La vita all’aria aperta, le escursioni e gli sport in mezzo alla natura possono regalare l’occasione di un incontro con un cucciolo o un pulcino che apparentemente sembrano chiedere il nostro aiuto. Questo può accadere soprattutto in primavera, periodo che coincide con la stagione riproduttiva degli animali selvatici.
Attenzione però a non emettere giudizi affrettati: l’istinto di protezione che ogni essere umano ha verso il più piccolo può rivelarsi un errore se applicato ad un animale selvatico che vive secondo regole diverse dalle nostre. Cerchiamo di capire meglio questo concetto facendo degli esempi sul possibile rinvenimento di alcuni giovani esemplari.
Mentre passeggiate vi potreste trovare improvvisamente di fronte ad un cerbiatto che se ne sta tutto solo accovacciato nell’erba alta, il vostro primo pensiero va ovviamente al suo genitore, perché non è con lui? Si sarà perso? Queste domande derivano da un punto di vista sbagliato, ossia il nostro, ma se guardiamo la scena con i loro occhi scopriamo che in realtà il cucciolo non si è perso, è stato proprio il genitore a lasciarlo lì, perché è una loro strategia di sopravvivenza. Il piccolo non emette odori, quindi, finché è da solo, rischia molto meno di essere scoperto dai predatori. Inoltre, il suo mantello a macchie lo aiuta a mimetizzarsi rendendolo, se immobile, quasi invisibile. La madre si limiterà ad andare da lui solo per l’allattamento. In quest’ottica è importante anche non toccare il piccolo perché inevitabilmente gli lasceremmo addosso il nostro odore rendendolo facile preda.
Dunque l’unico modo di aiutarlo è andare via il prima possibile per evitare, con la nostra presenza, di farlo scoprire: rispettare le loro strategie è il migliore dei modi per salvaguardarli.
Lo stesso discorso vale per le lepri e i conigli selvatici, quindi stesso consiglio, allontanarsi dal cucciolo il prima possibile e senza toccare nulla.
Un’altra situazione molto frequente, sia in ambiente naturale che urbano, riguarda i pulcini degli uccelli selvatici. Trovarsi di fronte ad un uccellino, che riesce a camminare e a saltellare ma non ancora a volare, ci fa pensare immediatamente che sia caduto dal nido. Anche qui è questione di punti di vista, l’uccellino ai nostri occhi, non sapendo ancora volare, è spacciato perché esposto a mille pericoli, in realtà anche per lui si tratta di una strategia di sopravvivenza. È bene sapere che quasi tutti gli uccelli escono dal nido spontaneamente prima ancora di saper volare e mangiare da soli, sanno solamente camminare e saltellare. Questo passaggio fondamentale serve al genitore per insegnare al piccolo come riuscire a cavarsela da solo, come alimentarsi e come riconoscere i pericoli. Gli animali non hanno i libri di scuola per imparare, ma solamente l'esperienza dei loro genitori che, in quel breve periodo di svezzamento a terra, cercano di tramandare loro. È sicuramente vero che il piccolo correrà dei rischi, ma è anche vero che per lui è l’unico modo per cavarsela nella vita. Prelevare il piccolo in questa fase per paura che gli succeda qualcosa non lo aiuta ma, anzi, lo penalizza, perdendo le uniche informazioni utili alla sua sopravvivenza futura.
Ovviamente se ci si imbatte in un animale ferito le cose cambiano: purtroppo per lui non c’è nessuna possibilità di continuare il percorso naturale, quindi il nostro intervento può dargli davvero una possibilità in più. Prima però di intervenire è bene chiamare un centro recupero o i carabinieri forestali così da avere le giuste istruzioni su come prendere in sicurezza il ferito e dove portarlo.