Brigantaggio moribondo

il brigante AnsuiniDicono che il brigantaggio sia morto, come dicono che siano morte la camorra e la mafia. Quanto al brigantaggio, il giudizio di chi lo dichiara morto è precoce, ma non del tutto erroneo. Se non morto, esso è moribondo.

Fortunato Ansuini e Damiano Menichetti sono il pendant brigantesco di Tiburzi e di Fioravanti. Essi fanno della macchia di San Magno - che è il loro quartier generale - ciò che gli altri fanno della macchia del Lamone. Ansuini è la testa dell'associazione, Menichetti il braccio. Nella loro tragica, arditissima fuga da Montefilippo, Ansuini era stato l'ideatore e il preparatore dell'evasione; Menichetti non aveva avuto che la parte modesta della sentinella.

Per disgrazia i guardiani, quella notte dormirono saporitamente; e i due briganti, pochi giorni dopo commettevano una grassazione. Nei sei mesi successivi ne aggiunsero alla prima un'altra, e due omicidii.
L'ultimo di questi, oltre la consueta ferocia, rivelava una crudele ironia. Nell'aprile scorso, scompariva improvvisamente da casa sua certo Signorelli. Una settimana dopo, la moglie riceveva una lettera firmata Ansuini, in cui le si chiedevano 2000 lire per il riscatto del marito.. La povera donna portò le 2000 lire al luogo indicato, ma il Signorelli non tornò a casa. Due mesi dopo, sul margine d'un fosso, se ne ritrova il cadavere, e vicino ad esso un biglietto di Ansuini in cui questi scrive alla vedova che non vuol saperne de' suoi denari.

L'atrocità del fatto risvegliò l'attenzione dell'autorità la quale inviò il brigadiere dei carabinieri Sebastiano Preta con tre soldati nella macchia San Magno.

Il brigante Menichetti

Il 3 giugno dell'anno scorso la pattuglia incontra a metà della macchia un giardiano, certo Papi Giuseppe: gli chiede se ha notizie dei briganti, egli risponde che non sa nulla e continua a cavallo la sua strada. Non avea fatto 200 metri e da dietro un albero gli vien tirata una fucilata. Per fortuna rimane illeso, ma ha la presenza di spirito di gettarsi da cavallo fingendosi gravemente ferito, onde evitare che gli assalitori ripetano il colpo.

I carabinieri accorrono; egli indica loro la direzione da prendere. Il brigadiere Preta e un soldato si mettono per un viottolo fra gli sterpi, gli altri due soldati per un altro. Mentre i primi passavano vicino a un rialzo di terreno coperto di folta e alta ginestra, due colpi di moschetto traversano il cuore del Preta che resta all'istante cadavere, e un altro colpo spezza al soldato Carosi la cassa del suo fucile reso così inservibile. In questo mentre arrivano sul luogo anche gli altri due carabinieri e il Papi, e fra questi e i due briganti s'impegna il fuoco. Il Carosi, non potendo adoperare il suo fucile, s'avanza coraggiosamente fino al cadavere di Preta, rimasto a terra fra i soldati e i briganti, ne prende il fucile e scarica un colpo contro Menichetti. Questi cade ed è disarmato e legato. Oltre l'arma - un magnifico Lancaster ultimo modello - gli sequestrarono 185 franchi e un pacco di canzoni oscene in vernacolo ch'egli stesso aveva composte. Ansuini riesce miracolosamente a fuggire, e ancora si cerca: Menichetti morì un mese fa nel bagno penale di Civitavecchia.

Il brigadiere Preta fu decarato alla memoria con una medaglia d'argento al V.M. il 26 luglio 1891 (n.d.r.).

(Da "L'Illustrazione Italiana" del 17 luglio 1892)