Rivista tecnico-scientifica ambientale dell'Arma dei Carabinieri                                                            ISSN 2532-7828

FAUNA 
L'ORSO MARSICANO NEL PARCO NAZIONALE D'ABRUZZO, LAZIO E MOLISE
01/10/2013
Di Cinzia SULLI, Responsabile Area Scientifica Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

L’articolo descrive contenuti e finalità del progetto Life ARCTOS, cofinanziato dall’Unione europea e volto ad incrementare conoscenza e protezione delle popolazioni di orso presenti su Alpi ed Appennini.

  

Riassunto

L’articolo descrive contenuti e finalità del progetto Life ARCTOS, cofinanziato dall’Unione europea e volto ad incrementare conoscenza e protezione delle popolazioni di orso presenti su Alpi ed Appennini. Il lavoro si sofferma sulla vasta gamma di misure messe in atto per raggiungere tale scopo, rappresentate ad esempio da opera di difesa di popolazione e bestiame dai possibili attacchi dell’orso, di incremento del cibo presente naturalmente e dall’incremento di pubblica informazione e consapevolezza sull’importanza di tali animali ancora molto rari.

Abstract 

The article describes contents and goals of the Life project ARCTOS, co-financed by the European Union and aiming at increasing knowledge and protection of the bear populations living on Alps and Apennines mountains. The document depicts the broad range of measures carried out to reach such goal, for instance represented by activities to protect population and cattle by possible bear attacks, to increase the natural food at to improve public information and awareness on the importance of such animals, still quite rare.

 
 

Il logo del progetto Life ARCTOS
Il logo del progetto Life ARCTOS

 
 
Dal 1° settembre 2010 il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è capofila del progetto finanziato dalla Comunità Europea “Conservazione dell’orso bruno: azioni coordinate per l’areale alpino e appenninico” il cui acronimo è Life ARCTOS (Fig.1). Obiettivo di questo progetto è favorire la tutela delle popolazioni di orso bruno (Ursus arctos) delle Alpi e degli Appennini e sostenerne l’espansione numerica attraverso l’adozione di misure gestionali compatibili con la presenza del plantigrado, la riduzione dei conflitti con le attività antropiche, l’informazione e la sensibilizzazione dei principali attori territoriali. Il progetto, finanziato al 67% dalla Comunità Europea (CE), vede il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM)  come coordinatore. Gli altri partner di progetto sono il Corpo forestale dello Stato, il WWF Italia, le Regioni Lazio, Abruzzo, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, la Provincia Autonoma di Trento, il Parco Naturale Adamello Brenta, il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell’Università La Sapienza di Roma.

 
 

 
L’orso bruno marsicano, femmina con tre cuccioli dell’anno precedente

La genesi di questo progetto sono i due Piani di Azione destinati alla tutela dell’orso delle Alpi e dell’orso bruno marsicano (PACOBACE e PATOM). Mentre la popolazione delle Alpi è frutto di un progetto di reintroduzione mirato a ricostituire una popolazione di orso nelle aree dove era pressoché scomparsa, quella degli Appennini è una piccolissima popolazione sopravvissuta nel tempo ma ridotta a poche decine di individui e quindi soggetta ad un fortissimo rischio di estinzione. I dati delle ricerche genetiche condotte al Parco negli ultimi anni infatti ci dicono che numericamente la popolazione di orso marsicano è costituita da circa 40 esemplari: con numeri così esigui i rischi sono elevatissimi come è facile immaginare. Basterebbe la diffusione di una malattia particolarmente aggressiva per azzerare tutta la popolazione. Ogni azione quindi deve essere messa in campo per scongiurare questo rischio eliminando o riducendo fortemente tutti quei fattori critici che possono mettere in crisi la popolazione.
Tra i rischi oggi riconosciuti per la sopravvivenza di questa entità faunistica possiamo sicuramente indicare il conflitto con alcune attività antropiche, l’elevata mortalità dovuta sempre a fattori antropici (investimenti, bracconaggio, avvelenamenti), la frammentazione dell’habitat. A questi dobbiamo inoltre aggiungere la frammentazione amministrativa perché molte sono le competenze in ballo nella gestione di questa popolazione (Ministeri, Regioni, Comuni, aree protette) con amministrazioni che spesso non dialogano tra loro e non fanno rete per una gestione univoca/coerente della specie. Il PATOM indica quali sono i fattori di rischio e quindi individua le azioni che ne dovrebbero consentire il superamento.

