SICUREZZA AGROALIMENTARE
CARNE VIVA
20/12/2018
di Sebastiana Failla*

Ecosostenibile, etica, di qualità, salutare e gustosa

FOTO APERTURA - DIDA (1)
La carne è un cibo con valenza funzionale che contiene non solo nutrienti primari e  calorie, ma anche elementi indispensabili per l’alimentazione umana.


Gli aggettivi del sottotitolo, a prima vista, considerando il dibattito attuale sui media, sembrano contraddire il concetto che la parola “carne” evoca nella mente di alcuni consumatori. Si tratta di capire, quindi, se il loro uso è semplicemente una provocazione o costituisce un paradigma possibile per la produzione di questa derrata. 
La consapevolezza che qualsiasi sistema produttivo, sia agricolo, sia industriale, incide sulle risorse idriche, energetiche e sull’occupazione del suolo in varia misura è oramai diffusa. Tuttavia, dichiarazioni superficiali (elevato consumo di acqua, eccessiva produzione di anidrite carbonica e metano ecc.) hanno indotto l’opinione pubblica ad associare le produzioni zootecniche alla rottura dei precari equilibri ambientali, mettendo in crisi gli allevamenti, in particolare quelli bovini. 

FOTO B - DIDA (1)
I ruminanti rappresentano una particolarità nella catena evolutiva grazie alla presenza di un complesso sistema di microrganismi contenuto nell’apparato digerente. 


EFFETTI SULL’AMBIENTE
FOTO C - DIDALCA (Life Cycle Assessment) consiste nel determinare la quantità di anidride carbonica, metano ed altri gas che si formano e la quantità di acqua utilizzata in tutta la filiera di produzione, ovvero l’impronta idrica di un prodotto. Questa viene calcolata come somma di acqua blu, prelevata dalla falda, acqua verde costituita prevalentemente da acqua
piovana, e acqua grigia utilizzata negli scarichi. Per la carne bovina prodotta in Italia si consumano circa 11.450 litri per chilogrammo, ma in prevalenza si tratta di acqua verde necessaria alla produzione di foraggi. La carne, comunque, non è l’alimento che incide maggiormente sui nostri consumi idrici, costituisce infatti il 22% della quantità consumata per fini alimentari, mentre per i cereali, alimento principe nella dieta mediterranea, ne consumiamo il 27%. 
Un fiume che scorre inesorabilmente verso il mare salato consuma più acqua verde di qualsiasi allevamento da carne. 
È una provocazione senza dubbio, ma sicuramente ci permette di riflettere sul fatto che l’erba cresce sul suolo nonostante l’attività umana e quell’erba che comunque “consuma” acqua verde può essere utilizzata per fini produttivi. Fondamentale è, pertanto, produrre carne utilizzando in parte alimenti che non entrano in competizione con l’uomo, e i bovini sono in grado di digerire la cellulosa e quindi di nutrirsi di erba, consumando foraggi grossolani o sottoprodotti dell’industria alimentare, entrando in competizione alimentare con l’uomo solo in minima parte. 
I ruminanti, con quel meraviglioso mondo di microrganismi di cui è dotato il rumine, che consente loro di ricavare la vitamina B12, sono un anello importantissimo nella catena evolutiva, perché hanno elementi in comune sia con gli animali vegetariani sia con quelli onnivori e carnivori. 
Frutto di disinformazione, inoltre, è il fatto che l’opinione pubblica percepisce come meno impattanti sull’ambiente gli allevamenti estensivi rispetto a quelli intensivi. Dati derivanti da diversi studi, invece, hanno evidenziato che gli animali al pascolo, per la minore quantità di produzioni, l’elevato consumo energetico e di calpestamento del suolo, rendono questo sistema di allevamento meno efficiente. In conclusione, la sostenibilità di un allevamento è una valutazione complessa, che non sempre si basa su parametri e meccanismi ovvi, quindi non sempre alla portata di un’opinione pubblica poco informata. Occorre, quindi, fare molta attenzione nel demonizzare le attività produttive legate alla zootecnia intensiva, tenendo conto che i nostri migliori allevamenti sono frutto di un’attenzione costante da parte dei gestori che cercano di conciliare i punti di forza di tutti i sistemi di allevamento per garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale finalizzata anche a soddisfare le attese dei consumatori.

