Il nuovo progetto per Cinecittà Holding vuole riportare Cinecittà al centro del sistema cinema attraverso nuovi servizi, attività di supporto e l’attrazione di risorse e investimenti. Tra le nuove strategie: una joint-venture, che unisce la Fiera di Milano Spa a Cinecittà Holding, allo scopo di promuovere il cinema italiano nel nostro Paese e all’estero; un nuovo sito Internet con il supporto di società di telefonia mobile, che, accanto ai contenuti tradizionali, offre nuove e interessanti possibilità di navigazione e di servizi; il potenziamento dell’esercizio, assicurato dal circuito Cineplex gestito da Mediaport, finalizzato alla diffusione del cinema italiano ed europeo (dal 1° gennaio 2004 sono previsti contributi alle sale di cento piccoli comuni nell’ambito dell’iniziativa “Centocittà”); il progetto “Valigetta dell’autore”, in collaborazione con il Ministero degli Esteri, per far conoscere nel mondo il nuovo cinema italiano attraverso gli Istituti Italiani di Cultura; l’iniziativa “Consorzio Cinecittà Formazione”, in collaborazione con la Nuova Università del Cinema e della Cultura (Nuct) e l’Istituto Addestramento Lavoratori (Ial); corsi di formazione in collaborazione tra Italia e Marocco e tra l’Istituto Luce e la Regione Lazio; l’iniziativa “Cineteca dei generi”, 10.000 film dalla cineteca lucana; progetti nel campo dei restauri e della conservazione; il progetto “Les italiens”, 30 films a partire dagli anni Cinquanta, proiettati a Parigi; la rassegna e la mostra di Fellini al Guggenheim di New York; le rassegne monografiche dedicate ai nostri grandi autori. Un progetto, dunque, complesso e innovativo.
Per saperne di più abbiamo intervistato Pupi Avati, presidente di Cinecittà Holding.
Come e con quali finalità nasce il progetto della nuova Cinecittà Holding?
«Cinecittà Holding ha, per tradizione, il ruolo di promuovere, attraverso le società partecipate, il cinema italiano del presente o del passato, per mezzo di varie forme: dall’archivio, distribuzione e produzione dell’Istituto Luce a Mediaport, un circuito di sale con più di 70 schermi. Quest’ultimo ha quote pari al 30% all’interno del circuito cinema, una partecipazione di Cinecittà Studio (dove si gestiscono i teatri e, quindi, gli stabilimenti) del 30%, e Italiacinema, la cui ragione sociale diventerà Filmitalia, una nuova società in associazione con il Mifed (Mercato internazionale del cinema e del multimediale) che promuoverà e commercializzerà il cinema italiano. Oltre a tutto questo, è prevista un’infinità di iniziative tese a promuovere il cinema italiano di oggi. In passato, infatti, Cinecittà Holding si è molto occupata del cinema italiano classico, dando rilievo alle rassegne dei grandi autori dagli anni Quaranta ai Settanta, tralasciando un’attenzione, invece a mio avviso necessaria, nei riguardi del cinema italiano attuale, quello su cui oggi si fonda la nostra industria cinematografica. Perciò il ruolo che con Cinecittà Holding svolgo in questo momento è soprattutto di grande attenzione verso il cinema italiano attuale».
Quali sono i punti più innovativi? Quali le strategie che giudica di maggiore impatto sullo scenario del cinema internazionale?
