Un sottotenente e tre malfattori

Il Sottotenente dei Carabinieri Angelo Scolari, aggredito da tre malfattori mentre percorreva in corriera la strada fra Arezzo e Anghiari, si difende energicamente e riesce a mettere in fuga gli assalitori.
Reduce da piccola licenza, il sottotenente Scolari Angelo, comandante la sezione dell'Arma in Borgo San Sepolcro, muoveva nel di 14 novembre 1875 dentro vettura chiusa da Arezzo ad Anghiari, ed insieme al medesimo trovavasi il commendadore Morandini Giovanni, ingegnere capo delle strade ferrate romane.


Erano circa le ore 2 pomeridiane quando la detta vettura, giunta a metà della salita Libbia-Anghiari, lentamente proseguiva innanzi.


Sbucati dai boschi laterali alla strada, improvvisamente con le pistole alla mano apparivano innanzi gli sportelli della vettura due malfattori mascherati, mentre un terzo, pure mascherato ed armato di fucile a due canne, impadronivasi dei cavallo.
Il primo istinto dello Scolari si fu di metter mano alla sciabola, che discinta avea deposta sul sedile davanti della vettura; ma disgaziatamente non fu in tempo di ciò potere eseguire, dappoiché i malfattori, prevedendo una tale atto, se ne erano di già impadroniti.


Mostrossi quindi pronto a cedere alle furtive voglie di costoro, e di buon grado offri loro un portafogli contenente poco denaro, ritenendone altro che rinserrava una cospicua somma.


Sceso quindi dal legno insieme al signor Morandini, senza per nulla far trapelare le proprie mire, impassibilmente assisteva alla depredazione che commettevano i tre malfattori degli oggetti rimasti nella vettura. Improvvisamente però, e quando men se lo aspettavano, slanciossi l'ufficiale contro di loro, e ghermitone uno per il petto stramazzollo a terra, e lo avria, poderoso com'è lo Scolari della persona, ben presto soggiogato, se ferito alle spalle con tre colpi di pugnale dagli avversari non avesse perduto le sue forze.


Non isgomentossi per questo il prode ufficiale, ma continuò a lottare con maggiore energia, e sarebbe senza dubbio riuscito a servirsi di un pistola a doppia canna strappata di pugno all'avversario, se altri due colpi, l'uno di fucile che lo investi gravemente alla coscia, ed altro pure grave di stile che lo ferii nella testa, non gli avessero fatti perdere i sentimenti. I tre aggressori però, atterriti dall'energico ed inaspettato contegno, senza curarsi di compiere la depredazione, dieronsi alla fuga scomparendo fra le vicine boscaglie.


Aiutato dal commendatore Morandini rientrò nel legno lo Scolari, e sebbene per la graditissima perdita di sangue appena articolar potesse delle parole, giunto in Anghiari primo suo pensiero si fu di dare ai suoi dipendenti le istruzioni per riuscire all'arresto dei malfattori, offrendo i connotati di uno dei medesimi al quale era riuscito nella lotta di strappare la maschera.


Il capitano cav. Menardi, comandante in allora l'Arma nella provincia di Arezzo, accorreva immediatamente sul posto, e validamente coadiuvato dal maresciallo della stazione di Arezzo, Tosini Leopoldo, dal maresciallo della stazione di Borgo San Sepolcro, Spinacè Angelo, e dal brigadiere della stazione di Anghiari, Vitale Luigi, senza indugio davasi a praticare le opportune investigazioni per riuscire alla scoperta degli autori della aggressione. Tanto si fu lo zelo e la intelligenza spiegata dal detto capitano, che nella notte del 16 detto vennero tratti in arresto tali Cerofolini Damiano e Paperini Pietro che tutto portava a ritenere essere due degli autori della grassazione, mentre altro individuo, certo Papini Annibale, venne parimenti dall'Arma tratto in arresto dietro mandato di cattura spiccato dall'Autorità giudiziaria. Il Paperini, che in sulle prime ostinavansi a negare di aver preso parte nell'aggressione, finì col confessarsi reo, dichiarando di aver avuto a complici gli altri due arrestati.

(Da "L'Album del Carabiniere Reale", ottobre 1877)