Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FAUNA 
NUOVE SPECIE DI VERTEBRATI PER LA FAUNA ITALIANA
13/11/2017

di Pierangelo Crucitti, Presidente della Società Romana di Scienze Naturali


L’Italia vanta un patrimonio faunistico molto ricco, nonostante ciò, sono state scoperte nuove specie di vertebrati che meritano ora un’adeguata tutela


RIASSUNTO:

Sembra incredibile che in Italia, la cui fauna è la più conosciuta d’Europa, sia possibile scoprire, nell’arco di un anno, specie animali nuove per il Paese e per la scienza che si aggiungono al già ricchissimo patrimonio censito, 58.000 specie attuali sinora descritte di cui oltre 1.300 vertebrati. E non si tratta di minuscoli crostacei repertati nei recessi di grotte profonde inesplorate o di piccoli coleotteri di qualche isolata valle alpina e neppure di specie aliene talvolta invasive, bensì di vertebrati che, nel caso di un serpente, superano agevolmente il metro di lunghezza e, nel caso di un mammifero, le dimensioni di un grande scoiattolo. I cinque casi che propongo sono stati portati recentemente all’ attenzione della comunità scientifica. Queste scoperte non possono restare confinate in un ambito strettamente tecnico. Una rinnovata, costante, attenzione deve essere riservata alle nuove specie e ai loro habitat. È necessario l’impegno sinergico delle componenti attive della società civile; la comunità scientifica, le associazioni ambientaliste, il decisore politico, le strutture di polizia specializzate nella tutela delle risorse naturali.  

ABSTRACT:

New species of vertebrates for italian fauna
It looks incredible how in Italy, whose fauna is the best known in Europe, it is possible to discover, in one year lapse, brand new species in the country and in the field of science, which are added to the already very wealthy inventory, 58,000 current species so far described, of which over 1,300 vertebrates. We are not talking about tiny crustaceans found in the recesses of unexplored deep caves or small beetles of some isolated alpine valley and even invasive alien species 

but of vertebrates that, in the case of a snake, easily exceed one meter of length and, in the case of a mammal, the size of a large squirrel. The following five cases have recently been brought to the attention of the scientific community. These discoveries cannot remain confined to a strictly technical field. A renewed, constant, attention must be paid to new species and their habitats. There is a need for synergies between the active components of civil society: scientific community, environmentalists, political decision-maker, police structures specialized in the protection of natural resources.





L’ARVICOLA DEI NEBRODI

Le arvicole endemiche italiane del gruppo Microtus savii, ampiamente diffuse nell’Italia continentale e in Sicilia, includono le sottospecie Microtus savii savii, Microtus savii nebrodensis, Microtus savii niethammericus e Microtus savii tolfetanus; inoltre, Microtus brachycercus della Calabria. Una recente ricerca ha utilizzato abbondante materiale, 151 esemplari provenienti da 54 località, rappresentative della distribuzione geografica del gruppo. L’analisi è stata basata su due classi di caratteri; morfologico-morfometrici (craniali e cranio-dentali) e molecolari (sequenze del DNA nucleare). La ricerca ha permesso di constatare la separazione delle popolazioni dell’Italia centrale da quelle dell’Italia meridionale e soprattutto della Sicilia. I Microtus siciliani vengono ora attribuiti alla specie endemica Microtus nebrodensis; peraltro, la distinzione dai Microtus continentali era già stata osservata da Minà Palumbo (“Catalogo dei Mammiferi della Sicilia”, 1868). Nel contesto italiano è pure paradigmatico il caso della Calabria, dato il prolungato isolamento di questa “appendice” dal resto della penisola. Il substrato metamorfico e cristallino di età paleozoica, la presenza di “fronti” marini diversi, tirrenico e ionico, le differenti condizioni bioclimatiche che favoriscono tipologie di vegetazione, variabili da zona a zona, determinano condizioni di biodiversità uniche dell’area calabro-lucana.

