Saettone
Un altro serpente non difficile da osservare è il saettone o colubro di Esculapio (Zamenis longissimus), capace di raggiungere i due metri di lunghezza; la sua livrea appare marrone chiaro sul dorso e giallastra sul ventre. Questa specie è in grado di arrampicarsi facilmente sugli alberi alla ricerca di pulli di uccello e uova; nelle zone ricche di alberi, può salire sulle fronde semplicemente per ricercare i raggi del sole per la termoregolazione mattutina e serale. Il saettone è facilmente visibile in primavera, quando i maschi vagano per il loro territorio alla ricerca delle femmine con le quali accoppiarsi. Questo serpente era ritenuto sacro e venerato nella Magna Grecia tanto che a lui furono dedicati alcuni santuari poiché, come ricorda il suo nome, veniva associato ad Esculapio, il Dio della salute; si pensa infatti che l’animale rappresentato sul bastone di Esculapio, simbolo della medicina, sia proprio un saettone.


Coronella
Al contrario di queste specie ne esistono altre molto difficili da osservare, localizzate in qualche regione o persino singola provincia. Fra le specie comuni, ma con abitudini crepuscolari che ne rendono maggiormente complicata l’osservazione, è il colubro liscio (Coronella austriaca), un piccolo serpente che si aggira attorno ai sessanta centimetri di lunghezza con scaglie lisce al tatto. Tipicamente dal colore marrone-grigiastro, possiede una grande macchia nucale marrone che lo caratterizza; il suo ventre può invece avere screziature rosso mattone. Si nutre principalmente di lucertole che caccia in agguato sfruttando il mimetismo, ma occasionalmente può catturare anche altri serpenti; il colubro liscio afferra la preda con le fauci e la soffoca per costrizione anche se solitamente inizia a ingoiarla viva.
Una specie invece fortemente localizzata è il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus), diffuso esclusivamente in Liguria; questo serpente è uno dei pochi colubridi velenosi presenti in Europa ma con dentatura opistoglifa: i denti veleniferi sono posti nella regione posteriore della mascella, facendo sì che il suo morso sia raramente pericoloso per l’uomo.
Serpente Gatto Europeo
Un’altra specie rara, presente solo in Friuli-Venezia Giulia, è il serpente gatto europeo (Telescopus fallax), unico colubride italiano con pupilla verticale, simile per l’appunto a quella del gatto.

