si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena, determinata nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola a norma dell’articolo 135, rimanga sospesa per il termine di un anno”.)

Art. 2.

1. All’articolo 165 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: “…” (Si riporta il testo dell’ art. 165 del codice penale, come modificato dalla legge: “Art. 165 (Obblighi del condannato).La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente. La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell’articolo 163. Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti”.)

Art. 3.

1. All’articolo 179 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: “…” (Si riporta il testo dell’art. 179 del codice penale, come modificato dalla legge: “Art. 179 (Condizioni per la riabilitazione). La riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Il termine è di almeno otto anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99. Il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali professionali o per tendenza e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l’ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell’articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo. La riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato: 1. sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato, ovvero di confisca, e il provvedimento non sia stato revocato; 2. non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle”.)

Art. 4.

1. All’articolo 180 del codice penale le parole: “cinque anni” sono sostituite dalle seguenti: “sette anni” e le parole: “tre anni” sono sostituite dalle seguenti: “due anni”. (Si riporta il testo dell’art. 180 del codice penale, come modificato dalla legge: “Art. 180 (Revoca della sentenza di riabilitazione). La sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona riabilitata commette entro sette anni un delitto non colposo, per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni od un’altra pena più grave.”)

Art. 5.

1. Dopo l’articolo 18 delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale è inserito il seguente: “Art. 18-bis. Nei casi di cui all’articolo 165 del codice penale il giudice dispone che il condannato svolga attività non retribuita a favore della collettività osservando, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 44, 54, commi 2, 3, 4 e 6, e 59 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274”.



DECRETO MINISTERIALE 23 APRILE 2004, N.161

REGOLAMENTO MINISTERIALE CONCERNENTE LE SPECIALI MISURE DI PROTEZIONE PREVISTE PER I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA E I TESTIMONI, AI SENSI DELL’ARTICOLO 17-BIS DEL DECRETO-LEGGE 15 GENNAIO 1991, N. 8, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE 15 MARZO 1991, N. 82, INTRODOTTO DALL’ARTICOLO 19 DELLA LEGGE 13 FEBBRAIO 2001, N. 45

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 147 del 25 giugno 2004)

Art. 1. Tipologie delle misure di protezione

1. Il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 (d’ora in avanti, ai fini del presente decreto, legge 15 marzo 1991, n. 82) come modificato dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45, prevede le seguenti misure di protezione: a) piano provvisorio di protezione, ai sensi dell’articolo 13, comma 1; b) speciali misure di protezione, ai sensi dell’articolo 13, comma 4; c) speciali misure di protezione applicate mediante la definizione di un programma speciale di protezione, ai sensi dell’articolo 13, comma 5. 2. Le misure di protezione di cui al comma 1 sono deliberate dalla Commissione centrale di cui all’articolo 10 della legge 15 marzo 1991, n. 82, denominata d’ora in avanti, ai fini del presente decreto, Commissione centrale. 3. Per le misure di protezione di cui al comma 1 non si applicano, in relazione al carattere speciale delle disposizioni del Capo II e del Capo II-bis della legge 15 marzo 1991, n. 82, le disposizioni del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 2 luglio 2002, n. 133.

Art. 2. modalità della formulazione della proposta di adozione delle speciali misure di protezione e del piano provvisorio

1. La proposta per l’ammissione alle speciali misure di protezione, avanzata secondo le modalità indicate dall’articolo 11, della legge 15 marzo 1991, n. 82, è sottoscritta dal Procuratore della Repubblica il cui ufficio procede o ha proceduto sui fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave e attuale pericolo. Allorché sui fatti procede o ha proceduto la Direzione distrettuale antimafia e ad essa non è preposto il Procuratore distrettuale, ma un suo delegato, la proposta è sottoscritta da quest’ultimo. 2. La proposta di piano provvisorio è sottoscritta e inoltrata dal Procuratore della Repubblica innanzi al quale è iniziata la collaborazione. Per i reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale, il Procuratore della Repubblica che ha avanzato la proposta ne dà comunicazione al Procuratore nazionale antimafia, il quale, nel caso di indagini collegate, adotta le eventuali iniziative di coordinamento in vista della formulazione della proposta di speciali misure o di programma speciale di protezione. Per i reati indicati nell’articolo 51, comma 3- quater, del Codice di procedura penale, il Procuratore della Repubblica che ha avanzato la proposta ne dà comunicazione ai Procuratori generali presso le Corti d’appello interessate, affinché possano adottare le opportune iniziative di coordinamento. 3. Le proposte indicate ai commi precedenti possono essere formulate anche dal Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, che le sottoscrive previa acquisizione del parere del Procuratore della Repubblica, secondo le modalità indicate dall’articolo 11, comma 3, della legge 15 marzo 1991, n. 82. 4. Le proposte prive dei requisiti indicati nei commi 1, 2 e 3 sono irricevibili e sono restituite all’Ufficio proponente, che può ripresentarle dopo aver provveduto alle integrazioni necessarie. 5. La proposta di adozione delle speciali misure di protezione è indirizzata alla Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, presso il Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia, utilizzando i mezzi più celeri e adottando idonee garanzie di sicurezza. 6. La proposta di adozione delle speciali misure di protezione e del piano provvisorio, nonché gli atti e i provvedimenti a essa conseguenti sono soggetti a quanto disposto dall’articolo 10, comma 2-ter, della legge 15 marzo 1991, n. 82.

