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Corte dei Conti

Sentenze tratte dal sito www.corteconti.it

Responsabilità - Amministrazione della difesa - Presentazione di falsi documenti per idennità di trasloco - Falsificazione e produzione effettuata da ditta delegata per la pratica - Illecito del militare - Esclusione.

Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, 26 giugno 2001. Pres. Simonetti, Est. Arganelli, P.M. Rosati - Stoppoloni (avv. Giordano) c. P.G..

Ritenuto in fatto:

Con sentenza appellata è stato condannato B. S., colonnello dell’Aeronautica militare, al pagamento in favore del Ministero della Difesa di £. 11.345.191, oltre rivalutazione ed interessi e spese di giudizio, per somme indebitamente percepite in occasione del trasferimento di masserizie da una base straniera a Roma.
Il giudizio di responsabilità era stato promosso dal Procuratore regionale con atto di citazione del 12 agosto 1997, che richiamava il procedimento penale conclusosi con la sentenza del Tribunale militare di Roma 11-13 ottobre 1994 (passata in giudicato) che aveva applicato allo S. la pena patteggiata di otto mesi di reclusione per il reato di truffa pluriaggravata, per l’indebita percezione in misura maggiore di quella spettante dell’indennità di rimborso spese per il trasporto di mobilio, masserizie ed effetti personali in relazione al trasferimento da Wichita Falls (USA) a Roma.

Dagli atti del procedimento penale era emerso che l’importo del nolo marittimo indicato sulla polizza di carico presentata per il rimborso era di £. 11.345.200 superiore a quello riportato dalla polizza acquisita presso la società di navigazione.
Del danno derivante dalla corresponsione di tale maggiore somma il Procuratore regionale aveva ritenuto responsabile S., per aver prodotto la polizza di carico falsificata, recante il maggior importo, richiamando anche la sentenza penale di patteggiamento che, pur non avendo autorità di cosa giudicata, può essere autonomamente oggetto di valutazione ai fini dell’accertamento della colpevolezza.
Il giudice di prime cure, con la sentenza appellata, ha affermato la sussistenza del danno, in quanto risulta dagli atti che S. percepì £. 35.713.010 quale rimborso per le spese di trasferimento, mentre avrebbe dovuto percepire £. 24.367.810, in quanto la somma pagata alla soc. Italia Navigazione fu di £. 6.354.810 e non di £. 18.976.440, e l’irrilevanza della circostanza che S. risultava aver versato allo spedizioniere l’intero importo riscosso dall’Amministrazione, poiché il danno sussiste indipendentemente da chi abbia tratto vantaggio dalla maggior somma erogata.
Ritenuto esistente il nesso di causalità tra il comportamento di S. e il prodursi del danno, per aver l’ufficiale prodotto documentazione falsa (ancorché predisposta dallo spedizioniere), in ordine all’elemento psicologico la sentenza fonda la grave colpevolezza sulle risultanze della sentenza penale di condanna e sulle dichiarazioni del rappresentante dello spedizioniere, secondo cui il proprio compito era quello di procurare la documentazione per il rimborso massimo ammissibile, al quale gli ufficiali trasferiti ritenevano di aver comunque diritto. La colpa grave consisterebbe nell’avere lo S. “quanto meno omesso, con estrema leggerezza ed elevata faciloneria, di esercitare il doveroso controllo sulla documentazione consegnatagli dallo spedizioniere e che presentò all’Amministrazione della difesa per ottenere un rimborso, la cui esatta entità aveva l’obbligo di conoscere”.

Avverso detta sentenza lo S. ha proposto appello, deducendo:

1) improcedibilità del giudizio di primo grado per abbandono della domanda da parte del P.A. ed obbligo di declaratoria di cessazione della materia del contendere - Extrapetizione;

2) assenza sia dell’elemento soggettivo, sia dell’antigiuridicità della condotta.
Non sarebbe stata inoltre adeguatamente valutata anche la circostanza che lo S. pagò allo spedizioniere l’intero importo liquidatogli dall’Amministrazione, né si sono correttamente valutate tutte le dichiarazioni del rappresentante dello spedizioniere in ordine alla sua esclusiva responsabilità nella falsificazione.
Conclusivamente chiede la parte appellante, in via pregiudiziale, l’annullamento della sentenza appellata per improcedibilità dell’azione, a seguito dell’abbandono della domanda da parte del Pubblico Ministero in udienza e nel merito, l’assoluzione per mancanza di antigiuridicità della condotta ed assenza dell’elemento soggettivo; in via del tutto subordinata chiede un largo esercizio del potere riduttivo.
Il Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte ha chiesto il rigetto del gravame.
All’udienza dibattimentale del 10 aprile 2001 sia la parte appellante che il P.M. hanno ribadito le richieste scritte.

DIRITTO

L’appello è fondato ed in termini di cui appresso merita accoglimento.
Va anzitutto respinta l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità del giudizio di primo grado.
Correttamente il giudice di prime cure ha puntualizzato che le affermazioni del Pubblico Ministero in udienza, non costituiscono in via di principio abbandono o rinunzia alla domanda contenuta nell’atto di citazione.
L’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione di responsabilità comporta infatti - una volta esercitato il relativo potere con la notificazione dell’atto di citazione - da un lato l’impossibilità di modificare la domanda, dall’altro l’irretrattabilità di questa, salva, ovviamente, l’incidenza in concreto di fatti sopravvenuti o l’emersione di fatti nuovi, non considerati in sede di emanazione dell’atto di citazione. In questo quadro, l’atteggiamento del Pubblico Ministero nell’udienza di primo grado non può quindi di per sé né esplicitamente né implicitamente, essere valutato come abbandono di una pretesa risarcitoria sulla quale, incardinato il giudizio, il Collegio è chiamato a pronunziarsi.

Di qui l’inconfigurabilità sia di una rinunzia all’azione in primo grado, sia di una rinunzia all’azione in primo grado, sia del vizio di extrapetizione della sentenza che abbia pronunziato sulla domanda formulata nell’atto introduttivo.
Ed infatti giurisprudenza prevalente di questa Corte è nel senso che il P.M. non è vincolato, ai fini dell’appello, dalle richieste conclusionali del P.M. di udienza in primo grado (cfr. SS.RR. 24 novembre 1990 n. 689; II Sez. 14 aprile 1997 n. 39 e 12 maggio 1997 n. 50; III Sez. 19 marzo 1998 n. 92).
Nella fattispecie, poi, la domanda contenuta nell’atto di citazione si fondava sul danno erariale derivante all’Amministrazione dall’erogazione di somme maggiori di quelle che essa avrebbe dovuto effettivamente corrispondere. Correttamente, pertanto, il Procuratore Generale nelle conclusioni scritte ha evidenziato che in questa prospettazione la circostanza del totale versamento allo spedizioniero della somma riscossa da S. era già stata esplicitamente considerata dal Procuratore regionale come non incidente sull’effettività del danno subito dall’Amministrazione.
Né sussiste vizio di extrapetizione posto che il danno è stato addebitato allo S. per aver prodotto una polizza di carico con un importo maggiorato, a prescindere dal suo eventuale profitto personale, cosicché le considerazioni espresse dal Pubblico Ministero in udienza, lungi dal fondarsi su elementi di fatto non considerati, si fondano sugli stessi elementi considerati nell’atto di citazione.
Respinta l’eccezione pregiudiziale, nel merito l’appello è fondato. Nella specie infatti va esclusa la sussistenza dell’elemento soggettivo.

Né ha effetto vincolante sotto tale profilo la sentenza penale di condanna, attesochè la stessa non ha valore di giudicato ex art. 651 c.p.p., per essere stata pronunciata a seguito di patteggiamento, posto che il dolo penale è fattispecie diversa rispetto al dolo ed alla colpa civile e posto che il giudizio contabile ha contenuto risarcitorio; e cosicché il parallelismo è a farsi con il processo civile e con le regole che vigono in tema di obbligazioni da inadempimento da illecito contrattuale, con tutte le implicazioni in fatto ed in diritto.
Ed invero la mancata partecipazione dello S. alla formazione della polizza di carico come pure la negligente verifica della corrispondenza tra la quantità di masserizie spedite e quella indicata in polizza di carico se è pur vero che escludono l’esimente, sono a valutazione di questo giudice imputabili solo a colpa lieve.
Tanto posto che la falsità della polizza, come non fu riconoscibile dall’ufficio liquidatore, avverso all’esame di tali documentazioni, ben poteva non essere riconoscibile dallo S., che in ragione delle sue competenze istituzionali ben poca esperienza poteva avere in punto.

D’altra parte è stata chiarita l’estraneità dello S. nella falsificazione della documentazione in questione; e lo stesso rappresentante del vettore, Sig. D’A. ha confessato in sede penale di essere stato il solo autore della falsificazione non riconoscibile dai militari.
D’altra parte l’affermazione di detto Sig. D’A. che i militari “sapevano di pagare un importo inferiore a quello indicato nelle fatture” è affermazione generica che non ha e non può aver valore come prova nel caso concreto per cui è qui causa, in quanto affermazione generica non supportata da alcun riferimento specifico alla fattispecie che ne occupa; mentre riferimento specifico ha altra dichiarazione resa dal D’A. davanti al Tribunale Penale Ordinario, dove viene detto che i militari trasferiti non avevano contezza delle modalità attraverso le quali veniva predisposta la falsa documentazione.

