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Riflessioni sull'utilizzo delle armi non letali (non lethal weapons)

Magg. CC t.ISSMI Rosario Castello


1. Premessa

Quando duemila anni fa circa, Sun Tzu affermò che per annientare il nemico non era necessario distruggerlo fisicamente, ma annientarne la volontà di vincere, forse non immaginava ancora la possibilità di impiegare un’arma non letale. Sta di fatto che oggi, con il progressivo affermarsi delle Operazioni Diverse dalla Guerra (Military Operations Other Than War) come strumento eclettico di soluzione delle crisi internazionali, l’utilizzo delle armi cosiddette letali sta incontrando un momento di riflessione. Si è compreso, cioè, che per raggiungere lo scopo basta convincere la controparte, piegandone la volontà senza necessariamente distruggerne le sue forze vive, utilizzando metodi diplomatici ovvero armi non letali o inabilitanti (Non Lethal Weapons) La necessità per i comandanti militari e per i decisori politici di orientarsi verso questo tipo di armamento cosiddetto non letale deriva sostanzialmente da due fattori: - l’indisponibilità dell’opinione pubblica internazionale, che assiste alle “Cnn war”, a tollerare perdite di vite umane sia fra gli uomini dei propri contingenti sia fra i civili delle popolazioni locali; - la necessità di risolvere il dilemma della scelta fra l’uso della forza armata e l’inazione di fronte ad una minaccia, dilemma nel quale si sentono sempre più spesso imprigionati i militari dei moderni eserciti occidentali durante le missioni internazionali di pace, frenati, tra l’altro, da regole d’ingaggio estremamente restrittive. A questo punto, sorgono degli interrogativi: qual è la valenza tecnologica di tali strumenti? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi connessi al loro utilizzo? Qual è l’influenza di tali mezzi sull’attività di pianificazione di un’operazione di supporto alla pace (PSO)? Nei paragrafi che seguono, sono raccolte le argomentazioni in risposta a tali quesiti, nell’intento di fornire una panoramica sull’argomento con particolare riferimento alle PSO (Peace Support Operations)e ai servizi di tutela dell’ordine pubblico.


2. Le armi non letali: la tecnologia, l’applicabilità, vantaggi e svantaggi Prima di addentrarci nella trattazione, si ritiene opportuno fornire una definizione di “arma non letale”.

Il sistema migliore è utilizzare un approccio funzionale, individuandone in primis le finalità. Tali armi sono, infatti, quelle esplicitamente progettate ed impiegate con lo scopo primario di inabilitare le persone, i mezzi ed i materiali, rendendo minima la possibilità di causare loro danni permanenti. Ciò che conta, in altre parole, è ridurre i danni inferti alla controparte, pur raggiungendo gli obiettivi militari e politici. A fronte di questo scopo numerose sono le definizioni che sono state formulate. Ritenendo la loro valenza pressoché uguale, non se ne citerà una in particolare, ma verranno presentate tutte quelle raccolte (vds. allegato A). Per completezza d’informazione si ritiene utile accennare anche al dibattito sorto fra i sostenitori della terminologia “Non lethal weapon” e quelli a favore dell’accezione “Less than lethal weapon”. Le argomentazioni a favore dell’una e dell’altra tesi condurrebbero lontano. Per brevità si assume di trattare le armi non letali con il termine di “armi inabilitanti”. Ciò poichè si ritiene che l’aggettivo inabilitante sia quello che più degli altri esprime efficacemente lo scopo di queste armi, volte proprio ad impedire il corretto funzionamento dei mezzi e la mobilità degli uomini, limitando al massimo, pur non escludendoli, i danni collaterali; il termine inabilitante appare inoltre totalmente svincolato da qualsiasi falsa idea di “armi buone” in grado di evitare sempre e in qualsiasi condizione inutili spargimenti di sangue e distruzioni.

