AMBIENTE
Additivi alimentari, facciamo chiarezza
07/12/2016
di Giuliano Palomba

I casi del pane nero e delle olive verdi colorate. Due importanti operazioni del Corpo forestale dello Stato

fabbrica di confezionamento oliveGli additivi alimentari sono sostanze naturali o sintetiche che vengono aggiunte ai prodotti nella fase di preparazione, imballaggio, trasporto e immagazzinamento per favorire la conservazione, il mantenimento o per migliorarne l’aspetto e la consistenza. Tra gli additivi i coloranti sono utilizzati per conferire un colore o per ripristinare quello originario.
Gli additivi alimentari sono disciplinati dalla normativa europea che fissa i criteri generali per la loro approvazione, la definizione, la classificazione, l’etichettatura e l’impiego nelle singole categorie di alimenti. Il loro impiego deve essere sicuro, rispondere ad una necessità tecnologica, non indurre in errore i consumatori e presentare un vantaggio per questi.
Gli ultimi interventi del Corpo forestale dello Stato hanno messo in evidenza la problematica dell’utilizzo improprio degli additivi in generale, e nello specifico dei coloranti. Infatti per alcuni alimenti tale pratica è proibita, per altri è possibile soltanto con le dovute limitazioni.
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Gli additivi alimentariGLI ADDITIVI ALIMENTARI


L’uso degli additivi è uno degli argomenti più discussi in ambito alimentare e costituisce da sempre motivo di preoccupazione per il consumatore, poiché tali sostanze rivestono un ruolo importante nella complessa catena della moderna produzione alimentare.
Sono sostanze normalmente non consumate come alimenti in quanto tali e non utilizzate come ingredienti tipici, che indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, vengono aggiunti intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnico.
Gli additivi alimentari svolgono svariate funzioni, tuttavia si possono suddividere in tre grandi gruppi:
• Conservanti: aiutano a preservare la freschezza degli alimenti, rallentando la crescita di microbi e antiossidanti, che prevengono i fenomeni di irrancidimento;
• Coloranti: migliorano le caratteristiche sensoriali degli alimenti (addensanti, emulsionanti, dolcificanti, esaltatori di sapidità);
• Additivi tecnologici: sono usati per facilitare la lavorazione degli alimenti ma non hanno una specifica funzione nel prodotto finale (agenti antischiuma, antiagglomeranti, etc.).
Tuttavia è bene sottolineare che nonostante la loro utilità, un ricorso massiccio a queste sostanze chimiche è spesso sintomo di una scarsa qualità iniziale del prodotto e della necessità di mascherare o correggere difetti e anomalie.
Se negli ultimi anni gli sviluppi della scienza e della tecnologia alimentare hanno portato alla scoperta di nuovi additivi, occorre evidenziare il loro utilizzo già da secoli. Gli Egizi impiegavano coloranti e aromi per rendere più appetibili certi alimenti, mentre i Romani usavano il salnitro (nitrato di potassio) per conservarli.
All’attualità gli additivi alimentari sono disciplinati dai Regolamenti Ue n. 1333/2008 e 1331/2008, e successive variazioni, e dal D.M. (Ministro della Sanità) 27 febbraio 1996 n° 209, più volte modificato, che stabiliscono i criteri generali per la loro approvazione, la definizione, la classificazione, l’etichettatura e l’impiego nelle singole categorie di alimenti.

