5. L'eredità dei tribunali della Seconda Guerra Mondiale

Sulla natura e sul concreto operato dei tribunali di Norimberga e di Tokio, si è sviluppato un intenso dibattito che ha sollevato non poche polemiche, soprattutto per le riserve mosse da quanti hanno sostenuto concezioni positiviste o ispirate dalla “teoria pura” del diritto. Gli spunti critici apparivano formalmente ineccepibili: in primo luogo, si alterava il concetto di responsabilità internazionale nella quale erano “soggetti” solo gli Stati e a cui era deontologicamente estraneo ogni coinvolgimento diretto nella punizione degli individui”(27); si trattava poi di organi giurisdizionali non precostituiti (in contrasto con il principio del giudice naturale), chiamati a giudicare sulla base di un diritto bellico e internazionale ancora indeterminato (non suffragato pertanto dal principio della certezza del diritto: nullum crimen sine lege), e di una sistema normativo con efficacia retroattiva, contrario dunque al principio della irretroattività della legge penale: nullum crimen sine praevia lege poenali; quanto poi alla connotazione “internazionale” dei tribunali, si osservò che in realtà erano tribunali voluti e costituiti, oltre che dominati, dalle Potenze vincitrici, in cui non poteva garantirsi l’ imparzialità e la serenità del giudizio secondo i criteri generali di legitima suspicione.

Per il Tribunale di Tokio si è detto che era stato istituito addirittura con un ordine militare ed era comunque, secondo il Conforti, un “tribunale interno, in quanto costituito con una decisione della sola Potenza occupante”(28). Lo stesso giudice indiano Pal, che si pronunciò per l’ assoluzione degli imputati di Tokio, dichiarò espressamente in una intervista che “ogni processo come quello svoltosi davanti al Tribunale militare internazionale per l’Estremo Oriente non è che il processo del vinto da parte del vincitore” (29) ; ed anche il giudice francese Henri Bernard non fu meno caustico : “ lo Statuto del Tribunale non era fondato su alcuna regola di diritto esistente quando le infrazioni sono state commesse” (30).

Per un certo periodo del dopoguerra le polemiche assunsero poi un marcato tratto ideologico, adducendo gravi sospetti di imparzialità per aver soprasseduto sulle responsabilità americane nell’uso della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Ma la tesi di Truman nelle sue memorie fu che il lancio dell’atomica aveva permesso di risparmiare almeno un milione di vite umane, permettendo di concludere una guerra che si annunciava ancora lunga e dispendiosa; la storiografia americana ha poi evidenziato che il governo giapponese non tenne conto dell’ultimatum di Potsdam, e la risposta degli Stati Uniti venne dopo la resistenza a oltranza del fanatismo giapponese, che si era rilevato così pericoloso e ostinato nelle battaglie di Iwojima e Okinawa, dove la vittoria americana era stata ottenuta a carissimo prezzo. Infine è stato anche sottolineato come, superata l’epoca del maccarthismo, gli Stati Uniti non rimasero insensibili alle condizioni morali e materiali della popolazione giapponese e si diedero a realizzare il programma di riconciliazione che culminò con la liberazione dei prigionieri di guerra processati e con l’accordo di pace di San Francisco(31).

