STORIA E CULTURA
LO STAMBECCO VIANDANTE
16/10/2020

di Stella De Franciscis

 

L'insolita storia di Dimanche, l’ungulato amante delle traversate lungo le Alpi italo-francesi

FOTO A

Dimanche è uno  stambecco maschio, forte e vigoroso, in grado con pochi balzi di coprire distanze considerevoli e di arrampicarsi su pareti scoscese senza il minimo sforzo apparente. La sua specie, simbolo del Parco del Gran Paradiso, vive nelle praterie d’alta quota e possiede un’incredibile agilità. Animale molto resistente ai rigidi inverni, lo stambecco è una specie anche estremamente fragile e vulnerabile. Per questo venticinque anni fa l’allora Provincia di Torino, oggi Città Metropolitana, avviò il progetto per ripopolare le valli torinesi di questo splendido ungulato, di cui fino agli anni Novanta erano rimasti pochissimi esemplari nelle Valli di Lanzo e nel Parco del Gran Paradiso.

Dal 1994 ad oggi l'"Operazione Stambecco”, questo il titolo del progetto, ha portato buoni risultati e ormai il “Principe delle Alpi” si è diffuso stabilmente in tutte le Alpi Occidentali tra Italia e Francia, con alcune centinaia di esemplari.

In Francia, per tutelare e salvaguardare questo splendido animale, nel Parc National des Ecrins alcuni esemplari sono stati muniti di radiocollare nell’ambito del progetto di studi Alcotra Lemed-Ibex, cofinanziato dall'Unione Europea ed esteso dal Lac Léman al Mediterraneo. Il radiocollare monitora le abitudini e gli spostamenti degli animali che sono così rintracciabili tramite segnale GPS e osservabili, nel caso specifico, direttamente sul sito del Parco www.ecrin-parcnational.fr.

Ad ogni stambecco catturato gli alunni di alcune scuole francesi diedero un nome. Dimanche, in italiano “Domenica” è stato catturato per la prima volta dal personale di vigilanza del Parc National des Ecrins nel maggio 2015, nella zona del Colle del Lautaret, quando aveva cinque anni.

FOTO BIL VIAGGIO

Il primo viaggio verso l’Italia dell’ungulato avvenne poco dopo la sua marcatura e fu seguito con interesse dai colleghi guardiaparco italiani. Al rientro in Francia, lo stambecco seguì più o meno lo stesso percorso dell’andata.

Gli allora Forestali della Stazione di Bardonecchia (TO) incontrarono Dimanche per la prima volta nell’estate 2016, in alta montagna nel vallone di Rochemolles.

Incuriositi dall’animale con marche auricolari molto visibili, svolsero delle ricerche, risalendo al progetto europeo. La segnalazione dell’osservazione venne quindi immediatamente comunicata ai vigilantes del Parco francese. Solo grazie all’attività di monitoraggio, è emersa la passione dell’animale di attraversare le Alpi, viaggio che compie almeno due volte l’anno. All’inizio di ogni estate, neve permettendo, Dimanche ritorna dai nostri cugini francesi tra i monti del Parco nella zona dei Cerces e, ogni autunno, poco prima del periodo riproduttivo, riparte per trasferirsi in Val di Susa. Nel suo andare e tornare sosta nei soliti posti. Nell’attraversare le Alpi, l’animale percorre circa 70 km, dimostrando così l’esistenza di un importante corridoio ecologico italo-francese.

Nell’inverno 2017/2018, Dimanche non si fermò nel vallone di Rochemolles, ma continuò il suo viaggio fino a raggiungere la Val Clarea nel comune di Giaglione, nel territorio della Stazione di Bussoleno, dove rimase probabilmente bloccato fino alla tarda primavera a causa delle abbondantissime nevicate di quell’inverno.

Nel 2018/2019 durante la sua permanenza in Italia, lo stambecco è stato ricatturato. Alle operazioni per la sostituzione delle batterie del radiocollare hanno partecipato il personale della Città Metropolitana di Torino, dell’Università di Veterinaria di Torino, addetti del Parc National des Ecrins e i Carabinieri forestali.

Purtroppo, a causa di un cattivo funzionamento del GPS, nei primi mesi dell’anno in corso gli studiosi francesi hanno perso il segnale. L’ultimo avvistamento del simpatico ungulato è avvenuto in Italia, nel mese di aprile, in pieno lockdown. Nel corso di un servizio d’istituto mirato al monitoraggio ambientale i militari hanno avvistato l’animale in un’area frequentata da molti stambecchi, nel vallone di Rochemolles, segno che l’ungulato sta bene e continua la sua normale attività. Attualmente la presenza dell’animale può essere certificata solo ed esclusivamente dietro dirette osservazioni sul campo. I carabinieri hanno riconosciuto Dimanche dal colore degli auricolari, diverso per ogni esemplare.