 

Il Life deriva in buona sostanza proprio dal PATOM di cui cerca di attuare la roading map. Al momento della presentazione del progetto sono state perciò selezionate le criticità più rilevanti e le conseguenti azioni da implementare per superarle, che possono essere sinteticamente così riassunte:

  1. conflitti con le attività antropiche: in un paese come il nostro dove non esistono vere e proprie aree wilderness le attività antropiche sono largamente diffuse sul territorio anche all’interno delle aree protette. Quindi anche nelle aree protette possiamo trovare attività come la zootecnia, il taglio di boschi, la presenza turistica o la presenza di strade di penetrazione con utilizzazioni varie, tutte attività che possono svolgersi in luoghi o stagioni o con modalità e intensità incompatibili con la presenza dell’orso. Queste attività quindi devono essere pianificate attentamente per renderle compatibili;
  2. pratica zootecnica incontrollata: la zootecnia ha subito notevoli modificazioni nel corso degli anni. Sulle nostre montagne le greggi di ovicaprini che tradizionalmente venivano portate al pascolo sono oggi sempre più sostituite da bovini ed equini lasciati a pascolo brado senza controlli di alcun genere. Questo sistema di gestione rende oltremodo difficile sviluppare politiche di mitigazione del conflitto ed effettuare i controlli necessari sul bestiame pascolante anche a fini sanitari;
  3. orsi problematici/confidenti: la frequentazione delle aree antropizzate dipende da diversi fattori quali le abitudini alimentari degli orsi, le modalità con cui vengono praticate le attività agricole, l’abbondanza di risorse trofiche facilmente utilizzabili all’interno dei centri abitati. In tutti questi casi si innesca un conflitto con le comunità locali inasprito, a volte, dalla paura di potenziali aggressioni e da una diffusa percezione negativa dell’orso;
  4. modificazione degli habitat: l’orso bruno è specie che ha necessità di vasti comprensori ad elevata  diversità ambientale. Per la sua sopravvivenza è necessario quindi preservare alcuni habitat chiave: per l’orso marsicano uno di questi habitat è costituito dai ramneti, di grande importanza d’estate per tutti gli individui della popolazione che usano le bacche di questi arbusti come risorsa trofica principale
 

Al superamento di queste criticità i partner appenninici del progetto (PNALM, Regione Lazio, Regione Abruzzo, WWF, CFS, Università di Roma La Sapienza) hanno lavorato attentamente in questi primi due anni dall’avvio portando a termine le cosiddette azioni preparatorie che hanno prodotto alcuni importanti strumenti.
Tra i prodotti Life oggi disponibili ci sono:

  1. le “Linee guida per la conduzione della pratica zootecnica compatibile con la conservazione dell’orso bruno marsicano”
  2. le “Linee guida per un monitoraggio sanitario in linea con le esigenze di tutela delle popolazioni di orso bruno”
  3. il “Protocollo operativo sperimentale per la prevenzione e la gestione del fenomeno degli orsi confidenti e/o problematici nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise”.

Questi documenti, frutto di una attenta analisi condotta dai partner responsabili di ciascuna azione, sono strumenti operativi per superare alcune delle criticità sopra elencate. Altro importante valore di questi documenti è la loro applicabilità in tutto l’areale dell’orso sia esso di presenza effettiva che di espansione attuale e potenziale.

