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La giurisprudenza amministrativa e le procedure di avanzamento

Pietro Carrozza


1. Inquadramento della problematica dell’eccesso di potere

a. Nozione

L’eccesso di potere costituisce, assieme all’incompetenza e alla violazione di legge, uno dei tre vizi di legittimità dell’atto amministrativo previsto dalla legge 5992 del 1889, istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato, e successivamente dal Regio Decreto 1054/24. Il suo concetto ha subito un’evoluzione storica che ha portato la dottrina a considerarlo quale sviamento della funzione amministrativa, trasfusa quale concetto giurisprudenziale a partire dalla sentenza 3/1892 del Consiglio di Stato, che elabora per la prima volta la categoria delle figure sintomatiche. L’eccesso di potere ha consentito al giudice amministrativo di perfezionare la propria tecnica di controllo e di codificare le norme per l’azione amministrativa, ampliando l’area della legittimità valutata alla luce dei principi generali derivanti dalla Costituzione e, più in generale, dall’ordinamento. Il sindacato per eccesso di potere consente, entro certi limiti, di controllare l’idoneità della decisione racchiusa nel provvedimento a curare l’interesse pubblico(1). Sotto lo schema di eccesso di potere sono indicate le violazioni ai limiti interni della discrezionalità amministrativa(2).
Il potere amministrativo deve infatti venire esercitato nel rispetto di due ordini distinti di regole: formali e sostanziali. Rispetto a queste ultime, la realtà fattuale deve essere esattamente individuata, correttamente rappresentata e valutata dal punto di vista logico; pertanto l’eccesso di potere fornisce una inesatta valutazione della fattispecie concreta(3).
La dottrina è divisa circa l’individuazione dei presupposti dell’eccesso di potere. Alcuni sostengono che essi siano lo sviamento di potere e il potere discrezionale della pubblica amministrazione, altri non ritengono invece necessario l’ultimo requisito, nella considerazione che la giurisprudenza configura eccesso di potere anche in relazione agli atti vincolati, pur se solo avuto riguardo alla disparità di trattamento.

Dottrina e giurisprudenza hanno elaborato le figure sintomatiche dell’eccesso di potere, dinnanzi alle quali si può valutare la sussistenza del vizio, pur attribuendogli una valenza probatoria differente; difatti la giurisprudenza ritiene la sussistenza di una figura sintomatica sufficiente a giustificare l’illegittimità e, conseguentemente, l’annullamento dell’atto amministrativo. Di segno opposto è, invece, l’orientamento dottrinale dominante. Le figure sintomatiche non sono né necessarie né tipiche e nuove figure possono sempre essere elaborate, in quanto esse esprimono unicamente regole generali di riferimento elaborate dal giudice e vincolanti per l’amministrazione; quindi le relative classificazioni hanno solo valore descrittivo(4).
Prima di esaminare brevemente le singole figure sintomatiche, giova affermare che, a partire dal 1984, il Consiglio di Stato ha considerato la violazione del giudicato quale presupposto di radicale nullità dell’atto, fornendo all’interessato una maggiore tutela e non quale eccesso di potere. Quanto, invece, alle figure sintomatiche, le principali sono:
- la “falsità del presupposto”; ricorre quando un presupposto, previsto dal legislatore come necessario all’emanazione di un atto amministrativo, nella realtà non esiste;
- il “travisamento e l’erronea valutazione dei fatti”; ricorre, rispettivamente, quando la P. A. nell’emanazione di un atto, valuta erroneamente la sussistenza di una situazione di fatto, ovvero allorquando i fatti esattamente individuati e correttamente rappresentati sono valutati in modo illogico e irrazionale;
- l’“illogicità o la contraddittorietà della motivazione”; si verifica quando la motivazione dell’atto amministrativo non segue un iter razionale oppure rappresenti elementi di contrasto o di contraddittorietà;
- la “perplessità o insufficienza della motivazione”; ricorre quando le ragioni addotte dalla P. A. non siano convincenti o sufficienti per giustificare il dispositivo;
- la “contraddittorietà tra più atti successivi”; si rinviene quando più atti successivi abbiano contenuto differente o contraddittorio così da non manifestare chiaramente la volontà della P. A.;
- l’“inosservanza di circolari”; ricorre quando la P. A., senza motivare la fattispecie; non segua nell’emanazione del provvedimento le linee guida di una circolare;
- la “disparità di trattamento”; si verifica quando la P. A. disciplina in modo differente senza motivazione casi del tutto identici sotto il profilo oggettivo o soggettivo;
- l’“ingiustizia manifesta”; attiene all’opportunità e alla convenienza dell’atto investendo un’analisi di merito piuttosto che di legittimità; una parte della dottrina la ritiene sussistente in ipotesi quando l’interesse privato venga compresso senza la sussistenza di un interesse pubblico;
- la “violazione e i vizi del procedimento”; dopo l’entrata in vigore della legge 241/90, hanno trovato un ristretto margine di applicazione come figura sintomatica. Tuttavia la giurisprudenza ne ha ritenuto la sussistenza in ipotesi di atto emesso sul presupposto di un parere viziato da errore o travisamento dei fatti, nonché di slealtà della P. A. nello svolgimento della procedura;
- la ”mancanza di idonei parametri di riferimento”; è stata individuata dalla giurisprudenza, quale criterio per limitare la sfera dei diritti del cittadino, l’esistenza per la P. A. di linee guida rappresentate dalle fonti normative, dalle circolari o da indirizzi generali che si sono dati le autorità amministrative;
- la “violenza morale o dolo(5)”; ricorrono quando il funzionario agisca solo allo scopo di evitare a sé o all’amministrazione un male ingiusto, oppure il provvedimento sia il risultato di un raggiro;
- la “violazione o elusione del giudicato(6)”; si verifica quando l’amministrazione, dopo sentenza di annullamento passata in giudicato, reitera l’atto sia pur con forma e modalità diverse o si astiene dal conformarsi al giudicato.

b. L’eccesso di potere prima della l. 241/90

La legge 7 agosto 1990, n. 241 ha codificato una serie di principi e di regole relativamente ai procedimenti amministrativi; ma già prima dell’entrata in vigore di tale normativa la giurisprudenza aveva affermato l’importanza dei principi del giusto procedimento. La realtà antecedente nella pratica delle amministrazioni era caratterizzata da molteplici norme e procedure, riferite ad altrettante esigenze, ma sostanzialmente prive di coerenza logica, anche in rapporto a situazioni analoghe, con conseguenti difficoltà per l’interprete di ricavare i principi generali, pur esistenti nella struttura del procedimento. Inoltre si trattava, per lo più, di disposizioni che offrivano al cittadino, nei suoi rapporti con l’amministrazione, una tutela limitata(7).
Alla luce di tali considerazioni emerge sempre più importante il ruolo svolto dalla giurisprudenza. Con riferimento, in particolare, all’adozione di atti sanzionatori la giurisprudenza sancì la necessità della preventiva contestazione degli addebiti e della concessione di un idoneo lasso di tempo per consentire la difesa. Per gli atti di autotutela, con cui la P. A. ritirava un precedente atto affetto da vizio di legittimità, la giurisprudenza previde l’obbligo d’idonea motivazione circa la sussistenza ed attualità dell’interesse pubblico. Per le contrarius actus, atto di ritiro di un provvedimento valido ed efficace, la giurisprudenza ne subordinò la legittimità all’emissione a seguito di analogo procedimento, uguale a quello prescritto per l’emanazione dell’atto che si intendeva ritirare.