Controlli dei NAS dell'Arma dei Carabinieri

Il principale organismo europeo di valutazione della sicurezza è il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana della Commissione Europea (SCF - Scientific Committee for Food).
Le valutazioni si basano sull’esame di tutti i dati tossicologici disponibili, comprese le indagini sugli esseri umani e sui modelli animali. Sulla base di tali dati, si stabilisce il livello massimo di utilizzo di additivi che non abbia effetti tossici dimostrabili.
Un additivo alimentare può essere autorizzato soltanto se, sulla base dei dati scientifici disponibili, il tipo d’impiego proposto non pone problemi di sicurezza per la salute dei consumatori, e se il suo impiego può essere ragionevolmente considerato una necessità tecnica che non può essere soddisfatta con altri mezzi economicamente e tecnologicamente praticabili.
Ma la condizione fondamentale per l’inclusione di una sostanza negli elenchi comunitari è che il suo impiego non debba indurre in errore i consumatori. Infatti l’additivo non può essere utilizzato per occultare gli effetti dell’impiego di materie prime difettose, o di pratiche e tecniche inappropriate o non igieniche.
Possono essere possibili deroghe particolari solo per gli additivi utilizzati negli alimenti che non costituiscano la componente importante di una dieta normale o quando siano necessarie per produrre alimenti destinati a consumatori con esigenze dietetiche particolari. In caso di esito positivo della valutazione della sicurezza, queste sostanze sono classificate e inserite in un elenco, soggetto a periodiche revisioni per effetto delle nuove acquisizioni scientifiche, contrassegnate dalla lettera “E” seguita da un numero. Sulle stesse, inoltre, sono fornite informazioni sulle condizioni di impiego (compresa la quantità massima consentita) e sugli alimenti ai quali possono addizionarsi.
A livello europeo quindi gli additivi autorizzati sono contrassegnati dai seguenti codici:
da E100 a E199 (coloranti);
da E200 a E299 (conservanti);
da E300 a E399 (antiossidanti e correttori di acidità);
da E400 a E499 (addensanti, stabilizzanti e emulsionanti);
da E500 a E599 (correttori di acidità e antiagglomeranti);
da E600 a E699 (esaltatori di sapidità);
da E900 a E999 (vari).
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Convegno della Forestale sulla sicurezza agroalimentareLa stessa normativa europea, nella Tabella 1 della PARTE A dell’Allegato II del Regolamento Ue 1333/2008, così come sostituito dal Regolamento Ue 1129/2011, elenca tassativamente i prodotti alimentari che non devono contenere additivi, tra i quali gli alimenti non trasformati, gli alimenti per lattanti e per la prima infanzia, il miele, gli oli e grassi di origine animale o vegetale non emulsionati, il burro, latte e panna non aromatizzati, l’acqua minerale, il caffè, il tè in foglie non aromatizzato, la pasta secca.
Gli additivi devono obbligatoriamente comparire nella etichettatura, figurando tra gli ingredienti, specificando: la funzione (ad esempio colorante), il codice “E e il numero di riferimento” oppure la denominazione (ad esempio clorofilla ramata).
Solo i gas utilizzati per il confezionamento dei prodotti alimentari (ad esempio azoto, elio, idrogeno), nonostante siano di fatto additivi, possono non essere inseriti tra gli ingredienti, ma in questo caso vi è l’obbligo solo di riportare sulla confezione la dicitura “confezionato in atmosfera protettiva”.
Infine, sempre in tema di etichettatura, gli alimenti contenenti alcuni coloranti (E102, E104, E110, E122, E124 ed E129) devono riportare le informazioni addizionali “può influire negativamente sull’attività e l’attenzione dei bambini”. Obbligo cautelativo stabilito dall’UE dopo uno studio realizzato qualche anno fa dall’università di Southampton che correlava la presenza di questi coloranti all’iperattività dei bambini.
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#Gli additivi colorantiGLI ADDITIVI COLORANTI

Il colore è una delle qualità fondamentali e uno dei principali attributi sensoriali del cibo. Permette l’identificazione e la scelta degli alimenti da parte del consumatore. Da sempre si è consapevoli di "mangiare con gli occhi" oltre che con il palato, e non vi sono dubbi sul fatto che il colore sia un fattore importante nella percezione, da parte del consumatore, dell’alimento che spesso viene associato a un determinato sapore.

Fabbrica di produzione pasta Il fatto di esaltare il colore di un alimento ha motivazioni meramente commerciali e non ha nulla a che vedere con il sapore o con la qualità del prodotto. I coloranti, infatti, sono stati introdotti in ambito alimentare essenzialmente per aumentare le vendite dei cibi, resi più interessanti dal colore che ci si aspetterebbe da un prodotto. Non a caso, il consumatore medio percepisce la qualità di un alimento anche e soprattutto dal suo aspetto; così, la mozzarella è buona se bianca, il peperoncino se rosso, il tuorlo se arancione e via discorrendo. Rimane tuttavia inamovibile il principio che queste sostanze, così come tutti gli additivi, non possono essere utilizzate per mascherare o nascondere una scarsa qualità dell’alimento e quindi trarre in inganno il consumatore. Secondo le disposizioni legislative in vigore, i coloranti sono sostanze che conferiscono un colore ad un alimento o che ne restituiscono la colorazione originaria, ed includono componenti naturali dei prodotti alimentari e altri elementi di origine naturale, normalmente non consumati come alimenti né usati come ingredienti tipici degli alimenti. Tuttavia, non sono considerati sostanze coloranti:
a) i prodotti alimentari essiccati o concentrati e gli aromi dotati di un effetto colorante secondario, quali la paprika, la curcuma e lo zafferano, incorporati durante la lavorazione di prodotti alimentari composti per le loro proprietà aromatiche, di sapidità o nutritive;
b) le sostanze coloranti usate per colorare le parti esterne dei prodotti alimentari non destinate ad essere consumate, quali i rivestimenti non commestibili di formaggi o l'involucro non commestibile degli insaccati. Come tutti gli additivi autorizzati all'uso e riconosciuti a livello della Comunità Europea, i coloranti sono classificati e identificati con la lettera “E” seguita da un numero, nel caso specifico compreso tra 100 e 199.
Più in particolare, tutti i coloranti compresi tra il 100 ed il 163 sono organici naturali o di sintesi, mentre i rimanenti (dal 170 al 199) sono coloranti inorganici – minerali, e si distinguono in:
Colore giallo da E100 a E109; Colore arancione E111;
Colore rosso da E120 a E129;
Colore blu e violetto da E130 a E139;
Colore verde da E140 a E149 (esempio E141 clorofilla ramata);
Colore da marrone a nero da E150 a E160 (esempio E153 carbone vegetale);
Altri colori da E160 a E199.
Ma non tutti gli alimenti possono essere colorati. Dato che l'impiego di coloranti può far apparire di buona qualità un prodotto di per sé scadente, per alcuni tale pratica è vietata, per altri è possibile soltanto con le dovute limitazioni. Gli additivi coloranti autorizzati negli alimenti e le condizioni del loro uso sono stabilite nell’Allegato II del Regolamento Ue 1333/2008, così come sostituito dal Regolamento Ue 1129/2011, ed in particolare la Tabella 1 e la Tabella 2 della “PARTE A”, la “PARTE E”.
La normativa prevede che non possono essere trattati con coloranti tutti gli alimenti inclusi nella Tabella 1 e gli alimenti indicati nella Tabella 2. Quest’ultimo elenco comprende: formaggi non aromatizzati (stagionati e non), uova e ovo-prodotti, farina e altri prodotti della macinazione e amidi, pane e prodotti simili, concentrati di pomodoro e pomodori in scatola o in bottiglia, succhi e nettare di frutta o di ortaggi, prodotti di cacao, frutta e ortaggi (anche funghi) in scatola (anche secchi o trasformati), vino e bevande spiritose, pesce, crostacei, molluschi e carni.
Inoltre importante è anche la “PARTE E” del Regolamento che disciplina gli additivi autorizzati e le condizioni del loro uso nelle singole categorie alimentari, e contiene poche deroghe a quanto stabilito dalle Tabelle 1 e 2. In ultimo, secondo il “principio di trasferimento” la presenza di sostanze coloranti è ammessa:
a) nei prodotti alimentari composti, non elencati nella “PARTE E”, a condizione che la sostanza colorante sia consentita in uno degli ingredienti del composto;
b) nei prodotti alimentari destinati esclusivamente alla preparazione di un alimento composto a condizione che quest'ultimo sia conforme alle disposizioni dei regolamenti sopra indicati.
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#Il pane nero al carbone vegetaleIL PANE NERO AL CARBONE VEGETALE

Pane nero al carbone vegetaleSostituire sulle nostre tavole il normale pane con il pane nero era diventata una moda in tutta Italia. Dietro al dilagare di questo prodotto vi era l’esaltazione tra i banchi di molte panetterie delle presunte proprietà associate al carbone vegetale, un prodotto comune e dagli effetti spiccatamente benefici, che si trova in tutte le farmacie sotto forma di compresse. Questo ha fatto salire le quotazione del pane nero, un prodotto ritenuto molto più digeribile e in grado di sgonfiare la pancia. Ma più spesso questi panini neri erano un vezzo da portare in tavola per stupire. Una moda inarrestabile che non aveva risparmiato la pizza e la focaccia.
Tale diffusione in campo alimentare aveva suscitato la perplessità di nutrizionisti e l’allarmismo di alcuni panificatori sull’abuso del colorante E153. Nel frattempo il Corpo forestale dello Stato è intervenuto, nella terra del Pane di Altamura DOP, con delle indagini tese a chiarire l’illegalità della produzione dei prodotti simili al carbone vegetale e del pane “altamente digeribile”. Il carbone vegetale che si ottiene dal legno di pioppo, salice e altre essenze, mediante attivazione a vapore di materie prime di origine vegetale carbonizzate, viene utilizzato sia come integratore alimentare sia nella preparazione di alimenti.
Il carbone vegetale in pillole, prodotto incluso nel Registro degli integratori del Ministero della Salute, viene utilizzato come antitossico, grazie alla capacità di trattenere gran parte dei veleni che vengono assorbiti dal prodotto e successivamente eliminati dal tubo digerente senza essere assimilati. La somministrazione di carbone vegetale, seguita da quella di un purgante salino per eliminare il complesso originatosi, rappresenta, per esempio, una classica strategia d’intervento in caso di avvelenamento da funghi. È usato principalmente nel trattamento degli avvelenamenti orali acuti per la sua capacità di ridurre l’assorbimento sistemico delle sostanze ingerite.
Inoltre le proprietà adsorbenti nei confronti di liquidi, idrogenioni e gas, rendono il carbone vegetale un supplemento particolarmente utilizzato in presenza di aerofagia, diarrea, meteorismo e flatulenza, grazie anche al blando effetto disinfettante a livello intestinale. L’utilità clinica è comunque controversa perché non bisogna dimenticare la sua capacità di adsorbire non solo gas e liquidi in eccesso, ma anche i farmaci, inibendo in questo modo la loro efficacia.
Per quanto riguarda il suo utilizzo nella preparazione di cibi, diversamente dall’America, dove la Food and Drug Amministration ha vietato l’utilizzo alimentare di questa sostanza a causa della sua potenzialità cancerogena in campo alimentare, l’Europa lo ha incluso nella categoria degli additivi coloranti con il codice E153, circoscrivendone l’uso per la preparazione di alcuni alimenti.
In riferimento allo specifico settore dell’arte bianca, la Tabella 2 del Regolamento Ue 1129/2011, così come sopra riportato, non consente l’utilizzo di nessun colorante nella produzione di pane e prodotti simili e in nessun ingrediente utilizzato per preparare il suddetto prodotto: acqua, farina, sale, malto, zucchero, miele, burro e latte. Divieto presente anche nella PARTE E al punto 07 (07.1, 07.2) in cui viene disciplinato l’alimento “prodotti da forno – pane e panini”.
Il tutto ribadito dalla nota del Ministero della Salute del 22 dicembre del 2015, che esclude l’utilizzo dell’additivo colorante E153 nella preparazione dell’alimento pane.
Il carbone vegetale può essere utilizzato per la produzione di “prodotti da forno fini” (pasticceria viennese, biscotti, cialde e torte), ma la stessa nota specifica, per non confondere il consumatore, che non è ammissibile aggiungere nell’etichettatura, presentazione o pubblicità di questi prodotti alcuna informazione che faccia riferimento agli effetti benefici del carbone vegetale per l'organismo umano, stante il chiaro impiego della sostanza esclusivamente quale additivo colorante e non come integratore alimentare.
Infatti, fermo restando l’implicazione farmacologica e l’utilizzo in medicina di detta sostanza tal quale negli stati fisiologici e patologie che ne rendono necessario l’utilizzo sotto rigoroso controllo medico, non ci sono allo stato attuale dell’arte, studi scientifici che permettano di traslare tali informazioni mediche rendendole scientificamente veritiere nel momento in cui tale sostanza sia utilizzata negli impasti per pane e prodotti da forno in generale.
Anzi, la situazione biochimica, microbiologica, fisica e chimico-fisica del processo produttivo di detti prodotti è molto complessa e, in considerazione dell’ulteriore trattamento termico di cottura, nulla può far escludere (anzi molto probabile data la caratteristica peculiare del potere adsorbente del carbone vegetale) interazioni chimiche e biochimiche con i componenti gasogeni e molecolari (acqua, proteine, lipidi, carboidrati complessi, zuccheri semplici, sali minerali, etc.) presenti naturalmente nell’impasto, con la conseguente concentrazione di residui cancerogeni sul prodotto finito.
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#Le olive dolci da tavola colorateLE OLIVE DOLCI DA TAVOLA COLORATE