Vipera del Walser
La specie di serpente più rara e localizzata si trova invece in Piemonte, scoperta recentemente nella singola provincia di Biella: la vipera dei Walser (Vipera walser). La specie è stata scissa geneticamente dal marasso (Vipera berus) poiché l’analisi del DNA ha dimostrato che è più affine alle popolazioni di vipera caucasiche spostatesi a sud probabilmente durante l’ultima era glaciale. Il nome della specie fa riferimento proprio ai Walser, popolazione di origine germanica presente nella zona del Monte Rosa. Questo ha permesso di aumentare a cinque il numero delle specie di vipere presenti sul territorio italiano. Sono animali molto meno pericolosi di quel che si immagina; per quanto siano velenose, vi è sicuramente un’eccessiva preoccupazione poiché nessuna delle specie presenti in Italia è mortale per un uomo adulto ed in salute.
Oltre alla localizzata vipera dei Walser, abbiamo la vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), la più piccola fra le specie italiane, diffusa in poche regioni del Centro Italia; la sua dieta è composta principalmente da cavallette ma non disdegna anche lucertole o roditori; è considerata innocua per l’uomo perché il suo veleno provoca solamente piccole lesioni locali.
Vipera dal Corno
La “vipera dal corno” (Vipera ammodytes), al contrario, è la specie più grande e velenosa presente sulla nostra penisola, ma è difficile da incontrare poiché vive esclusivamente in qualche località del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia. Le altre due specie di vipere italiane, ovvero il marasso (Vipera berus) e la vipera comune (Vipera aspis), hanno un areale di distribuzione molto esteso. Il marasso è diffuso lungo tutto l’arco alpino mentre la vipera comune è presente in tutta la Penisola, Sardegna esclusa.
La parola vipera solitamente è associata a paura e leggende popolari. Molte persone, con l’arrivo dei primi caldi, temono un incontro ravvicinato con questi rettili. In realtà incontrare una vipera è piuttosto raro poiché vivono in ambienti particolari chiamati ecotoni, ovvero le zone di transizione fra un habitat e l’altro, tipicamente composte da arbusti quali ginepro, rosa canina o prugnolo. Queste piante sono predilette dalle vipere poiché, grazie alla loro morfologia, gli permettono di effettuare la termoregolazione rimanendo al sicuro, protette dagli aculei e spini delle piante. Negli ecotoni le vipere vivono la maggior parte della loro vita, nutrendosi principalmente di lucertole e topi; se l’habitat risulta favorevole, possono vivere per diversi anni all’interno di un singolo ettaro, senza necessità di spostarsi.
Al contrario degli altri serpenti, le vipere sfruttano il mimetismo sia per cacciare sia per difendersi, fuggendo solo in condizioni di estremo pericolo; infatti il soffio della vipera non è un segnale di aggressività ma di allarme difensivo che ha lo scopo di avvisare il potenziale predatore della sua presenza, cercando di dissuaderlo e non farlo avvicinare. Poiché non potrebbero ucciderci e tantomeno nutrirsi di un essere umano, le vipere preferiscono evitare di morderci e sprecare il loro prezioso veleno, considerando soprattutto il grande dispendio energetico che occorre per produrlo; per questo motivo mordono solo se calpestate o disturbate, per legittima difesa. L’uso di scarponi fino alla caviglia previene ogni tipo di rischio anche in caso di morso.
Eccetto rarissimi casi di allergia al veleno, il morso della vipera non è mai mortale e gli effetti sono solitamente locali e possono comprendere gonfiore, nausea, tremori, giramenti di testa, febbre e vomito nei casi più comuni, svenimenti, sangue nelle feci e necrosi dei tessuti nei casi più gravi. In Europa il numero di morti l’anno per morsi di vipera è di poche unità, perlopiù soggetti anziani e cardiopatici, che decedono non per colpa del veleno stesso ma per infarto dovuto all’eccessivo spavento e alla preoccupazione. Gli altri soggetti a rischio sono i bambini sotto i venti chilogrammi e i cani, questi ultimi poiché vengono spesso morsi sul tartufo e il veleno giunge immediatamente al cervello.
Una credenza molto radicata su nostro territorio è che le vipere siano state distribuite sul nostro territorio all’interno di casse lanciate dagli elicotteri. Questa divertente leggenda probabilmente potrebbe aver avuto origine dall’aver trovato una vipera nelle vicinanze di una cassa rifornimenti lanciata durante esercitazioni militari. Le vipere si sono semplicemente riprodotte e diffuse lungo il nostro territorio grazie all’istituzione di aree protette e all’abbandono delle montagne, che ha ridotto i contatti con l’uomo e di conseguenza il numero di uccisioni.
Concludendo, paure personali a parte, non c’è motivo per temere eccessivamente questi animali e per non incorrere in situazioni spiacevoli basta semplicemente rispettarli e, nel caso delle vipere, usare le giuste accortezze.
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TESTUGGINI: DIVERSITÀ E CONSERVAZIONE IN ITALIA
Malgrado la loro ampia diffusione, sono presenti nel nostro Paese con un numero limitato di specie autoctone, peraltro in continua rarefazione
di Giovanni Amori e Luca Luiselli

Testuggine di Hermann (Testudo hermanni))
Le testuggini, appartenenti all’ordine dei Cheloni, sono i più antichi tra i rettili ancora viventi, essendo comparsi sulla faccia della Terra circa 200 milioni di anni fa. Durante questo lunghissimo intervallo di tempo, hanno mantenuto una struttura morfologica piuttosto stabile, ove la rigida corazza esterna (racchiudente le parti molli del corpo) rimane la caratteristica più saliente.
In Italia, questi rettili hanno un’ampia distribuzione dalla Pianura Padana alle isole maggiori, e non si incontrano esclusivamente in gran parte dell’arco alpino. Malgrado la loro ampia diffusione, essi sono presenti nel nostro Paese con un numero limitato di specie autoctone, peraltro in continua rarefazione (mentre sono numerose le specie introdotte dall’uomo, per lo più a causa di incontrollati rilasci di specie acquatiche nordamericane -Trachemys scripta, Pseudemys concinna, Graptemys pseudogeographica, ecc.). Tra le specie autoctone, la testuggine di Hermann (Testudo hermanni) è una specie terricola. Essa è attualmente considerata in via di estinzione a livello globale, ed è particolarmente minacciata nella Francia meridionale, in Spagna e in Italia. La testuggine di Hermann vive in ambienti tipicamente mediterranei, ed in particolare si incontra nelle zone arbustive della macchia mediterranea e nel sottobosco fino a quota collinare temperata; in svariate regioni dell’Italia centrale e meridionale si incontra anche nelle dune sabbiose costiere ricche di vegetazione, nelle pinete costiere con sottobosco di arbusti mediterranei, nelle leccete e nelle sugherete. Queste testuggini sono quasi esclusivamente erbivore, anche se sono noti casi di alimentazione su carcasse di animali (ad esempio lepri) o artropodi e chiocciole, queste ultime utili per l'apporto di calcio del guscio. Saltuariamente non disdegnano escrementi o piccole carogne. Esse raggiungono la maturità sessuale intorno ai 10 anni, e depongono le uova in buche scavate dalla femmina nel terreno con le zampe posteriori. Il tempo di incubazione delle uova dura 2 o 3 mesi circa, e il sesso dei nascituri varia in funzione della temperatura. Con temperature di incubazione inferiori ai 31,5 °C si avrà una preponderanza di esemplari maschi, con temperature superiori ai 31,5 °C, di femmine.

