
“Mens sana in corpore sano” dicevano i latini. Questo vale soprattutto per gli 8.755.780 alunni che si accingono a rientrare in aula. L’inizio della scuola rappresenta, infatti, anche il ritorno al pranzo in mensa per la maggior parte dei ragazzi: con una prevalenza decrescente da Nord (oltre il 35%) a Sud (10,3% nelle Isole).
Sono più di due milioni i bambini che consumano il pasto principale assieme ai compagni di scuola.
Una dieta equilibrata e variegata è essenziale per i piccoli in età scolare, soprattutto per lo sviluppo psicofisico e delle facoltà intellettive e motorie. Per i maschietti trai 6 e i 10 anni, a seconda dell'età, si raccomanda una dieta tra le 1.900 e le 2.150 kcal, per le femminucce tra le 1.700 e le 1.880.
Ogni pasto deve fornire i principi nutritivi essenziali: vitamine (verdura, insalata e frutta), proteine (carne, pesce o uova), calcio (latte e derivati) e carboidrati (pasta, riso, verdure e pane). Importantissimo bere acqua ed evitare le bevande zuccherate gassate.
Il menu offerto dalle mense scolastiche deve comprendere tutti questi cibi a livello settimanale.
È fondamentale, quindi, che i genitori conoscano nel dettaglio i menu scolastici a partire dagli ingredienti usati per la preparazione dei cibi, fino alla ditta che si occupa della preparazione delle pietanze.
Per i genitori che ne fanno richiesta, l'impresa scolastica o la cucina interna devono saper fornire anche una tabella alimentare dettagliata del menu settimanale, soprattutto in relazione a eventuali allergie o intolleranze alimentari del bambino. La comunicazione riguardo eventuali allergie dei ragazzi allo staff scolastico, è responsabilità genitoriale. È invece dovere della scuola garantire che al bambino venga offerto un menu adeguato alle sue esigenze, sostituendo gli alimenti che non può assumere. Ma non solo. È compito degli insegnanti, far diventare il momento del pranzo un momento formativo per gli alunni che usufruiscono della mensa e non una mera necessità.
I genitori che nutrono dubbi sulla composizione del menu scolastico del proprio figlio possono interpellare la commissione mensa: un organismo costituito da genitori e docenti che ha il compito di monitorare la qualità del servizio e proporre, ove necessario, variazioni nel menu, nelle modalità di erogazione o nei capitolati d'appalto. Le funzioni sono più o meno articolate, perché ciascun comune ha un proprio regolamento a cui attenersi. Di norma, ha un ruolo di valutazione e monitoraggio della qualità del menu e dei singoli prodotti utilizzati, oltre che dei valori nutrizionali, delle quantità, delle porzioni servite a ogni pasto. Può valutare anche le condizioni igieniche e strutturali dei locali della mensa, delle cucine (se attive), dei frigoriferi e delle dispense.
La commissione mensa ha, inoltre, una funzione di collegamento tra l’utenza (i bambini), la scuola, le famiglie e il Comune e, nei casi Sicurezza agroalimentare in cui le competenze e la capacità di dialogo delle famiglie abbiano raggiunto alti livelli, questo organismo può anche incidere sul capitolato d’appalto che il comune predispone per le società di ristorazione.
Secondo i dati del Ministero della Salute, attualmente circa il 50% delle scuole ha istituito la commissione mensa.
I CONTROLLI DEL NAS

Secondo un’indagine condotta dai Carabinieri del NAS (Nucleo Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri) la situazione mense non sarebbe così rosea. Una su quattro non supererebbe i controlli. Gli inquirenti, nel 2016, hanno effettuato controlli su 2.678 mense scolastiche, riscontrando gravi irregolarità, per questo per ben 37 strutture (una nel Nord Italia, 19 al Centro e 17 al Sud) è stata disposta la chiusura. Le sanzioni penali più numerose (58) hanno riguardato la frode in pubbliche forniture e il commercio di alimenti nocivi (23); quelle amministrative (ben 695) erano inerenti a carenze igienico strutturali e/o mancata attuazione del piano di autocontrollo. Oltre 4 tonnellate di derrate alimentari (prodotti ittici, carni, formaggi, frutta, verdura, olio, pane) di ignota provenienza sono state ritirate dal consumo, in assenza di idonea documentazione atta a dimostrarne la tracciabilità e custodite, in alcuni casi, in cattive condizioni igienico-sanitarie.
IL GIUDIZIO DEI BAMBINI