c. L’eccesso di potere dopo la l. 241/90

Con riferimento a molti dei principi sopra richiamati, la legge 241/90 ha costituito un punto di svolta, poiché la sua entrata in vigore ha mutato il vizio di eccesso di potere inerente alla loro violazione, in vizio di violazione di legge, in modo da garantire una più ampia tutela. Sono state introdotte regole uniformi e principi chiari riferibili alla generalità dei procedimenti e dei provvedimenti amministrativi. In particolare, l’art. 3 della legge 241/90 ha previsto l’obbligo di motivare gli atti amministrativi e di fornire al destinatario anche gli atti da cui risulti l’eventuale motivazione ad relationem. Complessivamente, poi, la legge sancisce il principio del giusto procedimento consentendo al destinatario dell’atto amministrativo la partecipazione al procedimento volto all’emanazione dell’atto: basti pensare, a tale proposito, al ruolo centrale svolto dalla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo.
La tesi formulata a seguito dell’entrata in vigore della 241/90 considera perciò, più in generale, ridimensionata l’area dell’eccesso di potere, in quanto varie figure in essa normalmente incluse (mancanza e carenza di motivazione, sviamento, mancata predeterminazione dei criteri di decisione, difetto di istruttoria) costituiscono ora violazione dei principi generali dell’ordinamento e quindi violazione di legge. Secondo tale tesi sarebbero ora riconducibili al vizio della violazione di legge figure quali l’illogicità e l’ingiustizia manifesta, in quanto anomalie del processo di formazione della decisione, valutate secondo i principi generali della logicità e della ragionevolezza(8).
Quanto al tema oggetto specifico del nostro esame, la 241/90 ha posto due aspetti importanti in ordine ai giudizi formulati dalle Commissioni di avanzamento: il problema dell’accesso ai documenti e quello della motivazione dei relativi giudizi. Sotto il primo profilo, si è posto in evidenza come l’accesso ai documenti, possa, in qualche caso, esporre a pregiudizio la riservatezza dei terzi. Ma è la stessa legge a darne garanzia agli interessati e, inoltre, la facoltà di accesso ai documenti delle commissioni di avanzamento è stata espressamente riconosciuta e disciplinata dall’amministrazione della difesa e segnatamente dalla Direzione generale del contenzioso con circolare UDG/744/A62 del 5 marzo 1993.
Il problema della motivazione dei giudizi in tema di avanzamento si pone, invece, avuto riguardo, in particolare, ai procedimenti di avanzamento a scelta, per i quali è prevista l’attribuzione di punteggi in base a specifiche categorie di qualità, con successiva media aritmetica di tali punteggi.
Per la valutazione degli ufficiali l’art. 45 della legge 224/86 ha affidato ad un regolamento l’individuazione dei criteri posti alla base delle valutazioni, al fine di rendere maggiormente trasparenti i procedimenti di valutazione e nel 1993, con decreto ministeriale, è stato emanato il regolamento che ha tenuto conto delle esigenze manifestatesi con l’entrata in vigore della legge sulla trasparenza. Nel concreto, appare tuttavia problematico motivare un punteggio e, nello stesso senso, si è espressa la giurisprudenza, che piuttosto che esaminare tale carenza di motivazione si è orientata nel senso di individuare l’eccesso di potere quale vizio del procedimento(9). L’auspicio, dopo l’entrata in vigore della legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa, era, infatti,quello di ridurre la mole di contenzioso relativa alla materia dell’avanzamento(10).



2. Discrezionalità di merito e discrezionalità tecnica

a. Nozione

Uno dei nodi centrali del diritto amministrativo è rappresentato dal concetto di discrezionalità(11), fondamentale per comprendere il funzionamento dell’Amministrazione e degli strumenti di tutela giurisdizionali posti a difesa del cittadino. Il concetto di discrezionalità ha mutato la sua portata nel tempo, costituendo un attributo tipico della funzione amministrativa, che ne consente il controllo da parte del giudice di legittimità, sia pure segnando il limite della sua cognizione. La discrezionalità consiste in una scelta tra soluzioni tutte astrattamente compatibili con la disciplina normativa del potere esercitato(12).
Uno degli elementi caratterizzanti la discrezionalità è rappresentato dalla scelta, consistente in un libero agire dell’Amministrazione, come autorità, sotto il profilo funzionale. Questo agire deve peraltro tendere al raggiungimento di un interesse pubblico specifico. In ogni vicenda concreta si presentano ed hanno rilievo più interessi, definiti secondari, rispetto al principale; nella ponderazione degli interessi assumono rilievo anche quelli privati che possono essere sacrificati solo in nome della collettività.
Il principio della necessaria ponderazione anche degli interessi privati non è però, secondo la giurisprudenza, di applicazione generale(13). Tradizionalmente in dottrina e giurisprudenza si parla di discrezionalità tecnica quando l’Amministrazione pubblica perviene alla propria determinazione sulla base dell’applicazione di categorie scientifiche, di cognizioni pertinenti al sapere specialistico. Per esempio, appartengono a questa categoria le operazioni inerenti al giudizio espresso sul partecipante ad un concorso.
Discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica si pongono, dal punto di vista logico, su di un piano di netta separazione: l’una non implica l’altra. La distinzione fra le due categorie ha conseguenze normative e giurisdizionali sull’attività dell’Amministrazione pubblica. Attualmente vi sono due orientamenti, dominanti ed opposti, che prendono entrambi le mosse dalla considerazione dell’autonomia del profilo tecnico. La prima tende, però, a trarre da ciò la giustificazione di un apprezzamento riservato all’Amministrazione (Marzuoli, Capaccioli); la seconda apre invece la strada ad un controllo diretto da parte del giudice (Ledda, Ottaviano, Cerulli Irelli).
La giurisprudenza amministrativa, a sua volta, applica un criterio restrittivo quando l’Amministrazione applica regole derivate dal sapere specialistico definendo tale attività discrezionale “tecnico-amministrativa” e, pertanto, sottratta al sindacato giurisdizionale, salvo le ipotesi di errore di fatto o di manifesto vizio di illogicità(14).
Anche i fautori di un controllo giurisdizionale esteso sulla discrezionalità tecnica individuano, peraltro, ipotesi (concorsi ed esami in genere) in cui le valutazioni dell’Amministrazione sono estranee ad ogni tipo di sindacato per la soggettività del momento valutativo e l’irripetibilità del giudizio. Per cui, il compito dell’organo giurisdizionale deve in ogni caso essere contenuto entro i limiti del sindacato sull’attività, onde è sufficiente che il giudizio tecnico risulti corretto, pur se opinabile. Al confine con la nozione di discrezionalità si colloca il c.d. merito dell’attività amministrativa; con il termine merito si fa, infatti, riferimento all’ambito delle scelte dell’Amministrazione pubblica rimasto libero dopo che si siano osservati tutti i principi ed i limiti che vincolano l’esercizio della discrezionalità. Il sindacato sul merito implica la verifica dell’adeguatezza concreta del provvedimento al risultato(15).
L’analisi del merito può perciò essere percorsa solo attraverso la considerazione dell’opportunità dell’azione amministrativa, della sua conformità alle regole di buona amministrazione, incluse anche le valutazioni tecniche e riservate. La scelta di merito, intesa come opportunità, va perciò analizzata sotto due diversi profili. Il primo profilo concerne la possibilità di qualificare il merito per il tramite di norme extragiuridiche di buona amministrazione; il secondo profilo riguarda, invece, il sindacato di merito inteso come possibilità di valutare direttamente la situazione di fatto e ripetere gli apprezzamenti comparativi già effettuati dall’amministrazione.
L’analisi che considera il merito come contenuto dell’atto consente di mettere in luce un criterio di distinzione temporale: il successo e l’adeguatezza del risultato finale. Sul piano normativo la conseguenza più rilevante è che, in linea generale, il merito dell’azione amministrativa non risulta sindacabile, al di fuori delle ipotesi in cui la legge espressamente consenta tale sindacato.