Art. 3. Contenuti della proposta di adozione delle speciali misure di protezione

1. La proposta di adozione delle misure speciali di protezione contiene i seguenti elementi informativi: a) specificazione dei delitti e delle organizzazioni criminali, sui quali l’interessato rende le dichiarazioni; b) indicazione degli elementi da cui si desume che le dichiarazioni hanno carattere di intrinseca attendibilità, nonché, con riferimento specifico ai collaboratori della giustizia, di novità o di completezza; c) specificazione dei motivi per i quali le dichiarazioni appaiono di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, della legge 15 marzo 1991, n. 82; d) indicazione dei provvedimenti, anche di carattere cautelare, ovvero relativi all’applicazione di una misura di prevenzione, eventualmente adottati sulla base delle dichiarazioni rese dal soggetto proposto, nonché delle eventuali deposizioni rese dallo stesso in sede di udienza preliminare o dibattimentale; e) notizie circa le informazioni rese dal collaboratore per la individuazione, il sequestro e la confisca del denaro, dei beni e di ogni altra utilità, dei quali egli stesso o altri appartenenti a gruppi criminali dispongono direttamente o indirettamente, nonché l’indicazione di eventuali versamenti effettuati dal collaboratore, con conseguente sequestro da parte dell’Autorità giudiziaria, di denaro frutto di attività illecite; f) specificazione dettagliata, anche ai fini della definizione delle misure di assistenza economica di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 15 marzo 1991, n. 82, ivi compresa la determinazione dell’assegno di mantenimento, del denaro, dei beni e di ogni altra utilità posseduti o controllati dal collaboratore o dei quali egli comunque disponga direttamente o indirettamente per interposta persona, nonché l’indicazione degli accertamenti svolti e degli elementi acquisiti in ordine all’effettivo stato patrimoniale del collaboratore; g) indicazioni circa la sussistenza o meno di misure di prevenzione, ovvero di procedimenti di applicazione delle stesse, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575; h) specificazione delle circostanze da cui si desume la sussistenza di un grave e attuale pericolo, e se tale pericolo deriva dalla collaborazione o dalle dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di un procedimento penale; i) indicazione delle misure ordinarie di protezione eventualmente adottate dalle competenti Autorità di Pubblica sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate, dal Ministero della giustizia - Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria; j) specificazione dei motivi che determinano l’inadeguatezza delle anzidette misure di tutela. 2. Qualora l’Autorità proponente ritenga che le misure speciali di protezione debbano essere applicate mediante la definizione di uno speciale programma di protezione, specifica dettagliatamente le situazioni di gravità e attualità del pericolo che inducono a ritenerlo necessario. 3. L’Autorità proponente deve altresì comunicare, con la stessa proposta di adozione delle misure speciali di protezione, l’avvenuta redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione di cui all’articolo 16-quater, della legge 15 marzo 1991, n. 82. Se la redazione del verbale illustrativo avviene in un momento successivo alla proposta di adozione delle misure speciali di protezione, ma comunque nei termini di cui all’articolo 16-quater, comma 1, l’Autorità proponente ne dà pronta comunicazione alla Commissione centrale. 4. Nella proposta sono indicate dettagliatamente le persone, diverse dal collaboratore o dal testimone, destinatarie delle misure tutorie, con la specificazione dei dati anagrafici, dell’eventuale legame di parentela, della sussistenza o meno di una situazione di convivenza con i predetti collaboratore e testimone. Sono altresì dettagliatamente specificate le situazioni di grave, attuale e concreto pericolo, che rendono necessaria l’estensione delle misure speciali di protezione a persone diverse da quelle che convivano stabilmente con il collaboratore o il testimone. 5. La Commissione, nel caso in cui riscontra che la proposta di adozione delle misure speciali di protezione non contiene talune delle notizie elencate nei commi precedenti o se ritiene che gli elementi informativi disponibili siano insufficienti per le proprie determinazioni, chiede l’acquisizione dei necessari ulteriori elementi informativi o documentali. 6. La proposta di adozione delle misure speciali di protezione è rigettata quando non sussistono i presupposti indicati nell’articolo 9 della legge 15 marzo 1991, n. 82, nonché quando sussistono gli elementi indicati nell’articolo 13-quater, comma 2, della medesima legge 15 marzo 1991, n. 82. 7. La proposta è parimenti rigettata in caso di mancata redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione nei termini indicati dall’articolo 16-quater della legge 15 marzo 1991, n. 82. 8. La Commissione può adottare misure diverse da quelle richieste dall’Autorità proponente, sulla base degli elementi informativi acquisiti circa il livello di esposizione a pericolo, nonché delle specifiche esigenze dei soggetti interessati. 9. Le misure speciali di protezione già adottate possono essere estese anche ad altre persone, su richiesta dell’Autorità proponente, osservate le disposizioni del presente articolo concernenti le modalità della proposta. 10. Nella richiesta di estensione delle misure speciali di protezione, l’Autorità proponente specifica dettagliatamente: a) i motivi che determinano la necessità di tale misura; b) gli elementi da cui si desume la sussistenza di un grave, attuale e concreto pericolo; c) i motivi per cui le misure ordinarie di protezione sono insufficienti a tutelare l’incolumità degli interessati; d) i motivi che hanno indotto a suo tempo l’Autorità proponente a non includere gli interessati nella originaria proposta di adozione delle misure speciali di protezione e le circostanze che hanno determinato la necessità di richiederle successivamente; e) le relazioni intrattenute tra le persone proposte per l’estensione delle misure e coloro che rendono le dichiarazioni.

