
- Una coltivazione di riso. I ricercatori hanno osservato che i danni da deficit nutrizionali, che oggi colpiscono più di due miliardi di persone, potranno essere contrastati anche grazie a nuove tecniche colturali in grado di produrre piante più sane.didascalia
In assenza di forti politiche riguardanti la riduzione di emissioni di CO2 nell’aria, da oggi al 2050 le elevate concentrazioni di anidride carbonica incideranno in modo significativo sia sull’alimentazione sia sulla salute di centinaia di milioni di persone. Lo rivela uno studio della T.H. Chan School of Public Health di Harvard.
LO SCENARIO
A guardare le ultime stime del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’ente americano preposto, tra le altre cose, al monitoraggio del clima e dell’inquinamento atmosferico, c’è poco da star sereni. Il livello medio di anidride carbonica in atmosfera nel 2017 era di 405 parti per milione (ppm), il più alto a quanto ne sappiamo degli ultimi 800mila anni. L’unico momento in cui i livelli di anidride carbonica in atmosfera sono stati più alti di quelli attuali è stato oltre tre milioni di anni fa, quando la temperatura era più alta di 2- 3 gradi centigradi rispetto a quella dell’era pre-industriale e il livello degli oceani era circa 20 metri più alto rispetto a oggi. Le previsioni non lasciano ben sperare: se le emissioni di natura antropica, cioè quelle dovute all’attività umana sulla Terra, non si ridurranno drasticamente, i livelli di anidride carbonica potrebbero toccare quota 800 parti per milione entro il 2100. Con il conseguente e catastrofico aumento di 4 gradi centigradi delle temperature medie del nostro pianeta.

A RISCHIO RISO E GRANO
La forte presenza di CO2 nell’aria recherebbe effetti collaterali anche su alcune piante, in particolare riso e grano che non crescerebbero nel modo corretto. Questo perché l’anidride carbonica interferirebbe con la capacità, da parte delle radici di queste piante, di rendere disponibile l’azoto, elemento fondamentale per la loro crescita. Esponendo riso e grano a livelli elevati di CO2, gli scienziati hanno registrato una diminuzione rispettivamente del 10%, del 6% e del 7% di proteine, ferro e zinco. Altre piante alimentari come mais e sorgo non avrebbero invece mostrato questi deficit. Benché più anidride carbonica nell’aria si dovrebbe tradurre, secondo gli studiosi, in una maggiore crescita generale della vegetazione, su alcune importanti colture alimentari il suo effetto, nella realtà, andrebbe nella direzione contraria, indebolendole.
“La nostra ricerca chiarisce che le decisioni che prendiamo ogni giorno, come riscaldiamo le nostre case, ciò che mangiamo, come ci muoviamo, ciò che scegliamo di acquistare, renderanno il nostro cibo meno nutriente mettendo a repentaglio la salute di altre popolazioni e il futuro di intere generazioni” afferma Sam Myers, autore principale dello studio.
LA RICERCA
Per lo studio, i ricercatori si sono basati su analisi precedenti per ricostruire l'impatto sulla salute delle oscillazioni nutrizionali legate alla CO2 di 225 tipi di cibo, in 151 Paesi. Nel 2050, quando le concentrazioni globali di CO2 si attesteranno intorno alle 550 ppm, l'1,9% della popolazione globale, 175 milioni di persone secondo le stime sulla crescita demografica, potrebbero soffrire di carenza di zinco, mentre all'1,3%, cioè a 122 milioni di persone, potrebbe mancare un sufficiente apporto di proteine. Saranno a rischio anemia per mancanza di ferro 1,4 miliardi di donne in età fertile e i bambini sotto i 5 anni che già oggi stentano a ricevere un adeguato apporto di ferro.
I NUMERI DELLA MALNUTRIZIONE
I Paesi più colpiti dai deficit nutrizionali potrebbero essere l’India, il Sud-est asiatico, l’Africa sub-sahariana e il Medio Oriente dove, contrariamente alla Cina, non ci sono stati particolari progressi nel variare la dieta e nel contrastare le carenze di ferro, proteine e altri nutrienti. Non particolarmente interessate sarebbero invece le popolazioni di Europa e America, che hanno un’alimentazione più diversificata. Ci potremmo trovare così davanti ad una situazione paradossale per cui i Paesi che meno stanno contribuendo all’aumento delle emissioni di gas serra, sarebbero quelli che ne patiranno maggiormente le conseguenze dal punto di vista alimentare, oltre che da quello più generale di tipo ambientale.
Attualmente soffrono di deficit nutrizionali oltre 2 miliardi di persone. Ad aprile 2018, il livello mensile medio di CO2 si è trovato sistematicamente sopra le 410 parti per milione, una marcia globale che procede al ritmo di 2 ppm in media in più ogni anno. Globalmente, non abbiamo mai respirato aria così satura di anidride carbonica. La ricerca parte dall’assunto che nel 2050 l’alimentazione mondiale sia uguale a quella attuale, il che non è detto. Nei prossimi decenni i Paesi più poveri potrebbero migliorare le loro condizioni variando di più la loro dieta, introducendo più proteine animali o scegliendo piante meno sensibili all’effetto della CO2. I ricercatori osservano che i danni da deficit nutrizionali, che oggi colpiscono più di due miliardi di persone, potranno essere contrastati anche con supplementazione di nutrienti nell’alimentazione, oppure con nuove tecniche colturali in grado di produrre piante più sane. Tuttavia sarebbe molto meglio affrontare il problema alla radice riducendo da subito le emissioni antropiche di anidride carbonica e degli altri gas serra. Anche perché in questo modo si eviterebbero gli altri danni connessi al cambiamento climatico, dalla siccità alle ondate di calore.