 

Scoiattolo meridionaleLO SCOIATTOLO MERIDIONALE

 Il caso di Sciurus meridionalis è stato recentemente risolto a favore della piena validità di questa specie, endemica italiana (ed europea). La ricerca è frutto della collaborazione tra l’Università degli Studi dell’Insubria (Varese), il CNR - Istituto per lo studio degli ecosistemi, il Museo di Storia Naturale dell’Università della Calabria, la Società Italiana per la Storia della Fauna “G. Altobello”, la Sezione di Zoologia “La Specola” del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, il ZooPlantLab del Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. I cambiamenti climatici intervenuti nel corso del Quaternario hanno profondamente modificato la distribuzione di molte specie della Regione Paleartica ed in particolare dell’Europa. Durante gli eventi glaciali, le regioni centrali del continente erano ricoperte da steppa-tundra al contrario delle foreste decidue generalmente confinate nelle aree peninsulari del Mediterraneo. I rappresentanti della famiglia Sciuridae, legati alle foreste temperate, sono sopravvissuti, nel corso dei massimi glaciali, nelle penisole iberica, italiana e balcanica; questi rifugi glaciali hanno rappresentato una sorgente di specie per l’Europa centrale e settentrionale durante interglaciali e postglaciali. Non solo, ma alcune specie di piccoli mammiferi mediterranei ad ampia distribuzione avrebbero costituito popolazioni isolate per speciazione allopatrica. Il modello interpreta l’elevata incidenza di specie distinte di piccoli mammiferi nelle penisole del Mediterraneo ed in particolare nella Calabria. In tale contesto si colloca la storia di Sciurus meridionalis che, descritta da Lucifero nel 1907, è stata a lungo ritenuta una sottospecie di Sciurus vulgaris. Dalla quale peraltro differisce per numerose evidenze morfologiche; oltre ad essere più grande, presenta una distinta colorazione del mantello, bianco sul ventre e bruno-nerastro su dorso, fianchi e coda. Queste ultime sono infine supportate da numerose evidenze di natura genetico-molecolare.

 

Biacco melanicoIL BIACCO MELANICO
Un altro eccellente modello di studio è costituito da Hierophis viridiflavus, uno dei serpenti più comuni e diffusi della fauna ofidica nostrana, specie caratterizzata dall’esistenza di linee filetiche distinte le cui relazioni non risultavano tuttavia affatto chiare. Ricerche basate su un approccio multidisciplinare, morfometrico, citogenetico (cariologico) e molecolare hanno permesso di dimostrare l’esistenza di due cladi, Hierophis viridiflavus a distribuzione occidentale, e Hierophis carbonarius, a distribuzione orientale, entrambi presenti in Italia, area ove in precedenza era ammessa l’esistenza del solo taxon (politipico) Hierophis viridiflavus con numerose sottospecie tra cui Hierophis viridiflavus carbonarius.

LA VIPERA DEI WALSER
Un altro caso paradigmatico riguarda la scoperta di una nuova specie di vipera per la fauna italiana, la vipera dei walser Vipera walser che prende il nome dalla popolazione che vive in alcune valli a sud del Monte Rosa in Provincia di Biella nel Piemonte nord-orientale. Un team internazionale formato da ricercatori del Museo delle Scienze di Trento, dell’Università di Basilea, della Manchester Metropolitan University e della Società di Scienze Naturali del Verbanio - Cusio - Ossola ha recentemente reso nota l’importante scoperta. Per quanto nell’area citata fosse nota da tempo una popolazione del marasso Vipera berus, completamente disgiunta dalle altre popolazioni della specie, recenti ricerche morfologiche e genetiche hanno confermato che quel distretto geografico costituisce un’area di rifugio e differenziamento per il marasso. Dal punto di vista morfologico la nuova specie risulta affine a Vipera berus, mentre dal punto di vista genetico Vipera walser risulta distinta da tutte le altre specie europee evidenziando una maggiore affinità con le vipere del Caucaso, Vipera darevskii e Vipera kaznakovi.

 

Boa delle sabbieIL BOA DELLE SABBIE
Un altro importante ritrovamento riguarda la fauna della Sicilia, “isola delle sorprese” almeno a giudicare dal recente rinvenimento di piante e animali la cui presenza era passata inosservata a lungo. Dopo sporadici avvistamenti, che si sono susseguiti negli ultimi 80 anni, un gruppo di zoologi è riuscito ad osservare esemplari, sia vivi e in attività e sia morti sulle strade, nei pressi di Licata in Provincia di Agrigento, del boa delle sabbie Eryx jaculus, appartenente alla famiglia Erycidae, nuova per l’Italia. Si tratta di piccoli boa di 30-60 cm di lunghezza, diffusi nel Vicino e Medio Oriente (almeno una specie in Grecia e Turchia e sei in Iran), avvistati raramente a causa del comportamento crepuscolare e delle abitudini fossorie. Le ricerche hanno permesso di accertare la presenza di una popolazione apparentemente stabile in un’area di circa 40 kmq di pianura alluvionale in prossimità del Fiume Salso presso Licata. Questi serpenti potrebbero essere stati importati dagli antichi Greci sia per motivi di culto e sia a scopo bellico. È noto come i Greci fossero soliti impiegare serpenti a mo’ di proiettili da lanciare sulle navi avversarie prima dell’assalto per gettare panico e scompiglio tra i nemici. Si può pertanto ritenere che l’introduzione di questa specie in Sicilia non sia recente.