Art. 4. Contenuto della proposta di adozione del piano provvisorio di protezione

1. Nei confronti di un soggetto che ha manifestato la volontà di collaborare o delle persone indicate negli articoli 9, comma 5, e 16-bis, comma 3, della legge 15 marzo 1991, n. 82, se vi sono situazioni di particolare gravità o urgenza, può essere adottato un piano provvisorio di protezione. 2. La richiesta di adozione di un piano provvisorio di protezione contiene i seguenti elementi informativi: a) notizie ed elementi utili per la valutazione sulla gravità e attualità del pericolo; b) elencazione delle eventuali misure di tutela adottate o fatte adottare; c) motivi per i quali le misure in questione non appaiono adeguate; d) indicazione quanto meno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di collaborare; e) motivi per i quali la collaborazione è ritenuta attendibile e di notevole importanza; f) motivi per i quali vi è urgenza di provvedere. 3. La richiesta di adozione di un piano provvisorio di protezione viene indirizzata alla Commissione centrale, che delibera entro la prima seduta successiva alla richiesta. 4. In caso di situazioni di eccezionale urgenza, che non consentono di attendere la deliberazione della Commissione centrale, l’Autorità proponente il piano provvisorio segnala al Prefetto del luogo dove dimorano il collaboratore, il testimone e le altre persone inserite nella proposta la necessità dell’adozione di misure di protezione atte a tutelarne immediatamente l’incolumità. 5. Per le persone detenute o internate, la segnalazione di cui al comma 4 deve essere inoltrata al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, che adotta le misure di cui all’articolo 6, comma 4, lettera f) del presente Regolamento. 6. Il Prefetto, ricevuta la segnalazione di cui al comma 4, dispone le misure indicate nell’articolo 6, comma 4, lettere a), b), c), d) e g) del presente Regolamento, dandone contestuale notizia alla Commissione centrale e, ove ritenuto necessario, avanza, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, della legge 15 marzo 1991, n. 82, e sempre informandone la Commissione centrale, motivata richiesta al Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza di avvalersi degli specifici stanziamenti previsti dall’articolo 17 della legge 15 marzo 1991, n. 82. 7. Tali misure mantengono validità fino a quando non interviene la deliberazione della Commissione centrale in ordine al piano provvisorio, che viene comunicata tempestivamente al Prefetto a cura della Commissione stessa. 8. Il Prefetto comunica alla Commissione centrale ogni altro elemento utile per valutare l’esposizione a pericolo degli interessati, in relazione alla situazione locale e alla capacità di reazione del gruppo criminale sul quale sono rese le dichiarazioni. 9. Il Prefetto comunica inoltre le proprie valutazioni circa l’efficacia delle misure adottate, le iniziative adottabili per assicurare o rafforzare la tutela dell’incolumità delle persone in questione ed ogni altra notizia utile ai fini delle determinazioni della Commissione centrale. 10. Il Prefetto, ove necessario, segnala al Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza le situazioni che possono richiedere l’attivazione dei poteri di coordinamento attributigli dall’articolo 14 della legge 15 marzo 1991, n. 82.

Art. 5. Richieste di pareri all’Autorità giudiziaria e al Prefetto

1. La Commissione centrale, nell’ambito dei procedimenti cui è preposta, richiede all’Autorità giudiziaria e al Prefetto i pareri e gli elementi informativi necessari nei casi espressamente previsti e in ogni altro caso in cui lo ritiene opportuno. 2. I pareri espressi ai sensi del precedente comma non sono vincolanti.

Art. 6. Contenuti del piano provvisorio di protezione

1. Il contenuto del piano provvisorio di protezione viene stabilito dalla Commissione, in relazione all’esposizione a pericolo dei soggetti interessati, tenendo conto degli elementi informativi disponibili o acquisiti successivamente alla proposta, nonché delle notizie eventualmente fornite dal Prefetto. 2. Nella definizione del piano provvisorio di protezione la Commissione tiene conto delle misure eventualmente adottate dal Prefetto, il cui contenuto può essere confermato, integrato o modificato. 3. All’attuazione del piano provvisorio provvede il Servizio centrale di protezione di cui all’articolo 14 della legge 15 marzo 1991, n. 82, denominato d’ora in avanti, ai fini del presente decreto, Servizio centrale di protezione. Se la Commissione non ritiene necessario il trasferimento in luogo protetto, il soggetto responsabile della specificazione e dell’attuazione del piano provvisorio è il Prefetto. 4. In particolare, il piano provvisorio può prevedere: a) misure di vigilanza e di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti; b) accorgimenti tecnici di sicurezza; c) misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza; d) trasferimento in località segrete, in casi di particolare gravità; e) forme di assistenza economica, consistenti nelle spese alloggiative, nell’erogazione dell’assegno di mantenimento, secondo le modalità e nei limiti previsti per i collaboratori ed i testimoni, rispettivamente dall’articolo 13, comma 6, e dall’articolo 16-ter, comma 1, lettera b), della legge 15 marzo 1991, n. 82 e nell’assistenza legale; f) modalità particolari di custodia in istituti penitenziari, ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti, secondo quanto stabilito dall’Amministrazione penitenziaria in attuazione delle disposizioni vigenti; g) ogni altra misura, anche di carattere economico, ritenuta necessaria.