Trachemys scripta

Emys orbicularis
LA TRACHEMYS SCRIPTA
La fauna autoctona di testuggini palustri consta invece di due specie: l’ampiamente diffusa Emys orbicularis e la recentemente descritta Emys trinacris, endemica della Sicilia.
Le popolazioni di Emys orbicularis sono minacciate in alcune regioni (ad esempio in Lombardia) e assai più comuni in altre (ad esempio in Sardegna). Le testuggini esotiche della specie nordamericana Trachemys scripta hanno avuto proprio in Lombardia il massimo numero di individui commerciati ed il massimo di individui abbandonati negli ambienti naturali e non, per cui non si può escludere che abbiano avuto un ruolo nella rarefazione delle popolazioni di Emys orbicularis. Tuttavia, non esiste alcuna evidenza scientifica certa che le specie introdotte dal nord America entrino in competizione interspecifica con le testuggini autoctone, compromettendone la stabilità demografica. I pochi dati in proposito vengono da studi condotti in semicattività in Francia, e semplicemente attestano una certa competizione tra le due specie per quanto concerne il sito di termoregolazione, senza però alcuna evidenza che la stessa competizione possa avvenire anche in natura. A questo riguardo va infatti ricordato che, secondo studi condotti in Lombardia, le Trachemys scripta si adattano piuttosto bene agli habitat naturali dulciacquicoli italiani, anche grazie a un notevole opportunismo trofico che consente loro di predare pesciolini e piccoli invertebrati durante i primi anni di vita e di nutrirsi ampiamente di vegetazione acquatica in età adulta. Tuttavia, queste testuggini alloctone (cioè, non italiane) presentano una ridotta resistenza nel medio periodo alle condizioni climatiche estreme e anche ai numerosi microrganismi patogeni a cui non sono naturalmente adattate.
Questa specie è ampiamente diffusa nei fiumi a corso lento, nelle paludi, nelle lame, lungo le aste di fontanili, nei canali di irrigazione e anche in alcuni bacini artificiali. Le femmine depongono le uova anche a notevole distanza dall’acqua, in ambienti cespugliati o aperti, con terreno sciolto e a volte in leggera pendenza. Normalmente, il numero di uova deposte varia da 3 a 9, in nidi aventi un diametro di 6-9 cm ed una profondità di 7-12 cm.
IL DECLINO DELLA TESTUGGINE PALUSTRE AUTOCTONA
Le cause di declino della nostra testuggine palustre autoctona (e della affine specie siciliana) sono molteplici e spesso non indipendenti. Tra queste, meritano di essere menzionate:
- la frammentazione degli habitat;
- l’interramento delle zone umide;
- la riduzione delle acque correnti superficiali;
- la (possibile) competizione interspecifica dovuta alle varie specie di testuggini palustri esotiche in
alcune fasi dell’attività (alimentazione, deposizione delle uova, siti di termoregolazione);
- la dispersione di sostanze tossiche nelle acque (glifosate, atrazina e altri erbicidi triazinici, S-metolaclor, diclobenil, cromo e solventi clorurati di origine industriale, reflui zootecnici);
- l’uccisione (anche accidentale) di individui che finiscono vittima di atti di bracconaggio ittico;
- la cattura per l’allevamento da parte degli appassionati.
La cattura di individui selvatici a scopo di allevamento è, purtroppo, anche la principale causa di declino della testuggine di Hermann, almeno per quanto concerne le popolazioni che abitano i dintorni dei grandi centri urbani.