 

Dall’analisi della situazione zootecnica sono emerse criticità connesse ai sistemi di gestione della zootecnia nell’area di progetto: il pascolo brado di bovini ed equini, spesso effettuato al di sopra dei limiti di produttività dei pascoli, comporta la presenza di animali al pascolo e cani al seguito delle mandrie che sottraggono spazi all’orso e possono disturbare fortemente questi animali. La presenza di bestiame domestico in aree ad alta concentrazione di orsi porta ad un aumento di conflittualità con gli allevatori che subiscono perdite di animali per predazione da orso. Il bestiame domestico inoltre può a volte anche mangiare i giovani getti di ramno o le sue foglie con una azione, che se ripetuta nel tempo, può portare questi arbusti a seccare o a ridurre le capacità produttive. Non da ultimo il bestiame domestico può veicolare patogeni pericolosi per la specie in quanto vettori di malattie potenzialmente pericolose. Numerose infatti sono state le positività a questi patogeni riscontrate su campioni di sangue prelevati su individui di orso o su animali morti sottoposti a tutti gli accertamenti sanitari.
Nelle linee guida sulla gestione zootecnica è stato pertanto tracciato un “percorso virtuoso” che dovrebbe consentire di superare le criticità e sviluppare forme di gestione compatibili con la presenza dell’orso marsicano. Tra le indicazioni troviamo:

  1. l’adozione di un piano di gestione dei pascoli che consenta una valutazione, comparto per comparto, dello stato vegetazionale e quindi della loro produttività, la formulazione di un sistema di gestione che preveda l’esclusione dall’uso di alcune aree, la rotazione dei comparti, la proposizione, comparto per comparto, del carico massimo di bestiame;
  2. la revisione dei regolamenti comunali di gestione dei pascoli in funzione di quanto emerge dal piano pascoli;
  3. la proposta di forme di premialità rivolte a quegli allevatori che adottano sistemi di gestione del loro bestiame compatibili con la presenza dell’orso;
  4. un miglioramento anche dei sistemi di indennizzo sempre allo scopo di premiare gli allevatori più virtuosi.      

A questa azione di revisione dei sistemi di gestione dell’allevamento si affianca l’azione rivolta ad una migliore gestione anche degli aspetti sanitari. Questa azione ha visto un intervento prezioso del Ministero della Salute che ha costituito un tavolo con i membri del life e con tutti i soggetti competenti in materia sanitaria (ASL, Servizi Veterinari regionali, Istituti Zooprofilattici competenti) nell’ottica di creare una rete che operi in sinergia con lo stesso obiettivo. Sono stati quindi individuati alcuni patogeni, fuori dall’elenco delle malattie denunciabili ai sensi del vigente Regolamento di Polizia Veterinaria, che debbono essere assoggettati a screening. La Regione Abruzzo, cui il progetto assegna la responsabilità dell’azione, ha quindi redatto un piano di lavoro che prevede tra l’altro:

  1. un monitoraggio sanitario sui cinghiali, in collaborazione con il mondo venatorio, per testare questi animali su una malattia che potrebbe essere letale per l’orso: la cosiddetta pseudorabbia o malattia di Aujeszky
  2. un monitoraggio del bestiame domestico per analizzare la situazione di patogeni normalmente non testati (febbre Q, toxoplasmosi, chlamydiosi)
  3. un monitoraggio sugli animali cosiddetti di affezione, nello specifico i cani, che possono essere portatori di malattie potenzialmente pericolose per l’orso. Il monitoraggio vedrà la collaborazione dei veterinari liberi professionisti e naturalmente dei proprietari dei cani cui sarà rivolta una specifica campagna di sensibilizzazione.

Obiettivo dell’azione è quindi incrementare le conoscenze della diffusione di patogeni attualmente non testati perché non obbligatori ai sensi delle normative vigenti. L’interazione epidemiologica tra diverse specie selvatiche e domestiche suggerisce la necessità di chiarire per quanto possibile le dinamiche di eventuale diffusione dei patogeni allo scopo di definire ed applicare le opportune misure gestionali. Occorre quindi un piano di sorveglianza sanitaria cui far seguire, ove necessario,interventi di profilassi intesi a scongiurare per quanto possibile la comparsa di malattie che potrebbero risultare fatali per una popolazione così piccola e così ad alto rischio di estinzione. L’implementazione quindi delle indicazioni contenute nelle linee guida sanitarie è essenziale per scongiurare proprio l’ipotesi dell’instaurarsi di focolai di malattie estremamente rischiose per la sopravvivenza della specie.