Art. 7. Contenuti delle speciali misure di protezione

1. Le speciali misure di protezione, quando non attuate mediante un programma speciale, sono disposte dalla Commissione centrale e sono determinate e attuate dal Prefetto del luogo di residenza del collaboratore o del testimone di giustizia. 2. La Commissione delibera l’adozione delle speciali misure di protezione qualora l’esposizione a pericolo degli interessati non è tale da rendere necessario il trasferimento in luogo protetto o quando gli interessati, se testimoni, manifestano indisponibilità a trasferirsi in un luogo protetto. 3. La Commissione adotta le proprie determinazioni dopo aver acquisito elementi utili sull’esposizione a pericolo, acquisendo se necessario il parere del Prefetto competente. 4. Le speciali misure di protezione possono prevedere: a) misure di vigilanza e di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti; b) accorgimenti tecnici di sicurezza per le abitazioni o per gli immobili di pertinenza degli interessati, consistenti anche in strumenti di video-sorveglianza e di teleallarme; c) misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza; d) modalità particolari di custodia in istituti penitenziari, ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti, secondo quanto stabilito dall’Amministrazione penitenziaria in attuazione delle disposizioni vigenti; e) interventi contingenti, anche di carattere economico, finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale; f) ogni altra misura necessaria, nel rispetto delle direttive generali impartite dal Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza.

Art. 8. Contenuti del programma speciale di protezione

1. Il programma speciale di protezione è disposto dalla Commissione centrale ed è attuato dal Servizio centrale di protezione. 2. La Commissione delibera l’adozione del programma speciale di protezione quando l’esposizione a pericolo degli interessati è tale da rendere necessario il trasferimento in un luogo protetto, e, se si tratta di testimone, questi non si opponga al trasferimento stesso. 3. La Commissione adotta le proprie determinazioni dopo aver acquisito ogni elemento utile circa l’esposizione a pericolo, richiedendo se necessario il parere del Prefetto competente. 4. Il programma speciale di protezione comprende: a) trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti; b) misure di vigilanza e di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti; c) accorgimenti tecnici di sicurezza per quanto riguarda le abitazioni o gli immobili di pertinenza degli interessati, che potranno consistere anche in strumenti di video-sorveglianza e di teleallarme; d) misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli sede della località protetta; e) modalità particolari di custodia in istituti penitenziari ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti, secondo quanto stabilito dall’Amministrazione penitenziaria in attuazione delle disposizioni vigenti; f) speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico; g) misure di assistenza personale ed economica; h) utilizzazione di documenti di copertura, per assicurare la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale degli interessati. Il Servizio centrale di protezione provvede, tramite dirette intese con il Centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, ad attivare procedure di controllo sull’utilizzazione dei documenti di copertura rilasciati ai collaboratori di giustizia, salvaguardando la riservatezza delle informazioni; i) cambiamento delle generalità a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni; j) misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore o del testimone di giustizia e delle altre persone sottoposte a protezione; k) misure straordinarie, anche di carattere economico, eventualmente necessarie. 5. Le misure di assistenza economica comprendono, sempre che a tutte o ad alcune non provveda direttamente il soggetto sottoposto al programma di protezione: a) sistemazione e spese alloggiative; b) spese per i trasferimenti giustificati da motivi di sicurezza, sanitari o di reinserimento sociale; c) spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie; d) assegno di mantenimento nel caso di impossibilità di svolgere attività lavorativa, secondo le modalità e nei limiti fissati dall’articolo 13, comma 6, della legge 15 marzo 1991, n. 82 e dalla Commissione centrale. 6. Le misure di assistenza economica di cui al comma 5 prevedono altresì l’assistenza legale per il collaboratore e il testimone di giustizia ammessi al programma speciale di protezione o al piano provvisorio di protezione. 7. L’assistenza legale consiste nel pagamento degli onorari e delle spese riferibili a un solo difensore, e, nei casi di esame a distanza previsti dall’articolo 147-bis delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale, anche al suo sostituto, se presente. 8. L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dal magistrato ai sensi dell’articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. 9. L’assistenza legale è concessa al collaboratore di giustizia in relazione ai procedimenti penali riconducibili all’attività di collaborazione, nonché per i procedimenti relativi all’applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e per quelli dinanzi alla magistratura di sorveglianza; essa spetta per ogni fase del procedimento, compresa quella dell’esecuzione, e per ogni grado del giudizio. 10. L’assistenza legale è concessa al testimone di giustizia in relazione ai procedimenti nei quali rende dichiarazioni, esercita i diritti e le facoltà riconosciutigli dalla legge in qualità di persona offesa o si costituisce parte civile, nonché in relazione ai procedimenti per la tutela di posizioni soggettive lese a motivo della collaborazione resa. 11. L’assistenza legale è concessa ai familiari e alle altre persone ammesse al programma di protezione in ragione delle relazioni intrattenute con il collaboratore o il testimone di giustizia solo quando anche i soggetti indicati hanno reso dichiarazioni o hanno tenuto condotte di collaborazione. 12. L’assistenza legale è assicurata al collaboratore e al testimone della giustizia anche dopo la capitalizzazione delle altre misure di assistenza economica. 13. Nell’ambito degli speciali programmi così definiti, ai testimoni di giustizia si applicano le condizioni di maggior favore di cui all’articolo 16-ter della legge 15 marzo 1991, n. 82. 14. I testimoni di giustizia, previa autorizzazione della Commissione centrale, accedono ai mutui agevolati sulla base di convenzioni stipulate tra il Ministero dell’interno e gli Istituti di credito.

