Approfondimenti


Tutte le tappe

2001. La legge n. 66, per prima, disciplina il digitale terrestre in Italia; si indica nel 2006 (primi in Europa) l’anno dello switch-off analogico-digitale, ovvero del passaggio di consegne tra le due tecnologie, anche detto Ato (Analog Turn Off, Spegnimento dell’analogico).

2001. L’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni emana il regolamento sulla radiodiffusione terrestre in tecnica digitale, dove si sviluppa, tra le altre cose, la distinzione tra operatori di rete e fornitori di servizi.

2002. Varo dei primi piani nazionali di assegnazione delle frequenze digitali per la diffusione sia sonora che televisiva.

2003. Fase di sperimentazione, sia in proprio, da parte dei soggetti autorizzati, sia pubblica, su frequenze libere e disponibili. Rai e Mediaset si impegnano a coprire entro il 31 dicembre il 50% della popolazione italiana (corrispondente, grosso modo, ai capoluoghi di regione e di provincia). Comparsa sul mercato dei set-top-box terrestri, con finanziamento statale di 150 euro.

2004. A partire dal 1° aprile, fase di avvio del servizio, (o fase di switch-over). Entro la stessa data si attende un nuovo regolamento del Governo, diretto a garantire l’accesso alle reti dei fornitori di contenuti in condizioni di parità di trattamento. Entro la fine dell’anno si auspica che almeno il 40% delle famiglie italiane siano dotate di set-top-box (il 70% entro il 2005).

2006. Fase prevista di switch-off completo, con spegnimento dell’analogico entro il 31 dicembre.

2010-2012. Periodo indicato dalla maggior parte degli esperti come il più realistico per la sostituzione definitiva della tv analogica con quella digitale.




Qualità trasmissiva ed interattività

Il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale è ormai avviato in tutti i 28 Paesi dell’Europa allargata. La Commissione europea, in una nota emanata nel settembre 2003, ha sottolineato come storicamente l’evoluzione dei sistemi radiotelevisivi dei vari Paesi europei sia stata caratterizzata da regole assai diverse. Il passaggio al digitale avverrà, per forza di cose, con tempi e modalità differenziati, che dovranno adattarsi ai contesti sociali, economici e normativi dei diversi Paesi. Ciò è particolarmente vero per un Paese come il nostro, dove lo sviluppo del sistema radiotelevisivo ha manifestato, nel corso del tempo, connotazioni molto peculiari. A differenza di altre realtà, in Italia non si è diffusa la tv via cavo, e le frequenze riservate alle trasmissioni via etere sono praticamente esaurite, cosa che ha reso e rende tuttora problematico l’ingresso nel mercato di nuovi operatori.

Nonostante si incominci a vociferare del possibile interesse per il mercato tv da parte dei tradizionali operatori telefonici e di altre aziende di Tlc (attraverso forme di accesso a banda larga, come l’Adsl su doppino telefonico o la fibra ottica), la distribuzione delle risorse, sia tecnologiche che economiche, è al momento squilibrata. In un’ottica di crescita e rinnovamento, il digitale terrestre potrebbe rappresentare il chiavistello capace di rompere tali squilibri, e potrebbe assumere nel nostro Paese un ruolo assai più importante che nelle altre realtà europee. In primo luogo, come detto nel testo principale, ci potremo aspettare un potenziamento delle reti e un miglioramento della qualità trasmissiva (immagini più grandi e definite ed audio di qualità superiore).

In secondo luogo, l’avvento del digitale lascia auspicare anche una decisa crescita e arricchimento sul terreno culturale. Le nuove tecnologie, come il digitale terrestre, moltiplicando il numero dei canali disponibili, possono veramente garantire ad un numero considerevole di soggetti di affacciarsi nel campo delle comunicazioni, magari con partnership internazionali di diverse dimensioni: nuovi fornitori di contenuti potrebbero prendere in affitto dagli operatori di rete singoli spazi, anche di ore, su base locale o regionale, offrendo canali sempre più “tematici” e garantendo un maggiore pluralismo dell’informazione.

Inoltre, lo spettatore potrà smetterla di subire passivamente il tubo catodico e, grazie ad una maggiore interattività, potrà incominciare ad usare il mezzo televisivo in maniera diversa. Proprio quella dell’interattività dei nuovi apparecchi tv potrebbe essere l’arma vincente per avvicinare un pubblico medio di età abbastanza elevata – e culturalmente diffidente verso mezzi “difficili” come il computer ed Internet – ai nuovi servizi dell’era dell’informazione. Attraverso strumenti più familiari, come il telecomando e lo schermo tv, saranno fruibili molti servizi interattivi: ad esempio, l’Inps potrebbe offrire la consultazione di dati contributivi e pensionistici destinati sia ai lavoratori che ai pensionati; gli enti pubblici potranno fornire informazioni su bandi e concorsi e permetteranno il pagamento di tributi come, ad esempio, il bollo auto o l’Ici; le Poste metteranno a disposizione il pagamento via televisore degli oltre 400 milioni di bollettini postali, eliminando le code agli sportelli, e potranno permettere il monitoraggio della consegna di pacchi e raccomandate. Attraverso questo nuovo canale, inoltre, i cittadini potranno consultare équipe di medici senza andare in ambulatorio o in ospedale, e sarà possibile aiutare coloro che necessitano di un monitoraggio frequente del loro stato di salute (come gli oltre 4 milioni tra diabetici e cardiopatici o gli 8 milioni di persone che effettuano una visita specialistica ogni mese); la Pubblica Amministrazione avrà l’opportunità di entrare direttamente nelle case dei cittadini, introducendo servizi di T-government (tele-governo); infine, sarà possibile realizzare numerose iniziative di istruzione a distanza (T-learning), a beneficio delle scuole e della formazione continua (notizie più dettagliate sui servizi in fase di sperimentazione pubblica si possono trovare sul sito web della Fondazione Ugo Bordoni: www.fub.it).

La migrazione verso il digitale terrestre ha, dunque, una valenza non solo economica, ma anche politica e sociale, coinvolgendo settori importanti della moderna società democratica, e rappresentando un’importante opportunità per abbattere le barriere economiche, sociali e culturali che finora hanno escluso gran parte della società dai vantaggi e benefici prodotti dalle tecnologie digitali. Come ribadito recentemente dal professor Enzo Cheli, Presidente della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, «tale processo, molto complesso e articolato, dovrà essere portato avanti con la massima attenzione, e dovrà, giocoforza, vedere l’azione sinergica di soggetti diversi: da una parte i centri del potere politico e amministrativo (Parlamento, Governo, Autorità di regolazione), investiti del compito di fissare le regole del nuovo mercato e di promuoverne lo sviluppo anche attraverso incentivi adeguati; dall’altra quei soggetti (operatori di rete, fornitori di servizi e contenuti, industria elettronica, associazioni di consumatori eccetera) che guideranno ed orienteranno le forze e le scelte di questo mercato. L’accesso alle reti e alle piattaforme digitali verrà a rappresentare, nel nuovo scenario della “società dell’informazione”, una delle condizioni essenziali «per l’esercizio della libertà costituzionale di espressione del pensiero mediante l’uso del mezzo televisivo». Ma questo pur sempre a condizione che il mercato possa essere stimolato e favorito attraverso regole appropriate, incentivi adeguati, scelte coraggiose e lungimiranti da parte di tutti.