
La pasta... che passione! È lei la regina del Made in Italy in tutto il mondo. Alimento alla base della dieta Mediterranea, rinunciare ad un buon piatto di pasta, per noi italiani, è davvero molto difficile. Ma sempre più spesso accade di dover astenersi a causa di intolleranze alimentari legate al glutine. Le modificazioni genetiche alle quali negli anni è stato sottoposto il frumento, con il quale produciamo attualmente pane o dolci, hanno portato nei grani moderni una forza glutine molto più alta di quella iniziale. Nei grani antichi la forza del glutine era circa un terzo rispetto ai grani moderni, non sorprende, quindi, che sempre più spesso le persone riscontrino una certa sensibilità.
CRESO: IL GRANO MODERNO
Generalmente siamo abituati a mangiare la tradizionale farina di grano tenero bianca,
zero o doppio zero, con la quale vengono prodotti la maggior parte degli alimenti che arrivano sulle nostre tavole. Questa farina è ricavata da un grano prodotto in larga scala, modificato per rispondere a diverse esigenze, resistenza alle malattie e maggiore resa produttiva per essere sempre al passo con lo sviluppo dell’industria alimentare.
Il grano duro più usato al mondo si chiama Creso. È un grano geneticamente modificato, ottenuto nel 1974 in Italia attraverso un incrocio tra la varietà messicana Cymmit e l’Italiana Cp B144, mutante del grano Senatore Cappelli, sottoposto a raggi gamma o raggi x. Molto povero di valori nutrizionali e ricco di glutine, per renderlo più facilmente lavorabile dai panettieri e dai pastai.
LE VARIETÀ ANTICHE DEL GRANO
Da qui la riscoperta di questi antichi grani, che sono rimasti originali, senza subire interventi di selezione da parte dell’uomo. L’uomo coltiva cereali da secoli, ma negli ultimi anni il cambiamento dei metodi agronomici ha dato inizio alla selezione genetica del frumento che ha portato ai grani moderni. Esistono diverse specie di grani antichi, molti dei quali si sono formati spontaneamente in zone diverse per clima, altitudine e tipologia di terreno. Alcune sono altamente digeribili perché a basso contenuto di glutine e coltivate secondo i principi dell’agricoltura biologica.
La Timilìa: è un grano duro siciliano. Ha una colorazione grigiastra e la sua farina contiene molti oligo-elementi del germe di grano e della crusca. Presenta un alto valore proteico e un basso indice di glutine. È l’ingrediente base del famoso “pane nero di Castelvetrano”, a cui dona quel colore scuro e un gusto dolce.
Il Russello: è una delle più antiche varietà di grano duro siciliano, tra le migliori per quantità di glutine e attitudine alla panificazione. La pianta supera il metro e ottanta di altezza.
Il Senatore Cappelli: è forse il grano più conosciuto e al contrario di quanto in molti pensano non è del tutto di origine italiana, bensì una selezione di un grano tunisino e di un grano del sud Italia, selezionato da uno dei più grandi genetisti agrari che il nostro Paese abbia amai avuto, Nazareno Strampelli. Il grano Senatore Cappelli è un grano molto alto e produttivo che negli anni ‘70 scompare quasi del tutto a causa della mutazione genetica cui fu sottoposto per ottenere la varietà Creso. Attualmente una forte produzione è concentrata in Basilicata, Puglia e Sardegna.
La Saragolla: è un grano khorasan antenato del grano duro moderno, in origine coltivato nella fascia compresa tra l’Anatolia e l’Altopiano iranico e tra l’Egitto e la Mesopotamia: per questo è conosciuto ai più come il grano degli egizi e del faraone. Presenta un fusto molto alto, ha la cariosside nuda e allungata più di quella di qualunque altro frumento. Un grano molto speciale, duro e ambrato che produce farine color giallo intenso.
Il Monocco (o farro antico): è un grano le cui origini risalgono a diecimila anni fa, è un frumento con un genoma più semplice rispetto agli altri cereali e ha costituito la base della dieta delle popolazioni agricole per migliaia di anni. Sostituito poi in gran parte dal grano tenero e duro, più produttivi e di facile trebbiatura. Questa antica specie di grano sembrerebbe essere un valido aiuto nella prevenzione della celiachia.