Art. 9. Obblighi delle persone protette

1. Il contenuto delle speciali misure di protezione e dei programmi speciali di protezione viene riportato in un apposito atto, sottoscritto dal collaboratore, dal testimone di giustizia, nonché dalle altre persone destinatarie della proposta, che si impegnano anche per conto dei figli minori. 2. La sottoscrizione dell’atto non può essere parziale e comporta l’integrale adesione a tutte le clausole, in esso contenute, comprese quelle relative agli obblighi derivanti dalle misure speciali di protezione e dai programmi. 3. Il rifiuto di sottoscrivere l’atto determina in ogni caso la revoca delle speciali misure di protezione o del programma. 4. Con la sottoscrizione, il collaboratore di giustizia si assume l’impegno di rispettare le prescrizioni di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, della legge 15 marzo 1991, n. 82, e dà atto di essere stato informato delle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza, nonché di quelle derivanti dalle condotte di cui all’art. 13-quater, comma 2, della legge 15 marzo 1991, n. 82. 5. Con la sottoscrizione, il testimone di giustizia si assume l’impegno di rispettare le prescrizioni di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, con l’eccezione della lettera e) del comma 2, della legge 15 marzo 1991, n. 82, e dà atto di essere stato informato delle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza, nonché di quelle derivanti dall’articolo 13-quater, comma 2, della legge 15 marzo 1991, n. 82.

Art. 10. Modifica e verifica periodica delle speciali misure di protezione

1. La Commissione centrale può modificare le speciali misure di protezione e il programma speciale di protezione attraverso l’introduzione, la modificazione, l’integrazione, l’abrogazione o la sospensione delle misure tutorie, di quelle assistenziali, nonché di quelle relative agli impegni previsti a carico degli interessati. 2. Le modifiche di cui al comma 1 sono adottate su richiesta delle persone sottoposte alle misure tutorie, dell’Autorità proponente, delle Autorità preposte all’attuazione delle misure speciali di protezione, nonché su iniziativa della Commissione. 3. Le modifiche delle misure speciali di protezione non possono comunque riguardare gli obblighi previsti dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 a carico dei soggetti che vi sono sottoposti. 4. Le modifiche delle misure speciali di protezione sono disposte quando vi sono esigenze connesse alla tutela della sicurezza o al reinserimento sociale e lavorativo degli interessati. 5. La Commissione delibera sentite l’Autorità proponente e le Autorità preposte all’attuazione delle misure speciali di protezione, nonché il Procuratore nazionale antimafia o il Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato. 6. La modifica delle misure tutorie può essere temporanea o definitiva. In quest’ultimo caso la Commissione può anche disporre, se ne ravvisa la necessità, la trasformazione del programma speciale di protezione in misure speciali di protezione, con il rientro degli interessati nella località di origine. Tale determinazione può essere adottata anche nei confronti di soggetti che hanno avviato il processo di reinserimento sociale e lavorativo, nei cui confronti non vi è più l’esigenza di assicurare le misure assistenziali previste nel programma speciale di protezione. In tal caso le misure speciali di protezione sono applicate dal Prefetto del luogo ove gli interessati di fatto risiedono. 7. Le speciali misure di protezione e il programma speciale di protezione sono a termine. 8. Il termine delle misure e dei programmi speciali di protezione - non inferiore a sei mesi e non superiore ai cinque anni - è fissato dalla Commissione centrale con lo stesso provvedimento con cui vengono adottati. In caso di mancata indicazione il termine è di un anno dalla data del provvedimento. 9. La durata delle misure speciali di protezione è resa nota all’Autorità proponente che, almeno un mese prima della scadenza, comunica alla segreteria della Commissione centrale ogni elemento utile per valutare la persistenza dei presupposti che hanno giustificato l’adozione delle misure o del programma speciale di protezione. L’Autorità proponente indica in particolare i procedimenti in cui il collaboratore o il testimone è impegnato e in cui ha deposto, lo stato degli stessi, le sentenze o gli altri provvedimenti, anche di natura cautelare, emessi. L’Autorità proponente trasmette ogni documento utile ai fini delle valutazioni della Commissione. 10. Il Prefetto, per quanto riguarda le misure speciali di protezione, e il Servizio centrale di protezione, per quanto riguarda il programma speciale di protezione, provvedono entro il termine previsto dal comma precedente a comunicare alla segreteria della Commissione elementi utili sul comportamento degli interessati, sull’efficacia delle misure adottate, sulle concrete possibilità di reinserimento socio-lavorativo al di fuori delle misure tutorie, nonché ogni proposta ritenuta utile. 11. La Commissione proroga le speciali misure di protezione, fissando un nuovo termine di scadenza, se ritiene, sulla base degli elementi informativi acquisiti, che permangono i presupposti che ne hanno giustificato l’adozione. 12. La Commissione dispone l’adozione di un programma speciale di protezione nei confronti di soggetti già sottoposti alle misure speciali di protezione, quando il pericolo si è aggravato al punto da rendere le misure inidonee a tutelare l’incolumità degli interessati. 13. In caso di mancata proroga delle misure speciali di protezione restano salvi gli effetti conseguiti fino alla data del provvedimento della Commissione. 14. Il provvedimento di modifica o di mancata proroga delle speciali misure di protezione può prevedere, per agevolare il reinserimento sociale degli interessati, la capitalizzazione, in tutto o in parte, delle misure di assistenza nell’entità e con le modalità indicate nel comma successivo, con l’eventuale prosecuzione delle misure di protezione. È sempre fatta salva la facoltà di adottare misure tutorie in occasione degli impegni processuali inerenti alla pregressa collaborazione o testimonianza rese dall’interessato. Per tali finalità, possono essere garantiti, inoltre, gli interventi di tipo assistenziale strettamente collegati, compresa l’assistenza legale. 15. La capitalizzazione delle misure di assistenza economica di cui al comma precedente avviene, con riferimento ai collaboratori della giustizia, mediante l’erogazione di una somma di denaro pari all’importo dell’assegno di mantenimento, erogato per la durata di due anni. La capitalizzazione può essere riferita ad un periodo fino a cinque anni, in presenza di documentati e concreti progetti di reinserimento socio-lavorativo. Alla somma a titolo di capitalizzazione si aggiunge l’importo forfetario di 10.000 euro, rivalutabile secondo gli indici ISTAT, quale contributo per la sistemazione alloggiativa. I predetti criteri si applicano anche a tutti i nuclei familiari inseriti nel programma di protezione. La capitalizzazione può essere riferita ad un periodo fino a dieci anni per i testimoni di giustizia, sempre in presenza di un concreto e documentato progetto di reinserimento socio-lavorativo. La Commissione centrale può comunque deliberare misure straordinarie anche di carattere economico eventualmente necessarie per il reinserimento sociale del collaboratore, del testimone e delle altre persone sottoposte a protezione.