 

Altra problematica affrontata in questo progetto è quella connessa agli esemplari di orso che, superata la naturale diffidenza per l’uomo e le sue attività, si avvicinano o addirittura entrano nei centri abitati alla ricerca di cibo. Qui va innanzitutto sgomberato il campo dalla convinzione di molti che gli orsi entrano nei paesi perché hanno fame e non trovando cibo altrove lo cercano negli orti e nei pollai. In realtà di risorse trofiche naturali ce ne sono più che a sufficienza. Semplicemente il cibo che si trova nei paesi è più facile da reperire e più a portata di mano. Ovviamente la presenza dell’orso in paese se da alcuni può essere percepita  come un fatto positivo (si vede l’orso), al limite anche come fattore di attrazione turistica, per altri invece è fonte di paura o causa di danni. Il progetto interviene in questo caso con due azioni distinte:

 
Uno dei recinti elettrificati donati dal progetto

-  in primo luogo è stato redatto un documento specifico il “Protocollo operativo sperimentale per la gestione degli orsi confidenti e/o problematici” in cui vengono codificati tutti gli interventi necessari a gestire il problema. Nel protocollo si prevedono nello specifico azioni di prevenzione come il censimento di tutte le risorse trofiche dei centri abitati cui deve seguire un intervento capillare per ridurne totalmente l’accessibilità attraverso la messa in opera di sistemi di recinzioni elettrificate (foto 2), cancelli, sistemi di dissuasione; azioni di comunicazione per aiutare gli abitanti di quei paesi a sviluppare un corretto rapporto con il problema; azioni di dissuasione rivolte a spaventare l’orso ed allontanarlo dal centro abitato.

 

in secondo luogo sono state istituite le squadre di intervento orso. Sono squadre costituite da personale Parco e personale CFS che pattugliano di notte i paesi in cui l’orso si presenta con l’obiettivo di spaventare l’orso attraverso le azioni di dissuasione e fare funzioni di ordine pubblico allontanando le persone e disincentivando quei comportamenti che potrebbero essere pericolosi per le persone ma soprattutto per l’orso. Il personale delle squadre è stato opportunamente formato sia all’uso dei sistemi di dissuasione sia ad avvicinare il pubblico mettendo in atto un corretto approccio di educazione e sensibilizzazione

 

Naturalmente tutti i danni prodotti dagli orsi su orti, pollai, piante da frutta, alveari vengono opportunamente indennizzati.
Il lavoro su questi orsi è lungo, complesso e non sempre darà risultati ma va fatto sia in funzione di un tentativo di recuperare questi animali a comportamenti più naturali sia  in funzione della mitigazione del conflitto che si genera quando un orso, sistematicamente tutte le notti, va nei pollai o negli orti degli abitanti di quel paese del Parco.
Attualmente nel Parco c’è sicuramente una femmina, la famosa Gemma, che può essere iscritta alla categoria degli orsi confidenti; ci sono poi altre due femmine che hanno presentato comportamenti anomali e che quindi vengono monitorate attentamente. Su una delle due sono stati fatti anche alcuni interventi di dissuasione con ottimi risultati. Ad oggi tutti i casi noti in Appennino di orsi confidenti sono femmine anche se non è chiaro se c’è una connessione “biologica” tra sesso dell’animale e comportamento confidente. Va detto però che l’orsa Gemma si è regolarmente riprodotta nel corso degli anni e quindi gli interventi previsti dal protocollo sono di estrema importanza per prevenire l’insorgere dei medesimi comportamenti nei cuccioli.
Nel corso dell’estate 2012 sono stati effettuati turni notturni della squadra di intervento a partire dal mese di luglio e fino a tutto ottobre con uno sforzo sia in ore/uomo che economico notevole. L’impegno profuso però ha consentito di ridurre molto i danni e di rassicurare comunque la popolazione aumentando la percezione dell’impegno del Parco nei loro confronti. Per preparare gli abitanti di alcuni dei comuni interessati dal problema sono stati fatti inoltre degli incontri in cui è stato chiaramente spiegato cosa era il protocollo, quali tipi di interventi prevedeva, chi li avrebbe fatti. Le stesse informazioni sono state date a tutti i sindaci dei comuni interessati. Alcuni sindaci, più sensibili alla problematica, hanno prodotto vere e proprie Ordinanze in cui veniva fatto divieto di illuminare gli animali con fari o lampade per riprenderli o fotografarli, di dare loro da mangiare orsi per farli avvicinare e poterli fotografare meglio o di inseguirli con auto o altri automezzi mettendo a rischio gli orsi ma anche le persone.

 
 

Un altro interessante intervento previsto nel Life è quello definito di “incremento delle risorse trofiche” in favore dell’orso. Questo intervento agisce sulla risorsa trofica estiva per eccellenza: il Rhamnus alpina comunemente detto ramno. Questo arbusto che può raggiungere i 2-3 metri di altezza cresce nelle praterie di alta quota ma anche nelle radure delle faggete o nei fondovalle aperti ad altitudini anche elevate. Produce piccole bacche scure, di sapore asprigno, ricche di zuccheri. Probabilmente il loro elevato contenuto zuccherino le rende molto appetite in una fase stagionale in cui non sono ancora maturi i frutti secchi o i pomi che costituiscono la dieta autunnale dell’orso e stanno terminando le erbe o le bacche estive (fragole,lamponi  ecc.). In questo periodo dell’anno, compreso mediamente tra metà agosto e inizio ottobre, gli orsi frequentano assiduamente le zone ricche di ramno fino a completo esaurimento delle bacche.
Considerata quindi l’importanza di questa specie arbustiva per l’orso nel progetto sono previsti interventi sperimentali per incrementarne la produttività: l’idea è quella di intervenire sulle cause che potenzialmente la riducono come l’eccessivo ombreggiamento, la deperienza degli arbusti, la diminuzione del numero di piante. In collaborazionecon il CFS che, nell’ambito del progetto, sta curando il censimento di tutte le aree a ramno del Parco e della sua futura area contigua e che, nel vivaio regionale di Roccaraso, sta producendo giovani piantine di questa specie, sonostate individuate le prime due aree di intervento –una in comune di Villavallelonga e l’altra in comune di Settefrati – in cui effettuare l’azione di progetto.

Intervento sui ramneti: messa a dimora di nuove piantine

Gli interventi sono consistiti nella messa a dimora di circa 2000 piantine complessive (foto 3), nel diradamento del bosco intorno ad una delle due zone di ramneto, nella ceduazione di alcune piante deperienti di ramno, nella creazione di talee. Questi interventi sono stati effettuati nell’autunno 2011 e nel 2012 sono proseguiti con le cure colturali consistite soprattutto nella sostituzione delle fallanze dovute all’estate particolarmente secca e nella prosecuzione di alcuni degli interventi di dirado e ceduazione. Complessivamente la superficie di intervento è risultata di circa 7 ettari sui 10 inizialmente previsti dal progetto. Considerate le risorse ancora disponibili si potrà completare l’interventi fino ai 10 ha indicati e probabilmente incrementare la superficie inizialmente prevista. Non solo: parte delle risorse verranno utilizzate perfare un analogo intervento nel Parco Regionale dei Monti Simbruini.
Altra problematica affrontata nel progetto è quella relativa ai danni che l’orso può fare ad apicoltori, allevatori, produttori agricoli. In questo caso l’intervento è consistito soprattutto nella donazione di recinzioni elettrificate mobili o fisse che possono esser utilizzate per difendere le arnie, il bestiame o le colture dagli attacchi dell’orso. Per presentare tale opportunità sono stati fatti numerosi incontri con le categorie interessate durante i quali sono stati distribuiti depliant che illustrano cosa sono, come funzionano e come si gestiscono questi recinti. Numerose sono le richieste pervenute soprattutto da allevatori eapicoltori che hanno colto al volo l’opportunità così offerta di difendere le loro attività.

