
Li osserva con amorevole attenzione e sguardo vigile, li accarezza con dolcezza, ne scruta i mutamenti, li conosce ad uno ad uno. Sono le querce e gli altri patriarchi verdi di Montalbino appena sopra il paese di Pratovecchio. Fabio Clauser, 96 anni suonati, percorre ancora i boschi del Casentino come quando da giovane ufficiale del Corpo forestale arrivò in questa terra dalla quale non si è più spostato se non per brevi periodi. È lui il signore delle foreste italiane, il decano dei forestali, lucido ed eclettico esponente di questa categoria. Oggi vive qui con la moglie Viana, un’arzilla signora di 94 anni, ed alcuni cani, in una ex torre d’avvistamento del ‘200 costruita dai monaci nel cuore della foresta, circondato dalla presenza costante dei suoi alberi, quelli che ha piantato e curato per tutta la vita.
IL BOSCO NON FORNISCE SOLO LEGNO
Fu tra i primi a parlare in Italia di selvicoltura naturalistica in opposizione a chi riteneva che il bosco fosse solo una banca per la legna da ardere dalla quale prelevare la rendita. Fu il primo ad utilizzare l’aerofotogrammetria come ausilio alla pianificazione forestale. La stessa preziosa tecnica così ben padroneggiata dai Forestali di oggi che la impiegano per tante altre attività come ad esempio la ricerca dei rifiuti tossici nella “Terra dei Fuochi”. Fu anche il primo a proporre l’istituzione di una riserva naturale integrale e lo fece contro la volontà di tanti colleghi forestali, accademici e perfino superiori.

LA NASCITA DELLA RISERVA INTEGRALE
Le vicende delle vita e la professione lo videro prima redattore, tra gli altri, anche dei Piani di Assestamento delle Foreste demaniali Casentinesi e, qualche anno dopo, in veste di Amministratore delle Foreste, esecutore dei suoi stessi piani. Giunto alla decisione finale di procedere alla progettazione dei tagli dei boschi delle pendici settentrionali di Poggio Scali, a Sasso Fratino, ricchi di pregiato legname di abete bianco e delle maestose grandi latifoglie, ebbe il coraggio di fare un passo indietro. Fino ad allora la maestosa foresta era stata difesa dalle sue balze rocciose, dalla impraticabilità dei luoghi. Da quel giorno la foresta fu tutelata dalla sua maestosa bellezza, offerta agli occhi di chi seppe fermarsi a riflettere. Da qui l’idea dell’istituzione della riserva integrale, sul modello di altre create in Europa. Era la fine degli anni ’50, la conservazione della natura non era tra le priorità del mondo della politica, non esisteva una normativa sulle aree protette. L’istituzione del primo nucleo della riserva avvenne con un atto interno dell’Azienda di Stato per le Foreste demaniali (ASFD), successivamente ratificato con decreti ministeriali negli anni ’70 e ’80. All’interesse estetico e paesaggistico si affiancò e crebbe rapidamente, per opera di studiosi di scienze forestali, botanici e faunisti, l’interesse scientifico per uno dei pochi ecosistemi praticamente intatti in Europa. Le molte ed importanti ricerche svolte ed ancora in corso, offrono concreti contributi alla conoscenza del sistema foresta e delle profonde relazioni tra gli esseri viventi e l’ambiente che le caratterizza. Importanti i riconoscimenti alla Riserva integrale di Sasso Fratino, come il Diploma del Consiglio d’Europa per le arre protette (1985) e l’inserimento tra i siti della Rete Europea “Natura 2000”. Uomo arguto e rapido, Clauser ha raccolto in un libro quella che possiamo definire un’autobiografia che coincide con la storia forestale ed ecologica del nostro Paese.
“Il bosco si riafferma - spiega Clauser - perché l’uomo abbandona i campi e la vita in montagna. L’aumento dei boschi è solo un fatto positivo. Per quanto riguarda alcune specie animali in esubero, soprattutto causato da interventi umani non oculati, mi riferisco al cinghiale, non sono contrario ad incentivare gli abbattimenti, anche per il cervo che qui in Casentino per esempio ha raggiunto una pressione insostenibile”. Clauser è forse l’unico rimasto in Italia a piantare gli alberi. Lo ha sempre fatto e continua a farlo. Assomiglia un po a Elzéard Bouffier protagonista del racconto: “L’uomo che piantava alberi” scritto nel 1952 da Jean Giono. E come quel montanaro il vecchio forestale ogni anno mette a dimora nel proprio terreno centinaia di piccole piante appartenenti a specie diverse molte delle quali sono già diventate alte e svettanti. In circa cinquant’anni ne ha piantate decine di migliaia e il progetto continua. Del resto, piantare alberi lo appassiona certamente; ha affrontato nel suo lavoro estesi rimboschimenti. Erano gli anni della “Legge Fanfani”, finalizzata alla ricostituzione del patrimonio forestale italiano uscito a pezzi dalla guerra. Oltre alla competenza professionale, la passione del forestale giunge ad un vero e proprio “invito alla selvicoltura rivolto a coloro che vogliono partecipare a diffondere una cultura pratica di buona gestione dei boschi attraverso la quale perseguire la protezione dell’ambiente e dell’acqua”.
