2. Finalità delle misure patrimoniali e profili di costituzionalità

Per lungo tempo, come si è evidenziato, il legislatore ha consentito unicamente l’applicazione di misure preventive incidenti sulla libertà personale, non ammettendo quelle che incidono sulla proprietà privata. Ciò in qualche misura costituiva un vero e proprio ribaltamento delle previsioni costituzionali, le quali, nella gerarchia dei valori, mettono innanzitutto la libertà e poi la proprietà privata. Eppure l’art 41, 2° comma Cost. sancisce espressamente che la libertà d’iniziativa economica privata è subordinata al rispetto dell’utilità sociale, alla mancanza di danno, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana(145). L’approccio alle misure patrimoniali è dovuto alla consapevolezza, da parte del legislatore(146), del fatto che la normativa antimafia non può più essere circoscritta alla salvaguardia dell’ordine pubblico tradizionalmente inteso, ma deve essere estesa all’ordine economico in generale.

Si è, infatti, preso atto che, a fianco della consueta devianza presente nel settore economico, in virtù della quale molte attività delinquenziali vengono praticate nel mondo dell’impresa, si è sviluppato un altro fenomeno, in cui rilevanti obiettivi economici sono perseguiti attraverso il crimine e fini delittuosi sono realizzati con strutture imprenditoriali apposite, dando così vita ad un’autentica economia criminale. La ratio delle misure patrimoniali risiede nella necessità di recidere il legame tra il soggetto e il suo patrimonio, dal legislatore considerato come lo scopo, sotto il profilo dell’accumulo di ricchezza, dell’illecita attività e, nel contempo, lo strumento adoperato per poter efficacemente svolgere ed incrementare l’attività stessa e, cioè, come causa ed incentivo di ulteriori manifestazioni di pericolosità. Il primo obiettivo che si intende cogliere attraverso l’irrogazione di misure patrimoniali consiste nel consentire il controllo dei beni comunque immessi nel regime dell’economia illegale, tramite la vigilanza su coloro che ne dispongono. Se infatti il controllo sui beni in sé è alquanto problematico, è più facile percorrere a ritroso il cammino, partendo dal soggetto a cui i beni o il denaro fanno capo, in base a sospetti correlati ad un collegamento tra i due.

Le misure patrimoniali risultano, in realtà, più efficaci ed incisive di quelle personali, in quanto il timore di subire la confisca dei propri beni opera da fattore dissuasivo dal commettere attività destinate a produrre ricchezze opache. Esse sono poi meno esposte delle misure personali alle obiezioni di illegittimità costituzionale. Pur apprezzandosi talune smagliature del sistema, nulla sembra infatti da eccepirsi in merito ai profili di carattere costituzionale; la stessa Corte Costituzionale ha posto l’intera normativa in una situazione di comprovata legittimità. Le misure di prevenzione patrimoniali non sono contrastanti con gli artt. 13, 35 perché mirano soltanto a prevenire attività illecite svolte nell’ambito dei rapporti economici privati. Non sono confliggenti con l’art.25 Cost., poiché la legge si riferisce ai beni di cui dispone il prevenuto nel momento della sua entrata in vigore e prende in considerazione l’appartenenza attuale ad associazioni mafiose. Tale minor contestabilità delle misure in questione rispetto a quelle personali fa sì che la moderna scienza penalistica non abbia in genere difficoltà ad accettarle e addirittura ad offrire il suo contributo a realizzare strumenti costituzionalmente più corretti per individuare la ricchezza che non sembra essersi formata legittimamente(147).

Non va però sottaciuto il dubbio di chi pone a baluardo, in senso contrario, il concetto di iniziativa economica postulato dall’art.41 Cost., nella considerazione che il sottrarre all’interessato la effettiva disponibilità di risorse può minarne la libertà nello specifico settore. In tale ottica, la risposta al problema viene rinvenuta proprio nella Costituzione la quale, sempre all’art. 41, come rilevato all’inizio di questo paragrafo, precisa che l’attività economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana: pertanto, in questa ultima ipotesi, si tratta di individuare quel tipo di impresa che si avvale di beni provenienti da traffici illeciti, condotti da persone indiziate di appartenere ad associazioni mafiose. Tuttavia, ritenendo che l’impresa in genere, secondo la costruzione civilistica, è fonte e sede di lavoro, può apparire meno certa la conformità del nuovo sistema rispetto al diritto di lavoro. L’origine del dubbio si individua nella estensione, ad ampia latitudine, della portata normativa. Difatti le perplessità scaturiscono dalla considerazione che possono essere sequestrati e confiscati tutti i beni dell’individuo e che, inoltre, talune autorizzazioni amministrative soggette a revoca sono necessarie non solo per lo svolgimento di attività imprenditoriali lato sensu, ma anche per prestazioni di lavoro autonomo o finanche dipendente: è quindi necessario ponderare meglio la esigenza di contemperare eventuali interessi connessi con la salvaguardia, peraltro doverosa, delle fonti di reddito minime per il soggetto sottoposto a provvedimento preventivo.

Si può verificare, quindi, che il soggetto, pur indiziato di appartenere ad un sodalizio, veda enormemente menomato il suo diritto di lavoro. Nella stessa disciplina amministrativa del lavoro si rinvengono principi emanati nell’interesse generale, affinché il rapporto abbia svolgimenti senza che la persona del lavoratore ne subisca danno, con il contemporaneo obbligo, per l’apparato pubblico, di predisporre tutte le misure di legge e le cautele necessarie per un libero svolgersi del rapporto stesso. Muovendoci in questa cornice, cercheremo di illustrare qui di seguito i connotati caratterizzanti del sequestro e della confisca, con una inevitabile selezione degli elementi trattati e con una preferenza degli aspetti maggiormente discussi.

Approfondimenti

(145) -C. MACRÌ, - V. MACRÌ, La legge antimafia, Novene, Napoli, 1983, pag. 101.
(146) -FIANDACA, Misure di prevenzione profili sostanziali, in DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VIII, Torino, 1994, 121, prende atto del sensibile progresso nella lotta alla mafia segnato dalla legge 646/82.
(147) - L. VIOLANTE, Giornata di studio su economia e criminalità, SCUOLA UFFICIALI CARABINIERI, Roma, 1993.