Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

SALUTE 
LA DIETA MEDITERRANEA: TRA CULTURA, TRADIZIONE, AMBIENTE E SALUTE
01/01/2015
di Caterina Cucinotta dirigente Ministero delle politiche agricole  alimentari e forestali,  

Il termine “Mediterraneo” deriva dal latino Mediterraneus e significa letteralmente: “in mezzo alle terre”. Sta ad indicare ben 2.600.000 kmq  di superficie marina che va  dallo Stretto di Gibilterra, che divide la Penisola Iberica dal Marocco, fino al Golfo di İskenderun in Turchia, bagnando ben 3 continenti: Europa, Asia ed Africa

 
 

Il termine “Mediterraneo” deriva dal latino Mediterraneus e significa letteralmente: “in mezzo alle terre”. Sta ad indicare ben 2.600.000 kmq  di superficie marina che va  dallo Stretto di Gibilterra, che divide la Penisola Iberica dal Marocco, fino al Golfo di İskenderun in Turchia, bagnando ben 3 continenti: Europa, Asia ed Africa.
In questo ampio spazio geografico si sono sviluppate le prime grandi civiltà e organizzazioni statali dell’Occidente,  creando, pur nella diversità,  una fusione di storie e culture, in cui il cibo diventa importante elemento culturale che preserva l`unicità di questa zona.  
Qui l`alimentazione è la risultante dell’incontro di tradizioni alimentari diverse, principalmente quella romana e quella araba che si sono fuse insieme ed evolute contemporaneamente alle complesse vicende storiche e sociali che hanno caratterizzato in passato la regione geografica del Mediterraneo, che era praticamente un mare interno al territorio dell’Antica Roma e dai Romani stessi chiamato Mare Nostrum. La principale influenza  è sicuramente quella greco-romana basata sulla famosa triade frumento-vino-olio,
Denominatore comune di  questi Paesi  sono alcuni alimenti quali cereali, legumi, prodotti della pesca, olio d’oliva,  verdure, formaggio, pesce e quantità ridotte di carne. 

In particolare nella Roma delle origini, i cereali  erano rappresentati da farine grezze che venivano poi mescolate  con latte o con acqua, ottenendo una pasta poi arricchita con legumi o verdure. Tra gli ortaggi si utilizzavano principalmente  cavoli, cipolle, broccoli, carote, asparagi, fave,  cetrioli e funghi non coltivati. Il  latte e i derivati occupavano un posto  primario nell’alimentazione romana,  mentre di importanza secondaria era la carne (principalmente maiale e selvaggina, poichè le  pecore e le capre fornivano principalmente lana, pelli e latte, ed i bovini erano utilizzati  soprattutto come animali da lavoro). Il pesce (in particolare quello di mare)  fa la sua comparsa nell’alimentazione romana a partire dal II secolo d.C. e dunque più tardi rispetto alla Grecia. Pertanto, l`incontro della cultura romana e quella greca  portò ad un cambiamento nelle abitudini alimentari romane, che ne uscirono arricchite.

Ma se vogliamo intendere la parola “dieta” nella sua accezione più ampia (dal greco diaita, o stile di vita) essa rappresenta  molto più che un semplice assemblaggio di alimenti. Da un punto di vista sociale diventa l`emblema della convivialità, con condivisione delle festività, religiose e non, e promulgazione di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende ad esse associate. Le donne, in particolare, svolgono un ruolo indispensabile nella trasmissione delle competenze, così come della conoscenza di riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e nella salvaguardia delle tecniche di trasformazione degli alimenti.
Da un punto di vista della salute, l`interesse per la dieta mediterranea  iniziò negli anni 50 quando Ancel Keys, uno scienziato americano della Scuola Pubblica di Alimentazione dell'Università del Minnesota, durante una vacanza in Italia osservò che i paesini sperduti del Sud Italia che avevano un’ alimentazione molto semplice e piuttosto povera a base di cereali e vegetali (simile a quella di cui abbiamo detto in precedenza),  erano molto più sani non solo dei cittadini di New York, ma anche dei loro stessi parenti emigrati da tempo negli Stati Uniti

In seguito a questa osservazione si misero a confronto, monitorandoli per 30 anni, le abitudini alimentari delle popolazioni di sette Paesi in nazioni diverse (Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Jugoslavia, Paesi Bassi e Giappone) per verificarne benefici e difetti.
Il risultato finale dello “studio dei sette Paesi” indicò che il regime alimentare migliore era quello di alcuni paesi italiani.
La popolazione di Nicotera (Calabria), di Montegiorgio (Marche) e gli abitanti della Campania avevano un tasso molto basso di colesterolo nel sangue e una percentuale minima di malattie coronariche, dovuta al regime alimentare adottato basato su olio d’oliva, pane e pasta, aglio, cipolla rossa, erbe aromatiche, verdura e poca carne. Si cominciò così  a studiare la correlazione con alcune malattie considerate “dell`abbondanza” quali obesità, arteriosclerosi, diabete, tumori, deducendo che l 'alimentazione moderna (nord-europea e nord-americana), ricca di zuccheri e grassi animali, ne favoriva  l'insorgenza.

