
La vita dei Carabinieri era molto dura, con i minuti contati, con gli impegni scanditi senza l’intervallo di una sola pausa. «Era implicita nell’aspirazione a diventare carabiniere, l’accettazione di una vita severa, rigorosa, governata dal senso della precisione», racconta il generale C.A. Ferrara. L’ora della sveglia nei giorni feriali, durante l’estate, era fissata alle 4 e mezzo. «E da quell’ora di notte, la giornata prendeva svolgimento con ritmo frenetico. S’interrompeva alle 12 per un riposo di un’ora e tre quarti, per riavviarsi al suono della sveglia, verso gli impegni del pomeriggio, per giungere alla sospirata libera uscita di un’ora o poco più, alle 18. Infine, alle 22, il primo segnale di silenzio. La giornata dell’allievo si concludeva dopo circa 12 ore piene di attività didattica e di esercitazioni, esclusi l’intervallo per il primo rancio alle 8,30, quello per il secondo alle 16,15, e per il riposo pomeridiano. Passando dalla Legione Allievi alla Stazione, per il servizio d’istituto, le cose non cambiavano di molto: da Legione a Legione poteva variare di mezz’ora la sveglia, alle 5,00 invece che alle 4,30, come nel caso di Torino rispetto a Catanzaro, ma si recuperava all’ora del silenzio».
E la disciplina era durissima e inflessibile. I superiori invitavano i militi a dedicare al riposo e, soprattutto, allo studio i pochi momenti disponibili durante la giornata.