Intervento di S.E. Ten. Gen. Capo Renato Maggiore

Questa Tavola rotonda è una delle iniziative meritorie sul piano generalmente culturale, nel senso più ampio, che la Scuola Ufficiali dei Carabinieri può porre in essere. Ce ne fossero molte, di queste iniziative! Sul piano di quella che è la materia in particolare di cui ci si deve occupare, è un po’ - forse più di un decennio - che non si vedono incontri capaci di lasciare il segno, di lasciare l’unghiata nella memoria come per molte occasioni anteriori di congressi, d’incontri, di tavole rotonde, di corsi, corsi di diritto bellico. Benvenuta questa Tavola rotonda.
Grazie all’Arma, qui rappresentata dal Comandante della Scuola Ufficiali; a Lui per l’Arma tutta. Grazie al Comandante della Scuola per queste iniziative che sembra possano avere uno sviluppo; in seguito lo vedremo. Io me lo auguro, nel senso anche soggettivo, perché quanto alla mia posizione personale, avendo molti anni più del Comandante della Scuola, non so se sarò sempre nelle condizioni di avere la gioia che oggi mi è data.

Il tema è “Realtà e prospettive del Diritto Militare”. A qualcuno può anche far sorpresa questa espressione “Diritto Militare”: ma perché, oltre al diritto civile, al diritto penale, al diritto commerciale, al diritto del lavoro eccetera, c’è il diritto militare? È bene che ci sia questo oggetto, questo limitato oggetto di studi oggi, in quanto si riflette poi nella vastità della rosa dei programmi che la Scuola in particolare va svolgendo, che attengono alla militarità come nozione giuridica: legale e giuridica. “Realtà e prospettive del Diritto Militare”: io - che trovo comunque molto ben scelto questo tema - ho davanti a me il dattiloscritto del programma e trovo che questa tematica si articola in diverse realtà ed è un’idea molto felice e non di meno quasi mi ponevo quella domanda (io che sono per il diritto militare, sia chiaro: io sono ritenuto nella letteratura giuridica un bieco militarista); qualcuno che mi conosce sorride e attesta che è così; ognuno di noi ha pregi e difetti. Questo è un pregio? È un difetto? Io mi dichiaro, mi confesso: io sono un tale militarista. Quindi non posso che avere esultanza se trovo che ci sono testi di diritto militare, una rivista di diritto militare, lezioni di diritto militare, una Tavola rotonda di diritto militare. Parlando del tema “Realtà e prospettive del diritto militare”, lo apprezzo, mi piace e lo rispetto. Ma mi sembra che sia già la risposta a una domanda, a questa domanda: «Ma c’è, nella sua autonomia concettuale, dogmatica, scientifica, non diciamo libresca - sul piano delle attività didattiche certamente c’è - ma sul piano epistemologico c’è il Diritto militare»? E io trovo che questa è la domanda implicata nel tema oggi proposto, nel quale è la risposta.

È un po’ quello che accade nella lingua: gli studiosi della lingua chiamano questo fenomeno aferesi, quando si dice - mi rivolgo ai più giovani - amichevolmente «giorno», invece di dire «buon giorno», quando si dice «sprezzare» invece di dire «disprezzare», «vangelo facendo perdere la prima sillaba... Felice défaillance, nel titolo che leggo. Dico felice perché nel titolo trovo la risposta a questa domanda. Si dà per certo che ci sia il Diritto militare. Io spero sia così: non ne ho la certezza. Spero di averla via via continuando a pensarci, già oggi ascoltando quello che qui sentirò. Diceva S. Tommaso che la certezza è attribuita all’azione dalla volontà, non a quella dalla ragione. Io la volontà in questo senso ce l’ho, piena, particolarmente ardita e audace. Spero di avere il coefficiente della ragione. Non solo che oggi mi venga da voi questo: che possa via via, pensandoci ancora, ripensandoci, nella mia ruminazione spero che mi possa venire questa certezza. Allora il Diritto militare ha una sua autonomia scientifica? Spero che sia così. E il concetto qual è? Al centro della tematica ci sono le Forze armate. Le Forze armate - lasciamo andare se siano o non siano un ordinamento giuridico nel senso di cui parlava Santi Romano, di cui parlava in quegli stessi anni l’Hauriou: oggi certamente non in quel senso le Forze armate sono un ordinamento giuridico - nella storia sono state, nella originaria loro essenza sono state, in questa accezione io ritengo, un ordinamento giuridico. Oggi sono un ordinamento organizzatorio - mi pare sia l’espressione usata dal Giannini - della Difesa.

