
La sfida di garantire alimenti sani e sicuri lungo tutta la filiera richiede di predisporre strumenti di controllo che non esauriscano la propria efficacia nell’analisi del rischio. Al fine di ridurre l’incidenza di frodi e contraffazioni occorre ricercare informazioni sulle caratteristiche chimiche degli alimenti e precostituire, su base scientifica, sistemi alternativi di tracciabilità molecolare che prevedano l’allestimento di tecnologie avanzate (ad es.: spettrometria di massa o di emissione atomica).
Di conseguenza, sarebbe necessario un intervento di riforma processuale che consentisse di applicare il principio di piena ammissibilità del ricorso ad analisi cosiddette sperimentali, tenuto conto che spesso le manipolazioni nel settore non sono rilevabili dai test delle analisi ufficiali.
D’altra parte, il concetto di sicurezza dovrebbe essere ripensato anche nella sua dimensione sociologica, assicurando un accesso adeguato ad informazioni che siano utili allo scopo. Spunti, in questo senso, derivano dalla rilevanza dell’etichetta quale guida normativa in grado di fornire informazioni ex ante ai consumatori, agevolandone le scelte di acquisto. Tuttavia, la griglia delle informazioni non è sempre capace di soddisfare l’adeguatezza degli impegni assunti e di assicurare le promesse di trasparenza. Sembra, allora, innegabile che tale bisogno di tutela sia da soddisfare per altra via.
Il riferimento è, in particolare, all’accesso civico generalizzato, previsto dall’articolo 5 del D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, che consente a chiunque di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni qualora ricorrano interessi giuridicamente rilevanti. In questo senso, la trasparenza diventa lo strumento per integrare il quadro informativo dell’etichettatura, con l’ulteriore idoneità a veicolare forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni statali e sull’impiego delle risorse pubbliche.

LA DEGENERAZIONE DI UNA FRODE E LA RINASCITA DI UNA FILIERA
Le frodi non sono un fenomeno attuale, anzi: “l’adulterazione e la frode incominciò nel giorno in cui l’uomo fece il primo contratto col proprio simile per vendergli o comperare da lui qualche derrata d’uso. La frode adunque è antica quanto il commercio e non si dura fatica a scoprirne le tracce anche nei tempi più remoti”. (Olivieri V., voce Frodi al commercio, in Dig. It., vol. XI, 1892-1898, Milano, 856-858).
Presupposto comune delle frodi di ieri e di oggi è il movente economico: “Ognuno può facilmente rendersi conto delle ragioni che inducono il lattaio a falsificare il latte spannandolo od allungandolo con acqua: l’avidità del guadagno è la sola consigliera di queste illegittime manipolazioni che egli naturalmente eseguisce di preferenza perché facili, non costose e straordinariamente rimunerative… Per aver dunque semplicemente spannato il latte, il lattaio ha un utile del 100% e notate che questo calcolo è piuttosto inferiore al vero e che egli cerca di accrescere ancora i suoi guadagni aggiungendo acqua al latte spannato”. (Gabba L., Adulterazione e falsificazione degli alimenti, Milano, 1884).
Quando il movente economico diventa l’unico obiettivo della transazione commerciale, la situazione può sfuggire di mano e un mero escamotage fiscale può tradursi in un vero e proprio scandalo. Questo è quanto accaduto nel settore del vino quando, nel 1986, si sono registrati alcuni gravi casi di avvelenamento causati da un impiego eccessivo di metanolo, un prodotto secondario della fermentazione alcolica, naturalmente presente nel vino, ma che può essere altamente tossico se impiegato in dosi eccessive.
In effetti, questo tipo di adulterazione aveva trovato terreno fertile in seguito alla emanazione della L. 28 luglio 1984, n. 408, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 giugno 1984, n. 232, concernente modificazioni al regime fiscale per gli alcoli e per alcune bevande alcoliche in attuazione delle sentenze 15 luglio 1982 e 15 marzo 1983 emesse dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nelle cause n. 216/81 e n. 319/81, nonché aumento dell'imposta sul valore aggiunto su alcuni vini spumanti e dell'imposta di fabbricazione sugli alcoli”, che aveva reso assai conveniente l’impiego del metanolo, il cui costo risultava di molto inferiore a quello dell’alcool etilico.
Per superare lo scandalo, la produzione del vino ha imboccato una strada del tutto nuova, puntando sulla qualità e valorizzando il carattere distintivo del legame unico tra vigneti e territorio. Ne è derivato un sistema integrato di filiera che ha consentito di affermare un modello di agricoltura vincente il quale, nel giro di pochi anni, ha condotto l’Italia ai vertici della qualità per il maggior numero di denominazioni di origine e indicazioni geografiche tutelate a livello europeo.