PERCHÉ CONSUMARLI
La qualità di questi grani, si vede, si sente dai profumi che emanano le loro farine e si riconosce dai sapori del pane, della pasta e di tutti i prodotti tipici che si preparano con esse. Molti sono oggi gli agricoltori italiani tornati alla semina e alla coltivazione diretta di questi grani, che vengono lavorati con la macinazione a pietra. La farina che si produce è molto meno raffinata rispetto a quella prodotta con grano moderno. Rispetto alle farine 0 e 00 le proprietà nutrizionali presenti nel chicco sono maggiori. I grani antichi mantengono un rapporto più equilibrato tra presenza di amido e presenza di glutine. La minore presenza del glutine rende le farine più leggere, digeribili e assimilabili di altre.
DOVE TROVARLI
La riscoperta di questi grani antichi è merito, soprattutto, dei piccoli produttori agricoli,
che affrontano la concorrenza del grande mercato e scelgono di produrre frumento di qualità. Acquistare questi prodotti è anche un ottimo metodo per scegliere una filiera corta ed evitare di prendere prodotti che arrivino da Paesi meno controllati dell’Italia. Data la varietà dei grani antichi, è consigliabile prediligere e acquistare quelli tipici del proprio territorio. Comprare prodotti realizzati con farine di grani antichi significa anche tutelare la biodiversità del nostro territorio, farli continuare a vivere e accrescere il loro valore storico e culturale. Generalmente si trovano nei negozi di alimentazione biologica, nei mercati contadini, in alcuni alimentari molto forniti o specializzati in prodotti artigianali. Esistono anche diversi siti online dove poter acquistare questi prodotti.
A GRAGNANO PRODURRE PASTA È UN’ARTE
Celebre a livello internazionale per l'altissima qualità della pasta di semola di grano duro, che viene prodotta dai suoi numerosi ed antichissimi pastifici, Gragnano è la città della pasta per antonomasia. Qui la produzione affonda le radici in tempi molto remoti. Nel ‘500 ci si rese conto che la sua posizione geografica era particolarmente indicata per la produzione della pasta. Gragnano, in provincia di Napoli, sorge, infatti, in cima ad una valle, sulla quale sfociano numerose fonti montane la cui acqua sorgiva, oltre ad alimentare i mulini, conferisce alla pasta un sapore molto caratteristico. Il clima favorisce l'essiccazione che, anticamente, avveniva all'aperto, lungo le strade cittadine. Fu così che nel XVII secolo sorsero i primi pastifici a conduzione familiare e ben presto la città divenne un centro industriale rinomato, i cui numerosi pastifici ancora oggi seguono regole produttive di imprescindibile importanza. L'utilizzo di semola di grano duro e la lavorazione artigianale, caratterizzata dalla trafilatura al bronzo e dalla successiva essiccazione naturale, garantiscono alla pasta di Gragnano una qualità altissima. Tre milioni di tonnellate circa di pacchi di pasta in un anno, per un bacino di consumatori stimato in oltre 6 milioni di persone e una crescita di produzione stimata intorno al 10% nell'ultimo anno sono i dati significativi che testimoniano la vitalità di un comparto strategico per l'economia regionale. La pasta di Gragnano viene oggi venduta in quarantadue nazioni diverse, ma il mercato internazionale è in espansione. Ma il vero segreto di questa pasta sono gli ingredienti. Secondo quanto previsto dal Disciplinare di produzione, la "pasta di Gragnano" è il prodotto ottenuto dall'impasto della semola di grano duro con la purissima acqua della falda acquifera locale, con un particolare profumo di grano maturo e un caratteristico sapore sapido, dal gusto deciso.
LA PASTA NEL MEDITERRANEO DEL XIV SEC.
di Alessandra Cioppi
Alcuni registri del XIV secolo, conservati nell’Archivo de la Corona de Aragón di
Barcellona e relativi alla dogana del porto di Cagliari, ci raccontano che già nella seconda metà del Trecento esisteva in Sardegna una notevole produzione di pasta alimentare di pregiato grano duro, la quale costituiva un importante commercio rivolto ai più prestigiosi empori del Mediterraneo medioevale. I dati giornalieri dei registri riportano la quantità di pasta esportata (da 150 quintali circa nella seconda metà del XIV secolo a 250 quintali nel primo trentennio del XV), i tipi di pasta prodotta (vermicells, fideus o filindeus, e i famosi macarrons), e le principali piazze di destinazione. Prime Barcellona, Valenza e la Catalogna in generale, seguite da Napoli, Gaeta, Tropea, Amalfi, Pisa, la Sicilia e le isole di Malta e Cipro. La pasta rappresentava un cibo pregiato, una portata apprezzata nelle tavole reali e pontificie, dei ricchi mercanti e degli ebrei. Ma i trattati di medicina del Trecento menzionano il suo uso anche per le proprietà nutrizionali e curative.