Terrorismo internazionale contemporaneo: realtà a confronto

1. Premessa

La persistenza del terrorismo internazionale è drammaticamente dimostrata dai dolorosi fatti dell’11 settembre 2001, le cui conseguenze dannose sono senza precedenti, anche se - come risulta da un attento esame storico-analitico - la dinamica degli eventi rispecchia l’adozione, l’adattamento e l’armonizzazione di tecniche collaudate nel tempo o quantomeno già ideate ma precedentemente fallite o frustrate.
Per definizione, il terrorismo internazionale coinvolge i cittadini o il territorio di due o più Stati. Mentre le matrici del fenomeno sono molteplici, due filoni sovrastano sugli altri nel mondo contemporaneo. Il primo è rappresentato dai cosiddetti partiti comunisti combattenti, oggi notevolmente affievolito nonostante vari tentativi di auto-rivitalizzazione. Il secondo è rappresentato dal radicalismo islamico, oggi in pieno vigore.
Rispetto alle altre matrici, le cui manifestazioni internazionali sono in effetti più assimilabili a sussulti che a filoni, l’incidenza dei due filoni qui considerati è ostensibilmente dovuta ad una maggiore capacità di attrarre ed aggregare risorse umane, esternare ideali, aspirazioni e risentimenti e sfruttare fattori ambientali contingenti.
Il paragone tra questi due filoni è utile ai fini di una disamina della portata del terrorismo internazionale inteso non come fenomeno meramente episodico di natura tattica, ma sistematico con disegni strategici. Da questo paragone si possono inoltre trarre utili indicazioni sulla pericolosità posta dal terrorismo internazionale quale manifestazione politica, da un lato, e quale manifestazione politico-confessionale, dall’altro.


2. I partiti comunisti combattenti

I partiti comunisti combattenti, altamente dinamici negli anni settanta-ottanta e in declino a partire dagli anni novanta, traggono la propria ispirazione dal marxismo-leninismo visto come ideologia totalizzante e strumento di lotta contro il fascismo, a livello interno, e contro l’imperialismo, a livello internazionale. Gruppi terroristici quali le Brigate Rosse (BR) in Italia, la Rote Armee Fraktion (RAF) in Germania, Action Directe (AD) in Francia, le Cellules Communistes Combattantes (CCC) in Belgio e il Grupo de Resistencia Antifascista Primero de Octubre (GRAPO) in Spagna hanno contemporaneamente fatto ricorso alla lotta armata ed all’interazione con il più vasto Movimento sovversivo a sua volta composto, inter alia, da Autonomia, Guerrilla Difusa e Gauche Prolétarienne e predisposto verso l’agitazione in chiave pre-rivoluzionaria. Scopo condiviso e dichiarato del Movimento e dei partiti comunisti combattenti è l’eliminazione delle asserite ingiustizie insite nella società borghese.
Ad entrambi i livelli - agitazione sovversiva e terrorismo - l’operato di queste aggregazioni si svolge prevalentemente in via autonoma all’interno dei singoli Stati, pur nella piena convinzione di far parte integrante dell’internazionalismo proletario senza frontiere. I gruppi rientranti in questo milieu, che abbraccia sia il Movimento sia i partiti comunisti combattenti, sono molteplici e molti di essi appaiono e scompaiono dalla scena oppure vengono assorbiti, grazie a contatti operativi o solamente occasionali, dalle organizzazioni o formazioni più stabilmente radicate.
Sebbene, in genere, la dinamica di questi gruppi si esaurisce in azioni sovversive e terroristiche autoctone, l’internazionalismo è una componente significativa della loro retorica e della loro forma mentis. Mentre il Movimento e i partiti comunisti combattenti sorgono in reazione alla asserita conversione dei partiti comunisti ortodossi alla socialdemocrazia, altrettanto consistente è la loro fede nei principi che in passato hanno ispirato il Comintern, il Cominform e il Dipartimento Internazionale del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Questo spirito di appartenenza alla classe operaia ed impegno di lotta internazionalista ha dato vita ad incontri, collegamenti, forme di supporto reciproco, pianificazione e, meno frequentemente, ad azioni congiunte.
Elementi del Movimento si sono ripetutamente incontrati in Europa ed in America Latina per rafforzare i loro legami ideologici, talvolta con la partecipazione di rappresentanti nord-americani. Strutture di collegamento tra gruppi affini a livello intercontinentale sono sorte in vari Paesi europei. Risaltano allo stesso tempo organismi multinazionali di formazione e supporto tecnico o di altra natura quali la Brigada Europea Jose Martì, Aide et Amitié, Junta de Coordinación Revolucionaria, Hyperion e Soccorso Rosso Internazionale.
I partiti comunisti combattenti hanno ripetutamente invocato la costruzione del Fronte Antimperialista Combattente a livello internazionale. A tal fine numerosi sono i casi di collaborazione logistica, ad esempio, tra BR e RAF e tra AD e CCC. Sotto l’aspetto operativo congiunto, una serie di attentati euroterroristici si verificarono in Germania, Francia, Paesi Benelux e penisola iberica negli anni ottanta. La natura degli obiettivi, le circostanze temporali, il modus operandi ed il linguaggio delle simultanee rivendicazioni di responsabilità inducono a concludere che i relativi atti terroristici facessero parte di un piano prestabilito e concordato e poi eseguito individualmente da RAF, AD, CCC e GRAPO. Attentati successivi - inclusi quelli a firma congiunta RAF-AD e RAF-BR ed altri rivendicati da unità di combattimento con il nome di compagni di nazionalità diversa dalla propria caduti per la causa comune - rispecchiano sostanzialmente solidarietà ideologica.
Elementi appartenenti alla RAF o gruppi similari tedeschi hanno anche posto in essere operazioni congiunte con organizzazioni palestinesi, particolarmente con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) sorto nel 1967 per dare una dimensione antimperialista alla questione palestinese in chiave marxista-leninista. In questo particolare milieu si è inserito il noto rivoluzionario venezuelano Carlos, il quale ha gestito una rete europea che abbracciava militanti mediorientali ed europei. Fra le operazioni congiunte vanno ricordate il sequestro dei ministri dell’OPEC a Vienna, i sequestri aerei conclusisi a Entebbe e Mogadiscio e l’attentato alla Maison de France a Berlino Ovest. Inoltre, l’Armata Rossa Giapponese ha commesso attentati nell’interesse della causa palestinese sia in Medio Oriente sia in Europa, mentre le BR si sono unite alla Frazione Armata Rivoluzionaria Libanese nella rivendicazione dell’attentato al direttore generale della Multinational Force and Observers.
Non va poi trascurato il rapporto dei partiti comunisti combattenti con Paesi membri dell’adesso defunto Patto di Varsavia e con potenze mediorientali. Fanno stato, ad esempio, l’asilo ed altre forme di appoggio accordato dalla Cecoslovacchia alle BR e dalla Germania Orientale alla RAF, nonché la ricorrente presenza dell’apparato facente capo a Carlos in quei due Paesi ed in Ungheria, Romania, Bulgaria, Siria, Libia e Sudan. Il Libano, sottoposto alla presenza militare siriana, è stato altresì luogo di addestramento e di contatti trasversali per alcuni partiti comunisti combattenti e movimenti di liberazione nazionale terzomondisti.

3. Organizzazioni radicali islamichee

PQuale movimento per l’instaurazione di un regime governativo musulmano, il radicalismo islamico nasce negli anni venti con l’organizzazione di origine egiziana nota come i Fratelli Musulmani. Sin dalla nascita, esso si oppone, non solo al colonialismo, ma altresì al modernismo occidentale ed ai governi arabi non islamici. Il processo di radicalizzazione s’intensifica con la costituzione dello Stato d’Israele ed il movimento s’internazionalizza gradualmente, facilitato dal sorgere della Repubblica Islamica dell’Iran, dall’invasione sovietica dell’Afghanistan e dalla Guerra del Golfo, per poi raggiungere il suo attuale dinamismo.
Considerate individualmente, le aggregazioni di maggiore rilevanza oggi sono Hizballah o Partito di Dio, sciita, libanese e filo iraniano, operativo dagli anni ottanta; Hamas o Movimento di Resistenza Islamica e Jihad Islamica Palestinese, entrambi sunniti, operanti in Israele, Gaza e Cisgiordania dalla fine degli anni ottanta il primo e dalla fine degli anni settanta il secondo; il Gruppo Islamico Armato (GIA), sunnita ed algerino, in esistenza dall’inizio degli anni novanta, ed una sua emanazione, il Gruppo Salafista per la Predicazione e il Combattimento; al-Jihad o Guerra Santa e Al-Gama’a al-Islamiyya o Gruppo Islamico, entrambi sunniti ed egiziani, sorti alla fine degli anni settanta; il Gruppo Abu Sayyaf, sunnita, filippino meridionale, staccatosi dal Fronte Islamico di Liberazione Moro nel 1991; Harakat ul-Mujahidin o Movimento dei Combattenti islamici, Jaish-e-Mohammed o Armata di Maometto e Lashkar-e-Tayyiba o Armata del Virtuoso, tutti e tre sunniti, pakistani e attivi prevalentemente nella zona del Kashmir contestata da Pakistan ed India; e il Movimento Islamico dell’Uzbekistan, coalizione di militanti islamici dell’Uzbekistan e di altri Stati centro-asiatici.
Tutte le aggregazioni predette, oltre ad essere protese verso la creazione di uno Stato teocratico di stampo islamico nel proprio Paese o anche in quelli della propria area geopolitica, sono accomunate da una o più delle seguenti caratteristiche: una duplice struttura, da un lato alla luce del sole per l’azione politica, il magistero religioso, il proselitismo, la raccolta di fondi e l’assistenza sociale, e, dall’altro lato, clandestina per le iniziative terroristiche; l’odio nei confronti d’Israele; la presenza di organi rappresentativi all’estero; l’azione terroristica estesa al di là dei propri confini; e la guerra santa senza quartiere contro l’infedele a livello globale.
Alcuni di questi gruppi hanno goduto o godono tuttora di forme di appoggio da parte di Stati sostenitori governati sia da regimi teocratici sia da regimi laici. L’Iran appoggia da tempo Hizballah, Hamas e Jihad Islamica Palestinese ed è accusato dall’Egitto di sostenere altresì Guerra Santa e il Gruppo Islamico. Secondo fonti di stampa, la Libia avrebbe pagato riscatti al Gruppo Abu Sayyaf, così incoraggiandolo a commettere ulteriori sequestri di cittadini occidentali. Il Sudan ha concesso asilo a Guerra Santa, Gruppo Islamico, Hamas e Jihad Islamica Palestinese, che se ne sono avvalsi quale base operativa. Inoltre, l’Algeria ha accusato il Sudan di appoggiare il GIA. La Siria da tempo assiste sul proprio territorio Hamas e Jihad Islamica Palestinese e permette loro ed a Hizballah l’utilizzo della Valle della Bekaa in territorio libanese. Il movimento Islamico dell’Uzbekistan si avvale del sistema radiofonico iraniano per trasmettere propaganda. L’India accusa il Pakistan di sostenere le su ricordate organizzazioni terroristiche islamiche che operano nel Kashmir(1).
Altre forme di appoggio, prevalentemente finanziario, provengono da benefattori privati consapevoli o inconsapevoli di appoggiare il terrorismo interno ed internazionale, data le doppia struttura a disposizione di diversi di questi gruppi, i quali, grazie appunto alla loro duplice struttura spesso riempiono un vuoto economico-sociale non colmato dallo Stato o dalla società in molti Paesi del Terzo Mondo. Questo aspetto ne incrementa il seguito popolare e la relativa pericolosità.
Gli attivisti islamici più radicali hanno dato vita ad una sorta di rete internazionale protesa verso la guerra santa contro l’infedele, da non confondersi con il mite concetto di umma che accomuna i fedeli musulmani nella convinzione di appartenere tutti ad una nazione, appunto quella dell’Islam. L’internazionalizzazione del radicalismo islamico trae le proprie origini recenti dalla resistenza afghana contro l’Unione Sovietica, seguita da un’ulteriore resistenza concepita come lotta contro l’occupazione americana e occidentale dei luoghi sacri dell’Islam e contro l’inquinamento del mondo islamico, nefastamente permesso da regimi locali considerati corrotti.
In questo contesto si è verificata una serie di eventi ben noti: la costituzione alla fine degli anni ottanta di al-Qaida, ovvero La Base, quale ombrello per il coordinamento, l’addestramento e il supporto di numerose organizzazioni subordinate, semi-autonome e autonome dedite alla guerra santa a livello internazionale(2); l’addestramento in Afghanistan di circa 11.000 militanti che hanno successivamente combattuto in Bosnia, Kosovo, Cecenia e Daghestan o sono rientrati nei loro rispettivi Paesi per condurre la lotta interna o si sono stabiliti in Occidente per creare cellule operative o di supporto; l’emissione di numerose fatwa o decreti religiosi anti-occidentali, fra cui risalta la fatwa del febbraio 1998 sottoscritta da rappresentanti di al-Qaida, Guerra Santa (Egitto), Gruppo Islamico (Egitto), Jamat-ul-Ulema (Pakistan) e Movimento Jihad (Bangladesh), nella quale si esortano tutti i musulmani ad uccidere gli americani e i loro alleati, sia civili sia militari, ovunque possibile; la costituzione del Fronte Mondiale Islamico per la Jihad contro gli Ebrei ed i Crociati; la messa a punto in Afghanistan, fino al recente intervento militare occidentale, della triade composta da Osama bin Laden, al-Qaida e l’Emirato Islamico dell’Afghanistan; ed una ventina di attentati anti-occidentali culminati con la distruzione delle Twin Towers e parte del Pentagono.
Gli scopi e gli obiettivi del radicalismo islamico sono definiti in modo ben chiaro in un documento dal titolo Studi Militari sulla Jihad contro i Tiranni, rinvenuto in Inghilterra nel maggio 2000, il quale in parte recita: La missione principale (…) è il rovesciamento dei regimi senza Dio e la loro sostituzione con un regime islamico. Altre missioni sono le seguenti:
1. Raccolta d’informazioni sul nemico (...);
2. Sequestro del personale nemico, documenti, segreti e armi;
3. Assassinio del personale nemico e turisti stranieri;
4. Liberazione dei fratelli catturati dal nemico;
5. Disseminazione di voci e dichiarazioni scritte intese a istigare il popolo contro il nemico;
6. Abbattere e distruggere i luoghi di intrattenimento, immoralità e peccato (...); 7. Abbattere e distruggere le ambasciate e attaccare i centri economici vitali;
8. Abbattere e distruggere i ponti di entrata e uscita dalle città(3).

4. Considerazioni finalie

DSia i partiti comunisti combattenti sia il radicalismo islamico si richiamano a dei valori: politici e laici i primi, politici e religiosi i secondi. In entrambi i casi, assoluta è la dedizione al perseguimento di questi valori, mentre insignificanti sono i diritti di coloro che non condividono tali valori. Ulteriori caratteristiche comuni ai partiti comunisti combattenti ed al radicalismo islamico sono lo sfruttamento delle condizioni ambientali; l’appoggio di singoli cittadini, organizzazioni private e Stati sostenitori; varie forme di propaganda e proselitismo; e mire e strutture internazionaliste.
Contemporaneamente, il radicalismo islamico, in quanto motivato da un intriso di idealismo e fanatismo d’ispirazione confessionale, possiede maggiore capacità, rispetto ai partiti comunisti combattenti, di produrre simboli e di attirare seguaci. Basta ricordare che la figura di Osama bin Ladin, per quanto gonfiata dagli estimatori e dai detrattori, si distanzia notevolmente da personaggi quali Giangiacomo Feltrinelli, Carlos e Abu Nidal. Inoltre, nella logica di guerra totale, il radicalismo islamico è decisamente più indiscriminato nel colpire i bersagli, come dimostrato l’11 settembre 2001, ed è quindi proteso non solo verso il cambiamento dell’ordinamento giuridico e sociale, ma mira altresì alla distruzione di chiunque appartenga ad una cultura socio-politica diversa, anche senza esserne un portabandiera ufficiale o sostanziale.

(1) Per maggiori dettagli sull’appoggio di Stati sostenitori, contestato dagli interessati, vedi U.S. Department of State, Patterns of Global Terrorism 2000, Washington, D.C., aprile 2001 e relazioni annuali precedenti.
(2) Immediatamente prima dell’intervento occidentale in Afghanistan, al-Qaida sarebbe stata composta da un consiglio consultivo, quattro commissioni (rispettivamente per gli affari militari, affari religiosi, finanze e media), 5.500 uomini armati e cellule in almeno 50 Paesi. Vedi Il Foglio, 13 settembre 2001, p.1.
(3) Testo tratto da International Herald Tribune, 29 ottobre 2001, p. 1.