NATURAL SURVIVAL
L’ARTE DEI NODI
18/08/2021


Nodi Marco Priori Natural Survival (3)Una corda può assumere una grande importanza in moltissime situazioni, tanto più quando ci troviamo immersi nella Natura. Ad esempio può tornarci utile per appendere del cibo a un albero per evitare che venga raggiunto da animali selvatici, oppure per accendere un fuoco con l’antico metodo dell’archetto o più semplicemente servirà a legare un telo e creare un riparo provvisorio. Questi sono solo alcuni esempi di quanto una corda possa essere utile. Tra i miei ricordi più preziosi c’è quello di quando ho avuto necessità di legare le mie vettovaglie sul dorso di un dromedario mentre da un'oasi all'altra attraversavo il Grande Erg Occidentale.

Ma è molto importante ricordarsi che una corda non serve a molto se non si sa fare il nodo giusto.

“Annodare” significa semplicemente effettuare una serie di passaggi di una parte di corda intorno ad un'altra. Lo scopo principale dei nodi è quello di realizzare un occhiello, bloccare lo scorrimento della corda, giuntarne due spezzoni o accorciarne la lunghezza senza doverla tagliare. Dovranno garantire uno di questi scopi ma anche essere facili da sciogliere nel momento del bisogno. Il capo che resta fermo viene definito “dormiente” mentre quello che teniamo in mano per realizzare le spire viene chiamato “corrente“.

Inizialmente per molte persone imparare i nodi sembra impresa impossibile. In realtà, a pensarci bene, è una delle cose su cui ci applichiamo fin da bambini ed è anche il gesto più spontaneo che dà inizio a un’escursione: allacciare le scarpe. Quel semplice movimento di lacci, per noi ormai automatico, ci mostra quanto un nodo possa diventare spontaneo con la pratica. La cosa più importante per fissarne a mente uno nuovo è di comprenderne l’utilità. Ci sono nodi estremamente versatili che possono essere utilizzati per tantissimi scopi, altri invece che sono semplicemente ridondanti. Quindi, sono veramente pochi quelli da imparare per permetterci di assolvere alla maggior parte delle situazioni che si presenteranno man mano. Purtroppo ad aumentare la confusione c'è il fatto che spesso i medesimi nodi vengono chiamati in modi differenti. Ad esempio in marineria si sente spesso parlare del nodo “gassa d’amante“, sostanzialmente un cappio che può essere molto teso pur mantenendo l’estrema facilità nello scioglimento. Bizzarramente, lo stesso nodo in alpinismo viene chiamato “bulino” usando l’italianizzazione dell’inglese “bowline”, così battezzato in antichità sempre in ambito marinaresco (“bow” in inglese significa “prua”).

Un altro nodo molto utile e facilmente realizzabile è il cosiddetto “barcaiolo”, che alcuni conoscono con il nome di nodo “parlato”. Tra gli scout è invece noto col termine “nodo picchetto”, mentre i contadini lo chiamano il “nodo dell’aratro”. Di rapida realizzazione, sotto tensione le sue spire fanno attrito l’una sull’altra permettendo di bloccare la corda, ma allentandole è possibile farla scorrere fino alla posizione desiderata, cosa molto utile ad esempio se vogliamo mettere un po’ più in alto o in basso uno zaino sospeso ad un albero oppure tendere maggiormente il telo di un riparo.

Una cosa importante da tenere a mente è che annodando una corda su sé stessa ne riduciamo la resistenza originaria (in alcuni casi addirittura del 50%!). Questo fattore va considerato soprattutto quando usiamo dei cordami da noi intrecciati con fibra vegetale, così come abbiamo trattato nel numero 112 della rivista. La loro resistenza, infatti, non è certamente confrontabile con quella di materiali sintetici sempre più avanzati con cui oggi vengono realizzate le corde e quindi potremmo andare a danneggiarli con tutte le conseguenze immaginabili sul carico che gli abbiamo legato.

 

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