b. La discrezionalità nell’avanzamento

Dopo aver esaminato il concetto generale di discrezionalità, esso può essere analizzato all’interno delle procedure di avanzamento. Le commissioni di avanzamento esercitano una discrezionalità di natura tecnica, espressione dell’Amministrazione militare e soggetta, perciò, al sindacato giurisdizionale solo nell’ipotesi in cui sia ravvisabile uno dei tre vizi di legittimità previsti dal nostro ordinamento: incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere. Esula, invece, dal sindacato di legittimità concesso al giudice amministrativo ogni considerazione che attenga al merito delle valutazioni operate dalle Commissioni(16). La cognizione del giudice amministrativo verifica la logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio per l’avanzamento(17).
Le operazioni svolte dalle Commissioni possono essere sottoposte a censura, poiché esse costituiscono il presupposto logico-giuridico dell’impugnato mancato avanzamento(18), ma non può desumersi alcuna illegittimità dalla circostanza che successive valutazioni, effettuate da Commissioni diverse, abbiano dato luogo all’attribuzione di punteggi ed esiti anche contrastanti fra di loro(19).
Il procedimento di valutazione diverge in ragione del grado degli ufficiali; fino al grado di colonnello la valutazione risulta dalla somma dei punti attribuiti per ciascun complesso degli elementi indicati alle lett. a), b) e c) dell’art. 26, della legge 1137/55; mentre in occasione dei giudizi di merito per gli ufficiali generali ogni membro della Commissione esprime il proprio giudizio mediante un punto complessivo, sempre in relazione alla norma richiamata, che va però considerata nel suo insieme(20).
La procedura valutativa degli ufficiali generali consente alla Commissione di esercitare un’ampia discrezionalità tecnica, che prescinde da una rigida interpretazione delle risultanze desumibili dal libretto personale(21).
La valutazione concernente il possesso dei requisiti fisici, morali, di carattere, di cultura e professionali per l’avanzamento al grado di generale costituisce valutazione di merito e, quindi, il giudizio negativo deve ritenersi legittimo ove nella documentazione caratteristica dell’ufficiale non manchino elementi negativi(22).
Anche nell’ipotesi di avanzamento per anzianità l’apprezzamento sull’esistenza dei requisiti non si può ridurre ad una mera valutazione dell’idoneità fisica, poiché si richiede una valutazione complessiva dell’intera personalità dell’ufficiale. È necessario, infatti, verificare la sua capacità di adempiere bene le diverse e più impegnative funzioni connesse con il nuovo grado e di assumersi le maggiori responsabilità ad esso correlate(23).
La determinazione dei punteggi operata dalla Commissione costituisce una tipica manifestazione di attività tecnica discrezionale, sindacabile sotto il profilo dell’eccesso di potere, specie sotto il profilo logico razionale, in considerazione dei titoli valutati e dalla parità di trattamento. La valutazione del giudice amministrativo nei confronti delle Commissioni di avanzamento è limitata, poiché queste valutano candidati le cui qualità sono definibili attraverso sottili sfumature nel merito; pertanto non rilevano minime differenziazioni, ma appare rilevante solo la manifesta irrazionalità (ad es. un ufficiale con valutazioni non inferiori ai propri pari grado promossi non può ottenere, in sede di avanzamento, una posizione in graduatoria estremamente diversa rispetto alla precedente).
Lo Schwarzenberg(24) analizza l’attività discrezionale dell’Amministrazione militare secondo due angolazioni: la prima, in cui si contesta l’illegittimità della valutazione effettuata dalla P. A. “in senso assoluto” per l’inadeguatezza del punteggio attribuito dalla Commissione; la seconda, “in senso relativo” per disparità di trattamento nei confronti dei pari grado iscritti in quadro.
In giurisprudenza, relativamente all’avanzamento ed in particolare a quello al grado di generale di corpo d’armata, si è affermato il principio che i giudizi d’avanzamento a scelta assoluta vengono svolti attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi e che, pertanto, il giudice non può reiterare la valutazione attraverso un apprezzamento analitico dei titoli e dei requisiti, al fine di accertare l’incoerenza del giudizio coi precedenti di carriera e la violazione della regola dell’uniformità del criterio(25). Questo criterio interpretativo include il principio secondo cui la valutazione dei singoli requisiti e titoli non ha autonomia nella completezza del giudizio globale, dovendo tutti gli elementi essere considerati nel loro insieme. Infatti l’avanzamento a scelta non costituisce uno scrutinio per merito comparativo, ma si compone di tanti giudizi autonomi quante sono le situazioni personali degli ufficiali interessati(26), lasciando ampio margine discrezionale all’Amministrazione. Altra parte della giurisprudenza riconosce la sindacabilità del punteggio attribuito sulla scorta dell’esame della documentazione caratteristica e della coerenza generale, eseguendo un controllo del procedimento logico valutativo, alla luce dei precedenti di carriera, dei titoli posseduti e dei parametri indicati dalla legge. In questo senso si sono espressi sia il T.A.R. Lazio, sia il Consiglio di Stato.