È in atti dichiarazione della ditta “Sestito” dalla quale risulta che lo S. effettivamente ebbe a pagare l’intera somma fatturata come da ricevuta dello spedizioniere versata in atti; elementi questi, insieme agli altri sopra indicati, che depongono, secondo valutazione discrezionale di questo giudice, per la imputabilità allo S. di colpa lieve per non aver verificato la corrispondenza tra quanto spedito e quanto indicato in polizza in termini di entità delle masserizie trasferite, ma non già di colpa grave.
Cosicché l’affermazione dei primi giudici di sussistenza a carico dello S. in fattispecie di estranea leggerezza e di elevata faciloneria - negligentia negligentissimi -, appare apodittica e non condivisibile per quanto innanzi detto.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,

ACCOGLIE

l’appello in epigrafe avverso la sentenza impugnata e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, assolve il Sig. B. S. dalla domanda attrice.


Responsabilità - Amministrazione della difesa - Dipendente della Marina Militare - Illecito anche penale - Fattispecie - Sussistenza.

Sezione giurisdizionale per la regione Liguria, 12 febbraio 2001. Pres. f.f. Gayno, Est. Salamone, P.M. Bogetti - P.R. c. L. ed altri.

Ritenuto in fatto:

Con atto di citazione del 16 maggio 2000, regolarmente notificato, la Procura regionale ha convenuto in giudizio i signori L. R. e G. A., per sentirli condannare in solido tra loro al pagamento in favore dell’Erario della somma di Lire 5.324.190 (cinquemilionitrecentoventiquattromilacentonovanta), oltre a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
Risulta dagli atti che la Procura Militare della Repubblica di La Spezia aveva richiesto al G.I.P. presso quel Tribunale Militare l’emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti del sig. L. R. ritenuto responsabile di “Concorso nel reato Pluriaggravato di truffa” in quanto “essendo 2° Capo della Marina Militare, in data 2.6.1989, mediante artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare la fattura n. 5 del 17.5.1989, intestata alla ditta S.I.T. emessa per operazioni di trasloco inesistenti, e l’atto della pesa pubblica ad essa relativo e nel presentarli presso l’ufficio amministrativo di Maricentro in La Spezia per ottenerne il rimborso, in concorso con altre persone che gli procuravano tali documenti, induceva in errore il capo del servizio Amministrativo e gli altri addetti a tale ufficio, procurandosi un ingiusto profitto derivante dalla liquidazione della somma di lire 5.324.190 a titolo di rimborso spese per trasporto di mobili e masserizie. Con le aggravanti dell’aver commesso il fatto in danno dell’Amministrazione Militare e dell’essere rivestito di un grado”.
A seguito di rinvio a giudizio disposto con decreto in data 8 novembre 1995 dal Giudice dell’udienza preliminare, il Tribunale Militare di La Spezia, con sentenza n. 179 in data 24.5.1996, dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto imputato perché il reato risultava estinto per effetto di amnistia.

Risulta pure in atti la sentenza n. 350/97 del 24.7.1997 con la quale il G.U.P., presso il Tribunale di Catania, ha applicato, su richiesta delle parti, ai sensi degli artt. 444 e ss. del cod. proc. pen., la pena di anni uno e mesi sei di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale, nei confronti di . A., il quale era stato tratto a giudizio con l’imputazione, tra l’altro, di concorso continuato nel reato di falso aggravato perché, su richiesta di singoli militari, lo stesso faceva formare al pubblico pesatore bolle di pesatura attestanti dati non rispondenti al vero relativi a traslochi asseritamente avvenuti fra il gennaio 1987 ed il dicembre 1993, nonché di concorso continuato nel reato militare pluriaggravato di truffa perché, su richiesta di singoli militari, predisponeva false fatture intestate a ditte di traslochi (fra cui la Ditta S.I.T. - Sud Italia Trasporti) con le quali, unitamente alle false bolla di pesatura, induceva in errore l’Amministrazione Militare, cui veniva richiesto il rimborso per le spese di trasloco nei termini risultanti dalla falsa documentazione, conseguendo in concorso con i militari richiedenti un ingiusto profitto pari alla somma liquidata dall’Amministrazione.