Art. 11. Cessazione delle misure di protezione

1. Le speciali misure di protezione, anche se di tipo urgente o provvisorio ai sensi dell’articolo 13, comma 1, della legge 15 marzo 1991, n. 82, sono revocate o non sono prorogate nei casi espressamente previsti dalla legge ovvero quando vengono meno l’attualità e la gravità del pericolo o appaiono idonee altre misure adottate. Le misure speciali di protezione possono altresì essere revocate o non prorogate in caso di inosservanza degli impegni assunti da parte dei soggetti ad esse sottoposti in relazione a quanto disposto all’articolo 13-quater, commi 1 e 2, della legge 15 marzo 1991, n. 82 e negli altri casi in cui la legge non prevede espressamente l’obbligatorietà della revoca. 2. Il Prefetto e il Servizio centrale di protezione informano la Commissione centrale, l’Autorità proponente e il Procuratore nazionale antimafia o il Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato di ogni comportamento o circostanza che possono integrare i presupposti per la revoca delle misure speciali di protezione. 3. La Commissione centrale, una volta ricevuta dal Servizio centrale di protezione o dal Prefetto la nota informativa di cui al comma 2, chiede all’Autorità proponente, al Procuratore nazionale antimafia o al Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato di esprimere un parere in ordine alla modifica o alla revoca delle speciali misure di protezione, in conseguenza dei fatti segnalati. Qualora le predette Autorità non abbiano emesso il parere entro trenta giorni dalla richiesta della Commissione centrale, quest’ultima decide nel merito, ove non ritenga di prorogare ulteriormente il termine. 4. Il parere reso dall’Autorità proponente ai sensi del comma 3 non è vincolante. 5. Quando l’Autorità proponente ne fa motivata richiesta, la Commissione verifica la permanenza delle condizioni che hanno determinato l’applicazione delle speciali misure di protezione, provvedendo, se necessario, alla modifica o alla revoca delle medesime. 6. Le misure speciali di protezione possono essere modificate o revocate prima della scadenza, d’ufficio o su richiesta degli interessati, per avviare il reinserimento sociale e lavorativo, tenuto conto degli impegni processuali, della esposizione a pericolo, della compatibilità delle iniziative proposte con le esigenze di sicurezza, del tempo trascorso dall’adozione delle misure speciali di protezione. È in ogni caso richiesto il parere dell’Autorità proponente e di quelle preposte all’attuazione delle misure speciali di protezione, nonché quello del Procuratore nazionale antimafia o del Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato.

Art. 12. Testimoni di giustizia

1. L’atto di cui all’articolo 9, comma 1, recante il contenuto delle speciali misure di protezione e dei programmi speciali di protezione, viene predisposto tenendo conto della particolare condizione dei testimoni e delle loro esigenze specifiche. 2. Quando il testimone di giustizia è ammesso alle misure speciali di protezione, la Commissione centrale può adottare interventi contingenti, anche di carattere economico, per agevolarne il reinserimento sociale, ai sensi dell’articolo 13, comma 4, della legge 15 marzo 1991, n. 82. 3. La Commissione fornisce il supporto, tecnico e di consulenza, ai testimoni per l’accesso alle misure economiche previste dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 e dalla legge 23 febbraio 1999, n. 44. 4. La Commissione, a mezzo del Prefetto, cura che il testimone permanga nella località di origine e prosegua o riprenda le attività ivi svolte, sempre che non sussistano esigenze di sicurezza che rendano necessario il trasferimento in un luogo protetto, a cura del Servizio centrale di protezione. 5. La Commissione incontra periodicamente, di propria iniziativa o su richiesta degli interessati, i testimoni di giustizia sottoposti alle misure speciali di protezione o al programma, per verificarne le esigenze e per individuare le soluzioni più adeguate.