3. La disciplina vigente

a. Il quadro normativo

- Decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 298: “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, a norma dell’art. 1 della legge 31 marzo 2000, n. 78”, opera una rivisitazione dell’organizzazione dei ruoli direttivi e dirigenti.
A promuovere l’iter legislativo verso un rinnovamento erano due ordini di fattori: da una parte l’esigenza di incrementare la consistenza numerica del ruolo ufficiali, in relazione ai compiti da svolgere come Forza Armata e di polizia; dall’altra quella di riorganizzare i profili di carriera, al fine di inserire il personale adeguato sotto il profilo operativo e gestionale negli incarichi più importanti. In particolare, nell’organizzazione territoriale, perno fondamentale per l’Istituzione, gli incarichi di responsabilità verranno affidati a quadri selezionati attraverso successive procedure di valutazione; in tale assetto operativo i comandi provinciali saranno affidati alla gestione di colonnelli/generali di brigata, le compagnie, nel decreto indicate come comandi infraprovinciali, anche a maggiori/tenenti colonnelli. Il provvedimento normativo ha ridisegnato il profilo di carriera per gli ufficiali, cercando di eliminare le sperequazioni con le altre Forze Armate e di polizia, motivo di minore funzionalità e disagio per il personale.
Per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri vi erano infatti limitate possibilità di accesso ai gradi più elevati in relazione alle dotazioni dirigenziali ed una progressione di carriera rallentata. La coerenza normativa con i provvedimenti riguardanti le Forze Armate (l. 12 novembre 1955, n. 1137 e d. lgs. 24 marzo 1993, n. 117) è stata realizzata con la tecnica normativa del “rinvio” per una serie d’istituti, fra cui l’avanzamento. Infatti il d. lgs. 5 ottobre 2000, n. 298, nel riordinare l’avanzamento degli ufficiali dei Carabinieri, ha richiamato le norme del d. lgs. 490 del 1997.
Significative innovazioni sono:
- la costituzione di autonome Commissioni di avanzamento (ordinaria, superiore e di vertice);
- la ripartizione in tre distinte aliquote dei tenenti colonnelli del ruolo normale da valutare per l’avanzamento al grado superiore, per garantire un numero maggiore di promozioni considerate nel triennio;
- l’introduzione di nuovi requisiti di comando per l’avanzamento ai gradi di colonnello e di generale di brigata;
- l’iscrizione in quadro in ordine di graduatoria di merito. Il nuovo sistema di avanzamento a scelta nei vari gradi ha consentito un apprezzabile aumento dei tassi di avanzamento.
Il passaggio all’attuale normativa è garantito dalle norme transitorie. Elemento di criticità della transizione è costituito dall’avanzamento al grado di colonnello del ruolo Normale, in relazione al numero considerevole di ufficiali da valutare(27).

Per l’Arma dei Carabinieri gli artt. 6, 7 e 8 del d. lgs. 298 del 2000 distinguono il ruolo normale, speciale e tecnico-logistico; l’art. 19 del d. lgs. n. 297 del 2000 articola il ruolo degli ufficiali nei gradi degli ufficiali generali, ufficiali superiori e degli ufficiali inferiori. Nei provvedimenti di riordino sono stati posti limiti all’alimentazione dei ruoli, la ratio è la riduzione del numero degli ufficiali in relazione all’effettiva necessità in armonia con la ristrutturazione delle Forze armate che persegue l’obiettivo di ridurre il personale(28).
- Decreto Legislativo 5 ottobre 2000, n. 298, Titolo II Avanzamento: all’art. 11, appare evidente quanto sopra affermato in relazione alla tecnica del rinvio poiché la norma riguardante l’avanzamento al grado superiore degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri fa riferimento all’applicazione degli artt. 8 e 9, ad esclusione del comma 5, del d. lgs. 30 dicembre 1997, n. 490 e successive modificazioni. L’art. 8 del citato decreto esplicita i requisiti di cui deve essere in possesso l’ufficiale per accedere all’avanzamento, distinguendo al secondo comma quelli precipui degli ufficiali generali.
Gli ufficiali tutti, sino al grado di colonnello, per l’avanzamento al grado superiore devono possedere i requisiti fisici, morali, di carattere, intellettuali, di cultura, professionali, necessari per bene adempiere le funzioni del nuovo grado; importanza “relativa” assume, invece, l’aver svolto bene le funzioni del proprio grado, poiché essa è condizione indispensabile, ma non sufficiente per l’avanzamento al grado superiore. I requisiti morali sono relazionati ad un modello ideale di ufficiale, desumibile dai valori espressi nel R. D. M., rapportato alla realtà sociale; in tale contesto assumono rilevanza le punizioni, gli elogi e gli encomi, specie in considerazione delle motivazioni, da cui si desume il reale spessore dell’ufficiale. L’analisi delle qualità fisiche muta in relazione alla fascia di età e all’impiego, mentre immutevole è l’importanza da attribuirsi al decoro della persona.
Le doti intellettuali e di cultura sono di rilievo in relazione all’impiego nell’attività istituzionale. I colonnelli o i capitani di vascello devono possedere tutti i requisiti enunciati in modo eminente, poiché il grado di generale o di ammiraglio li porrebbe ad esercitare funzioni di alto comando o di alta direzione, denotando l’oramai generalizzato riconoscimento di attività manageriale quale carattere intrinseco della funzione curata da tutti gli ufficiali. Il successivo art. 9 del d. lgs. n. 490/97 indica le modalità di avanzamento individuando tre modalità: ad anzianità, attraverso la promozione degli ufficiali nell’ordine di iscrizione nel rispettivo ruolo; a scelta secondo modalità enunciate nel decreto oggetto di trattazione; per meriti eccezionali, quando ricorrono i presupposti di legge con precedenza sui pari grado.