Dagli atti dei procedimenti penali acquisiti dalla Procura regionale risulta che sia il G., in data 21.10.1994 innanzi al P.M. militare presso il Tribunale militare di La Spezia, sia il L., in data 21.2.1996 innanzi alla Guardia di Finanza, delegata alle indagini dalla Procura della Repubblica di Catania, avevano ammesso i fatti contestati, ed inoltre quest’ultimo aveva chiamato in correità il G.
Ritenuta la sussistenza, in relazione ai fatti emersi dalle indagini penali, di tutti gli elementi richiesti per una imputazione di responsabilità amministrativa a carico del Capo di 2° classe L. R. e del Capo di 1^ classe G. A. per un danno ingiusto alle Casse dell’Erario in ragione di lire 5.324.190 e ritenute inconsistenti le deduzioni presentate dal L., a seguito di rituale contestazione degli addebiti, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto legge 15 novembre 1993, n° 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n° 19, li ha convenuti per l’odierno giudizio al fine di sentirli condannare alla rifusione a favore dell’Erario del danno suindicato, che assume essere stato dolosamente cagionato.

Il L. aveva presentato, nella fase istruttoria, deduzioni difensive in data 12.7.1999 e in data 7.4.2000, eccependo l’intervenuta prescrizione del credito e dichiarando di avere corrisposto alla Sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Roma la somma di Lit. 2.000.000 per il medesimo fatto.
All’odierna pubblica udienza, non costituiti i convenuti, il Pubblico Ministero ha concluso come in atti.

Considerato in diritto:

La pretesa risarcitoria è fondata e deve pertanto essere accolta.
Ed invero, il L., presentando all’Ufficio Amministrazione di Maricentro in La Spezia la fattura n. 5, rilasciata dalla ditta SIT in data 17.5.1989, e ottenendo così il rimborso di spese falsamente documentate per il trasporto di mobili, in realtà non effettuato, ha cagionato alla propria Amministrazione un danno erariale pari alla somma indebitamente rimborsatagli di Lit. 5.324.190.
Ed alla produzione di tale danno ha concorso con la propria condotta illecita l’altro convenuto, G. A., il quale ha fornito al primo la documentazione indispensabile - fattura, atto della pesa pubblica- per la perpetrazione della truffa in danno dell’Amministrazione militare.

Le prove dei fatti addebitati le si rinvengono negli atti del procedimento penale, cui il L. è stato sottoposto per i medesimi fatti posti a base del presente giudizio, conclusosi con sentenza del Tribunale Militare di La Spezia - n. 179 del 5.6.1996 - di “non doversi procedere.… in ordine al reato ascrittogli perché estinto per effetto di amnistia” e negli atti del procedimento penale, svoltosi nei confronti del G., tra l’altro, per concorso continuato nel reato di falso aggravato per aver fatto formare al pubblico pesatore bolle di pesatura attestanti dati non rispondenti al vero, relativi a traslochi asseritamente avvenuti fra il gennaio 1987 ed il dicembre 1993, nonché per il reato militare di concorso pluriaggravato di truffa per avere, su richiesta di singoli militari, predisposto false fatture intestate a ditte di traslochi (fra cui la SIT).
Questo secondo procedimento si è concluso con la sentenza n. 350/97 del 24.7.1997 con la quale il G.U.P., presso il Tribunale di Catania, ha applicato, su richiesta delle parti, ai sensi degli artt. 444 e ss. del cod. proc. pen., la pena di anni uno e mesi sei di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale, nei confronti del G.

In proposito va sottolineato che, per univoca giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di efficacia vincolante nel giudizio di responsabilità amministrativa della sentenza penale che dichiara estinto il reato e della sentenza “patteggiata”, di cui all’art. 445 c.p.p., non preclude al giudice contabile di utilizzare il materiale raccolto nel giudizio penale (C. Conti, regione Sicilia, sez. Giurisdiz., 3 giugno 1996, n. 113; C. Conti, Sez. I, 10 dicembre 1982, n.146).
Ciò posto, nella specie assumono rilievo determinante le ammissioni fatte dal L. nel corso dell’interrogatorio del 21.2.1996, svoltosi presso il Comando della Guardia di finanza 2^ compagnia di Catania, cui il medesimo fu sottoposto per delega della Procura della Repubblica presso il tribunale di Catania.

In tale sede, lo stesso, oltre ad ammettere di avere effettuato due traslochi fittizi nel 1987 e nel 1989, precisava che la documentazione relativa al secondo trasloco gli era stata fornita dal suo collega G. A., qui convenuto.
Questi, da parte sua, confessava, in data 21.10.1994, al P.M. militare presso il Tribunale militare di La Spezia di avere operato da intermediario, dietro compenso, per fare acquisire a colleghi fatture per traslochi fittizi.
Al riguardo, osserva la Sezione che la confessione resa agli organi di polizia giudiziaria, al pari di quella resa nel giudizio penale, costituisce confessione stragiudiziale fatta a un terzo, ai sensi dell’art. 2735 c.c., 1° comma, seconda parte. (Cass. Civ., sez. III, 17 aprile 1997, n. 3309).

