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Non è solo una vittoria simbolica. Il fatto che una ventina di trattori abbiano ottenuto il permesso di raggiungere il piccolo borgo di Castelluccio di Norcia ad aprile per seminare la lenticchia, vuol dire che l’Umbria ce la può fare. Se non fosse stata seminata la lenticchia, infatti, a giugno non ci sarebbe stata la spettacolare fioritura che richiama migliaia di turisti ogni anno e sarebbe scomparso dagli scaffali un prodotto Igp molto apprezzato.
“Tra i segnali della ripartenza dopo il terremoto, la semina della lenticchia è il più emblematico” afferma la Presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini. “Un significato che, quest’anno come non mai, va al di là del lavoro stesso e del suo valore economico, segnando e imprimendo slancio alla rinascita di Castelluccio in tutti i suoi aspetti. Con il ripristino della viabilità che man mano renderà più fruibile la strada si potrà tornare ad ammirare la tavolozza dei colori della Piana. Con il progetto #rinascitacastelluccio, promosso da Regione Umbria, Ministero delle Politiche agricole e Perugina rafforzeremo il nostro impegno per la ripresa e il futuro delle attività agricole e agroalimentari”.
Un’intera economia del turismo si sta rimettendo in moto ed è vitale per il territorio,
perché nonostante il terremoto abbia colpito solo il 5-10% dell’Umbria, si è scatenata una psicosi nei turisti che ha visto crollare le prenotazioni del 50-60% anche a Spello, Assisi, Montefalco e Perugia, dove il sisma ha prodotto danni analoghi a quelli registrati a Roma, molto limitati o inesistenti. “Il ristorante, dove usiamo il più possibile prodotti biologici della nostra azienda, è sempre pieno, ma i romani che tradizionalmente affollavano le camere nel fine settimana si sono ridotti molto” spiega Alex, dell’agriturismo Le Mandrie, di Assisi. Eppure questa è la stagione migliore per visitare l’Umbria, apprezzarne le fioriture, le acque termali e i borghi medioevali. Vale davvero la pena approfittarne.
IL TERREMOTO, UNA MINACCIA PER ALLEVAMENTI E AZIENDE AGRICOLE
Il colmo è che mentre il miele è un prodotto sempre più raro per via della chimica usata in agricoltura e dei cambiamenti climatici che minacciano le api, ora ci si mette anche il terremoto. Un apicoltore di Norcia parla di sessanta milioni di api morte a causa del sisma. “Con il terremoto del 24 agosto ho perso circa 400 dei 700 alveari che avevo e ognuno contava circa 150 mila api - denuncia Silvano Agabiti, titolare di Massaro apicoltura - molte sono morte a causa del ribaltamento dell'alveare stesso e molte altre dopo essersi disperse, dato anche il breve ciclo vitale dell'ape stessa. Aspetto anche io i risarcimenti come gli altri allevatori, le api sono insetti fondamentali per garantire il perfetto equilibrio per l'ecosistema del nostro territorio”. Non ci si pensa ma il terremoto ha minato oltre che gli allevamenti le strutture di lavorazione della carne, i prosciuttifici che sono così diffusi a Norcia da averci regalato la parola “norcineria” nel vocabolario. In attesa che vengano recuperati gli edifici danneggiati, il Ministero delle politiche agricole ha pubblicato il decreto di modifica temporanea del Disciplinare di produzione Igp del Prosciutto di Norcia consentendo lo spostaTerritorio mento delle fasi di elaborazione e stagionatura dei prosciutti presenti in strutture inagibili o danneggiate dal sisma anche al di fuori della zona di produzione individuata come Igp.
Tra le aziende agricole messe in ginocchio dal sisma, ce n’è poi una davvero speciale; “Bosco Torto”, a San Pellegrino di Norcia, frazione con il record di distruzione, 100 per cento di case inagibili.
Lorenzo Battistini, 30 anni e Ilaria Amici, 31, si erano trasferiti da un anno a San
Pellegrino di Norcia lasciando l’Australia per aprire un’azienda agricola, investendo tutti i loro risparmi per dar vita a quello che potrebbe diventare uno dei maggiori impianti di zafferano sul territorio nazionale. Ma il terremoto sta rischiando di infrangere il loro sogno, compromettendo la loro attività e il loro futuro. Fortunatamente i vigili del fuoco hanno recuperato una parte del materiale di lavoro e i 120.000 bulbi di zafferano che, grazie all’aiuto di parenti e amici, sono riusciti miracolosamente a mettere a dimora. E poi sono arrivati altri aiuti, come quelli del progetto di Legambiente “La Rinascita ha il cuore giovane” e piano piano si sta ripartendo anche se i due ragazzi vivono ancora in camper e non è facile.
“Avevamo anche un orto biodinamico, che non è più raggiungibile, dove abbiamo sperimentato alcune tecniche per migliorare il ph del terreno usando ad esempio il latte ed anche alcune pratiche antiche, come sfruttare la presenza di fiori gialli per attirare le coccinelle che mangiano gli insetti - spiegano Ilaria e Lorenzo. Tra i progetti c’è la coltivazione di tre tipi diversi di fagioli di montagna. Una varietà, in particolare, è molto ricca di proteine e per questo è un importante integratore della dieta dei vegetariani. Un’altra varietà combatte il diabete e aiuta a tenere sotto controllo il colesterolo, una terza invece, è perfetta per i tempi moderni perché non ha bisogno di ammollo avendo la buccia sottile.
Il problema è la disponibilità di terreni per le coltivazioni. In seguito al terremoto molti sono inaccessibili, oppure sono stati già presi da aziende che hanno delocalizzato la loro attività. “Sembra strano parlare di qualcosa di positivo associato al terremoto, ma c'è arrivata anche tanta solidarietà e abbiamo fatto nuove amicizie, ad esempio con Maurizio, un nostro vicino di casa che fa l’agronomo e ci ha spiegato la complementarietà tra le lenticchie e lo zafferano; le prime rilasciano delle sostanze nutritive per lo zafferano e viceversa”. E non finisce qui, perché il sogno di questi ragazzi è trasformare l’intera zona in una sorta di Provenza italiana, dove troveranno posto grani antichi ed erbe officinali, coltivate biologicamente. Alcune, come l’elicriso, la menta, la melissa nascono spontaneamente grazie anche alla tutela del Parco Nazionale dei Sibillini. Dai fiori riparte il futuro del cuore verde d’Italia.
FIORITURA SULL’ALTOPIANO
Castelluccio di Norcia si trova in Valnerina, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. È situato a quota 1.452 metri, a 28 chilometri da Norcia, appollaiato su una collina al centro di un vasto altopiano, che è stato definito anche “Piccolo Tibet”. Tre le piane - Pian Grande, Pian Piccolo e Pian Perduto - per un totale di 15 chilometri quadri di altopiano, incastonato tra i monti. Per diverse settimane tra maggio e luglio di ogni anno, l’altopiano diventa un mosaico incredibile di colori. Migliaia di fiori sbocciano e l’altopiano esplode di colori, con tonalità che vanno dal giallo al rosso, dal viola al bianco. Lenticchie, genzianelle, papaveri, narcisi, violette, asfodeli, viola eugeniae, trifogli, acetoselle…
Non c'è un periodo ideale per assistere alla fioritura, dipende dall'andamento climatico della stagione, in base al quale sarà possibile trovare alcune specie, alcuni colori. Dipende da quanto ha piovuto in inverno e primavera, dall’esposizione al sole e da quando si è seminato. Quest’anno, in particolare, conviene informarsi prima di partire su quali sono le strade percorribili oltre che sullo stato della fioritura