Questo modello nutrizionale è stato abbandonato negli anni sessanta e settanta quando, nel periodo del boom economico, ci si è  rivolti ad altri modelli alimentari più “ricchi” provenienti in particolare dall` America. E' un paradosso che oggi, le regioni "patrie" della dieta mediterranea , come la Calabria e la Campania, presentino il record dell'obesità infantile, frutto di abitudini alimentari importate o imposte dalla globalizzazione.  
Nel tempo l`importanza sulla salute della dieta mediterranea è stata rivalutata, non solo dall`Italia, trovando diffusione anche in molti paesi americani.
Negli ultimi anni il modello alimentare mediterraneo si è riproposto ed è evoluto, pur nel rispetto dei principi di base, per adattarsi  alle esigenze sociali dei tempi.
La Nuova Piramide della Dieta Mediterranea moderna, approvata anche dall`INRAN e  rivolta a tutti gli individui di età compresa tra i 18 e i 65 anni, tiene conto dell’evoluzione dei tempi e della società, evidenziando, per la prima volta, l’importanza basilare dell’attività fisica, della convivialità a tavola e dell’abitudine di bere acqua, suggerendo di privilegiare il consumo di prodotti locali su base stagionale.  Si tratta, quindi, di una dieta mediterranea che rappresenta una macro-struttura in grado di adattarsi alle esigenze attuali delle popolazioni mediterranee, nel rispetto di tutte le varianti locali, delle tradizioni culturali e religiose e delle differenti identità nazionali.
Inoltre, la nuova Dieta Mediterranea si fonda sul rispetto per il territorio e la biodiversità, per garantire la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all'agricoltura nelle comunità del Mediterraneo

 
 
 

Il 16 novembre 2010 a Nairobi, in Kenya,  l'Unesco ha iscritto la Dieta Mediterranea nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'Umanità, riconoscendo l`appartenenza di tale patrimonio ad Italia, Marocco, Grecia e Spagna, estendendola nel novembre 2013 a Cipro, Croazia e Portogallo. Questo importante riconoscimento ha permesso di accreditare quel meraviglioso ed equilibrato esempio di fusione naturale e culturale che è lo stile di vita mediterraneo come eccellenza mondiale.
Tra “alti e bassi” la dieta mediterranea approda all`Expo Milano 2015, dove  l’area ristorazione, le mostre e il programma di eventi all’interno dell’area comune del Cluster Bio-Mediterraneo (del quale, oltre alla Sicilia, faranno parte Montenegro, Algeria, Serbia, Libano, Egitto, San Marino, Tunisia, Grecia, Libia, Malta e Albania) saranno gestiti dalla Regione Sicilia che mostrerà ai visitatori la biodiversità del Mediterraneo con i suoi prodotti basati sulle attività fondamentali di pesca e agricoltura ed  avrà anche il compito di coordinare i contributi dei Paesi partecipanti nell’area comune.

Recenti stime della FAO, l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite, indicano che nel 2050 vi saranno nel mondo 9 miliardi di persone, che dovranno mangiare in modo sano e sostenibile. Tenendo conto che oggi nel mondo 842 milioni  di persone soffrono la fame, che a 2 miliardi mancano i micronutrienti essenziali per la salute e lo sviluppo, quali vitamine e minerali, e che un miliardo e 400 milioni di persone sono sovrappeso, di cui 500 milioni obese, risulta più che mai necessario rivedere i modelli dei consumi alimentari e delle diete per poter affrontare le sfide che emergono dai nuovi stili di vita e dai loro impatti ambientali globali.
Pertanto, l`importanza della Dieta Mediterranea verrà mostrata non solo per la sua salubrità, ma anche perché aderente al concetto di dieta sostenibile,  intesa come  dieta a basso impatto ambientale che garantisce la sicurezza alimentare e nutrizionale nel rispetto e la  protezione della biodiversità e degli ecosistemi. Si stima infatti che  per ottenere 100 calorie, la dieta mediterranea provoca un impatto ambientale di circa il 60 % inferiore rispetto ad una alimentazione di tipo nordeuropeo o nordamericano, basata in misura maggiore su carni e grassi animali, piuttosto che su vegetali e cereali.
Si può concludere dicendo, forse con un pò di presunzione, che il futuro della Dieta Mediterranea sia lo specchio del futuro del nostro pianeta e dell`umanità in genere. Pertanto,  vale forse la pena investire, come suggerisce quella che oggi viene definita Green Economy, sulla qualità della vita, sulla centralità dell’essere umano, sulla sua salute e su quella dell’ambiente, spostando attenzione e valore dall` “oro nero` che fino ad oggi ha mosso interessi economici e politici, all` “oro verde” contenuto in quello scrigno inesauribile che è la Dieta Mediterranea.