Sono una struttura, una pluralità di soggetti, in rapporto di coordinazione e di subordinazione e di sovraordinazione, che ha come qualunque aggregato sociale una sua necessità di esistere (innanzitutto deve esserci, poi può proporsi degli scopi e raggiungerli), una sua necessità di essere, di esistere, di sussistere, l’immediato della propria esistenza come organizzazione, come societas che ha già un diritto (ubi societas, ibi ius), ha la sua necessità di esistere, che poi è però di ricchissima, strumentale e finalistica validità. Le Forze armate debbono sussistere, è giusto che facciano in modo di essere nella migliore espressione della loro organizzazione esistenziale, perché lo Stato (ordinamento giuridico plenario supremo, pesante, elefantiaco, confusionario, oggi è tale: è il supremo ordinamento giuridico, nella pluralità degli ordinamenti giuridici), perché lo Stato alle Forze armate affida una specifica funzione, le vuole funzionanti, le vuole funzionali alla propria difesa e quindi ha interesse all’esistenza delle Forze armate, che siano funzionali per la sua difesa esterna e interna. Delle norme indubbiamente sono il reticolo, il tessuto sul quale si assesta questa struttura organizzativa, pluralità di soggetti con specifici fini comuni: esistere ma al fine di realizzare quella idea di difesa demandata alle Forze armate dallo Stato (e lo Stato ha interesse all’esistenza delle Forze armate perciò), finalità sua che diventa la finalità principale poi dell’esistere delle Forze armate.

Io qualche volta ho pensato che il buon padre di famiglia il quale dice spesso “io vivo per questo bambino”, “egli per me è tutto, è la luce dei miei occhi”, dice la verità vera. Vive per quel bambino, ma deve innanzitutto egli vivere, deve voler vivere egli stesso per poter realizzare poi quello che gli sembra lo scopo nobile, alto che illumina la sua esistenza, ma gli è che deve esserci, che deve tenere, conquistare, mantenere, egli la propria esistenza perché, se no, quel fine al quale crede meravigliosamente dedicata la sua esistenza, quel fine è frustrato. Le Forze armate, allora, ordinamento organizzatorio accanto allo Stato, hanno anzitutto la necessità di esistere, proprio per essere funzionali alla difesa interna ed esterna dello Stato. Le norme sottendono questa serie di meccanismi. E c’è il diritto quindi disciplinare, per quello che attiene alle necessità diciamo domestiche, per quello che attiene, cioè, all’istituzione in senso stretto, e c’è poi il diritto invece non disciplinare, il diritto nel senso più pieno e completo della parola che ha i suoi motivi e agganci o le sue espressioni nelle branche varie della concretezza giuridica con la quale lo Stato si esprime e realizza. Debbono, quindi, avere le FF.AA. una loro esistenza con norme, con regole disciplinari e destinare questa loro esistenza, essere funzionali con il loro esistere, allo scopo che lo Stato alle Forze armate destina, che è la sua difesa.

Il Diritto militare in questo quadro, insieme di regole, normativa, ha un suo quid proprium? È genus o è species? Per usare la classificazione che nasce - credo - nel mondo delle scienze naturali con Linneo, con i termini regno, classe, ordine, famiglia, genere e specie che vengono usati tanto nelle scienze giuridiche che in tutto il campo dello scibile: oggi in quelle giuridiche ne facciamo un uso costante. È genus, è genere, o è species, la normativa militare? Le regole che concernono le Forze armate attengono alla disciplina interna, ma poi alla Costituzione, alla scienza costituzionale, alla scienza amministrativa, alla scienza penalistica, ma la militarità in sé, il quid essendi di questo concetto nell’espressione unitaria più alta della ricerca e speculativa filosofica, qual è?

La militarità, in sostanza, a me sembra che sia il prodotto di alcune ricerche sul piano di buona volontà, che però riflette, che però è uno spaccato sul mondo di tante normative eterogenee. Uno spaccato che la etichetta militarità, species nella varie branche del diritto. E io ho sempre sentito dire, ho sempre voluto dire, ho creduto che si dovesse dire “Diritto penale militare”, che si dovesse dire “Diritto penale minorile”, “Diritto internazionale militare”, “Diritto disciplinare militare”, “Diritto amministrativo militare”. Del resto, c’è un codice penale militare nel quale è la procedura penale militare. Oggi si parla, e giustamente, a livello di evoluzione, di conquiste dalla scienza giuridica lato sensu, di “Diritto processuale penale”, di “Diritto processuale civile” e noi diciamo “Diritto processuale penale militare”, ma l’espressione stessa “diritto processuale” è il genus al quale attengono il processuale penale, il processuale civile, il processuale amministrativo. Il processuale civile addirittura nella nomenclatura è recente. In una grandissima opera di Diritto processuale civile, quella del Martirolo, non si conteneva una sola volta la parola processo, procedimento civile. Il Mortara rare volte parla di procedimento civile. Si parlava di procedura civile. Di procedimento si è più e prima parlato, - espressione proveniente dalla scienza tedesca e dalla dottrina canonica - in penale, anche perché nel linguaggio comune si diceva, si dice, è frequente, non è sbagliato, giornalisticamente è di tutti i giorni: “è stato processato”.