Olive confezionateLa buona pratica agricola vuole che gli agricoltori per la produzione delle olive verdi da mensa si debbano recare nei loro terreni nei mesi di settembre e ottobre per procede alla raccolta del prodotto dall’albero quando la buccia è ancora verde. Dopo la raccolta, le olive saranno sottoposte ad un ciclo di lavorazione con la soda caustica che permette la "deamarizzazione" del frutto, procedimento a cui seguono il lavaggio con acqua e successiva conservazione e fermentazione con l’immersione, per diversi mesi, in salamoia. Ma durante la lavorazione il color verde del frutto tende a sfumare verso il giallo facendo emergere le macchie e i difetti delle stesse olive. Ed è per questo motivo che alcuni imprenditori hanno pensato bene di utilizzare, cosi come è stato accertato del Corpo forestale dello Stato su tutto il territorio Italiano, non solo la clorofilla ramata, ma anche il solfato di rame per la colorazione verde brillante delle olive, al fine di mascherare tali difetti di qualità.
Ma anche per le olive vale il principio generale in tema di additivi. Tali sostanze, compresi i coloranti, non possono essere utilizzate per mascherare o nascondere una scarsa qualità dell’alimento e quindi trarre in inganno il consumatore.
La clorofilla ramata è stata inserita della Ue tra gli additivi coloranti con codice E141 ma la “PARTE E” del Regolamento Ue 1129/2011 al punto 04.2.2. “Ortofrutticoli sottaceto, sott'olio o in salamoia” vieta l’utilizzo di tale sostanza nella lavorazione delle olive.
Il solfato di rame, utilizzato in agricoltura sulle piante come fungicida, non solo non è un additivo ma non può essere utilizzato in campo alimentare.
Ma se la clorofilla ramata non apporta alcun vantaggio qualitativo per il consumatore e può creare problemi alle persone con patologie che predispongono all’accumulo di rame nell’organismo, ancora più nocivo invece è il solfato di rame.
Quest’ultimo, infatti, è un prodotto da conservare fuori dalla portata dei bambini, da alimenti e da bevande. La sua ingestione può provocare gastroenterite, nausea, vomito e diarrea. Infine, in alcuni casi purtroppo un’assunzione diretta di una dose di "soli" trenta grammi di solfato di rame si è dimostrata letale.

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#Natura - anno XVII - N. 92   Maggio-Giugno 2016