Lo studio ravvicinato degli spostamenti del nostro simpatico stambecco ha permesso di evidenziare come le abitudini di quest’ultimo siano così diverse da quelle degli altri esemplari della sua specie, per questo possiamo definire Dimanche un vero viandante, nonché “ambasciatore” di quel legame così stretto tra natura e montagna, tra animali e uomini, che non dobbiamo mai dimenticare e sottovalutare.

 

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http://www.carabinieri.it/editoria/natura/la-rivista/home/tematiche/animali/approfondimento-rivista-118-animali

Biodiversità

TRA IL DIRE E IL FARE…

Alcune riflessioni sui ripopolamenti faunistici

 

di Giorgia Romeo [Referente scientifico Centro Studi Federazione Italiana della Caccia]

 

Quando parliamo di animali non facciamo riferimento soltanto ai cosiddetti pets: cani, gatti, pesci, uccelli, conigli, criceti e rettili che vivono nelle case degli italiani e che, secondo il Rapporto Assalco – Zoomark 2017, sono circa 60 milioni. Nel nostro territorio ci sono anche gli animali selvatici, il cui andamento demografico è sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi che li osservano sia in relazione al loro habitat, sia rispetto al rapporto con gli esseri umani. Quando il numero di selvatici si riduce, si ricorre al ripopolamento, una pratica faunistica piuttosto diffusa per incrementare i contingenti delle popolazioni selvatiche. Può essere utilizzata sia a fini venatori (per incrementare localmente la dimensione delle popolazioni di specie cacciabili), sia naturalistici (per risollevare le sorti di popolazioni di specie di interesse scientifico a fini di conservazione). Tecnicamente può essere definita come “l’immissione di individui appartenenti ad una specie autoctona, presente nel territorio con livelli di popolazione ridotti”. Sebbene l’uomo abbia storicamente operato per ripopolare numerose aree con molte specie diverse, è soprattutto negli ultimi decenni che questa pratica ha assunto un notevole rilievo (dando luogo, in alcuni casi, ad un importante indotto economico), non sempre condotta con le dovute attenzioni, però. Ciò può portare, nel migliore dei casi, al fallimento delle operazioni nel medio e lungo termine, ma può anche condurre a più seri problemi di tipo genetico e/o sanitario.

Da qui la necessità di approfondire alcuni degli elementi tecnici essenziali per una buona riuscita dei ripopolamenti, che comunque andrebbero limitati ai soli casi in cui risultino necessari, dando preferenza alle buone pratiche di gestione territoriale. Non c’è infatti azione più efficace e sostenibile nel lungo periodo della cura e ripristino degli habitat naturali, attraverso una corretta gestione degli stessi, ricorrendo anche a miglioramenti ambientali.

 

AMBIENTE E VOCAZIONE FAUNISTICA

Ma cerchiamo di inquadrare bene l’argomento. Affinché un ripopolamento possa avere successo è necessario tenere presenti alcuni criteri fondamentali, quali: l’analisi ambientale, la determinazione della vocazione faunistica dell’area individuata per la specie in esame, la valutazione di consistenza e densità delle popolazioni esistenti, la determinazione del numero di animali necessario per le immissioni e la scelta della fonte degli animali da immettere. Occorre inoltre scegliere in modo oculato e corretto la località e il metodo di immissione, effettuare monitoraggi e programmare azioni di gestione nel tempo delle popolazioni oggetto di reintroduzione. Questa, in sintesi, la summa maxima degli argomenti. Ma cerchiamo di analizzarne uno alla volta.

Una corretta analisi ambientale finalizzata alla determinazione della vocazione faunistica dell’area individuata consentirà di valutare la capacità portante teorica di quegli ambienti, favorendo così anche la corretta individuazione delle località di immissione più idonee. La conduzione di censimenti con metodologie e tempi diversi (preliminarmente e in fase di monitoraggio) permetteranno successivamente di costruire un chiaro quadro faunistico della zona e di acquisire la necessaria conoscenza degli habitat. In base alle esigenze alimentari, fisiologiche e comportamentali delle specie in esame, infatti, potranno essere attribuiti valori di minore o maggiore idoneità territoriale. In linea di massima, laddove sussistano situazioni di elevata diversità ambientale, si avranno condizioni favorevoli alla permanenza e alla riproduzione della fauna selvatica. Per contro, una situazione territoriale sfavorevole potrà essere individuata nei casi in cui prevalgano ambienti a bassa variabilità ed elevata omogeneità, come accade, ad esempio, nelle monocolture. Al fine di determinare il numero di animali necessario per le immissioni, sarà necessario tenere presenti alcuni importanti parametri di riferimento, quali: il livello delle popolazioni preesistenti, la capacità portante dell’ambiente e una stima della mortalità naturale.