Il diritto processuale penale ha avuto questo suo nomen iuris più e prima del diritto processuale civile, ma insomma è processuale, prima che penale, e l’altro prima che civile. Io su questo mi fermo molto, intimamente perplesso, quando mi domando se ci sia un’autonomia del diritto militare. Ma il diritto internazionale è il diritto internazionale, poi pubblico o privato, genus, e species è il diritto internazionale tributario (Udina). Ai miei tempi di studente, nelle Università c’era la cattedra di Diritto internazionale, gli internazionalisti, i grandi internazionalisti erano pochi, una volta c’erano nelle varie materie i giganti: soltanto i giganti avevano le cattedre nelle università. Oggi c’è - ma giù il cappello - una proliferazione di cattedre e una quantificazione notevole di insegnanti fra i quali i giganti non sono moltissimi. Bene, il diritto internazionale tout-court c’era e basta; oggi sappiamo bene, c’è il diritto diplomatico consolare, oggi c’è l’organizzazione internazionale, oggi c’è il diritto comunitario etc. Questa proliferazione non ha, nelle species che sono così derivate, delle species che portino come tali con sé la stimmate dell’autonomia, del genus.

L’autonomia scientifica di certe materie io non l’ho mai saputa vedere e non la capisco. Per il diritto militare è un po’ diverso perché è una mia sentimentale propensione a farmi forse essere incerto. Ma non poso fare a meno di dire all’uditore che tengo a fare presenti questi punti, questi spunti della mia perplessità. Se c’è il processuale tributario (Allorio), diritto penale tributario (Malinverni), se c’è il diritto penale commerciale, se c’è il diritto penale minorile... il diritto minorile non ha una sua autonomia, una sua completezza; non la ha il diritto penale tributario: è derivato dalla considerazione che concerne le norme le quali possono riguardare gli aspetti connessi ai tributi, ma per quanto riguarda il diritto penale, cioè è la normativa tributaria che attiene agli aspetti penalistici della materia tributaria. Il diritto penale commerciale ha la sua matrice nel diritto penale e ha i suoi aspetti sul piano delle norme commerciali. Così io temo che il diritto militare non abbia una sua autonomia. Quindi penso che questa tavola rotonda abbia questo titolo in sostanza: il problema dell’autonomia del diritto militare. Ciò premesso non voglio dire altro, ascolto e attendo che si dica da ognuno quello che è il contributo che crede di dare a questa vasta tematica; ascolterò con molta attenzione sui vari temi della nozione di militarità che sono proposti qua, nell’articolazione di questa tavola rotonda. Cioè, sul piano dei principi giuridici (la militarità è un principio) che concernono le Forze armate, c’è un’autonomia della complessità delle normative che concernono le Forze armate e che si possa dire autonomia scientifica? Didattica è un’altra cosa, non m’interessa. Autonomia scientifica del diritto militare? Le Forze armate sono il momento in cui lo Stato si organizza in forza fisica. Questo momento esprime la militarità delle normative che concernono questo grado dell’evoluzione sociale. Questa militarità si aggancia alle varie branche del diritto che sono dell’ordinamento giuridico, o ha un suo “in sé” da accertare?
Dobbiamo accertarlo.

Io so bene che fra i notevolmente abili e noti cultori che seggono qui per questa tavola rotonda ci sono i convinti assertori della essenza scientifica, dell’autonomia del diritto militare. Fa bene a tenermi al corrente con una sua non ancora nata pubblicazione uno dei presenti a questa tavola rotonda, il maggiore Bassetta. Io credo che egli sia un assertore di questo concetto dell’autonomia scientifica della normativa militare, come diritto militare fondato sulla ipostasi della militarità nelle sue espressioni giuridiche e poi legali. Sentirò da ognuno, con grande attenzione, convinto di avere da apprendere da quello che ognuno mi dirà. Dico già il mio grazie a quelli che, avendomi voluto benevolmente ascoltare in questo mio non ordinato discorso, mi verranno via via dando elementi sui quali io prometto che andrò a riflettere e prego il Comandante della Scuola che presiede questa Tavola rotonda di dare via via la parola all’avvocato Boursier, al maggiore Bassetta, al colonnello Libertini, secondo l’indicazione che ho qui nel dattiloscritto che mi è stato fornito.