
Google mi ha segnalato che i miei articoli sulle fake news sono stati copiati interamente e presentati come nuovi, ma senza la mia firma. I miei testi sono apparsi su uno dei siti afferenti a un importante opinion maker italiano.
Eccovi una fake news che però è in parte una notizia vera; volete sapere come è possibile?
Sono stato io a costruire una notizia falsa semplicemente rimanendo generico: ho usato un riferimento importante che quasi tutti conoscono, nientemeno che Google, un motore di ricerca noto a tutti gli utilizzatori di Internet. Noterete che non ho detto quando il fatto riportato nella notizia è accaduto, neppure il soggetto che ha ricevuto la comunicazione da Google; forse ho esagerato a non darvi i titoli degli articoli che ho pubblicato sul magazine online www.greenious.it/ nel tag “stupidario”; non vi ho detto chi mi ha copiato i testi ed infine ho peccato di omissione, evitando di dire che gli articoli sono stati rimossi dal sito pirata, proprio da Google.
Insomma, sono stato troppo generico: “La generalizzazione è il peccato mortale della comunicazione” ripeteva una delle mie insegnanti di neurolinguistica. Se non ci credete basta che vi ripetiate una delle tante frasi classiche del tipo: “Tutti gli uomini vogliono la stessa cosa!” (Tutti, tutti? è la domanda che vi fa immediatamente scoprire la falsità dell’affermazione).
La mia notizia è in parte vera, infatti Google, nel 2018, ha comunicato di essersi accorto che c’erano più copie dello stesso testo, quindi voleva vederci chiaro, c’erano degli accordi di lobby tra i siti? Naturalmente la mia direttrice chiarì la nostra posizione e così il “pirata” venne costretto ad oscurare quanto aveva rubato.
COME NASCE UNA FAKE NEWS
Costruire una fake news è quindi facile, ma attenzione: conoscendone le “regole” è anche abbastanza facile scoprirla. Il problema maggiore è quello delle omissioni: evidenziando alcuni aspetti (di solito marginali) e nascondendo alcune informazioni, si riesce ad orientare l’opinione pubblica. Il merito è della comunicazione veloce, i social su cui viaggiano e si moltiplicano le balle non lasciano molto tempo ai lettori per pensare, un “mi piace” non si nega a nessuno degli amici che chiedono di condividere il messaggio, che diventa virale.
Ora che ho inquadrato il problema permettetemi di mostrarvi alcune delle fake news sulla natura che potrete trovare nel web, ma anche nei racconti popolari e nei libri. Ho molte persone che mi aiutano nella raccolta di queste notizie; ecco una fake news sulle vipere:
La vipera per partorire sceglie di arrampicarsi su un albero, in modo da non essere morsa da un suo piccolo, soprattutto dall’ultimo nato.
Questa castroneria deriva dal fatto che la vipera è ovovivipara, cioè le sue uova si schiudono all’interno del suo corpo e dalla cloaca escono direttamente i piccoli vivi. Ogni femmina può far nascere da otto a quindici piccoli, a seconda delle dimensioni, della salute dell’esemplare e anche della specie. Il momento della nascita è uno dei più pericolosi per tutti gli animali, vipere comprese, infatti i neonati hanno diversi predatori, così di tutti i piccoli solo uno o due riusciranno a diventare adulti, nonostante le precauzioni che prende la madre, che non fa certo cadere i figli da un albero. Per l’ultimo nato poi c’è un’altra leggenda: in Italia, in alcuni paesi montani, l’ultimo nato della vipera viene chiamato “settepassi” poiché, secondo le leggende, sarebbe così velenoso da per mettere a chi è stato morso di fare solo altrettanti passi prima di morire. In realtà il veleno della vipera non è mortale per l’uomo, è un veleno citotossico (esercita azione tossica sulle cellule). Si è anche scoperto che incidere la parte morsa per cercare di succhiar via il veleno, assieme all’uso (fai da te) del siero antiofidico, è una pratica più dannosa del morso stesso.
Nel mondo vegetale la pianta più chiacchierata è l’Aloe. Su un settimanale di attualità, nel gennaio 2011, ho letto questo trafiletto: “…conviene fare un salto nel museo più profumato del mondo, quello dell’Aloe… la pianta alla base dell’economia locale. Tra attrezzi strani, che meritano una foto, e immagini d’epoca c’è anche lo store dove acquistare balsami aromatici a chilometro zero…”.
Il pezzo parla di un museo sull’isola caraibica di Aruba, vicino alle coste del Venezuela. Mi è già capitato di raccontare che negli ultimi quarant’anni ho raccolto, coltivato e studiato centinaia di specie di Aloe, ma solo una fra le molte da me coltivate aveva fiori profumati, l’Aloe haworthioides, una specie originaria del Madagascar ancora oggi inserita nell’appendice “A” della C.I.T.E.S., nonostante alle nostre latitudini la si possa trovare liberamente in vendita in molte composizioni. Ho forti dubbi sul “museo più profumato del mondo”. Questo però ha lanciato un mercato di prodotti cosmetici profumati all’Aloe, con tante informazioni false.
DURANTE LA PANDEMIA
In tempi di coronavirus mi viene in mente che i ballisti contemporanei hanno degli illustri predecessori. C’è per esempio un testo in cuneiforme che narra “Come venne al mondo il mal di denti”: terminata la creazione, il dio El si fermò ad ascoltare le lamentele degli esseri che aveva creato, e spiegando i motivi del proprio operato riuscì a convincerli che le sue scelte erano le migliori. Quando toccò al verme, El era stanco e si era seduto all’ombra di un albero. Il verme si lamentò che senza denti non riusciva a masticare la frutta che gli era stata destinata, perciò chiedeva di potersi nutrire nella bocca degli uomini, del loro sangue. El non ci pensava proprio a dargli retta, ma una mosca si posò sul suo naso e per scacciarla il dio fece un movimento con il capo (il
nutus); El era soggetto al fato e il suo assenso, anche se involontario, lo costrinse ad esaudire la richiesta del verme. Da allora il verme fa strage dei denti degli uomini e ne rode le gengive. La storia continua ricordando che il dentista, servitore di El, attacca il verme e lo uccide. Ma non è tutto, si raccomanda a chi ha mal di denti, nel preparare un farmaco per alleviare il dolore, di recitare tre volte questo racconto per ottenere una sicura guarigione. Se questo vi sembra una pazzia cosa pensereste se vi dicessi che fino a metà del 1800 il mal di denti, in alcune nazioni europee, veniva curato con un cataplasma di vermi? L’idea era: simile scaccia simile! Questa leggenda ittita risale al secondo millennio a. C. e senza l’aiuto del web è riuscita a condizionare, per oltre 3.000 anni, la medicina e il modo di curare la carie. Spero che davanti a questo esempio i produttori di false notizie la smettano, è evidente che non possono aspirare a tant