 

PROBLEMI DI CONSERVAZIONE

L’esame dei casi predetti consente anzitutto alcune considerazioni di carattere generale:

  • la scoperta e la descrizione di nuove specie di vertebrati terrestri non può essere il risultato del lavoro di uno studioso isolato bensì di un team nazionale / internazionale di ricercatori;
  • la definizione di specie nuova richiede ormai un approccio metodologico integrato, costituito dalla utilizzazione di carattere morfologici s.l. e di caratteri biochimici;
  • si conferma la consolidata tradizione in campo faunistico delle università, musei di storia naturale e associazioni scientifiche del nostro paese.

I Roditori (Rodentia) della fauna italiana contano attualmente almeno 31 specie tra autoctone e introdotte. L’ofidiofauna (Serpentes) italiana risulta incrementata di una famiglia (Erycidae) e di tre specie, Hierophis carbonarius, Eryx jaculus e Vipera walser, passando quindi dalle 22 specie di pochi anni or sono alle 25 specie attuali; nel contesto, la famiglia Viperidae è cresciuta di una specie, dalle quattro specie “storiche” (Vipera ammodytes, Vipera aspis, Vipera berus, Vipera ursinii) alle cinque specie attuali. I cinque casi descritti propongono inoltre alla nostra attenzione interventi urgenti di tutela e conservazione dell’habitat e delle popolazioni di queste specie, alcune delle quali già a rischio di declino. Per quanto non siano ancora disponibili dati sullo status delle popolazioni dello scoiattolo meridionale, si ritiene che la loro situazione attuale sia stabile. Le dimensioni dell’area occupata, circa 7000 kmq, suggerirebbero, anche in assenza di altre evidenze, lo status di specie vulnerabile (VU secondo la classificazione IUCN). Oltretutto, questa specie è legata alle foreste mature di conifere, habitat minacciati da vari fattori di origine antropogenica. L’introduzione e la diffusione dello scoiattolo alloctono Callosciurus finlaysonii in aree limitrofe a quelle occupate da Sciurus meridionalis potrebbe rappresentare un ulteriore fattore di minaccia. Le due popolazioni di Vipera walser occupano un’area ristretta, complessivamente inferiore a 500 kmq nelle piovose valli a nord di Biella. Queste popolazioni sono sopravvissute grazie ad una combinazione di circostanze fortunate - si consideri di quante specie non ancora descritte non verremo mai a conoscenza soprattutto per l’alterazione irreversibile del loro habitat. Vipera walser è considerata peraltro già minacciata (EN secondo la classificazione IUCN) non solo a causa dell’areale ristretto ma soprattutto per la trasformazione del suo habitat, aree aperte con formazioni rocciose a rischio di contrazione per il declino delle attività agro-silvo-pastorali e conseguente riforestazione spontanea progressiva; la specie non tollera, infatti, le formazioni boschive se non estremamente rade, adattamento da mettere in relazione con le migliori opportunità di termoregolazione offerta dalle pietraie, aree aperte e assolate. Sugli ofidi in generale ed in particolare sulla vipera dei walser e sul boa delle sabbie incombono i pericoli derivanti dal collezionismo e dalla terrariofilia; si tratta di specie attraenti che potrebbero suscitare l’attenzione di raccoglitori maniacali, al limite stranieri facoltosi disposti a sborsare cifre importanti pur di possedere l’esemplare, vivo o morto. Pertanto in Italia vanno incrementati controlli adeguati, dato che questo tipo di collezionismo costituisce, per il nostro paese, una minaccia rilevante. Infine, una nota ottimistica: se l’areale di queste specie ricade, parzialmente o completamente, all’interno di aree protette (Parchi Nazionali / Regionali, SIC, ZPS), la loro conservazione nel lungo periodo potrebbe essere ragionevolmente garantita.