a. La tecnologia

Gli investimenti nel campo della ricerca e sviluppo tecnologico, attuati principalmente dai Paesi NATO durante il periodo della guerra fredda, hanno prodotto risultati significativi che, oggi, possono essere sfruttati sia tecnologicamente, sia industrialmente, per la produzione di armi inabilitanti. Le tecnologie utilizzate sono essenzialmente su base elettronica/optoelettronica, acustica, chimica/biologica, medica e meccanica. La maturità di tali discipline è in grado di generare una notevole varietà di prodotti che danno luogo ad effetti neutralizzanti nei confronti di mezzi, di persone e materiali. Per quanto sopra, le armi inabilitanti possono essere suddivise in cinque aree tecnologiche principali: - area opto-elettronica: in questa categoria rientrano i Fumogeni multispettrali, i Laser a bassa energia, gli Impulsi elettromagnetici non nucleari diretti a provocare l’alterazione dei circuiti logici e dei contenuti delle memorie dei computer. Per quanto riguarda le armi laser accecanti si discute se possono essere considerate armi non letali, poiché si sostiene che esse abbiano un’alta probabilità di infliggere danni permanenti particolarmente inumani. - area acustica: in questa categoria rientrano generatori di Ultrasuoni, cioè dei suoni a frequenza ultrabassa che se diretti contro una persona causano disorientamento, vomito, ecc.; - area chimica e batteriologica: questa è una categoria particolarmente vasta che comprende gli Agenti Calmanti, gli Agenti Biologici, le Supercolle e gli Antiaderenti. Vi rientrano le Schiume, i Supercaustici e le Tecnologie di alterazione della combustione. Paradossalmente, seppur progettate per limitare le sofferenze ed il numero dei morti, molte di queste tecnologie rischiano di rientrare nelle categorie vietate dalla convenzione per il bando delle armi chimiche o da quella per il bando delle armi battereologiche; ad esempio, l’impiego delle supercolle, che pure erano in dotazione alle truppe americane in Somalia, potrebbe essere limitato perché uno dei loro componenti chimici risulterebbe vietato da alcuni accordi internazionali per la tutela dell’ambiente ratificati da Stati Uniti; - area informatica: i virus informatici sono l’unico tipo di arma inabilitante che rientra in questa categoria e sono diretti a danneggiare in modo permanente o temporaneo un sistema informatico. Essi sono estremamente efficaci poiché uniscono ad un’alta capacità di penetrazione nelle reti e nei sistemi dell’avversario un elevato grado di anonimità; in altre parole, è difficile attribuire la responsabilità dell’attacco, poiché a portarlo avanti potrebbe essere stato un singolo hacher, un’organizzazione o uno Stato; - area cinetica: questa categoria comprende l’insieme delle tecnologie inabilitanti fondate sull’energia cinetica (quindi sull’urto). Ne sono esempi i proiettili di gomma (rubber bullet) o legno, i cannoni ad acqua (water cannon), le granate di tipo spugnoso, lanciate da normali lanciagranate e formate cioè da un proiettile di plastica ad alta densità, la cui punta è rivestita di materiale spugnoso in grado di attutire il colpo. Pur non trattandosi di un settore ad altissima tecnologia, si sono avute molte applicazioni e sviluppi in questo campo, anche se l’esperienza ha purtroppo mostrato che anche queste tecnologie non sempre restano al di sotto della soglia letale (uno dei fattori più rilevanti di rischio riguarda la distanza dell’individuo colpito da chi spara).

b. L’applicabilità

Nella conduzione delle PSO gli imperativi politici, che sono dominanti, e che bisogna tradurre in obiettivi militari coerenti, influenzano sia la pianificazione sia la relativa condotta delle predette operazioni. Lo dimostra il fatto che in tali operazioni avvenimenti di rilevanza tattica, quali l’uccisione accidentale di alcuni civili, può mettere in discussione la continuazione stessa della missione. Ecco perché si avverte, forte, la necessità di sviluppare, e quindi impiegare, una classe di armamenti in grado di operare un’azione dissuasiva, evitando il ricorso all’impiego dei sistemi d’arma tradizionali ritenuti, in certe occasioni, non aderenti allo scopo per letalità ed impatto psicologico. Inoltre per garantire la sicurezza dei propri uomini occorrono una dottrina e delle tecnologie estremamente flessibili. In tal senso le armi inabilitanti possono avere un ruolo fondamentale risultando esse stesse una “risposta flessibile” idonea a soddisfare il bisogno di dosare la risposta armata e di avere a disposizione un deterrente soft in grado di evitare che dalla minaccia si passi direttamente all’impiego della forza letale. Uno dei principali problemi operativi, com’è noto, emersi nell’ambito delle PSO, è quello di tenere sotto controllo manifestazioni più o meno spontanee, in cui a civili disarmati, si mescolano anche elementi armati e facinorosi (c.d. operazioni di “crowd control” e “anti riot”).

