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  • Anno 2003
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  • Supplemento al N.4
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  • Capitolo 6
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… Per Concludere

Non vi è dubbio che le misure preventive, e in particolare quelle patrimoniali, nonostante le inquietudini di dottrina e giurisprudenza che non abbiamo mancato di sottolineare, costituiscono un irrinunciabile strumento di lotta al crimine ed al fenomeno mafioso in particolare; la normativa descritta ha già avuto un apprezzabile banco di collaudo che ha consentito di verificare la sua efficacia ed ha fatto registrare unanime apprezzamento tra gli addetti ai lavori. Va però riconosciuto che, sul piano della politica criminale, le misure personali non hanno del tutto perso l’alea di provvedimento poliziesco connotato da autoritarietà, circostanza che deve indurre l’operatore accorto ad uno sforzo di professionalità nel raccogliere e documentare i presupposti per la loro irrogazione.

Diversa è la percezione, anche al di fuori delle mura dei Tribunali e degli uffici di polizia, delle misure di prevenzione patrimoniali, che vengono invece avvertite anche dal mondo dei media come strumenti attivi ed incisivi che consentono di colpire la vera forza della mafia(203), i cui contorni sono stati più puntualmente individuati, proprio grazie agli accertamenti patrimoniali, nelle enormi concentrazioni di capitale proveniente dalle estorsioni, dai sequestri di persona, dal traffico della droga, dalle speculazioni edilizie che, riciclate in attività lecite, mettono fuori mercato l’economia sana soggetta agli alti costi del prestito bancario. La mafia imprenditrice deve oggi fare i conti con l’aumentata efficienza di alcune strutture pubbliche che combattono contro la capacità mafiosa di condizionare la pianificazione economica, il senso della libera iniziativa imprenditoriale, il quadro dei rapporti interni.

Tale capacità si estrinseca non solo grazie all’applicazione delle norme anzidette ma anche attraverso il perfezionamento di meccanismi investigativi complessi, capaci di penetrare l’articolato sistema di camuffamento di patrimoni e capitali “opachi”. L’esperienza applicativa ha fatto, peraltro, maturare alcuni suggerimenti di aggiustamento legislativo, in parte già accolti. Tali esigenze si sono rivolte essenzialmente alla necessità del reinserimento produttivo dei beni sequestrati e confiscati, auspicata negli ultimi anni anche a livello politico, al fine di evitare ripercussioni sull’economia e sul livello occupazionale. In particolare, la L. 7 marzo 1996, n. 109 ha regolato la riutilizzazione dei beni confiscati prevedendo il versamento all’Ufficio del Registro delle somme di denaro nonché dei crediti, titoli o beni mobili non costituiti in azienda. Per i beni immobili la norma prevede, invece, che essi siano mantenuti nel patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile oppure trasferiti nel patrimonio del Comune per fini sociali o istituzionali.

Quanto ai beni costituiti in azienda, infine, essi possono essere venduti, liquidati o mantenuti nel patrimonio statale per essere affittati a società pubbliche o private oppure concessi a titolo gratuito ai lavoratori dipendenti dall’impresa confiscata. Si tratta, come si vede, di provvedimenti di grande impatto anche sul piano dell’immagine, che contribuiscono a riaffermare la supremazia e l’autorevolezza delle Istituzioni (si pensi ad es. ad una villa appartenuta ad un esponente di spicco di un sodalizio mafioso che viene convertita in caserma dei Carabinieri o in istituto scolastico). A fronte di ciò, si è, però, rilevata la eccessiva rigidità del regime dei controlli in materia di licenze, concessioni e iscrizioni ad albi professionali. Non sono mancati, inoltre, inviti a disciplinare in modo più organico e puntuale il nascente diritto penale dell’impresa, specie nel settore societario e valutario, e ad istituire più rigorosi controlli sui fondi di investimento e sui titoli atipici, terreno di coltura della criminalità organizzata.

Non si può fare a meno, poi, di considerare che gli strumenti di intervento predisposti dal sistema contro i fenomeni di collegamento tra criminalità ed economia sono, comunque, facilmente neutralizzabili da chi opera illegalmente; pertanto un mezzo considerato utile e sufficiente in un determinato momento, può facilmente essere svuotato di significato nel volgere di poco tempo. Ciò postula l’esigenza di una maggior duttilità degli strumenti di contrasto che, però, in taluni casi, può dar luogo al rischio di minori garanzie sul piano costituzionale. Per quanto concerne, infine, le misure preventive in generale, sembrerebbe giunto il momento di raccogliere in un testo unico la normativa esistente(204); difatti, al di là dei problemi sostanziali evidenziati dalla dottrina sulla conformità delle misure preventive in quanto tali, e soprattutto di quelle personali, si pone un’esigenza di coordinamento delle leggi vigenti, per ovviare quantomeno alle difficoltà d’interpretazione dei testi giuridici.

Oltre agli interventi normativi, che sono sempre difficili e lunghi da realizzare, occorre, in ogni caso, elaborare una vera e propria strategia in grado di combattere la penetrazione mafiosa nella vita economica; sarebbe auspicabile un maggior ricorso a tavoli nazionali in cui si confrontino giuristi, magistrati, operatori finanziari e organizzazioni di commercianti e imprenditori, al fine di trovare un concreto punto di equilibrio tra le esigenze di libera iniziativa economica, a cui abbiamo fatto cenno all’inizio del presente capitolo, e la costante ed improcrastinabile necessità di monitorare i flussi economici a fini preventivi. Tali fini, è ormai evidente, costituiscono una linea irrinunciabile di politica criminale, ma le innumerevoli questioni di legittimità costituzionale, alle quali più volte si è fatto cenno, anche se quasi sempre superate dalla Suprema Corte, rivelano un sistema che necessita senz’altro di essere ricondotto entro limiti giuridicamente ineccepibili e che si liberi delle altalenanti incursioni nel tessuto normativo della legislazione emergenziale. Siamo, infatti, convinti che l’efficienza di un ordinamento risiede anche nella stabilità delle sue norme ed è inversamente proporzionale alla frequenza degli interventi normativi che, se non governati da linee coerenti di politica criminale, determinano nebulosità ed incertezze.

Approfondimenti

(203) -In generale, dalla rilevazione statistica a livello nazionale, si osserva che il ricorso a tali strumenti di prevenzione qualificata è stato più frequente negli uffici giudiziari del sud e delle isole.
(204) - Al riguardo nei provvedimenti di manovra finanziaria del 1997, si era dato mandato al Governo di istituire testi unici sulle più diverse materie, alcuni dei quali poi realizzati, mentre la commissione anti-corruzione presso la Camera dei Deputati ha presentato più progetti di legge complessi su tale argomento.