
- Un esercito di braccianti, spesso immigrati, resta per undici ore di seguito sotto al sole, solo con una bottiglietta d’acqua, ricevendo una paga misera
Verdure, ortaggi e frutta di stagione non mancano mai sulle tavole degli italiani, soprattutto grazie alla grande distribuzione organizzata (gdo). Ma spesso, dietro ai prezzi a buon mercato si nasconde un universo fatto di sfruttamento e di umiliazioni a carico dei braccianti, costretti a lavorare per pochi euro al giorno, senza nessuna forma di tutela.
È la piaga del caporalato agricolo - diffusa ormai su scala nazionale - che il governo Conte intende debellare puntando, oltre che su una modifica della normativa di settore e sul nuovo assetto dei Centri per l’impiego, anche sull’attività di intelligence svolta dai diversi reparti dell’Arma dei Carabinieri.
Se così stanno le cose, ben si comprende il motivo per il quale, all’indomani dell’ennesimo caso finito sotto i riflettori della cronaca - la strage di braccianti lungo la statale 16 tra San Severo e Termoli che ha portato alla morte di 12 migranti, stipati in un furgoncino che si è scontrato frontalmente con un Tir - sono state annunciate misure straordinarie per combattere un fenomeno odioso che calpesta la dignità delle persone.
Il 60% dei lavoratori “in nero” è utilizzato dalle aziende agricole del Meridione, di questi il 20% riguarda la Puglia, in particolare per la raccolta del pomodoro.
IL FENOMENO
Il reclutamento avviene secondo un modus operandi ormai consolidato: il “caporale” al quale l’impresa affida il compito di procurare manodopera a prezzi da fame, si reca all’alba in determinati luoghi, carica sul proprio automezzo i lavoratori e li conduce nei campi. Qui, sotto al sole e con una bottiglietta d’acqua, restano per 11 ore di seguito, ricevendo la misera paga di 20 euro.
Il vice presidente del Consiglio, nonché Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha presieduto nella Prefettura di Foggia una riunione del Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura alla presenza delle parti sociali e degli enti che si occupano specificamente di tali questioni.
Nel corso del vertice l’esponente dell’esecutivo ha assicurato misure concrete, tra cui l’emanazione di una direttiva per avvalersi dei Carabinieri Forestali contro le illegalità nel lavoro. “Nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 settembre 2017 - spiega il tenente colonnello Leonardo De Paola, capo ufficio comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro – su un totale di 29 operazioni a livello nazionale di contrasto all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro, 20 hanno riguardato il settore agricolo con 10 arresti e 24 denunce a piede libero e un numero complessivo di 158 lavoratori coinvolti, di cui 99 “in nero” (così suddivisi: 34 clandestini, 64 stranieri e un italiano non contrattualizzati).
Grazie al rinnovato interesse delle Istituzioni ed alle attività svolte dalle varie articolazioni dell’Arma, compresa la “territoriale”, i numeri relativi allo stesso periodo (gennaio/settembre 2018) sono cresciuti in maniera esponenziale: su 76 operazioni, 48 sono scattate a carico degli operatori economici del comparto agricolo con ben 109 deferimenti alla magistratura (ivi compresi 32 arresti).
È stata registrata una forte impennata anche per quanto riguarda le maestranze coinvolte: sui 628 lavoratori censiti dai militari durante i controlli, 325 sono risultati “in nero” (di cui 53 “clandestini”, 267 stranieri e 5 italiani non in regola).
CONTROLLI INTENSIFICATI
Insomma per gli sfruttatori si preannunciano tempi durissimi anche grazie all’entrata in funzione, dal 3 settembre scorso, del Reparto Operativo (affidato al tenente colonnello Gaetano Restelli), connotato da una spiccata vocazione investigativa, e all’ulteriore e più incisivo coinvolgimento dei Carabinieri Forestali.
Questi ultimi, oltre ai controlli di routine, attraverso la banca dati a loro disposizione, svolgono un importante lavoro di verifica sulla conduzione economica dell’impresa interessata, al fine di appurare la (eventuale) indebita percezione di contributi erogati dall’Unione Europea.
Ciò permette di ristabilire il giusto equilibrio in un mercato in cui gli operatori disonesti godono di un doppio vantaggio rappresentato, da un lato, dai mancati esborsi a beneficio dei lavoratori sfruttati e sottopagati, e, dall’altro, dalla percezione di aiuti non dovuti, capaci di far lievitare ulteriormente i guadagni.
Insomma, il monitoraggio è ancora più penetrante rispetto al passato. “I carabinieri - sottolinea il generale di brigata Antonio Danilo Mostacchi, Comandante dei Carabinieri Forestali della Regione Puglia - faranno come sempre la loro parte, andando alla ricerca dei comportamenti illeciti da qualunque parte provengano”.
Il maggiore Alfredo Renzulli, Comandante del Coordinamento Territoriale per l’Ambiente Carabinieri di Foggia, è in prima linea, con i suoi collaboratori, in un territorio dove la piaga del caporalato è molto presente: “il livello di attenzione resta alto, siamo pronti ad intervenire in qualsiasi momento”.
La strategia “integrata” dell’Arma piace ai sindacati. Onofrio Rota, segretario generale della Fai Cisl che rappresenta circa 200mila lavoratori dell’agricoltura e attività connesse (industria alimentare, delle foreste, della pesca e del tabacco) plaude all’iniziativa. Sul fronte della prevenzione, secondo l’esperto, occorre puntare ancora di più sulla “Rete del lavoro agricolo di qualità”, un circuito che certifica le aziende virtuose dalla fase di raccolta fino a quella della trasformazione del prodotto.
Per il professor Luigi Cerciello Renna, direttore scientifico del Corso di legalità agroambientale presso l’Osservatorio Appennino Meridionale dell’Università di Salerno, il rafforzato impegno della Benemerita “favorisce una più qualificata e capillare attività info-investigativa sui territori interessati dalla piaga del caporalato”.
Il docente si sofferma anche sul dramma dei lavoratori regolari, tanto stranieri quanto connazionali, il cui salario medio non consente loro di condurre una vita dignitosa: “La sottopaga di chi lavora nei campi viene considerata da molti imprenditori come un indispensabile ammortizzatore dei costi aziendali, mentre grandi aziende e gdo continuano a determinare i prezzi delle materie prime, di fatto condizionando negativamente le dinamiche del mercato agroalimentare”.
Il caporalato, in ultima analisi, altro non è che la manifestazione cruenta di un sistema economico malato che i valorosi Carabinieri sono pronti a combattere con le armi della legalità e della giustizia.