Mangiare con i compagni è per la stragrande maggioranza dei bambini (per l’esattezza il 91% degli interessati dall’indagine condotta da Cittadinanzattiva), un’esperienza positiva, stare tutti insieme è il reale motivo per cui vi mangiano volentieri.
Ma l’analisi fa luce anche sul rovescio della medaglia: più di un bimbo su tre (36%) non ama mangiare a mensa perché il modo di cucinare non gli piace (71%), il cibo è sempre lo stesso (57%), le porzioni sono scarse (48%), l’ambiente è triste (37%) e vi mangiano solo alcuni compagni (27%).
Non deve stupisce quindi che i ragazzi non vogliano sempre mangiare a mensa, soprattutto quando i cibi non soddisfano i loro gusti. Per questo spesso si verifica che il passato di verdure resta nel piatto, mentre la cotoletta, come un po’ tutte le pietanze fritte, sia uno dei piatti preferiti. Secondo un’indagine condotta da Altroconsumo gli studenti preferiscono piatti poco elaborati come la pasta al pomodoro, al pesto o con l’olio. I secondi, in linea generale, piacciono, anche se nelle scuole si consuma ancora poco pesce. La vera difficoltà sta nel far accettare ai ragazzi anche alimenti che non sempre mangiano volentieri, ma che sono importanti per la loro crescita.
L’INDAGINE DEL MINISTERO DELLA SALUTE
Secondo la prima indagine conoscitiva sulla ristorazione scolastica condotta dal Ministero della Salute, i dati più significativi avrebbero messo in luce una diffusa conoscenza (73%) delle linee di indirizzo nazionali per la ristorazione scolastica - mirate all’adozione di abitudini alimentari corrette fin dalla più tenera età e alla somministrazione di cibi di nuova conoscenza - e la frequente adozione di modelli dietetici redatti da esperti delle Asl (85%), accompagnati da messaggi nutrizionali (62%). Alcuni aspetti, però, possono essere migliorati. Resta da capire perché sia ancora minima la percentuale di scuole (2,39%) che, pur conoscendo le linee guida, non le applica. Oppure perché, sebbene il pool di esperti nazionali che ha indicato in porzioni di frutta o verdura il contenuto degli spuntini di metà mattina e pomeriggio, soltanto il 28% degli istituti segua le indicazioni alla lettera: più al Nord che nel Mezzogiorno.
LA NOVITÀ
Dopo la decisione del Tribunale di Torino che ha sancito il diritto dei bambini di portarsi il

panino da casa, il Ministero dell’Istruzione (MIUR) ha preso atto delle sentenze, inviando una nota agli Uffici Scolastici Regionali. Chi vorrà potrà portare a scuola il pranzo da casa e lo consumerà negli stessi locali destinati alla refezione scolastica, insieme ai compagni. Il Ministero ha fatto ricorso contro le sentenze che riconoscono questo diritto, ma nel frattempo riconosce la necessità che le scuole applichino linee di condotta uniformi sull’intero territorio nazionale. Da qui la nota che elenca le condizioni per la “schiscetta libera”. Nessuno scambio di alimenti fra i bambini e nessuna possibile contaminazione. Per realizzare queste condizioni, le scuole dovranno comportarsi davanti al pranzo domestico come dinanzi ai pasti speciali, eventualmente con il supporto del servizio di igiene della Asl.
Attualmente è al vaglio del Senato una proposta di legge che potrebbe cambiare definitivamente le carte in tavola per famiglie e ragazzi. Il testo, ancora in itinere, dice che “i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche”. Protestano i genitori del pasto alternativo che sostengono: “Il panino è un diritto” e ricordano la sentenza della Corte d’appello di Torino di un anno fa. Mentre i sostenitori del disegno di legge assicurano che il loro intento è solo quello di aumentare il livello di servizio, rendendo migliore ciò che mangiano i ragazzi.