«Il punto più innovativo è il “rovesciamento della clessidra”. Immaginate una clessidra di cui una parte, quella più in alto, dalla quale poi scende tutta la sabbia, era finora considerata il finanziamento ai film: lo Stato aiutava con quote che arrivavano fino al 70% e, addirittura, al 90% la produzione di un certo tipo di cinema. Questi film, quindi, venivano realizzati, ma improvvisamente cominciavano a trovare qualche intoppo nella distribuzione: in particolare, non riuscivano a sfondare quella sorta di barriera che si era creata fra la distribuzione e l’esercizio, cioè non riuscivano a raggiungere la sala cinematografica. Dei trenta film l’anno finanziati dallo Stato, in certi casi anche di più, ormai da vent’anni nessuno riesce a raggiungere una sala cinematografica. Allora la nostra idea è stata quella di rovesciare la clessidra e, anziché investire così tanto sull’aiuto al finanziamento del cinema italiano, sostenere l’esercente, incoraggiando la sala cinematografica a distribuire il prodotto italiano: sono state scelte cento sale per quest’anno – speriamo che il prossimo diventino duecento – in città inferiori a 150.000 abitanti: città dove il cinema italiano non transita quasi mai. Con queste cento città è stato stipulato un accordo, in base al quale esse distribuiranno per 175 giorni cinema italiano ed europeo di qualità, percependo, alla fine dell’anno, un premio di 25mila euro. Questo è già, fra le tante cose, un aspetto fortemente innovativo, perché non si guarda più alla produzione dei film, ma a come stabilire un contatto fra il cinema italiano e lo spettatore italiano».
Sappiamo che tra le nuove iniziative figura una joint-venture...
«È quella che abbiamo realizzato tra Mifed e Filmitalia, affiancando una società di promozione ad una di commercializzazione. Questo non era mai avvenuto fino ad ora: ci si limitava a dare visibilità al cinema italiano, portandolo in giro nei festival e realizzando rassegne, e augurandoci che ottenesse un qualche consenso, ma mai accompagnati da una società di commercializzazione come il Mifed, che ha proprio nella sua struttura questa consuetudine con i buyers (i compratori). Il cinema italiano oggi, in certi mercati stranieri, è infatti del tutto assente; negli Stati Uniti, attualmente, non sono più distribuiti film italiani, così come in molti altri Paesi. Adesso, grazie a questo nuovo strumento, pensiamo di ottenere un risultato di loro maggiore presenza e diffusione. La nuova società debutterà sul mercato dal prossimo Festival di Berlino, ma è già attiva dal 1° gennaio».
E per quanto riguarda Internet?
«Abbiamo creato una serie di servizi che sono, debbo dirlo con franchezza, più classici, anche se nuovi rispetto al passato. Essi vanno dall’attività di informazione sulla vita del cinema attuale in tutte le sue fasi ad altri più specifici: ad esempio è stata istituita una Film Commission (nata da una convenzione tra il Comune di Roma - Dipartimento alle Politiche Culturali e Cinecittà Holding), che serve per offrire servizi alle società di produzione provenienti da fuori. CineRomaCittà Film Commission – ubicata all’interno degli studi di Cinecittà, in una struttura moderna e immersa nel verde – opera come sportello unico per il rilascio di tutti i permessi necessari all’effettuazione delle riprese cinematografiche, televisive e fotografiche e per fornire alle troupes, come richiesto dalle produzioni, un ventaglio enorme di opportunità: dagli alberghi agli alloggi, ai ristoranti e alle macchine. Poter presentare in tempo reale offerte vantaggiose per mezzo di convenzioni già risolte rappresenta un servizio molto utile. Attraverso i cellulari, poi, riusciremo a mandare la presentazione dei film (a tal fine è stata creato la sezione “Cinecittando”) e una serie di altre cose».
Quali risultati si aspetta nel breve, medio e lungo termine?
«Due anni e mezzo fa il cinema italiano era attestato sul 17% di presenza sul territorio nazionale, una quota bassissima, imbarazzante. Nell’arco di questi ultimi due anni siamo arrivati al 30%, che è un buon risultato. Mi auguro, prima di attendere un ulteriore miglioramento, che questa percentuale si assesti, perché rischia di ridiscendere. I segnali più recenti non sono straordinari, ma, se ci assestiamo sul 30%, il traguardo, alla fine di questi tre anni, potrebbe essere quello di raggiungere quel 40 che è la percentuale di presenza del cinema francese sul mercato domestico: una percentuale di straordinaria importanza, perché lascia agli americani all’incirca il 50%. In tal caso si diventa più interessanti per gli investitori non istituzionali: cioè non è più necessario ricorrere al danaro pubblico, ma si può ricorrere anche a quello privato».