Nelle zone con poche fioriture, le api hanno un’altra risorsa per produrre miele oltre al nettare: la melata, una sostanza zuccherina secreta da alcuni piccoli insetti (afidi, cocciniglie, psille, ecc.) che si nutrono della linfa degli alberi, in particolare abete rosso, pino, quercia, tiglio e acero. Il miele di melata, conosciuto anche con il nome di miele di bosco, presenta caratteristiche che lo differenziano da quello di nettare. È molto meno dolce, il sapore può ricordare quello della corteccia e lascia un retrogusto amarognolo di terriccio. Rafforza memoria e concentrazione. Apporta anche diversi benefici all’intestino grazie alla presenza di numerosi batteri probiotici.
Per questo motivi, molti apicoltori posizionano le loro arnie nei boschi. Fermo restando che la tenuta di alveari a qualsiasi titolo è soggetta per legge alla dichiarazione annuale all'Autorità Sanitaria Locale, al Comune di residenza dell'apiario ed alla Regione, alla registrazione all'anagrafe apistica nazionale implementata con decreto interministeriale del 4 dicembre 2009 e s.m.i., e al regolare censimento ogni anno dal 1 novembre al 31 dicembre, vediamo quali altre incombenze ricadono sull’apicoltore.
Riferimento principale è la Legge quadro nazionale dell'apicoltura n. 313 del 24 dicembre 2004, che stabilisce, tra l’altro, all’art. 4 che le regioni, nel rispetto della normativa comunitaria vigente e sulla base del documento programmatico, individuino le limitazioni e i divieti cui sottoporre i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle varie colture durante il periodo di fioritura.
All’art. 6 prevede l’obbligo per chiunque detenga apiari e alveari di farne denuncia ai servizi veterinari dell'azienda sanitaria locale competente, specificando collocazione e numero di alveari entro il 31 dicembre degli anni nei quali si sia verificata una variazione rilevante secondo a norma. I trasgressori all'obbligo di denuncia o di comunicazione non possono beneficiare degli incentivi previsti per il settore.
All’art. 7 viene sancito che lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano incentivano la conduzione zootecnica delle api e la pratica del nomadismo, a patto che gli apiari, stanziali o nomadi, rispettino le norme del regolamento di polizia veterinaria, di cui al DPR 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni. Inoltre gli enti pubblici agevolano la dislocazione degli alveari nei fondi di loro proprietà o ad altro titolo detenuti e le regioni possono determinare la distanza di rispetto tra apiari, composti da almeno cinquanta alveari, in un raggio massimo di 200 metri.
L’art. 8 riguarda le distanze minime tra apiari, oggetto anche dell’art. 896-bis del codice civile, secondo il quale gli apiari devono essere collocati a non meno di 10 metri da strade di pubblico transito e a non meno di 5 metri dai confini di proprietà pubbliche o private. Tali distanze non sono obbligatorie qualora esistano dislivelli di almeno due metri o muri, siepi o altri ripari idonei a non consentire il passaggio delle api di altezza non inferiore a due metri. Fatti salvi gli accordi tra le parti interessate. Gli apiari devono rispettare una distanza minima di un chilometro dagli impianti industriali saccariferi.
Inoltre ogni apiario deve essere identificato da apposito cartello generato dalla banca dati nazionale apistica riportante il codice allevamento dell'apicoltore. È bene comunque informarsi sempre presso le regioni su eventuali norme locali che vadano a regolamentare aspetti che le leggi nazionali non affrontano o delegano agli enti territoriali.