 
 

Un’azione particolarmente interessante del Life è il monitoraggio della popolazione appenninica di orso ad inizio e fine progetto da effettuarsi con una tecnica già sperimentata nel Parco e che è stata progressivamente affinata: il cosiddetto monitoraggio genetico. Questa particolare tecnica è basata sull’assunto che ad ogni individuo corrisponde uno specifico DNA e quindi testando il DNA si può risalire, attraverso opportuni sistemi di elaborazione statistica dei dati, allo stato demografico della popolazione ovvero si può determinare: il rapporto sessi, il numero medio di individui presenti, la variabilità della popolazione.
Questa tecnica prevede la raccolta di campioni di pelo dal cui bulbo viene estratto il DNA che ci consente di risalire al singolo individuo. Per la raccolta dei campioni di pelo vengono allestite trappole con una esca olfattiva all’interno e costruite con filo spinato: gli orsi sono attratti dall’odore dell’esca e per raggiungerla sono costretti a passare sotto al filo spinato che quindi strappa ciuffi di pelo dal mantello dell’animale. Nell’estate 2011 è stato fatto il primo monitoraggio e la metodica usuale è stata arricchita da un altro sistema: i cosiddetti rub-tree. Si tratta di alberi sui cui tronchi gli orsi si strofinano abitualmente: questi alberi, opportunamente individuati e georeferenziati, sono stati armati ovvero sui tronchi sono stati posizionati pezzi di filo spinato di lunghezza opportuna e posizionati ad altezze diverse per campionare adulti e cuccioli sia in piedi che a quattro zampe. L’utilizzo di questi alberi ha consentito di potenziare il campionamento e, verificatane la funzionalità nell’estate 2011, potrebbero essere considerati anche in sostituzione, per l’avvenire, del tradizionale campionamento con le trappole per pelo.
Il monitoraggio verrà ripetuto a fine progetto consentendo così di dare un quadro più esauriente della situazione della popolazione di orso marsicano.

Tutte le attività Life menzionate sono ovviamente affiancate da una importante sezione di comunicazione e sensibilizzazione nell’ambito della quale è stato:

  1. realizzato il logo di progetto
  2. predisposto il sito internet (www.life-arctos.it) in cui è’ possibile trovare tutte le informazioni su quanto viene fatto
  3. realizzato il materiale divulgativo (pannelli, depliant sulle recinzioni, opuscoli di presentazione di alcuni dei documenti prodotti nell’ambito del progetto)
  4. predisposto un piano di comunicazione vero e proprio che prevede, tra l’altro, la realizzazione di incontri con gli stakeholders.

In quest’ultimo caso sono stati effettuati sia incontri divulgativi diretti ad un pubblico generico sia incontri mirati: con gli stakeholders per ascoltare le loro problematiche e promuovere le recinzioni, con enti ed amministrazioni fuori dal progetto con cui condividere alcuni dei prodotti come le linee guida sulla zootecnia o quelle sulla gestione sanitaria, con la Comunità del Parco cui sono stati presentati innanzitutto il progetto, poi le linee guida sulla zootecnia, con i cacciatori che sono stati chiamati a collaborare al monitoraggio sanitario.
Il progetto Life si chiuderà a fine agosto 2014 ma molte delle azioni proseguiranno oltre tale scadenza sia perché sono azioni a medio-lungo termine sia perché è questo che chiede anche la Commissione Europea quando a fine progetto impone ai partner la redazione di un piano di prosecuzione: è evidente infatti che per la Commissione le azioni non possono essere circoscritte alla durata del progetto perché investire così tante risorse su una specie a rischio di estinzione perché ci si occupi di lei solo nell’arco temporale di un Life ha veramente poco senso. La conservazione richiede interventi mirati e continuativi altrimenti le risorse investite sono inutili e non risolutive dei problemi.