Proseguendo l’esame del d. lgs. n. 298/2000, alla sezione II vengono disciplinate le autorità competenti ad esprimere giudizi sull’avanzamento e il procedimento di valutazione: infatti l’art. 12 ricorre alla tecnica del rinvio riferendosi agli artt. 10 e 11 del d. lgs. 30 dicembre 1997, n. 490, e successive modificazioni, introducendo un elemento di novità al secondo comma dell’art. 11, poiché la nomina e la convocazione dei componenti delle commissioni ordinarie di avanzamento per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri è formulata dal Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri.
Il d. lgs. n. 490/1997 ha innovato l’articolazione e la composizione delle Commissioni, riducendo la competenza dei superiori gerarchici.
L’articolo 10 distingue quattro organi competenti ad esprimere giudizi sull’avanzamento ad anzianità e a scelta:
- le commissioni di vertice per i Maggiori generali e gradi corrispondenti;
- le commissioni superiori di avanzamento per i gradi compresi da tenente colonnello a Brigadiere generale e gradi corrispondenti;
- le commissioni ordinarie di avanzamento nei riguardi degli ufficiali da sottotenente a maggiore e gradi corrispondenti;
- i superiori gerarchici per gli ufficiali di complemento.
I successivi commi 2, 3 e 4 indicano i requisiti degli ufficiali in servizio permanente effettivo per appartenere alle commissioni di avanzamento.
Il quinto comma modifica l’art. 26 della legge 12 novembre 1955, n. 1137, sull’avanzamento degli ufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, introducendo un elemento di novità assieme alla valutazione:
- delle qualità morali, militari, di carattere e fisiche;
- delle benemerenze di guerra e del comportamento in guerra e delle qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, al servizio presso reparti o in imbarco;
- doti intellettuali e di cultura, con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti.
L’elemento di novità è rappresentato dalla valutazione dell’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l’Amministrazione e pertanto una proiezione sul rendimento futuro dell’ufficiale; tale nuovo elemento modifica le procedure di determinazione del punteggio da attribuire all’ufficiale poiché la media si calcola su quattro qualità, anziché su tre. Le procedure di votazione delle Commissioni sono conformi al principio giurisprudenziale secondo cui un collegio può ritenersi perfetto se accanto a componenti effettivi sono previsti componenti supplenti(29).
Il giudizio delle Commissioni è definitivo, poiché promana da un organo collegiale non soggetto al vincolo di gerarchia(30).
L’art. 13 del d. lgs. n. 298/2000 disciplina la valutazione dei generali di divisione attraverso la costituzione della commissione di vertice, presso l’Arma dei Carabinieri, composta dal Capo di Stato Maggiore della difesa, quale presidente, dal comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, vice presidente e dai membri della commissione superiore di avanzamento, indicati al successivo 2° comma.
La commissione superiore di avanzamento dell’Arma dei Carabinieri è composta:
- dal comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, che ne assume la Presidenza (in caso di assenza o di impedimento, il generale di corpo d’armata più anziano di grado e, a parità di anzianità di grado, più anziano di età tra i presenti); dai generali di corpo d’armata dell’Arma dei Carabinieri;
- dall’ufficiale generale più elevato in grado o più anziano del ruolo tecnico logistico quando la valutazione riguardi gli ufficiali di detto ruolo.
Il comma 6 prevede la partecipazione del segretario generale del Ministro della difesa, ovvero del vice segretario generale militare alla commissione di vertice della Forza armata di appartenenza; questi deve essere consultato obbligatoriamente per gli ufficiali di Forza armata differente in servizio presso uffici od organi dipendenti. Il comma 7 sancisce la partecipazione alla commissione superiore di avanzamento della Forza armata di appartenenza del vice segretario generale militare del Ministro della difesa, nonché del sottocapo di Stato Maggiore della difesa; questi devono essere obbligatoriamente consultati per gli ufficiali di differente Forza armata rispettivamente per gli ufficiali in servizio presso gli organi centrali dell’area centrale tecnico amministrativa o presso gli organi interforze dell’area tecnico operativa. Dall’esame di queste norme procedurali deriva il principio dell’esclusione dalle Commissioni di ufficiali che non abbiano stretto contatto con la realtà operativa della Forza Armata(31).

L’art. 14 del d. lgs n. 298/2000 indica i componenti della commissione ordinaria di avanzamento dell’Arma dei Carabinieri; essa è composta:
- dal vice comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, che assume la Presidenza;
- da un generale di divisione o di brigata dell’Arma dei Carabinieri;
- da cinque colonnelli del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri;
- da un colonnello del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri, quando la valutazione riguardi gli ufficiali del ruolo tecnico logistico.
Al secondo comma opera la tecnica del rinvio poiché per l’Arma dei Carabinieri si applicano i commi 4 e 5 dell’art. 13 del d. lgs. 30 dicembre 1997, n. 490 e successive modificazioni. Il comma 4 prevede che alle commissioni ordinarie partecipi il direttore generale del personale militare, che esprime un parere sull’idoneità all’avanzamento, potendo essere rappresentato da un ufficiale del grado di colonnello, destinato alla direzione generale e possibilmente della stessa forza armata del valutando. Il comma 5 regola l’assenza o l’impedimento del presidente prevedendo che l’ufficio di presidenza venga assunto dall’ufficiale più elevato in grado e, a parità di grado, il più anziano.
Esaminate le autorità competenti ad esprimere il giudizio in materia di avanzamento, alla sezione III del d. lgs n. 298/2000 si esamina la valutazione per l’avanzamento; pertanto si passa ad esaminare l’art. 15 che opera la tecnica del rinvio agli artt. 14, 15 escluso il 2 comma, e 16 del d. lgs. 30 dicembre 1997, n. 490. L’art. 14 d. lgs. n. 490/97 prevede l’iscrizione nelle aliquote di ruolo per poter essere valutato per l’avanzamento a scelta o ad anzianità; nel prosieguo indica le ragioni di esclusione dell’ufficiale dalle aliquote di avanzamento per evidenti fini di tutela della Istituzione militare. Non può essere valutato l’ufficiale: rinviato a giudizio o ammesso a riti alternativi per delitto non colposo, o sottoposto a procedimento disciplinare da cui possa derivare una sanzione di stato, o sia sospeso dall’impiego o dalle funzioni del grado, o che si trovi in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a sessanta giorni; l’esclusione è assoluta per il personale militare che sia stato condannato con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni per delitto non colposo compiuto mediante comportamenti contrari ai doveri di fedeltà alle istituzioni ovvero lesivi del prestigio dell’amministrazione o dell’onore militare. Tali situazioni determinano automaticamente l’esclusione dall’aliquota(32).
Quando non si può raggiungere un giudizio sull’avanzamento, le autorità sospendono la valutazione e indicano i motivi dandone comunicazione all’interessato; ciò dev’essere giustificato da motivi eccezionali giustificati da una carenza di elementi certi da valutare. Questo sistema opera quale garanzia nei confronti dell’ufficiale, poiché il reato commesso deve essere grave, non interferendo episodi commessi fuori dall’ambito militare. Particolare causa ostativa ex art. 15 disp. Att. Cod. proc. Pen. opera nei confronti degli ufficiali addetti alle sezioni di P. G., per i quali viene espresso parere dall’autorità giudiziaria. L’art. 15 d. lgs. n. 490/97 prevede che tutte le commissioni di avanzamento ed i superiori gerarchici del valutando esprimono i giudizi sull’avanzamento sulla base degli elementi risultanti dalla documentazione caratteristica e matricolare, tenendo conto dei requisiti già esaminati analizzando l’art. 8 dello stesso decreto, e l’eventuale frequenza del corso superiore di Stato Maggiore Interforze. L’esame dei requisiti analizzati all’art. 8 assume in questa sede un aspetto differente: poiché nella prima fase il parametro di valutazione è l’ammissione allo scrutinio, in questa seconda fase assume valore l’adempimento delle funzioni del grado rivestito e sui precedenti di servizio il comma 2 non si applica poiché si riferisce alla valutazione degli ufficiali del Corpo delle capitanerie di porto. Al comma 3 è previsto che le commissioni hanno facoltà di interpellare qualunque superiore di grado, in servizio, che abbia o abbia avuto alle dipendenze l’ufficiale. L’art. 16 d. lgs. 490/97 si riferisce all’applicazione delle disposizioni del titolo I, Capo IV, e VI della legge 12 novembre 1955, n. 1137.
Analizzata la valutazione per l’avanzamento, alla sezione IV si esaminano i quadri di avanzamento e le promozioni. L’art. 16 stabilisce che il direttore generale della direzione generale del personale militare, sulla scorta degli elenchi degli idonei e delle graduatorie di merito approvate dal ministro della difesa, forma i quadri di avanzamento:
- in ordine di ruolo per gli avanzamenti ad anzianità;
- in ordine di merito per l’avanzamento a scelta nei gradi di maggiore, colonnello e generale di brigata;
- in ordine di ruolo per l’avanzamento a scelta ai gradi di generale di divisione e di generale di corpo d’armata.
Al comma 2 si disciplinano i tenenti colonnelli del ruolo normale rinviando alle modalità del successivo art. 18. Al comma 3 si rinvia all’art. 17 commi 2, 3, 5 e 6 ed art. 18 del d. lgs. 30 dicembre 1997, n. 490. L’art. 17 (formazione di quadri di avanzamento. Ordine di graduatoria) prevede che i quadri di avanzamento abbiano validità per l’anno di riferimento; inoltre, se nello stesso anno sono previsti quadri di avanzamento a scelta e ad anzianità, le promozioni sono effettuate dando precedenza agli ufficiali iscritti nel quadro d’avanzamento a scelta. La promozione è disposta con decreto del Presidente della Repubblica per gli ufficiali di grado non inferiore a Brigadiere Generale e gradi corrispondenti e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, per i Tenenti generali e gradi corrispondenti. Agli ufficiali valutati per avanzamento è data comunicazione dell’esito dell’avanzamento. L’art. 18 disciplina le promozioni non annuali e la formazione dei quadri di avanzamento a seguito di cause di esclusione.
Dopo la disamina del Capo I al Capo II si entra nel dettaglio dell’avanzamento degli ufficiali in servizio permanente effettivo. L’art. 17 al comma 1 stabilisce che, a seconda del ruolo di appartenenza, l’ufficiale deve aver maturato gli anni di permanenza minima e aver compiuto i periodi minimi di comando, di attribuzioni specifiche o di servizio. Al comma 2 si specifica che i periodi di cui sopra possono essere svolti, in tutto o in parte, nei gradi inferiori, se previsto, potendo essere svolti presso comandi, unità, reparti ed enti organicamente previsti, anche in ambito internazionale. Al comma 3 si prevede l’equipollenza degli incarichi determinati con decreto del Ministro della difesa. Al comma 4 si rinvia all’art. 19 commi 3 e 4 d. lgs. 30 dicembre 1997, n. 490.
L’art. 17 prevede che il periodo di comando prescritto ai fini dell’avanzamento deve essere compiuto nell’esercizio di funzioni che comportino attribuzioni, oltre che disciplinari, di addestramento, di impiego e nell’esercizio di funzioni proprie del ruolo di appartenenza.
L’art. 18 del d. lgs. n. 298/2000 al comma 1 sancisce che, il 31 ottobre di ogni anno, il direttore generale della direzione generale del personale militare indica gli ufficiali dell’Arma da valutare per la formazione dei quadri d’avanzamento per l’anno successivo. I successivi commi specificano nel dettaglio le modalità di valutazione. Il provvedimento di formazione delle aliquote di avanzamento rappresenta il primo atto del procedimento di avanzamento. L’aliquota viene formata sulla base di tutti gli aventi diritto all’avanzamento nel grado superiore che abbiano compiuto i prescritti anni di anzianità ed abbiano maturato i connessi requisiti. L’inserimento nell’aliquota è automatico e non ci si può sottrarre rinviando la valutazione agli anni successivi.
All’art. 19 del d. lgs. n. 298/2000 viene usata la tecnica del rinvio agli articoli 22, 23 e 24 al d. lgs. 30 dicembre 1990, n. 490 con applicazione a seconda dei ruoli di appartenenza per l’ultimo articolo. Passiamo ora ad esaminare il primo dei tre, l’art. 22, che si occupa delle vacanze organiche prevedendo che determinano vacanze organiche:
- le promozioni;
- le cessazioni dal servizio permanente;
- i trasferimenti ad altro ruolo;
- i collocamenti in soprannumero agli organici disposti per legge;
- i decessi.
I rimanenti due articoli disciplinano le promozioni annuali e le modalità per colmare ulteriori vacanze.

b. Attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore

Con il d. lgs. 490/1997 per la prima volta si introduce un nuovo elemento di valutazione: l’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore. Tale parametro rappresenta l’espressione di un giudizio sulla capacità dell’ufficiale a svolgere mansioni di livello superiore. La valutazione di questo requisito assume rilievo rispetto alla gestione delle risorse umane, poiché sono valutate le potenzialità di ufficiali che assumeranno incarichi dirigenziali, evitando così di sotto impiegare le risorse. Nel libretto personale degli ufficiali non vi sono elementi rilevabili ed oggettivi per fondare e motivare il giudizio sull’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore(33). La valutazione del potenziale coglie le capacità di sviluppo e di prestazione futura in attività nuove rispetto agli impieghi passati. L’attenzione di questa analisi si concentra sulle energie non impiegate e sulle capacità non ancora espresse, poiché solo attraverso la ricerca del leader capace si possono garantire servizi di qualità e di valore per i cittadini(34).
Gli esperti sono divisi in due scuole di pensiero circa l’analisi del potenziale: taluni ritengono che vi sia una dimensione assoluta nella quale il soggetto ha un’elevata o ridotta predisposizione ad una crescita professionale e di carriera; d’altro lato, tuttavia, il metodo d’indagine analizza il profilo ideale per l’organizzazione e le capacità lavorative individuali, costituendo un metodo comparativo. Un sistema di valutazione del potenziale, magari modulato fra le linee guida delle due scuole, introdotto nella gestione e valutazione degli ufficiali consentirebbe agevolmente alle commissioni di avanzamento di esprimere giudizi di merito sul futuro rendimento dell’ufficiale fondato su elementi documentali alla stregua degli altri elementi valutati.