IL PATRIMONIO AGROALIMENTARE COME BENE CULTURALE ED ECONOMICO
Il sistema DOP-IGP si conferma come una solida realtà dell’economia agroalimentare italiana e contribuisce a rafforzare la reputazione del Made in Italy nel mondo. Nel XVII Rapporto ISMEA-Qualivita 2019 sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP, IGP e STG, si dà conto del ruolo strategico della qualità nei distretti produttivi presenti sul nostro territorio, con un trend sempre in crescita sia per numero di beni registrati – oltre 800 prodotti tra alimenti e bevande – sia per valore, superando i 16 miliardi di euro.
I numeri legati allo sviluppo dei regimi di qualità offrono, ancora, l’occasione per riflettere sulla necessità di insistere nella direzione di una maggiore trasparenza dell’intero processo che assicuri, nel passaggio dal campo alla tavola, una corretta informazione al consumatore il quale, con sempre maggiore consapevolezza, orienta la propria esperienza di acquisto verso alimenti in grado di soddisfare aspettative culturali e momenti di benessere nel rispetto di princìpi etici e di sostenibilità ambientale.
D’altra parte, l’aumento delle esportazioni nel settore agroalimentare conferma l’attenzione, anche da parte dei consumatori stranieri, per il valore che esprime l’origine italiana dei prodotti, percepiti non solo come generi di prima necessità, ma come beni di consumo, espressione di un patrimonio di cultura e tradizioni. In questo processo evolutivo, ruolo primario è assegnato, dunque, al profilo culturale dei prodotti agricoli e degli alimenti, come fonte di ricchezza per le comunità locali ed eredità da trasmettere alle generazioni future.
Da questo punto di vista, la recente approvazione in sede di Consiglio dei Ministri del disegno di legge recante Nuove norme in materia di illeciti agro-alimentari modifica la denominazione del Titolo VIII del Libro II del codice penale (“Dei delitti contro l'economia pubblica, l’industria e il commercio”) – che ha raccolto l’eredità del cospicuo lavoro svolto dalla Commissione Caselli - attraverso l’aggiunta del “patrimonio agroalimentare” quale elemento aggiuntivo che rafforza l’attenzione per l’emersione di beni giuridici in grado di attualizzare il processo di determinazione della oggettività giuridica dei reati di frode.
La previsione del patrimonio agroalimentare quale nuovo bene giuridico da tutelare, consente di riconoscere centralità ad azioni e misure di salvaguardia dell’intero patrimonio di valori riconducibile all’identità nazionale. Si tratta di misure destinate a favorire la crescita e la capacità di espansione delle imprese nei mercati emergenti, tanto da avvertire come operazione non soltanto culturale l’accertamento del bene tutelato e l’aderenza delle norme di incriminazione agli interessi offesi.
DALLA SICUREZZA ALLA INTEGRITA' E SALUBRITA' DEGLI ALIMENTI
Il patrimonio agroalimentare deve essere valorizzato, dunque, anche nella sua dimensione di bene economico, asse strategico per l’intero sistema Paese e che continua ad assicurare il saldo positivo della bilancia commerciale anche nei periodi di crisi economica. D’altra parte, un mercato che si presenta sempre più complesso impone una riflessione sulla necessità che il sistema di regole sia reso efficace attraverso un effettivo apparato di controlli ancora più efficaci.
L’immagine che tratteggiava Luigi Einaudi per descrivere la presenza rassicurante del “cappello a due punte dei carabinieri che si vede passare sulla piazza” (“Lezioni di politica sociale”, Torino, 1975) - a garanzia della lealtà e correttezza delle contrattazioni tra acquirenti e venditori - appare quanto mai attuale nell’ambito di un mercato globalizzato dove si aggiungono, rispetto al mercato rionale, nuove ed ulteriori forme e beni di scambio che superano i confini locali, regionali e nazionali e che necessitano di un sistema armonizzato di regole per garantire che i controlli coinvolgano l’intera filiera agroalimentare, dal prodotto al processo.
In questa direzione, il recente regolamento europeo sui controlli ufficiali, che si applica dal 14 dicembre 2019*, amplia e rafforza, in una dimensione maggiormente integrata, il sistema generale dei controlli, con l’obiettivo di garantire non soltanto la sicurezza ma anche l’integrità e la salubrità degli alimenti, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, anche attraverso la verifica della conformità alle norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l’informazione dei consumatori, nonché la fabbricazione e l’uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con alimenti.
Un riconoscimento del ruolo dell’autorità di polizia giudiziaria e, specialmente, dell’Arma dei Carabinieri che, nel settore agroalimentare, vanta un particolarismo investigativo ed operativo legato all’organizzazione di reparti dedicati alla tutela di valori e beni giuridici inerenti alla salute e alla lealtà economica, con la pretesa di allestire un’ampia ed efficace azione di sostegno al nostro Made in Italy.
*Cfr. Reg. (UE) n. 2017/625/UE del Parlamento europeo del 15 marzo 2017 relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio.