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  • N.3 - Luglio-Settembre
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  • Legislazione e Giurisprudenza
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Corte di Cassazione

Giovanni Pioletti

Edilizia - Disciplina urbanistica - Lottizzazione abusiva - Natura di reato a consumazione alternativa - Sussistenza - Conseguenze - Fattispecie.

(L. 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 18 e 20 co. 1, n. 3)

Sez. Un., 28 novembre 2001, n. 5115. Pres. Vessia, Rel. Fiale, P.M. (conf.) Galgano, ric. Salvini.

La contravvenzione di lottizzazione abusiva si configura come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione, sia quando quest’ultimo sussista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, in quanto grava sui soggetti che predispongono un piano di lottizzazione, sui titolari di concessione, sui committenti e costruttori l’obbligo di controllare la conformità dell’intera lottizzazione e delle singole opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di pianificazione. (Fattispecie relativa a sequestro preventivo di struttura destinata a ipermercato e a parcheggio, per la quale esisteva autorizzazione alla lottizzazione in contrasto con alcune prescrizioni delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Modugno).


Imputato - Dichiarazioni - Oggetto di testimonianza (divieto) - Dichiarazioni rese nel corso di attività ispettiva o di vigilanza da soggetto poi sottoposto a procedimento penale - Operatività del divieto - Presupposti - Fondamento - Fattispecie relativa a deposizione di ispettore del lavoro.

(Nuovo cod.proc.pen. artt. 62, 63, 191 e 192; Disp. att. nuovo c.p.p. art. 220)

Sez. Un., 28 novembre 2001, n. 45477. Pres. Vessia, Rel. Rossi, P.M. (parz. diff.) Galgano, ric. Raineri.

Il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell’imputato o dell’indagato ed il connesso divieto di utilizzazione si applicano alla testimonianza resa da un ispettore del lavoro su quanto a lui riferito da persona nei cui confronti siano emersi, nel corso dell’attività ispettiva, anche semplici dati indicativi di un fatto apprezzabile come reato e le cui dichiarazioni, ciononostante, siano state assunte in violazione delle norme poste a garanzia del diritto di difesa, atteso che il significato dell’espressione “quando... emergano indizi di reato” - contenuta nell’art.220 disp. att. cod. proc. pen. e tesa a fissare il momento a partire dal quale, nell’ipotesi di svolgimento di ispezioni o di attività di vigilanza, sorge l’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale - deve intendersi nel senso che presupposto dell’operatività della norma sia non l’insorgenza di una prova indiretta quale indicata dall’art.192 cod. proc. pen., bensì la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata.


Produzione, commercio e consumo - Prodotti alimentari - Reati - Contravvenzione prevista dall’art. 5, lett. b, della legge 30 aprile 1962 n. 283 - Cattivo stato di conservazione di sostanze alimentari - Riferibilità alle sole caratteristiche intrinseche delle sostanze - Esclusione - Riferimento anche alle modalità estrinseche della conservazione - Sussistenza - Fattispecie.

(L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b)

Sez. Un., 19 dicembre 2001, n. 443. Pres. Vessia A Rel. Agrò, P.M. (conf.) Leo, ric. Butti e altro.

Ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall’art. 5, lett. b, della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l’impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest’ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nella detenzione, per la somministrazione ad ospiti anziani di un “residence”, di cibi già cotti, contenuti in teglie scoperte, a una temperatura ambiente di 26 gradi C, da portare in tavola dopo due ore di conservazione nelle dette condizioni).


Produzione, commercio e consumo - Prodotti alimentari - Reati - Contravvenzione prevista dall’art. 5 lett. b) della legge 30 aprile 1962 n. 283 - Configurabilità di essa come reato di pericolo presunto - Esclusione - Configurabilità come reato di danno - Sussistenza - Fondamento - Concorso con le ipotesi di reato previste dalle altre lettere dello stesso art. 5 - Possibilità.

(L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b)

Sez. Un., 19 dicembre 2001, n. 443. Pres. Vessia A Rel. Agrò, P.M. (conf.) Leo, ric. Butti e altro.

La contravvenzione prevista dall’art. 5, lett. b, della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l’impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è reato di pericolo presunto, ma di danno, in quanto la disposizione citata non mira a prevenire - con la repressione di condotte, come la degradazione, la contaminazione o l’alterazione del prodotto in sé, la cui pericolosità è presunta “iuris et de iure” - mutazioni che nelle altre parti del citato art. 5 sono prese in considerazione come evento dannoso, ma persegue un autonomo fine di benessere, consistente nell’assicurare una protezione immediata all’interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura. Ne consegue che tale contravvenzione non si inserisce nella previsione di una progressione criminosa che contempla fatti gradualmente più gravi in relazione alle successive lettere indicate dal citato art. 5, ma si configura, rispetto ad essi, come figura autonoma di reato, che con essi può concorrere, ove ne ricorrano le condizioni.


Bellezze naturali - Immobili realizzati in zona vincolata - Utilizzo di coperture diverse da quelle tipiche - Reato di cui all’art. 1 sexies del D. L. n. 312 del 1985 - Configurabilità - Fondamento - Fattispecie.

(D. L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 sexies; L. 8 agosto 1985, n. 431; D. Lg. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163)

Sez. 3, 30 novembre 2001, n. 3937. Pres. Malinconico, Rel. Postiglione, P.M. (conf.) Favalli, ric. P.M. in proc. De Monte.

In tema di protezione delle bellezze naturali, integra il reato di cui all’art. 1 sexies del D. L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, l’utilizzazione per gli immobili realizzati in luoghi caratteristici e sottoposti a vincoli paesaggistici, di coperture diverse da quelle tipiche dei luoghi stessi, atteso che anche le tipologie costruttive di alcune località vincolate sono soggette al controllo preventivo attraverso il nulla osta paesaggistico in quanto si inseriscono in una visione armonica e tradizionale del paesaggio. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrato il reato de quo nella mancata utilizzazione delle tipiche scatole in legno nella realizzazione di un tetto in Comune di Tarvisio).


Beni immateriali: tutela penale - Diritti di autore sulle opere dell’ingegno (proprietà intellettuale) - Supporti privi del contrassegno della SIAE - Semplice detenzione - Reato previsto dall’art. 171 ter lett. c) legge n. 633 del 1941 - Configurabilità.

(L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171 ter, lett. c; L. 18 agosto 2000, n. 248, art. 14; D. Lg. 16 novembre 1994, n. 685, art. 17)

Sez. 3, 19 ottobre 2001, n. 43312. Pres. Toriello, Rel. Mannino , P.M. (conf.) De Nunzio, ric. Peloso.

In materia di diritto d’autore, nella individuazione dell’azione tipica del reato configurato dall’art. 171 ter lett. c) della legge 22 aprile 1941 n. 633 (vendita o noleggio di supporti privi del contrassegno della SIAE) la formula “vende o noleggia” deve essere intesa non come effettivo compimento di un atto di vendita o di noleggio, bensì come attività che consiste nel porre in vendita o disponibili per il noleggio cassette o altri supporti privi del citato contrassegno. (In applicazione di tale principio la Corte ha altresì affermato che trattasi di reato a consumazione anticipata con esclusione della configurabilità del tentativo).


Indagini preliminari - Attività della polizia giudiziaria - Operatore di polizia giudiziaria che risponde alle chiamate pervenute sul telefono cellulare dell’arrestato - Deposizione sul contenuto delle chiamate - Utilizzabilità - Applicabilità della disciplina sulle intercettazioni telefoniche - Esclusione.

(Nuovo cod.proc.pen., art. 266, 267 e 271)

Sez. 4, 7 novembre 2001, n. 7724. Pres. Fattori, Rel. Bianchi, P.M. (conf.) Iadecola, ric. Bregasi.

L’attività posta in essere dall’agente di polizia giudiziaria il quale, subito dopo l’arresto dell’indagato, risponda alle telefonate che pervengono all’apparecchio cellulare di quest’ultimo, non è qualificabile come “intercettazione” e non è, quindi, soggetta alla disciplina di cui agli artt. 266 e seguenti cod. proc. pen., giacché la presenza dell’indagato, comportando la piena consapevolezza, da parte sua, dell’interferenza in atto, esclude che la medesima presenti l’indispensabile requisito della insidiosità.