PARLARE CON GLI ALBERI
Ma il Clauser, come lo chiamano tutti in un misto di affetto e reverenza qui in Casentino, ha cominciato anche a parlare con gli alberi o forse non ha mai smesso. E al più giovane Giovanni Quilghini che oggi siede su quella che fu la sua poltrona come di altri illustri predecessori, il quale ci accompagna in questo incontro con il grande vecchio delle foreste, confida di un grande cerro a poche decine di metri dal confine della Riserva di Sasso Fratino che, colpito da un fulmine, si è spezzato incendiandosi e lanciando intorno frammenti di legno in fiamme. Il tronco cavo ha favorito il “tiraggio” e i resti del vecchio cerro hanno bruciato per qualche ora prima del risolutivo intervento degli operai forestali, senza tuttavia provocare alcun incendio nella circostante foresta integra e ricca di umidità.
Uno di quei patriarchi guardiani della foresta. La sua foresta, l’impenetrabile Sasso Fratino accessibile solo a pochi visitatori e agli studiosi. Quegli stessi studiosi che oggi scrivono della sua foresta senza mai averne voluto incontrare il custode, l’uomo che l’ha strappata ai tagli. Eppure in questo ultimo periodo si torna da più parti a parlare di Sasso Fratino come di un lungimirante esempio di conservazione di un habitat boschivo, prima area wilderness italiana, la piccola Yellowstone nazionale, intuizione di un uomo che sussurra agli alberi. Lui che conosce i segreti del magico mondo verde, come quando parla con il vecchio abete bianco del Masso del Diavolo nella foresta di Vallombrosa, al quale chiede il suo pensiero sui rapporti fra albero e uomo: “Noi alberi per nostra natura abbiamo, non possiamo non avere, una visione dendrocentrica del mondo, così come voi uomini non potete fare a meno di agire secondo un pensiero caparbiamente antropocentrico...l’amore, la comprensione, il rispetto nei nostri confronti predicato da quasi tutte le religioni su tutta la Terra fra tutti i popoli in ogni epoca, non ha evitato, non evita tutt’ora, la distruzione sistematica della foresta primigenia…fino a prova contraria resterò sempre molto scettico rispetto all’amicizia che ci viene testimoniata”. (Fabio Clauser in: “Parlare con il bosco – un libro per l’estate” – L’Italia forestale e Montana n. 6-2012). Il tempo passa veloce nella casa dei ricordi.
È qui che vengono quasi in pellegrinaggio vecchi e giovani forestali da tutte le parti d’Italia per incontrare il signore delle foreste, per un consiglio o semplicemente per ritrovare l’essenza dell’originale missione forestale che secondo Clauser è divenuta sempre più di “polizia” e troppo legata quindi alla “politica”, la quale non conosce tempi e modalità della natura.
DALL’IMPERO ASBURGICO AI NOSTRI GIORNI
E i ricordi di quasi un secolo di storia del Corpo passano veloci nei racconti limpidi e precisi di Clauser. Si laurea a Firenze nel 1940 presso l’unica facoltà di scienze forestali esistente allora in Italia. Dagli inizi della carriera come Ispettore forestale distrettuale e come Direttore del Parco nazionale dello Stelvio, ha svolto attività di elaborazione dei piani di gestione delle foreste demaniali italiane presso l’Istituto di Assestamento dell’Università di Firenze, proseguendo tale impegno come Direttore di divisione e Vicedirettore generale presso il Ministero dell’agricoltura e foreste a Roma.
Dal ‘55 all’84 è stato Amministratore delle Foreste demaniali Casentinesi e poi della Foresta di Vallombrosa. In congedo dal 1984, ha ricoperto il ruolo di membro del Consiglio direttivo del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna dal 1994 al 2004, svolgendo contemporaneamente l’incarico di consulente per la gestione della foresta monumentale, conferitogli dai frati francescani della Verna. Un uomo nato sotto l’Impero Asburgico che ha lavorato nel Real Corpo delle Foreste, nella Milizia Forestale e che fu anche licenziato per non aver prestato giuramento alla Repubblica Sociale, che ha proseguito poi il suo impegno nel Corpo forestale dello Stato. Si è fatto tardi, è ora di pranzo. Il dottor Clauser e sua moglie ci salutano tra le cataste di legna tagliata e perfettamente allineata nella legnaia. Servirà per riscaldarsi nelle lunghe notti d’inverno che quassù arriva presto. “Da quanto tempo non scende a Sasso Fratino?” “Diversi anni ormai. Le gambe non sono più così robuste per consentirmi di percorrere i sentieri ripidi e intricati della foresta”. A questo punto interviene Quilghini: ”dottore, la portiamo noi Forestali. Troveremo un modo, ma dobbiamo andare a Sasso Fratino insieme, ci sono tante cose da chiederle e ancora tanto da fare”.

Romanzo Forestale Boschi, Foreste e Forestali del mio tempo Autore: Fabio Clauser Editore: Libreria Editrice Fiorentina, 2016 Prezzo: 16 euro Pagine: 192 Miliardi d’informazioni un domani potrebbero essere custodite nel genoma dei vegetali. Nuovi scenari e prospettive per l’archiviazione e la fruizione dei dati