Il mercato della carta in Italia è da oltre un cinquantennio piuttosto vivace e importante, con un ruolo rilevante anche nel panorama mondiale. La sola produzione della carta, quindi esulando dalle fasi di recupero, di riciclo e dell’indotto, vede coinvolte, secondo i dati pubblicati da Assocarta, 123 imprese per 155 stabilimenti con 19.500 addetti ai lavori. In Italia la produzione di carta arriva a superare gli 8,8 milioni di tonnellate annue con un fatturato superiore ai 7 miliardi di euro, e soltanto la metà viene riciclata.
Il comparto cartario italiano è stato capace di reggere anche l’urto della crisi: se, infatti, negli anni 2007 – 2013 ha registrato una diminuzione del 16,5%, per circa 1,65 milioni di tonnellate fra carta e cartone, con perdita di 3.000 posti di lavoro, nel quinquennio successivo è riuscito a riprendere quota con un incremento annuo di circa 500mila tonnellate, per poi attestarsi fra gli 11 – 12 milioni di tonnellate di produzione totale. Riportando il dato a livello micro, possiamo indicare come poco meno di 200 kg la quota annuale pro-capite di consumo di carta, cartone e cartoncino.
La recente ripresa del settore s’inserisce all’interno della crescita mondiale dei consumi cartacei, a loro volta sospinti dalla globalizzazione. In effetti, sfatando il presunto pericolo della “digitalizzazione” che nei fatti non ha inciso sui consumi, la carta ha continuato a confermarsi nella vita quotidiana. Infatti, se i suoi impieghi civili e industriali sono sostanzialmente solo tre, ovvero il supporto per la scrittura e la stampa, l’imballaggio (con ben il 37% di tutto il consumo) e il cartone ondulato (astucci, sacchetti, ecc.), è altresì vero che la carta è materiale universale, storicamente esclusivo (l’intera produzione libraria è in carta da secoli, con il recente, ma poco convinto, avvento degli e-book) e la sua domanda di mercato è in persistente aumento. E il trend si registra malgrado il correlato aumento del prezzo di acquisto, lievitato per via della penuria di boschi e foreste, e malgrado la decadenza del libro e dei quotidiani, ritenuti superati dalle giovani generazioni.
La domanda è cresciuta a causa di un più ampio ventaglio di consumatori, specie in Oriente, e in prospettiva lo sarà ancor di più per il semplice incremento della popolazione mondiale. Perciò anche se a livello pro capite il consumo di carta nel prossimo decennio dovesse diminuire sensibilmente, quello generale verrebbe comunque a crescere.
IL RECUPERO
Il fenomeno della crescita binaria della domanda di carta e del suo prezzo è fra i più stabili mai registrati nella storia dell’economia e dura da oltre duecento anni, ma oggi rischia di esplodere per la contraddizione insanabile fra le pressioni demografiche e la crisi ambientale.
Peraltro, un così grande uso di materiale cartaceo comporta un’egualmente grande produzione di rifiuti con annesso problema di smaltimento. Fortunatamente, la carta in quanto prodotto a base organica, oltre ad essere biodegradabile, è riciclabile: partendo dalla fibra del rifiuto cartaceo, circa il 95% può essere trasformato in nuova carta!
L’elevata domanda, unita alla grandissima percentuale di recuperabilità, permette di sviluppare un’ampia e solida industria del riciclo, consentendo di mitigare le due connesse problematiche ambientali: l’abbattimento delle foreste e l’accumulo dei rifiuti. Il recupero di oggetti per ricavarne materiali base è attività antica – si pensi alle figure degli stracciaroli o cenciaiuoli attivi a Roma già dal XVII secolo – e quello della carta è il più semplice. Oggi le cose sono, evidentemente, molto diverse e la raccolta della carta s’inserisce nel ben più vasto processo dell’economia circolare, la quale, in un’accezione semplice, può essere definita come l’organizzazione (economica) capace di valorizzare il rifiuto del consumo o lo scarto della lavorazione fino al limite massimo di ogni singola componente, per ricavarne materie prime di reintegro (MP1) ovvero beni strumentali per altre lavorazioni (MP2), effettuando così un processo di ritorno verso l’elemento base.
Le fasi del riciclo sono le seguenti:
L’impasto ottenuto viene steso, disidratato e pressato da rulli, ottenendo così una sorta di “nastro guida” avvolto in bobine. Queste sono inviate alle cartotecniche, dove la carta viene ulteriormente lavorata per ottenere i prodotti finiti, che poi sono gli stessi da cui proveniva il materiale: giornali, libri, imballaggi in cartone, fibre di cellulosa per la bio-edilizia.
I VANTAGGI ECONOMICI E AMBIENTALI DEL RICICLO
Dal punto di vista ambientale, in 15 anni il riciclo della carta ha portato al risparmio di 54 milioni di tonnellate di CO2 con 17 alberi salvati per ogni tonnellata. Probabilmente, il contenimento della deforestazione, specialmente delle foreste primarie, riconosciuta al COP 21 di Parigi tra le principali cause del riscaldamento globale, è il primo beneficio che il riciclo della carta può offrire. Inoltre la diminuzione del disboscamento previene l’erosione del suolo, preserva i bacini idrici e protegge la biodiversità.
L’approvvigionamento della cellulosa dalle balle di macero è molto meno costoso che non il procedimento tradizionale dal legname, anche se rispetto alla carta "nuova" è necessaria anche una modesta integrazione di cellulosa fresca proveniente da alberi. In più il riciclo riduce la quantità di rifiuti da trattare, i relativi costi e lo spreco di spazio dello stoccaggio.
L’energia risparmiata rispetto al metodo tradizionale è ben il 65%: per produrre una tonnellata di carta riciclata, anche se non viene abbattuto nessun albero, vengono utilizzati 2.700 kWh di energia elettrica e 1.800 litri d’acqua, risparmiando 4.100 kWh di energia elettrica, 26 metri cubi d’acqua e l’emissione di 27 chili di CO2.
Ma c’è di più: il macero è più vantaggioso del semplice incenerimento, perché sebbene i costi del primo siano ovviamente superiori rispetto al secondo, si ottiene un valore aggiunto in termini di costo di produzione evitato e di foreste risparmiate, tenendo conto che la carta la si sarebbe comunque dovuta produrre con i metodi tradizionali.