Pedofilia: ecco come si combatte
Il Tenente Luigi Mancuso, Comandante della Quarta Sezione del Nucleo Operativo del Comando Provinciale di Roma, è il responsabile della lotta contro la pedofilia per l’intera provincia romana e rappresenta i Carabinieri in seno agli Organismi internazionali contro gli abusi in danno dei minori. L’ufficiale si avvale di personale altamente specializzato e di sofisticate apparecchiature informatiche interconnesse con la maggior parte delle agenzie attive presso gli analoghi reparti mondiali.
Tenente, in che modo la sua Sezione sviluppa le investigazioni?
«Nell’immaginario collettivo, l’investigatore informatico è colui che non si sposta mai dal suo computer. In realtà, si tratta di una figura che, pur disponendo di un’ottima preparazione riguardante il contesto tecnologico, è anche e soprattutto un investigatore tradizionale. L’esperienza acquisita dalla Sezione nel corso degli anni dimostra che il successo di un’attività investigativa dipende dalla capacità di abbinare accertamenti informatici e strumenti classici di polizia giudiziaria come intercettazioni telefoniche, pedinamenti, perquisizioni».
Il vostro compito, con il progredire dell’informatizzazione, è più arduo?
«Internet ha reso facilmente disponibili e accessibili molte risorse informatiche. Diverse soluzioni tecniche si sviluppano fuori dai tradizionali contesti aziendali, ad opera di programmatori indipendenti che poi riversano tali tecnologie sulla Rete. L’ambito in cui operiamo è così dinamico che determinate conoscenze informatiche possono diventare obsolete nel giro di pochi mesi. Tutto ciò rende particolarmente arduo il lavoro degli investigatori e impone loro un aggiornamento che potremmo definire “in tempo reale”».
Il pedofilo telematico che tipo di profilo presenta? Ne può descrivere caratteristiche e temperamento?
«In genere si tratta di una persona apparentemente normale. L’anonimato che caratterizza Internet gli ha dato la possibilità di “sperimentare” una perversione fino a quel momento tenuta nascosta, vissuta a livello intrapsichico. Sicuramente sa utilizzare e sfruttare tecniche estremamente sofisticate. Ciò che rafforza le sue motivazioni e lo porta ad andare avanti è il sapere di non essere solo: aspetto molto importante, perché la Rete ha reso possibile la creazione di “comunità telematiche” di soggetti dediti alla pedofilia, nonostante l’uso quasi esclusivo di contatti virtuali tra gli appartenenti. Ciò non sarebbe stato possibile nel mondo reale per la forte riprovazione sociale che caratterizza la pedofilia».
Quando nel vostro lavoro individuate per via telematica adescatori di minori, qual è la vostra reazione?
«I crimini commessi in danno di minori, per intuibili ragioni, presentano un alto rischio di coinvolgimento emotivo da parte degli investigatori. Tuttavia, se questo è umanamente comprensibile per coloro che sono spettatori di queste vicende, non è ammissibile per chi deve svolgere l’attività di indagine. Certo, non è facile conservare il giusto distacco professionale in un contesto così delicato, anche perché molti di noi sono genitori. Tuttavia ci sentiamo in dovere di seguire un rigore metodologico nelle indagini, che costituisce anche garanzia di svolgere accertamenti nel modo più obiettivo possibile. Trattenere la rabbia in questi casi ha la sua ricompensa nel momento in cui riusciamo a identificare coloro che abusano dei bambini e, soprattutto, quando riusciamo ad identificare i bambini le cui immagini navigano su Internet. Tirar fuori i minori dal circuito degli abusi è il risultato più gratificante che si può conseguire in questo tipo di attività. Dietro ogni immagine si nascondono storie di sfruttamento e abuso che lasciano traumi, spesso indelebili, nel bambino. Tali considerazioni andrebbero ben tenute presenti, anche da parte di coloro che visitano occasionalmente siti pedofili e che comunque contribuiscono a questo turpe mercato».
Quali Paesi sono interessati dalla piaga della pedofilia telematica?
«La pedofilia su Internet è un fenomeno di portata internazionale, che interessa tutti gli Stati che hanno raggiunto un livello tecnologico sufficiente alla gestione delle reti telematiche. La sua struttura rende difficile attribuire una esatta localizzazione. E infatti, un sito a contenuto pedofilo può essere fisicamente ospitato su un computer (chiamato server) di un determinato Stato, ma amministrativamente gestito da una società estera che, a sua volta, può usufruire di una terza società, anche facente parte di un altro Stato, per tutto quello che concerne la parte dei contenuti. In questo senso, il fenomeno criminale della pedofilia è indubbiamente un fatto globale».
E il turismo sessuale con minori, invece, quali rotte interseca?
«A differenza del precedente, ha una più netta caratterizzazione geografica, individuabile soprattutto nell’area del Sud-Est asiatico (Thailandia e Cambogia), dove la prostituzione minorile è una piaga che interessa tante bambine tra i dieci ed i quattordici anni».
Perché è così frequente che navigando l’adolescente cada nei tranelli dei malintenzionati?
«La Rete offre preziose risorse di ricerca, studio e comunicazione, che sicuramente contribuiscono alla crescita del minore. Tuttavia presenta molte insidie. Immagini, informazioni, strumenti per stabilire contatti sono accessibili senza alcun filtro, né allo stato attuale è tecnicamente possibile applicarne. Esistono degli specifici programmi che permettono di configurare il proprio computer di casa per impedire l’accesso a certi contenuti della Rete, ma non garantiscono una totale affidabilità. Il più delle volte sono aggirabili quando i ragazzi acquisiscono determinate conoscenze tecniche. Informazioni su questi programmi sono facilmente reperibili tramite i principali motori di ricerca».
Può suggerirci dei consigli pratici, tali da salvaguardare i nostri figli dall’entrare in contatto con i pedofili attraverso la Rete?
«La principale raccomandazione, in questo senso, è quella di non lasciare mai solo il minore, almeno nella sua prima fase di contatto con gli strumenti informatici. È consigliabile che l’approccio sia sempre seguito da figure vicine al bambino. In particolare, sarebbe auspicabile che fossero gli stessi genitori ad orientarlo e educarlo ai semplici concetti di base della navigazione sicura: non dare mai informazioni su se stesso o sulla sua famiglia (numeri di telefono, indirizzo di casa) e informare i genitori qualora qualcuno le chieda, anche se si presenta come addetto a servizi Internet; fare attenzione agli sconosciuti incontrati navigando; parlare con i genitori di tutte le persone contattate; non dare mai ascolto a quanti chiedono di mantenere un segreto, e soprattutto non accettare mai di incontrare una persona conosciuta on line».
Sappiamo però che per i più piccoli è facile ricevere messaggi o trovarsi a visitare siti a contenuto pornografico: cosa devono fare in questo caso?
«Prima di tutto non devono mai rispondere, neanche per dire che non vogliono più ricevere il materiale, e si devono sentire liberi di rappresentare questa situazione ai genitori. E comunque, mai accettare nulla che arrivi via Internet da persone che non si conoscono o da siti non sicuri. I siti Internet sono normalmente di libero accesso, per cui se uno sconosciuto chiede di scaricare un programma è consigliabile non aderire: con questo stratagemma sono state realizzate molte truffe (i cosiddetti dialer) che connettono il proprio computer a costosi siti pornografici. Infine, non fornire mai parole-chiave (passwords) a nessuno».
Per concludere?
«Vorrei ricordare ai genitori, o comunque a tutti coloro che si occupano di minori, che è sempre possibile inoltrare segnalazioni relative alle problematiche di cui sopra, anche per posta elettronica, scrivendo al sito Internet dell’Arma dei Carabinieri (carabinieri@carabinieri.it), che provvederà ad interessarci. Sconsiglio invece, anche se animata da buone intenzioni, una deliberata e intenzionale “attività investigativa” da parte del privato cittadino sulla pedofilia telematica o su presunti pedofili, perché lo esporrebbe a rischi sia giuridici (in quanto non legittimato) che personali (per il contatto con soggetti pericolosi). Concludo questo piacevole, virtuale incontro con i lettori de Il Carabiniere ricordando che, in caso di emergenza o sospetti di strani incontri, via Internet e non, giova chiamare il 112, numero telefonico del nostro pronto intervento».