FOTO D Luigi Di Battista  - DIDA

Pattuglia di carabinieri forestali durante un controllo su capi ovini all’alpeggio.

 

IL BENESSERE ANIMALE 
Un altro aspetto che induce diffidenza nel pubblico riguarda il benessere degli animali, con la convinzione che i capi allevati subiscano trattamenti non eticamente accettabili aFOTO E vari livelli, dalla nascita fino al trasporto e all’abbattimento. Questo paradigma sembra essere superato dal fatto che per produrre carne di qualità occorre rispettare un canone molto restrittivo sul benessere dell’animale, normato da opportune leggi. Perché un solo errore lungo la filiera di produzione oltre a produrre stress agli animali comprometterebbe definitivamente la qualità che con tanta fatica l’allevatore ha ottenuto nella sua stalla, producendo così carne dura, poco sapida, che si deteriora facilmente ed è fonte di radicali liberi nocivi alla salute. 
Il sistema carne è l’epitome di un’azione enzimatica estremamente precisa, che trasforma il muscolo in prodotto edibile attraverso la frollatura, periodo di conservazione che tiene conto di un preciso rapporto tempo/temperatura. I processi biologici che si instaurano nel muscolo quando un animale è macellato sono peculiari e differiscono nettamene da quelli che avvengono quando un animale muore per cause naturali: morte programmata in assenza di ossigeno, nel primo caso, necrosi nel secondo; abbassamento del pH e formazione di barriere allo sviluppo microbico e alla formazione di prodotti dannosi nel primo caso, produzione indiscriminata di danni derivanti dall’ossidazione lipidica e proteica nel secondo. 
Per questo la carne di un animale morto naturalmente non è edibile. 
Partendo dal presupposto che l’operato dell’allevatore è fortemente indirizzato a non creare sofferenza nell’animale, bisogna tenere presente che l’uomo è un onnivoro obbligato, oramai incapace di produrre sostanze quali vitamina B12, acidi grassi ed amminoacidi essenziali per la vita, e contenute solo nei prodotti di origine animale. La carne nell’alimentazione umana, pertanto, si può configurare come un alimento con “valenza funzionale”, che tiene conto non solo dei nutrienti primari e delle calorie, ma di tutte quelle molecole indispensabili allo star bene e alla riduzione del rischio di malattie. Parliamo di acidi grassi polinsaturi a lunga catena, presenti in larga misura nei pesci, ma importanti anche nella carne di polli e conigli, di acido linoleico coniugato (CLA) e di acidi grassi ramificati, che presentano una spiccata azione dietetica ed antitumorale e sono maggiormente presenti nella carne di bovini e ovini; di amminoacidi essenziali e ramificati (valina, leucina e isoleucina), in grado di migliorare l’efficienza muscolare, del sistema nervoso centrale e del fegato, oltre che di microelementi quali zinco, selenio e ferro. Non mancano infatti studi che descrivono i benefici della carne per la nostra salute, mostrando la sua ricchezza unica in molecole indispensabili. 
Purtroppo oggi questo alimento non ha il giusto riconoscimento, viene considerato a torto ricco di grassi saturi e colesterolo e sommariamente allontanato dalla dieta, anche a causa di una presunta cancerogenicità evidenziata dalla International Agency for FOTO FResearch on Cancer (IARC), che pone l’accento sulla pericolosità dell’eccessivo consumo di carne rossa e trasformata. 
Ma a ben leggere anche nella monografia della IARC, vengono messi sul piatto della bilancia sia i rischi che gli indubbi benefici, a volte compromessi da noi a causa di scorretti modi di cucinare e conservare questa preziosa derrata alimentare.

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 *[Ricercatrice CRA-PCM Monterotondo – Dipartimento produzioni animali]