La cattura del bandito Musolino

Il carabiniere A. La Serra che catturò Musolino

I lettori conoscono già i particolari dell'arresto del brigante Musolino, avvenuto ad Acqualagna, nel circondario di Urbino; e così pure crediamo che saranno sufficientemente informati intorno alla vita e allo "stato di servizio" di questo ribelle che per tre anni batté la campagna terrorizzando i contadini, e non soltanto i contadini della Calabria, sfidando una forza armata e non armata considerevole messa in moto per impadronirsi di lui e alla quale riusciva sempre a sfuggire. Ora, quando nessuno se lo aspettava e in un territorio in cui nessuno sospettava la sua presenza, il fiero bandito è caduto nelle mani dei carabinieri: caduto è il vero termine, perché, se non ci fosse stato un filo di ferro che sosteneva un filare di viti e nel quale egli inciampò fuggendo, forse sarebbe riuscito anche questa volta a salvarsi grazie alla sua straordinaria agilità.

Giuseppe Musolino ha venticinque anni, essendo nato nel 1876, a Santo Stefano di Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria. A undici anni uccise un suo compagno e fu condannato a tre anni di reclusione; la seconda condanna la riportò alla fine del 1898 per mancato omicidio, del quale si protestò innocente: condannato a ventuno anni di reclusione dalla Corte di Assise di Reggio, giurò, se sopravviveva, o se riusciva a evadere, di vendicarsi, ed evaso realmente il 9 gennaio 1899, si diede alla latitanza e al compimento del terribile programma di vendetta che si era tracciato, e che qui sarebbe troppo lungo esporre; basti dire che in meno di tre anni si rese colpevole - solo tenendo conto dei principali delitti - di sette ornicidi e di otto mancati omicidi.

Come tutti i briganti, Musolino è devotissimo, e crede ciecamente nella protezione di San Giuseppe. Come tutti i violenti, rifuggì sempre dal furto. Rubando, gli sarebbe sembrato di macchiare la sua vita. Musolino ha avuto sempre a sua disposizione del denaro. A un signore di Brancaleone che gliene offriva, egli mostrò 1500 lire che portava cucite nella fodera della giacca. E questo suo denaro serviva anche a far del bene. Una giovinetta di Bova andava nel bosco di Paracopio: era una povera ragazza macilenta e lacera e destò la pietà di Musolino. Egli le si avvicinò e col miglior garbo che poté le domandò notizie di Musolino. La ragazza rispose sinceramente ciò che pensava il popolino: "Non c'è nessuno che ne dica male, tutti bene." - "E tu lo conosci?" - Alla negativa della fanciulla egli si avvicinò, le diede 10 lire e le disse: "Tieni, queste te le dà Musolino, il quale fra otto giorni vuole vederti vestita."

Una volta egli ebbe a un tiro di fucile, nelle montagne del suo paese, un tenente dei carabinieri, giovanissimo e bello, che, alla testa di pochi suoi militi, andava in cerca di lui. Avrebbe potuto ucciderlo e, poiché stava su di un'altura, mettersi in salvo. Ma la pietà del giovane e bello ufficiale lo vinse: gli risparmiò la vita; ed il giorno dopo non mancò di scrivergli che gli era debitore, appunto perché giovane e bello, della esistenza; ma che non se la prendesse tanto calda, poiché... non si sa mai, le buone disposizioni di ieri potevan mutare domani.

Giuseppe Musolino fotografato in carcere

I tentativi più interessanti di cattura sono stati tre. Nel primo, si provò a risolvere Musolino ad emigrare clandestinamente. Due subagenti di emigrazione attirati dal premio riuscirono a fargli promettere di recarsi nottetempo su una nave ancorata poco oltre il capo Bruzzano. E una nave fu mandata là perché Musolino si rassicurasse, ma egli all'ultimo momento fece telegrafare ai subagenti che non sarebbe più partito. La nave se ne andò; egli comparve tre o quattr'ore dopo e, non vedendo più nemmeno una barca alla costa, capì il tranello e promise altre due vendette.

Nel secondo tentativo fu indotta una bella giovane del mandamento di Gallina, figlia d'un "sorvegliato speciale" e molto ammirata da Musolino, a farlo venire in sua casa a data fissa. Musolino invece vi andò una notte prima, improvvisamente, non lasciò uscire dalla casa nessuno, così che nessuno potè andare ad avvertire i carabinieri, portò via con sé la donna, se la condusse per tre giorni sulle montagne di Bagaladdi e poi la rimandò giù con qualche dono e molte gesta da raccontare.

Nel terzo il "confidente" Princi riuscì ad attirare Musolino nella grotta di Mingoja, intorno alla quale il brigadiere Sorrentino aveva disposto un doppio cordone di vigilanza per fargli gustare dei maccheroni caldi, dei quali il bandito pare assai ghiotto. I maccheroni avevano, fra gli altri condimenti, anche una buona dose d'oppio. Ma l'oppio era guasto e non agì. I "cordoni di vigilanza" agirono anche peggio perché, quando Musolino era per incapparci, una guardia napoletana nascosta di dietro un cespuglio vedendoselo a cinque passi ebbe paura, e gridò un "Chi va là?" così che Musolino scaricò la doppietta nelle gambe dei Princi, si gettò giù per il burrone, incontrò il secondo cordone, uccise il carabiniere Reparato e scomparve.

Vi fu anche un tempo in cui Musolino cercò persino ricovero in una tomba del cimitero di Rocaforte, e si era adattato a passare le sue notti in compagnia dei teschi umani e di un mucchio d'ossa. Musolino non provava brividi innanzi allo spettacolo della tomba; si accomodava formandosi un giaciglio con erbe secche raccolte in quelle contrade e non risparmiava di fornire la sua dimora di pugnali e fucili e di un buon lume, e di forare nello stesso tempo il muro onde ricevere aria pura!

In Calabria è popolarissima una canzone che si vuole sia stata scritta da Musolino e che non è forse una delle ultime cause della sua triste celebrità e del suo prestigio in mezzo a quelle popolazioni fiere e sentimentali.

Un'altra poesia scrisse Musolino intorno alla sua inviolabilità, diventata leggendaria fra i contadini della Calabria.

Un giornale pubblicava, qualche tempo fa, un'approssimativa statistica di quanto il Musolino era costato al Governo, già qualche mese fa, per le misure di pubblica sicurezza prese per la sua cattura.

Si presume che le spese complessive, per la dislocazione delle truppe negli Abruzzi - che come è noto nell'inverno scorso raggiungevano quasi due reggimenti abbiano toccato le 500.000 lire, e a queste aggiungendo le altre spese ingenti per lo spionaggio, per gli arresti numerosi e per tutte le misure di P.S., si verrebbe a raggiungere e forse a sorpassare la somma tonda di un milione.

Nessun galantuomo ha mai costato tanto al Governo!

(Da "La Tribuna Illustrata" del 27 ottobre 1901)