Art. 13. Provvedimenti del Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza

1. Gli impieghi finanziari di cui all’articolo 17 della legge 15 marzo 1991, n. 82, sono autorizzati dal Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, che si avvale del Servizio centrale di protezione. 2. Il Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, adotta le direttive occorrenti per la corresponsione e l’utilizzazione dei fondi da attribuire al Prefetto, a richiesta, per l’attuazione delle misure di eccezionale urgenza e delle misure speciali di protezione. La richiesta del Prefetto è inoltrata al Servizio centrale di protezione, con l’indicazione dettagliata della destinazione dei fondi e delle misure attuate. 3. Il Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, emana, sentita la Commissione centrale, una «Prassi della normativa primaria e regolamentare in tema di protezione ed assistenza dei collaboratori di giustizia e dei testimoni di giustizia», contenente l’individuazione e la disciplina delle speciali misure di protezione, in applicazione delle disposizioni di legge in materia.

Art. 14. Cambiamento delle generalità

1. Il cambiamento delle generalità viene disposto dalla Commissione centrale su richiesta degli interessati e si provvede a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni.

Art. 15. Decreto di cambiamento delle generalità

1. Quando è necessario per garantire la sicurezza, la riservatezza ed il reinserimento sociale, alla persona ammessa allo speciale programma di protezione che utilizza un documento di copertura rilasciato ai sensi dell’articolo 13, commi 10 e 11, della legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, possono, anche a richiesta dell’interessato, essere attribuiti, con il decreto di cambiamento delle generalità, i medesimi dati anagrafici riportati nel documento di copertura utilizzato.

Art. 16. Documentazione relativa al cambiamento delle generalità

1. Il registro dei dati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, è composto di fogli in doppia pagina, conformi al modello di cui all’allegato A, che forma parte integrante del presente decreto, ed è tenuto in unico originale. Il registro non può essere posto in uso se non previa vidimazione di ogni foglio da parte del Presidente della Commissione centrale o del magistrato delegato per la vigilanza, il quale annota nella prima pagina di esso il numero del registro e quello dei fogli di cui è composto. 2. In caso di insufficienza dello spazio utile per la sezione di foglio da riempire, le iscrizioni sono continuate nel primo foglio in bianco successivo, annotando, a margine del foglio riempito, il rinvio al numero di foglio successivo e, in quest’ultimo, le generalità della persona interessata e il numero di foglio cui si fa seguito. 3. Per ciascuna iscrizione, è annotato il numero dell’atto conservato nel fascicolo personale di cui al comma 5 e il numero di protocollo di quest’ultimo, la data di compilazione e la firma del compilatore. Le scritturazioni sono effettuate con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. 4. Dopo l’utilizzazione dell’ultimo foglio del registro, ogni altra iscrizione relativa a persone diverse da quelle già iscritte nel registro è effettuata su un nuovo registro numerato e vidimato con le modalità di cui al comma 1. Parimenti, sono iscritti nel nuovo registro i dati relativi a persone già iscritte in precedenti registri quando, in essi, sia insufficiente lo spazio utile per la sezione di foglio da riempire, osservate le modalità di cui al comma 2. 5. Gli atti di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo indicato al comma 1 e ogni altro atto relativo alla persona interessata sono conservati in apposito fascicolo personale, dopo essere stati regolarmente protocollati e singolarmente individuati da un numero d’ordine progressivo, unitamente al decreto di cambiamento delle generalità e alle schede generali debitamente aggiornate di cui al comma 6. 6. Per ciascuna persona nei cui confronti è adottato il decreto di cambiamento delle generalità sono compilate due schede generali, una relativa alle precedenti generalità e una relativa a quelle acquisite, contenente tutti i dati iscritti nel registro di cui al comma 1, con l’indicazione del numero del registro e di pagina da cui sono tratti, nonché del numero distintivo e del protocollo degli atti relativi conservati nel fascicolo di cui al comma 5. Salvo che le schede siano formate con mezzi informatici protetti, le integrazioni sono effettuate mediante applicazione, in ciascuna sezione, dei fogli suppletivi occorrenti.

Art. 17. Autorità designata per le richieste di atti o certificati relativi alle nuove generalità

1. L’autorità incaricata di inoltrare le richieste di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, è di norma il Direttore del Servizio centrale di protezione o persona dipendente dello stesso Servizio, specificamente designata. 2. La Commissione centrale può autorizzare l’Autorità di cui al comma 1 a inoltrare, salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, del predetto decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, ulteriori richieste oltre quelle occorrenti o per nominativi diversi, quando sia necessario per motivi di sicurezza e di riservatezza. I documenti o certificati ulteriori sono distrutti a cura del Servizio centrale di protezione o custoditi dallo stesso; in quest’ultimo caso, non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle indicate nel presente articolo. L’acquisizione, la distruzione e l’utilizzazione dei documenti e certificati predetti sono annotati in apposito registro riservato. 3. Le richieste di atti, certificati o estratti, di formazione, iscrizione, annotazione o trascrizione di atti, compresi quelli di stato civile, effettuate ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, sono fatte per iscritto e sono conservate dal pubblico ufficiale che le riceve, il quale ne cura la custodia riservata. 4. Nel caso in cui il destinatario del procedimento di cambiamento delle generalità è un collaboratore di giustizia, il Servizio centrale di protezione, con modalità atte a garantire la riservatezza delle informazioni, deve provvedere a comunicare per l’inserimento nel centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, le situazioni soggettive di cui all’articolo 12, comma 1, della legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e gli altri dati iscritti nel registro di cui al comma 2 dell’articolo 3 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, riferendoli alle nuove generalità. 5. Il Servizio centrale di protezione provvede, altresì, a comunicare, con modalità idonee a garantire la riservatezza delle informazioni, le risultanze del casellario giudiziale all’Ufficio del casellario presso il Tribunale di Roma, riferendole alle nuove generalità. 6. Il Direttore del Servizio centrale di protezione riferisce periodicamente, e comunque almeno ogni sei mesi, alla Commissione centrale sulle modalità di applicazione delle disposizioni concernenti il cambiamento delle generalità.