E la confessione stragiudiziale fatta a un terzo, pur non costituendo prova legale, come la confessione giudiziale e la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta, avendo sotto il profilo oggettivo la stessa struttura di queste ultime - la verità del fatto da dimostrare è riconosciuta dalla parte alla quale il fatto medesimo è sfavorevole - non ha il valore di un semplice indizio, inteso o nel senso di presunzione o nel senso di elemento indiziario del quale il giudice possa tener conto al fine di completare elementi probatori insufficienti, ma è, in realtà, un mezzo di prova diretta su cui il giudice può fondare in maniera esclusiva il proprio convincimento, ritenendola, nel suo apprezzamento discrezionale, prevalente rispetto alle altre prove offerte od acquisite in causa (Cass. civ., 10 febbraio 1987, n. 1425; Cass. Civ., sez. lav., 4 marzo 1991, n. 2231).
Tanto considerato, le ammissioni del L. e del G., la chiamata in correità del primo nei confronti del secondo ed il comportamento processuale tenuto da entrambi, in assenza di contrarie e più attendibili risultanze, appaiono sufficienti ed idonee a provare la condotta penalmente illecita degli stessi.

Di conseguenza, va ritenuta la fondatezza della pretesa risarcitoria azionata dal Pubblico ministero, attesa la sussistenza di tutti gli elementi necessari per l’affermazione della responsabilità di entrambi i convenuti: rapporto di servizio, violazione dolosa degli obblighi relativi, danno, nesso di causalità tra condotta penalmente rilevante e danno.
Nella specie il danno risulta esattamente determinato nell’importo di Lit. 5.324.190 (cinquemilionitrecentoventiquattromilacentonovanta), pari a quanto indebitamente rimborsato per spese di trasporto delle masserizie e per indennità di facchinaggio.
Sotto il profilo soggettivo la responsabilità va ascritta a titolo di dolo per avere il G. ed il L., rispettivamente, procurato e prodotto con piena consapevolezza documenti, di cui è stata accertata la falsità, al fine di far conseguire e conseguire fraudolentemente dall’Amministrazione militare un rimborso non dovuto.

Sulla base delle suesposte considerazioni e tenuto conto dell’uguale apporto causale alla produzione del danno, ritiene il Collegio di dover condannare i convenuti a risarcire all’Erario, ciascuno nella misura della metà e con il vincolo della solidarietà, la somma di Lit. 5.324.190 (cinquemilionitrecentoventiquattromilacentonovanta) oltre a rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, a decorrere dal 2 giugno 1989 - data dell’illecita liquidazione - fino al deposito della presente sentenza; da quest’ultima data le somme risultanti dovranno essere maggiorate degli interessi legali fino all’integrale pagamento.
Per quanto concerne la somma di Lit. 2.000.000, di cui il L. ha documentato in fotocopia il versamento alla Sezione di tesoreria provinciale di Roma, recante la generica causale di “restituzione al Ministero della difesa - Marina - di somme indebitamente percepite”, la Sezione ritiene che l’Amministrazione, nel dare esecuzione alla condanna, dopo avere previamente verificato l’esattezza dell’importo incamerato dall’Erario e la sua riferibilità al trasloco fittizio del 1989 per cui è causa, debba provvedere a dedurla dall’importo dovuto dal L. per effetto della presente sentenza.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la regione Liguria, definitivamente pronunciando, condanna, in relazione alla fattispecie dannosa contestata, L. R. e G. A., ciascuno nella misura della metà e con il vincolo della solidarietà, al pagamento in favore dell’Erario della somma di Lit. 5.324.190 (cinquemilionitrecentoventiquattromilacentonovanta), oltre a rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, a decorrere dal 2 giugno 1989 fino al deposito della presente sentenza; da quest’ultima data le somme risultanti dovranno essere maggiorate degli interessi legali fino all’integrale pagamento.
L’Amministrazione, in sede di esecuzione, dovrà accertare quanto eventualmente corrisposto da L. R., relativamente al trasloco fittizio del 1989 per cui è causa, e provvedere a dedurlo dall’importo dovuto dal medesimo per effetto della presente sentenza.
Condanna, inoltre, i medesimi al pagamento delle spese di giudizio.