In generale, non mancarono comunque le tesi che sostennero la validità storica e giuridica dell’operato dei due Tribunali. Tra queste, si evidenziò la fondatezza sotto il profilo del diritto internazionale degli organismi in quanto erano oggetto di previsioni pienamente legittime nel quadro di condizioni di resa e armistiziali accettate dalle Parti in accordi internazionali. In particolare, il collegio giudicante di Norimberga era composto da giudici designati dalle quattro potenze firmatarie dall’ Accordo di Londra, ratificato da altri 19 Stati, mentre quello di Tokio comprendeva da sei a undici giudici scelti dal Comandante Supremo sulla base di una lista di nomi sottoposti dai Paesi firmatari dell’ Atto di capitolazione, oltre che dall’India e dalle Filippine(32).
Ma sicuramente le più veementi opposizioni al “formalismo giuridico”(33), posto a base delle critiche alla giurisdizione di Tokio e Norimberga, vennero da quanti realisticamente ritennero che le atrocità del secondo conflitto mondiale erano andate ben aldilà delle violenze giustificate da uno ius belli che, per quanto ancora indefinito sul piano di una precisa codificazione internazionale, era comunque sufficientemente delineato nei principi consuetudinari. Gli atti istitutivi dei Tribunali di Norimberga e Tokio avevano così potuto introdurre formalmente il principio della responsabilità penale di diritto internazionale, sulla base delle seguenti regole (34):
- Chiunque è responsabile, e punibile individualmente, per aver commesso atti che costituiscono crimini per il diritto internazionale;
- Sono crimini internazionali non solo la pirateria e la tratta degli schiavi(35), ma anche i crimini di guerra, contro la pace e contro l’umanità (36);
- La responsabilità dell’autore di un atto costituente un crimine internazionale non è esclusa, ai sensi del diritto internazionale, per il solo fatto che la legge non preveda la punibilità dell’atto stesso;
- L’aver agito come Capo dello Stato o pubblico funzionario non costituisce, per l’autore di crimini internazionali, circostanza esimente o attenuante, ai sensi del diritto internazionale;
- L’aver agito in esecuzione di ordini del Governo o di un superiore, non costituisce esimente, ma può essere considerata come circostanza attenuante se lo richiedono esigenze di giustizia(37);
- Ogni persona, accusata di un crimine previsto dal diritto internazionale, ha diritto ad un processo equo in fatto ed in diritto;
- I crimini internazionali sono imprescrittibili.
Si può dunque evidenziare come tali principi ispiratori - a prescindere dalla controversia sulla natura originaria dei tribunali della seconda guerra mondiale - sono comunque fondamentali perché è su di essi che si costruiranno le successive iniziative volte a configurare nuovi e più appropriati strumenti di giurisdizione internazionale.


(27) - G. Vassalli , op.cit. il quale, come si vedrà più avanti, critica ampiamente queste impostazioni.
(28) - Conforti, Diritto Internazionale, p.208.
(29) - New York Herald Tribune, del 13 novembre 1948. Cfr.: F. Patruno, op. cit.
(30) - New York Herald Tribune, del 14 novembre 1948. Cfr.: Reale, op. cit.
(31) - Commager, Storia degli Stati Uniti, Torino, 1960, pp.490-491; R. Battaglia, La seconda guerra mondiale, Milano, 1960, p.318-319; C. Bonanno, L’età moderna nella critica storica, Liviana, 1991; S. Romano, Cinquant’anni di storia mondiale, Longanesi,1995, p.22.
(32) - Patruno, op. cit. Sul punto anche il cap. Il processo storico ed i precedenti: dal Tribunale di Norimberga agli odierni tribunali internazionali penali, p. 14-15 in E. Fanelli, L’inquadramento dei tribunali all’interno di una teoria del diritto internazionale penale per Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n.2/1999 p.13-26.
(33) - Cfr.: Vassalli, op. cit.
(34) - Esse vanno a collocarsi nell’ambito della teoria generale della responsabilità penale di diritto internazionale, che può dirsi prendere le mosse dalla Harward Research del 1935. Cfr.: Reale, op. cit., p.71- 74. Patruno, op. cit., p. 787-788. Più dettagliatamente: M.C. Bassiouni, International Criminal Law Convention, pag. 193 e ss.
(35) - Si tratta dei noti crimini internazionali formatisi in epoca remota nel diritto internazionale consuetudinario e recentemente ribaditi nella Convenzione di Montego Bay. Ronzitti, Diritto internazionale per Ufficiali della Marina Militare, Ricerca CeMiSS - Suppl. Rivista Militare, 1993.
(36) - Sulla loro configurazione si dirà più avanti.
(37) - L’art.8 dello Statuto del Tribunale di Norimberga è chiaro: “The fact that the Defendant acted pursuant to order of his Government or of a superior shall not free him from responsability, but may be considered in mitigation of punishment if the tribunal determines that justice so requires” e così recita, sostanzialmente, anche l’art. 6 dello Statuto del Tribunale di Tokio. Cfr.: Patruno, op. cit., p. 788.