c. Vantaggi e Svantaggi

I vantaggi e gli svantaggi dell’impiego delle ami inabilitanti sono molteplici. Nel presente lavoro ci si è limitati a citare quelli ritenuti più aderenti alle finalità dello studio in argomento. (1) Vantaggi. L’uso delle armi inabilitanti, nell’ambito dello spettro dei suoi possibili utilizzi, può: - consentire il rispetto del principio di proporzionalità e delle Convenzioni giuridiche internazionali (vds. allegato B) sia dal punto di vista umanitario, sia da quello sociale/culturale; - permettere, specialmente nei conflitti a bassa intensità, di disarmare, frustrare, ritardare o impedire la mobilitazione o le azioni ostili dell’avversario, rendendo così disponibile più tempo per le azioni diplomatiche o per lo schieramento di rinforzi amici e alleati; - consentire attacchi molto selettivi contro obiettivi posti nelle vicinanze di significativi manufatti non militari (simboli culturali, religiosi e storici) che non debbono essere minimamente danneggiati; - aumentare la credibilità delle forze di pace fornendo ai Comandanti ulteriori opzioni militari per la gradualità della risposta al di sotto della soglia di letalità; - consentire al personale del contingente militare di non apparire come una forza di occupazione contribuendo alla positiva immagine del proprio Paese e/o della coalizione internazionale verso la popolazione locale, le opposte fazioni e gli operatori della pubblica informazione; - rinforzare la deterrenza, rendendo l’avversario consapevole che le nostre forze militari possono intervenire tempestivamente ed efficacemente per conseguire obiettivi umanitari o di altra natura senza costi politici, militari ed economici proibitivi; - essere, in genere, notevolmente più economiche delle armi letali, a causa principalmente dei più bassi costi di sviluppo, produzione, supporto logistico ed impiego operativo; - suscitare reazioni positive dell’ambiente politico, nazionale ed internazionale, e della pubblica opinione, in conseguenza della minore probabilità di subire perdite e di provocare danni a persone, cose o ambiente; a ciò si aggiunga il minor costo della ricostruzione postbellica. (2) Svantaggi. Le armi non letali: - comportano il pericolo di proliferazione per la loro diffusione come strumento ad alta efficacia, per uso interno da parte dei governi o come mezzo per attività criminali; - comportano il rischio di indurre una escalation della reazione dell’avversario a fronte del modesto danno e dell’alto fastidio portato dalle armi inabilitanti; - richiedono un nuovo approccio dottrinario ed operativo nell’uso della forza; - richiedono un adeguato addestramento per essere usate correttamente ed efficacemente sia da sole sia congiuntamente ad armi letali; - richiedono la valutazione dell’impatto psicologico e della moralità del loro impiego, in quanto le armi inabilitanti potrebbero risultare più “odiose” di una rappresaglia o di una decimazione (si pensi ad esempio allo sfondamento di un timpano, a causa dell’utilizzo di armi non letali, che potrebbe rivelarsi letale in un paese del terzo); - richiedono, in genere, maggiori e più accurate informazioni di tipo intelligence, nonché un più stretto coordinamento, comando e controllo; - devono essere conformi ai trattati ed alle norme nazionali ed internazionali ed il loro impiego potrebbe aprire tutta una serie di nuove questioni legali; - potrebbero essere percepite come armi di scarso effetto, laddove non fossero esplicitamente ed immediatamente efficaci, oppure come forma di debolezza, in quanto non distruggono l’avversario, ma ne riducono la volontà e la possibilità di combattere e la coesione; - potrebbero portare alla cattura di molti prigionieri, se fossero utilizzate ampiamente non solo nelle PSO ma anche nell’ambito di conflitti convenzionali.


3. L’effetto mediatico


In base ad una esigenza sempre più forte della nostra società, in cui ogni evento viene portato in senso reale nelle case dei cittadini, diventa sempre più difficile per un esercito usufruire del supporto dell’opinione pubblica nazionale di fronte alla morte o al ferimento, anche accidentale, di innocenti. Senza questo appoggio l’esito stesso della missione, indipendentemente dai successi militari, viene messo in pericolo. Questa è la ragione per cui armi selettive e dal grado di letalità limitato riuscirebbero certamente a ridurre questo gravissimo rischio contribuendo a vincere quelle che ormai costituiscono una dimensione fondamentale di ogni operazione militare: l’effetto CNN. L’effetto sia psicologico sia propriamente materiale dell’impiego su vasta scala di queste nuove armi potrebbe, quindi, essere di dimensioni importanti, soprattutto se inserito all’interno di due passaggi vitali di una PSO: il consenso e la proporzionalità dell’uso della forza.


4. Possibili impieghi delle armi non letali nelle operazioni di ordine pubblico

La degenerazione degli scontri di piazza in occasioni di manifestazioni di vario genere ha messo in luce i limiti delle forze dell’ordine nel gestire cospicui gruppi di manifestanti violenti con gli strumenti classici in dotazione alle Forze di Polizia, strumenti non più in grado di soddisfare le moderne esigenze di ordine pubblico che si basano sulla necessità di evitare lo scontro e provocare il minor danno possibile alle persone, identificando ed isolando i facinorosi. Anche in Italia, le forze dell’ordine hanno affrontato, in alcune occasioni, scontri ad alta intensità simili a quelli che già hanno interessato le forze dell’ordine degli Stati Uniti (rivolta di interi quartieri a Los Angeles), in Israele (intifada) e in Gran Bretagna (scontri razziali e manifestazione in Ulster), Paesi questi che per primi hanno sviluppato la ricerca tecnologica nel settore delle armi non letali, alcune delle quali, già testate, sono adatte ai compiti di contenimento di folle di rivoltosi. Si pensi alle pallottole di gomma e alle granate flashbang, cioè accecanti-assordanti, mentre si studiano altri strumenti quali sostanze collanti o scivolose per bloccare o impedire il passaggio lungo i confini di eventuali “zone rosse”, speciali cannoni per lanciare contro i gruppi più aggressivi miscele maleodoranti o schiume collanti che a contatto con l’aria si solidificano bloccando i facinorosi o creando barriere invalicabili anche a una folla inferocita se opportunamente corrette con sostanze repellenti o irritanti. Sono altresì allo studio munizioni speciali caricate a vernice che permetterebbero di rendere facilmente distinguibili i manifestanti più facinorosi rispetto a quelli pacifici. Tutti questi sistemi sono già in dotazione sperimentale ai reparti militari statunitensi e anche ai reparti antisommossa di molte forze di polizia americane, mentre sono in fase di sviluppo altre armi non letali, quali emettitori acustici di ultrasuoni a bassissima frequenza in grado di provocare nausea e stordimento e quindi rendere inoffensivi gli aggressori (utilizzati fin dagli anni ’80 dai Sovietici per tenere lontani i curiosi dai perimetri di basi e poligoni militari e dagli Inglesi in Ulster) ed armi che emettono impulsi luminosi ad alta intensità e luci stroboscopiche (note anche come Dream Machine), in grado di disturbare temporaneamente la frequenza delle onde cerebrali umane, causando vertigini, disorientamento e nausea.


5. Natura e disciplina giuridica delle armi inabilitanti non letali

Il primo spinoso problema nello studio delle armi non letali è quello di stabilire se esse rientrino o meno nella categoria delle armi, sebbene con effetti particolari,oppure se esse siano qualcosa di diverso. Se non fossero armi di tipo convenzionale, occorrerebbe infatti chiedersi cosa sono e qual è il loro regime giuridico. Secondo Alhadeff, sia le tecnologie inabilitanti sia le armi letali hanno lo stesso obiettivo (cioè persone o cose), ma differenti sono le modalità di efficacia: le prime hanno effetti distruttivi e sono state progettate con tale scopo, le seconde mirano ad avere effetti il più possibile reversibili. Pertanto, dal concetto di arma non letale occorre escludere tutto ciò che non è volto direttamente alla inabilitazione né è stato progettato come tale. Vanno esclusi dunque i giubbotti antiproiettile ed i sistemi di sorveglianza di aree, come le reti satellitari, perché non sono state progettati con l’intento di recare un danno non letale ad uomini e mezzi. Vanno esclusi inoltre i sistemi d’arma di bassa tecnologia, come i bastoni in legno o i manganelli, “perchè poco significativi”, nonché tutti i dispositivi associati alla guerra psicologica, elettronica e dell’informazione e le armi letali di precisione perché non sono state progettate con il preciso scopo di minimizzare i danni a persone o cose. Considerata la questione dal punto di vista dell’ordinamento giuridico interno, la soluzione non può essere che una sola: le armi non letali sono armi tout court. Attualmente, “agli effetti della legge penale” è arma, ai sensi del 2° comma dell’art. 585 codice penale, lo strumento la cui destinazione naturale è l’offesa ad una persona fisica, mentre dal 3° comma del medesimo articolo di desume che è altresì arma qualsivoglia strumento atto ad offendere persone o cose di cui sia dalla legge vietato il porto in modo assoluto ovvero senza giustificato motivo. Qui è contenuta, dunque, la nozione giuridica di arma la quale è assoggettata alla disciplina del codice penale: l’arma non letale, in quanto strumento idoneo ad offendere, non può che essere un’arma secondo il nostro ordinamento, potendo l’offesa tradursi in qualsivoglia lesione (fisica, un impedimento, una inabilitazione di cose o persone) cioè in un danno. Essendo, quindi, armi in senso convenzionale, benché non letali, sono sottoposte alle stesse restrizioni a cui sono soggette le armi letali. Sul piano del diritto internazionale pubblico, la giustificazione giuridica alle cd “armi non letali”, trova fondamento nei principi consuetudinari dei conflitti armati (principi della necessità militare, dell’umanità e della proporzionalità tra danno e azione militare), nel principio del superfluous injury or necessary suffering, nel principio definito della discrimination. Tali principi derivano, in particolare, dagli artt. 35, 36, 51 del I Protocollo addizionale alla convenzione di Ginevra del 12 agosto 1977. Secondo l’art. 36, ciascuna Parte contraente ha l’obbligo di assicurare la legalità di ogni arma o di altri strumenti internazionali alla luce delle previsioni del medesimo Protocollo. L’art. 35 proibisce espressamente le “armi” che cagionano offese superflue o sofferenze non necessarie. Si tratta di un corollario alla regola, contenuta nell’art. 22 della Convenzione II dell’Aia del 29 luglio 1899, ratificata dall’Italia il 4 settembre 1900, per la quale “il diritto dei belligeranti di adottare forme di offesa verso il nemico non è illimitato”. L’art.51, infine, proibisce le armi che siano ad effetto indiscriminato. Si tratta di una regola fondamentale in quanto vieta l’azione di aggressione verso obiettivi che non siano di natura militare o che siano civili e miliari ad un tempo ovvero soltanto civili senza distinzione. Si ritiene tuttavia che il modo migliore per deliberare la legalità delle armi non letali sia quello di prendere in considerazione, di volta in volta, gli effetti di ciascuna nuova tecnologia su uomini e mezzi.


6. Conclusioni

La discriminazione dell’impiego della forza militare è un fattore di vitale importanza nella conduzione delle Operazioni Diverse dalla Guerra ed in particolare delle PSO. L’influenza dei fattori politici, dominanti in questo caso rispetto agli altri, comporta la necessità di poter disporre di mezzi e strumenti che consentono di graduare l’impiego della forze e giungere all’end state della missione minimizzando gli effetti collaterali sulla controparte e sulle proprie truppe. In questo specifico settore la tecnologia è di sicuro ausilio. Essa consente, infatti, di avere armi sofisticate, facilmente impiegabili, dagli effetti graduali e graduabili. A fronte, però, di un’innovazione spiccata e aderente alle necessità degli odierni scenari, si assiste ad una mentalità non ancora pronta ad accettare tale tipo di evoluzione. Ciò si riflette nella conseguente carenza di un adeguato supporto giuridico normativo che ne agevoli l’impiego. Infine rimane la risposta al terzo degli interrogativi posti in premessa. Il peso di tali mezzi in fase pianificazione è, senza dubbio, notevole. Disporne o non disporne implica diversi modi di agire, differenti “course of action” sulle quali il Comandante si troverà a dover decidere, diversa composizione ed articolazione delle forze per i vari compiti che verranno assegnati. Chiunque, anche non del settore, comprende facilmente che maggiore è la disponibilità di risorse, più ampia è la discrezionalità del Comandante nelle scelte delle linee d’azione. A questo punto, per dare un senso di concretezza alle parole, si potrebbe provare ad immaginare la struttura di un costituendo reparto dotato di armi convenzionali e di armi non letali. Potremmo facilmente parlare di squadre o plotoni da inserire nelle compagnie delle unità di manovra o, addirittura, di compagnie ad hoc costituite da squadre specializzate sui vari sistemi inabilitanti. Ma in realtà, ciò che si pensa sia pagante, sarà il supporto tecnicologistico e l’addestramento del personale preposto. In conclusione, a fronte della attualità di quanto scrisse Sun Tzu duemila anni fa(1), si ritiene interessante riportare la seguente citazione: “… Malgrado i numerosi problemi che esse sollevano, le armi non letali rimangono comunque l’unico strumento capace di dare efficacia allo svolgimento di nuovi compiti affidati alle forze armate di cui le PSO sono la regina del momento…”(2).


(1) - “L’abilità del Comandante consiste nel piegare le forze del nemico senza alcun combattimento, nell’impadronirsi delle città senza assalirle, nel conquistare lo stato nemico senza lunghe operazioni militari”.
(2) - JAN ALHADEFF, Le armi inabilitanti non letali, collana Franco Angeli 1999.

Allegato A

Allegato B