c. Documentazione caratteristica

La valutazione caratteristica può definirsi quale atto fondamentale della gestione delle risorse, poiché essa costituisce la base per una ottimale resa di qualsiasi organizzazione consentendo di premiare i meritevoli, di stimolare tutto il personale e, se caratterizzata da parametri capillari ed approfonditi, consente di percepire le attitudini di ognuno permettendo così la migliore realizzazione dei singoli, nell’interesse dell’organizzazione stessa e per il migliore assolvimento dei propri fini. In altri termini è la possibilità di avere l’uomo giusto al posto giusto e consente, inoltre, alle persone più capaci di raggiungere gli incarichi nei quali la loro resa sarà ottimale per l’organizzazione stessa(35).
I documenti caratteristici debbono mettere in piena luce le qualità positive e negative possedute dal militare ed il rendimento da questi fornito nel corso delle varie vicende del servizio prestato. è evidente la loro importanza trattandosi di documenti che, oltre ad essere orientativi per il razionale impiego del militare, costituiscono base essenziale di giudizio per lo sviluppo della sua carriera. I documenti caratteristici sono emanazione strettamente personale del superiore. Questi, impegnando la propria coscienza, trae gli elementi del giudizio dalla conoscenza diretta dell’attività svolta dal giudicando. Il giudizio espresso costituisce, a sua volta, elemento di valutazione nei suoi confronti. Il giudizio del superiore deve ispirarsi ad assoluta obiettività, a sperimentata conoscenza del dipendente, ad alto senso di equità nell’apprezzamento di tutti gli elementi che influiscono sull’attività e sul rendimento del dipendente. è necessario che il documento caratteristico sia redatto entro il più breve tempo possibile rispetto al verificarsi della circostanza che ne ha determinato la formazione e che di esso venga tempestivamente fatta la prescritta comunicazione al militare valutato.
I giudizi espressi in ciascun documento debbono riferirsi esclusivamente al periodo di tempo contemplato dal documento ed alle qualità che il giudicando ha dimostrato di possedere, nonché al rendimento fornito durante quel periodo. Altre valutazioni non possono vincolare né la coscienza né la facoltà di giudizio del superiore il quale deve giudicare per conoscenza personale di quanto ha costatato nel periodo di tempo cui la valutazione è riferita; ciò perché le valutazioni sono autonome, cioè indipendenti l’una dall’altra, sia relativamente al tempo sia relativamente alle autorità che intervengono nella formazione di uno stesso documento caratteristico.
La legge 5 novembre 1962, n. 1965 - Documenti caratteristici degli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e della Guardia di Finanza -, modificata dal D.P.R. del 15 agosto 1971, n. 1302, è la normativa di riferimento per la relativa compilazione. Le considerazioni sinora svolte possono far emergere delle valutazioni riassuntive. In particolare, una parte della dottrina auspica l’utilizzo di maggiori “sfumature” nella redazione dei giudizi sugli ufficiali.
Il tutto finalizzato alle esigenze di tutela giurisdizionale e ad evitare all’Avvocatura di Stato di ripetere la frase stereotipata: “ …è vero che Tizio ha ottenuto come Caio il giudizio “ECCELLENTE”, ma le aggettivazioni che lo accompagnano non sono le massime possibili”. In tal modo si otterrebbe, peraltro, come ulteriore vantaggio, l’eliminazione del fenomeno dell’appiattimento verso l’alto(36). L’importanza della documentazione caratteristica nei procedimenti d’avanzamento emerge dall’analisi della decisione n. 732, 21 dicembre 2001, del Consiglio di Stato, nella quale viene ravvisato eccesso di potere in senso assoluto, poiché dall’esame del libretto personale risulta con immediatezza l’incoerenza della valutazione effettuata dalla Commissione di avanzamento rispetto ai precedenti di carriera dell’ufficiale.
Il quadro di riferimento al quale è tenuto ad ancorarsi il giudizio di una Commissione per l’avanzamento a scelta al grado superiore degli ufficiali delle Forze Armate deve ricomprendere il profilo delle aggettivazioni interne. Nel giudizio di avanzamento di un ufficiale gli elementi caratteristici debbono essere considerati dalla Commissione nel loro insieme, per cui la mancanza di uno o più titoli può essere supplita, nei confronti dei pari grado, dall’entità di titoli diversi apprezzati come equivalenti o plusvalenti.



4. Considerazioni finali alla luce del sindacato del giudice amministrativo dopo la l. n. 205/2000 - C. T. U.

La delicatezza della tematica relativa all’avanzamento degli ufficiali ha comportato l’istituzione ex art. 40, comma 8, del d. lgs.n. 490/1997 di una Commissione di controllo delle commissioni di avanzamento, competente a verificare le procedure dei giudizi di avanzamento annullati d’ufficio o in seguito ad accoglimento di ricorso. Il Ministro della difesa, in presenza di giudizi di avanzamento annullati, può convocare tale commissione per accertare:
- la regolarità delle attività e delle valutazioni delle commissioni di avanzamento;
- la coerenza, in sede di rinnovazione del giudizio, delle attività e delle valutazioni delle commissioni di avanzamento rispetto alle decisioni di accoglimento dei ricorsi.
La commissione riferisce al Ministro della difesa in ordine agli accertamenti svolti al fine dell’adozione dei provvedimenti correttivi.
La Commissione di controllo interviene, tuttavia, in un momento successivo rispetto al sindacato giurisdizionale che, con l’introduzione nell’ordinamento della legge 205/2000, diventa più pregnante e profondo, affidando più vasti poteri d’indagine al giudice amministrativo. Su questa particolare tematica assume rilevanza la decisione della V Sezione del Consiglio di Stato n. 1247/2001(37).
Nel sindacato sui procedimenti di avanzamento vi è, infatti, un condizionamento in relazione ad esigenze di buon andamento e di par condicio. Ma il giudice ha ampliato i propri strumenti di indagine non incontrando in ciò limiti né in presenza di ricorso a scienze esatte né in presenza di valutazioni meno rigide (punto IV e V del paragrafo 19 decisione 1247/2001); solo un superiore interesse generale o la tutela di situazioni esterne rendono invulnerabile il provvedimento basato su valutazioni tecniche. Prima della legge 205/2000 il problema della discrezionalità tecnica era invece affrontato dalle pronunce giurisdizionali attraverso un meccanismo che faceva leva sulla sufficienza della motivazione, ritenendo sindacabile la quantità o la qualità delle valutazioni tecnico-discrezionali solo per travisamento dei fatti assunti a presupposto delle valutazioni o per una viziosità nell’iter logico(38).
Un tentativo di ampliare il sindacato è nella decisione del Consiglio di Stato 9 aprile 1999, n. 601, che fa emergere la non configurabilità dell’eccesso di giurisdizione sotto il profilo del merito quando il giudice amministrativo indaga su presupposti di fatto del provvedimento impugnato, segnando un riavvicinamento tra la posizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo.
Il Consiglio di Stato con la sopra citata decisione del 2001 ha affermato che l’apprezzamento tecnico può avere ad oggetto tre momenti diversi:
- il fatto;
- il rilievo del fatto rispetto all’interesse pubblico;
- la valutazione dell’interesse pubblico.
Solo quest’ultimo attiene al merito, mentre i provvedimenti a substrato tecnico consentono di distinguere tra i presupposti di legittimità del provvedimento amministrativo, che non vanno confusi con gli elementi di opportunità. Gli apprezzamenti tecnici dell’Amministrazione possono, quindi, essere sindacati e sostituiti con quelli del giudice, qualora vi sia insufficienza di un criterio tecnico oppure vizio del procedimento applicativo. La decisione 1247/2001 contiene peraltro un riferimento al diritto comunitario, attraverso una pronuncia della Corte di Lussemburgo nella quale si afferma che i giudici nazionali non sono tenuti a sostituire con la loro valutazione degli elementi di fatto quella eseguita dalle autorità nazionali. La consulenza tecnica di ufficio prevista dalla 205/2000 consente di censurare, in sede giurisdizionale, il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, per falsità dei presupposti, per difetto di istruttoria, per irrazionalità della scelta tecnica operata dall’amministrazione (ex art. 113, comma 2, Cost.) ricorrendo a mezzi istruttori che disaggreghino i profili tecnici dell’esercizio del potere amministrativo. Restano, invece, invalicabili per la consulenza tecnica i casi di sindacato sulle scelte dell’amministrazione che risultino basate su discipline insuscettibili di un apprezzamento caratterizzato dall’indifferenza del risultato valutativo rispetto all’osservatore. Tuttavia, gli strumenti istruttori del giudice, di accesso al fatto, non possono essere limitati, anche di fronte ad accertamenti tecnici in cui vi siano valutazioni: ciò al fine di accertare la correttezza e, quindi, di consentire l’annullamento dell’atto impugnato ove il giudizio risulti inattendibile o anche solo scarsamente verosimile. Nello spostare il giudizio su di un piano di discrezionalità sindacabile, molto dipende, tuttavia, dall’iniziativa della parte, del suo difensore e dei tecnici di cui dispone. In questo senso si può leggere la decisione del Consiglio di Stato sezione IV, 11 luglio 2002, n. 3928, nella quale si afferma che, sebbene il giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali non realizzi una promozione per merito comparativo, ma si componga di tanti autonomi giudizi quante sono le posizioni personali degli ufficiali interessati, rientra nel sindacato del giudice amministrativo la verifica della coerenza complessiva del giudizio - pur ampiamente discrezionale - espresso dalla commissione di avanzamento. A tal fine il giudice può prendere in considerazione le situazioni dei pari grado contestualmente valutati, allo scopo di verificare l’adozione di criteri di valutazione omogenei da parte della commissione e, dunque, di verificare la coerenza generale dei giudizi formulati. In conclusione - e a prescindere dalle valutazioni squisitamente legate al profilo giuridico - bisogna affermare l’importanza dei procedimenti d’avanzamento, poiché essi ingenerano aspettative negli ufficiali, investendo la sfera motivazionale e familiare connessa con le molteplicità di incarichi e di trasferimenti: tutti profili, questi, degni di opportuna considerazione(39).