Art. 18. Norme finali

1. Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati il decreto interministeriale 24 novembre 1994, n. 687, contenente il «Regolamento recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione del programma di protezione di coloro che collaborano con la giustizia e le relative modalità di attuazione», nonché il decreto riservato del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, del 24 novembre 1994, recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione ed i contenuti del programma speciale di protezione. 2. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente regolamento si provvede nei limiti degli stanziamenti previsti dalla legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.



LEGGE 2 LUGLIO 2004, N.165

DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 122, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - N. 155 del 5 luglio 2004)

CAPO I

Art. 1. Disposizioni generali

1. Il presente capo stabilisce in via esclusiva, ai sensi dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali.

Art. 2. Disposizioni di principio, in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di ineleggibilità

1. Fatte salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione, le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità, specificamente individuati, di cui all’articolo 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali: a) sussistenza delle cause di ineleggibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati; b) inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato; c) applicazione della disciplina delle incompatibilità alle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni qualora ricorrano le condizioni previste dall’articolo 3, comma 1, lettere a) e b); d) attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di ineleggibilità dei propri componenti e del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, fatta salva la competenza dell’autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi. L’esercizio delle rispettive funzioni è comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi; e) eventuale differenziazione della disciplina dell’ineleggibilità nei confronti del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali; f) previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia.

Art. 3. Disposizioni di principio, in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di incompatibilità

1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incompatibilità, specificatamente individuati, di cui all’articolo 122, primo comma, della Costituzione, nei limiti dei seguenti principi fondamentali: a) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibile, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva; b) sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali e le funzioni svolte dai medesimi presso organismi internazionali o sopranazionali; c) eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità tra la carica di assessore regionale e quella di consigliere regionale; d) in caso di previsione della causa di incompatibilità per lite pendente con la regione, osservanza dei seguenti criteri: 1) previsione della incompatibilità nel caso in cui il soggetto sia parte attiva della lite; 2) qualora il soggetto non sia parte attiva della lite, previsione della incompatibilità esclusivamente nel caso in cui la lite medesima sia conseguente o sia promossa a seguito di giudizio definito con sentenza passata in giudicato; e) attribuzione ai Consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di incompatibilità dei propri componenti e del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, fatta salva la competenza dell’autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi. L’esercizio delle rispettive funzioni è comunque garantito fino alla pronuncia definitiva sugli stessi ricorsi; f) eventuale differenziazione della disciplina dell’incompatibilità nei confronti del Presidente della Giunta regionale, degli altri componenti della stessa Giunta e dei consiglieri regionali; g) fissazione di un termine dall’accertamento della causa di incompatibilità, non superiore a trenta giorni, entro il quale, a pena di decadenza dalla carica, deve essere esercitata l’opzione o deve cessare la causa che determina l’incompatibilità, ferma restando la tutela del diritto dell’eletto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato.

Art. 4. Disposizioni di principio, in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di sistema di elezione

1. Le regioni disciplinano con legge il sistema di elezione del Presidente d ella Giunta regionale e dei consiglieri regionali nei limiti dei seguenti principi fondamentali: a) individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze; b) contestualità dell’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale, se il Presidente è eletto a suffragio universale e diretto. Previsione, nel caso in cui la regione adotti l’ipotesi di elezione del Presidente della Giunta regionale secondo modalità diverse dal suffragio universale e diretto, di termini temporali tassativi, comunque non superiori a novanta giorni, per l’elezione del Presidente e per l’elezione o la nomina degli altri componenti della Giunta; c) divieto di mandato imperativo.

CAPO II

Art. 5. Durata degli organi elettivi regionali

1. Gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni, fatta salva, nei casi previsti, l’eventualità dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Il quinquennio decorre per ciascun Consiglio dalla data della elezione.



DECRETO-LEGGE 24 GIUGNO 2004, N. 160

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale N. 147 del 25 giugno 2004)

Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali.



DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 19 MARZO 2004

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale N. 114 del 17 maggio 2004)

Individuazione dei criteri relativi all’azione amministrativa nei confronti delle contestazioni, inerenti all’applicazione della convenzione (NATO-SOFA) fra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico sullo statuto delle loro Forze Armate.



LEGGE 21 MAGGIO 2004, N. 128

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale N. 119 del 22 maggio 2004)

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72, recante interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo.



DECRETO-LEGGE 28 MAGGIO 2004, N. 136

(Gazzetta Ufficiale - Serie Generale N. 124 del 28 maggio 2004)

Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione.