L'uccisione del brigante Rinaldi

I carabinieri che affrontarono la banda Maurina e uccisero in conflitto il brigante Rinaldi. Essi sono: Calogero Letizia, Vincenzo Venturi, Francesco Navetta e Giovanni Castrogiovanni.Da più tempo, una banda di briganti - la famigerata banda Maurina della quale era capo Placido Rinaldi - infestava le campagne presso Messina e Catania. Il Rinaldi aveva una taglia di 4000 lire.

Il 14 settembre, verso il tocco, il comandante dei carabinieri della stazione di Pettineo, brigadiere Vincenzo Venturi e tre dipendenti (i carabinieri Francesco Navetta, Calogero Letizia e Giovanni Castrogiovanni) stavano perlustrando nella contrada Loreto nel bosco Volatizzo (Pettino), quando ascoltano un calpestio di cavalli, di muli... Si mettono in catena, vanno avanti carponi, e sorprendono cinque briganti che insieme con due manutengoli stanno bivaccando.

Il Navetta s'avvia cauto nel sentiero che conduce al posto del bivacco, ma, d'improvviso, si trova di fronte a uno dei briganti, che gli tira una fucilata: il Navetta, rimasto illeso, gli risponde sull'istante con un'altra fucilata; e il brigante stramazza a terra, ferito nell'addome. Il brigadiere e gli altri due carabinieri si precipitano sulla banda; e ne segue un attacco terribile che dura mezz'ora. Il brigante ferito ha il coraggio e la forza di appiattarsi dietro un albero, e da questo tira contro tutti i carabinieri; ma il Letizia gli spara contro, lo uccide. Costui era il capo della banda, il famigerato Placido Rinaldi.

Un altro carabiniere si trovò innanzi un altro malfattore: Giacomo Mauro, che, inerme, gli chiese grazia della vita. E il carabiniere gliela concesse, assicurandolo ben bene colle manette. Gli altri briganti fuggirono e, saltando come scoiattoli, riuscirono a internarsi in un fitto bosco. I malandrini lasciarono sul posto del bivacco sette cavalli, due muli, un somaro, selle, munizioni, vettovaglie, abiti, biancherie, 380 lire e pugnali.
Placido Rinaldi era nativo di Casteldilucio. Fu lui che, colla sua banda, assalì da ultimo il castello della baronessa Ciancio di Catania, rubandole circa 300.000 lire.

(Da "L'Illustrazione Italiana" del 9 ottobre 1892)