Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

SALUTE 
LA NUOVA “CRIMINALITÀ AMBIENTALE ASSOCIATA”. UNA EVOLUZIONE IMPREVISTA NELLA DINAMICA DEI CRIMINI AMBIENTALI ED A DANNO DELLA SALUTE PUBBLICA CHE DEVE FARCI RIFLETTERE.
04/07/2014
di Maurizio Santoloci Magistrato


Riassunto

Si tratta di un fenomeno ancorato a livello sociale a fasce di illegalità maturate non da soggetti malavitosi in linea generale, ma da persone operanti in vari segmenti sociali ed economici le quali, appunto, si associano tra di loro con il fine specifico di raggiunge un obiettivo di lucro derivante dalla sistematica violazione delle leggi ambientali.

Abstract
The "new associated environmentalcrime"
It is a phenomenon anchored, at the social level, to forms of illegality linked not to criminals stricto sensu, but to people that work in different social and economic segments and are associatedwith each other in order to gain profit from the systematic violation of environmental laws.

 
 

L’evoluzione della fisionomia dei crimini ambientali (ormai strettamente connessi con i crimini a danno della salute pubblica) nel nostro Paese sta assumendo aspetti particolari ed imprevedibili, sui quali tutti (amministratori pubblici, forze di polizia, tecnici della P.A.) dovremmo iniziare a riflettere.


 