(*) - Capitano dei Carabinieri, Comandante della Compagnia Carabinieri di Sesto San Giovanni (MI).
(1) - S. Cassese, Diritto amministrativo generale, Giuffrè, Milano, vol.VI.
(2) - Virga, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, vol. II.
(3) - E.Ferraro, L’eccesso di potere, consultabile sul sito www.duralexonline.it.
(4) - S. Cassese, Diritto amministrativo generale, Giuffrè, Milano, vol. VI.
(5) - Virga, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, vol. II.
(6) - Virga, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, vol. II.
(7) - G. Pavich, Riflessi della legge sulla trasparenza in relazione ai provvedimenti tipici dell’amministrazione militare: trasferimenti, avanzamenti,
sanzioni disciplinari, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 1, 1996.
(8) - G. Sala, Potere amministrativo.
(9) - C. di S., sez. IV, n. 144/94.
(10) - G. Pavich, Riflessi della legge sulla trasparenza in relazione ai provvedimenti tipici dell’amministrazione militare: trasferimenti, avanzamenti, sanzioni disciplinari, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 1, 1996.
(11) - M. S. Giannini, Il potere della pubblica amministrazione, Milano, 1939, la cui ricostruzione concettuale è accettata dall’attuale dottrina e giurisprudenza.
(12) - R. Villata, L’atto amministrativo in Mazzaroli, Pericu, Romano (a cura di), Diritto Amministrativo, Bologna, 2002, vol. II.
(13) - In materia ambientale per l’imposizione dei vincoli, C. di S., sez. VI, 21 luglio1990, n. 740, in Cons. St., 1990, I, 1015.
(14) - Cons. St. sez. VI, 05.09.1989 n. 1194, in Riv. Amm. 1991 633.
(15) - Sala, L’eccesso di potere amministrativo dopo la legge 241/90: un’ipotesi di ridefinizione, in Dir. Amm., 1993.
(16) - V. Poli e V. Tenore, I procedimenti amministrativi tipici e il diritto di accesso nelle Forze Armate - Capitolo IV, L’avanzamento nelle Forze Armate, Giuffrè editore.
(17) - Cons. St. sez. IV, 4 dicembre 2000, n. 6455, in Cons. St., 2000, I, 2599, seguendo lo stesso orientamento di precedenti pronunce.
(18) - Cons. St. sez. IV, 23 maggio 1988, n. 427, in Cons. St., 1988, I, 563.
(19) - Cons. St. sez. IV, 24 giugno 1997, n. 675, in Cons. St., 1997, I, 690.
(20) - Cons. St. sez. IV, 17 novembre 1983, n. 812, in Cons. St., 1983, I, 1168.
(21) - Cons. St. sez. IV, 28 luglio 1980, n. 801, in Cons. St., 1980, I, 963.
(22) - Cons. St. sez. IV, 20 ottobre 1987, n. 619, in Cons. St., 1987, I, 1369.
(23) - Cons. Reg. sic. sez. giur., 6 luglio 1989, n. 269, in Cons. St., 1989, I, 982.
(24) - C. Scwarzenberg, Avanzamento ufficiali e discrezionalità dell’Amministrazione: gli orientamenti della giurisprudenza, in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 2, aprile-giugno 1991.
(25) - Cons. St., 04.07.1990 n. 534.
(26) - TAR Lazio, n. 77, 20.01.1981 e 27.02.1980, n. 215, Cons. St., Sez. IV, n. 177, 09.05.1985, n. 117, 19.02.1986, n. 562 04.08.1986 e n. 422 16.06.1986.
(27) - Norme in materia di riordino dell’Arma dei Carabinieri e riordino, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, ed. 2000.
(28) - V. Poli e V. Tenore, I procedimenti amministrativi tipici e il diritto di accesso nelle Forze Armate - Capitolo IV, L’avanzamento nelle Forze Armate, Giuffrè editore.
(29) - Cons. St. sez. IV, 25 luglio 2001, inedita.
(30) - Cons. St. sez. III, 17 maggio 1983, in Cons. St., 1985, I, 1530.
(31) - Cons. St. sez. III, 26 gennaio 1999, n. 1532, in Cons. St., 1999, I, 1280.
(32) - Cons. St. sez IV, 20 giugno 2000, n. 1194, in Cons. St., 2001, I, 862.
(33) - F. Modafferi, Procedure di avanzamento degli ufficiali, in Rivista della Guardia di Finanza, n. 4, luglio-agosto 2002.
(34) - M. Bortoletti, La gestione e la valutazione delle risorse umane, in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 3, luglio-settembre 2002.
(35) - C. Jean, in Carriera degli ufficiali e problemi dell’avanzamento, CNR.
(36) - C. Schwarzenberg, L’importanza in Italia e all’estero della documentazione caratteristica degli ufficiali, con particolare riguardo ai problemi dell’avanzamento, in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 1, gennaio-marzo 1993.
(37) G. Saporito, Consulenze tecniche e discrezionalità, nota a Cons. St. in www. Giust.it.
(38) - F. Caringella e M. Protto, Consulenza tecnica di ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica, in Il nuovo processo amministrativo.
(39) - C. Schwarzenberg, Il regolamento per l’avanzamento a scelta degli ufficiali delle forze armate (DM 2 novembre 1993 in GU 3 gennaio 1994), in Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, n. 1, gennaio-marzo 1994.