Nell’arco di tre decenni (quindi una mora temporale proporzionalmente molto breve) abbiamo visto dapprima una base di illegalità diffusa di tipo “ordinario” per condivisione sociale, nel senso che si tratta inizialmente di comportamenti illegali posti in essere in modo puntiforme ed autonomo da privati cittadini e da titolari di aziende in un regime comportamentale quasi fisiologico e mediamente connaturale ad ogni regola giuridica. Quando questo tipo di illegalità diventa poi  però  nel tempo diffusa e spesso collettiva, specialmente in alcuni campi (in primo luogo quello urbanistico-edilizio e quello della gestione illecita dei rifiuti), e le violazioni ambientali sistematiche e  soprattutto  sempre più progressivamente unite da un comun denominatore, manifestano inaspettatamente possibilità di guadagno elevatissimo a fronte di rischi modestissimi stante la mitezza e scarsa applicabilità di fatto  delle normative di settore e la possibili immense fonti di lucro. Un rapporto costo/beneficio del tutto favorevole al beneficio (anche se illegale).
Emergono progressivamente nuove forme delinquenziali  associate tra più persone ma non ancora connesse a forme di malavita organizzata che trasformano le originarie e modeste violazione ambientali puntiformi in veri e propri crimini ambientali di vastissima portata ed unite da fisiologie comuni e condivise (anche a livello culturale) e dalle conseguenze devastanti per il territorio e la salute pubblica. Si è verificato un fenomeno in base al quale interi gruppi di soggetti hanno sostanzialmente e di fatto ignorato o disapplicato le leggi che iniziavano a susseguirsi in questo settore, oppure hanno in massa varato forme interpretative ed applicative di fatto del tutto avulse dalle regole normative ma diventate  stante la diffusione  prassi elevate a principio condiviso.
Nasce quella che possiamo definire una “criminalità ambientale per condivisione sociale” parallela ad una “criminalità ambientale associata” fatta di persone “per bene”… Si veda  a titolo di esempio manualistico  la disapplicazione sistematica di fatto della legge sui vincoli paesaggistici-ambientali soprattutto in sede di sanatorie (al tempo illegittime) che ha aperto il vulnus al sacco di coste ed altre aree pregiate del nostro territorio. Oppure alla realizzazione delle grandi discariche sotterranee che poi oggi vengono alla luce.
Si tratta infatti di un fenomeno ancorato a livello sociale a fasce di illegalità maturate non da soggetti malavitosi in linea generale, ma da persone operanti in vari segmenti sociali ed economici le quali, appunto, si associano tra di loro con il fine specifico di raggiunge un obiettivo di lucro derivante dalla sistematica violazione delle leggi ambientali.
Il fine è sempre e solo il profitto economico che raggiunge progressivamente dimensioni di sempre maggiore ed impensabile entità, e quindi conseguenti rilevanti e diffusi appetiti.
Non si tratta ancora di organizzazioni criminali come oggi la nostra cultura moderna ci ha evidenziato, ma di sodalizi associativi di fatto limitati o diffusi che si contraddistinguono per una presenza di elevata illegalità permanente e con danni ambientali spesso incalcolabili.
Il confine con i settori malavitosi iniziano ad essere labili e fragili ed il tessuto costitutivo di tali sodalizi è troppo giovane e fragile per poter essere impermeabile alle future e già incombenti infiltrazioni della criminalità organizzata “militare”. La quale poi arriva puntuale ed inevitabile e si innesta su questo substrato di cultura dell’illegalità elevata a sistema dove principi furbi e maliziosi, interpretazioni malevoli delle norme, sotterfugi cavillosi e prese di posizioni culturali in palese antitesi con le discipline regolamentative costituiscono il terreno di coltura della successiva “ecomafia” che chiude il cerchio. E si impossessa dei maggiori e più fruttuosi traffici di rifiuti e di ogni altra illegalità a danno del territorio e della salute pubblica  (ma anche a danno degli animali).
Ma non è finita. Perché quella “criminalità ambientale associata” fatta di persone “per bene” è riuscita, nonostante la concorrenza spietata della “criminalità ambientale organizzata” di tipo militare (c.d. “ecomafia”) non solo a sopravvivere ma addirittura a potenziarsi ed evolversi. Ed ha attirato nuovi adepti, nuovi soci, nuovi fiancheggiatori e nuove contiguità in un magma indistinto ma sempre più diffuso che si è steso sul territorio nazionale in proporzione di velocità direttamente collegato all’emergere di interessi, affari e lucri di ogni genere che – incredibilmente ed inaspettatamente – le illegalità ambientali hanno sempre più consentito, fino ad esplodere negli inevitabili danni micidiali per la salute pubblica. Il freno inibitorio è stato del tutto azzerato ed anche se da anni tutti hanno percepito che tali “affari” iniziavano ad uccidere anche i bambini (le madri della “terra dei fuochi” da tempo remoto hanno gridato il loro dolore verso orecchi sordi e chiusi) gli interessi economici hanno prevalso ed il crimine ambientale (oggi: biocidio, perché strettamente connesso con i danni alla salute pubblica) è rimasto un business troppo goloso per fare marcia indietro.
Ed allora basta smettere di fare Alice nel Paese delle Meraviglie. Ed è sufficiente leggere le cronache diffuse e frequenti per percepire che oggi non esiste solo la c.d. “ecomafia” intesa come (inevitabile) infiltrazione della criminalità organizzata nel malaffare dell’ambiente, ma esiste parallela e non meno perniciosa “borghesia criminale ambientale” che opera in questo sciagurato settore.  Ed è la più pericolosa. Perché è composta da persone insospettabili, colte, accreditate in molti ambienti che contano ma  soprattutto  che si trovano dentro i sistemi di vario tipo e  direttamente o indirettamente  possono condizionare culture, prese di posizione, principi, scelte di ampio respiro. E non sappiamo realmente quali e quanti sono i livelli di questo fenomeno. Le cronache ci sorprendono in modo progressivo.
Ma non c’è bisogno delle cronache. Perché una analisi attenta e non da finti ingenui, da tempo può portarci a percepire che certe cose accadono, certe dinamiche si attivano, certi principi prendono piede non perché c’è (solo) di mezzo la criminalità organizzata, ma perché una delinquenza ambientale di nuova forma e di nuova portata, con affari dalle dimensioni economiche impensabili e soprattutto internazionali, sta da tempo agendo dentro il nostro tessuto sociale.
E noi paradossalmente continuiamo a offrire loro albergo, perché ancora non ci siamo dotati di tutti gli strumenti giuridici e funzionali per neutralizzarli. Anzi, alimentiamo tendenze culturali antitetiche a creare nuove ed efficaci barriere sanzionatorie e procedurali per bloccarne le attività.
Su questa evoluzione delle cose credo che occorra una riflessione collettiva. Perché ormai quello che da anni si andava prevedendo (i danni alla salute pubblica derivanti dai danni ambientali) a costo di apparire ambientalisti esasperati, purtroppo si sta oggettivamente e tristemente verificando. Solo un negazionismo esasperato può ancora sostenere che non vi è connessione diretta tra i terribili sotterramenti di rifiuti pericolosi sotto i piedi della popolazione e le epidemie di malattie tumorali dilaganti. E solo una ostinata ed irresponsabile mancata percezione del reale stato delle cose può ancora consentire di non percepire come la vastità di questo fenomeno non può essere solo frutto della c.d. “ecomafia”, che diventa così un obiettivo monodirezionale tale da indurci a non vedere altro. Una legislazione efficace per contrastare i crimini ambientali ed a danno della salute pubblica, ma soprattutto una strategia collettiva e condivisa sul territorio per dare corpo operativo a tale contrasto, non può prescindere dalla percezione e valutazione di tali evoluzioni del fenomeno.