Non tutti sanno che...

PIACENZA (I Carabinieri a)

Piacenza, 7 maggio 1859: Vittorio Emanuele II, preceduto dai Carabinieri, entra solennemente nella città emiliana.Allorché nel corso della 1^ Guerra d'Indipendenza si rese necessario provvedere alla tutela della sicurezza pubblica nei Ducati di Parma e di Piacenza - dove le popolazioni, dopo l'allontanamento del presidio austriaco e la fuga di Carlo di Borbone, erano insorte chiedendo l'annessione al Piemonte - il Comandante Generale del Corpo dei Carabinieri maggiore generale Federico Costanzo Lovera Di Maria decise di inviare a Parma il capitano De Bardy ed a Piacenza il capitano Ollandini (v.).

All'ordine relativo al capitano Ollandini si accompagnò la seguente lettera del generale Lovera Di Maria, datata 19 luglio 1848: "Sulla mia proposta il ministero di guerra e marina viene di destinare V.S. ill.ma al comando della compagnia dei carabinieri reali nel Ducato di Piacenza, ed il s. tenente sig. Iacquet il quale già trovasi ivi comandato, alla direzione della luogotenenza di Fiorenzuola. Ella dovrà rendersi alla sua nuova destinazione, tosto che avrà restituito al sig. maggiore cav. Ceva codesto comando di divisione e di compagnia.

Dragone di Piacenza, il cui Corpo venne in parte assorbito deai Carabinieri.Dal sig. capitano barone Bardy riceverà a Racenza lo stato nominativo dei bass'ufficiali e carabinieri destinati a comporre la di lei compagnia, i quali provengono tutti dalle stazioni degli antichi Regi Stati, salvo tredici degli ex dragoni che sonosi ivi lasciati per dare conoscenza ai nuovi giunti del distretto assegnato a ciascuna stazione, d'onde li ex dragoni non partiranno fino all'arrivo dei carabinieri, i quali sono in moto per rendervisi dalle differenti divisioni.
Le molto pregevoli di Lei cognizioni nel servizio di quest'arma mi dispensano di darle particolareggiate istruzioni sulla forma e sul modo che debba istituirsi nel ducato di Piacenza. In massima dovrà regolarsi conforme si pratica in tutte le divisioni dei Regi Stati, sennonché colà dovrà esordire di maniera da far apprezzare la buona riputazione, che generalmente si è il corpo altrove guadagnato. Epperciò gli ufficiali, bass'ufficiali e carabinieri dovranno procurare di dare buon conto di essi medesimi con una lodevole condotta, con una costante ed esemplare tenuta militare, spoglia di qualunque oggetto, od ornamento o guarnizione, che non sia d'ordinanza e che possa dare idea di una sconcia od imperfetta uniformità.

Lo zelo deve essere nelle cose di poco momento moderato dalla deferenza che si deve a popolazioni non ancora assuefatte all'esattezza di un servizio regolare, e che potrebbe sembrare vessatorio quando non fosse eseguito con quei modi urbani e di conciliazione che senza nuocere all'adempimento del proprio dovere, inspirano rispetto alla legge e confidenza in coloro, che sono preposti a farla osservare nel comune interesse del Governo e del pubblico.
In un paese nuovo le opinioni non possono ancora essere tutte ben determinate: ve ne saranno quindi delle favorevoli, delle opposte e delle dubbie circa l'attuale Governo. L'urtare di fronte coloro che sarebbero contrari o dubbi non sarebbe certo il modo di farli ricredere. Meglio vi si riuscirà con la tolleranza e quando non s'adoprino a sovvertire l'ordine di cose stabilito, converrà non farvi attenzione, limitandosi a denunciarle alle competenti autorità allorché si riconoscessero veramente pericolose. Raccomanderà Ella a questo riguardo l'osservanza delle varie istruzioni contenute nel dispaccio del ministero dell'interno, stato diramato con la circolare di massima n. 148.

Li bass'ufficiali e carabinieri che le ho destinati appartenendo tutti da alcuni anni al corpo, prescelti fra quelli di migliore condotta, sono persuaso sapranno facilmente comprendere che per bene esordire e poter prestare un utile servizio e farsi stimare conviene tenersi in perfetta buon'armonia con le autorità e la guardia comunale
".

Considerato che a tale lettera seguì il 9 agosto l'armistizio di Salasco, ben poco il capitano Ollandini poté fare di quanto gli era stato affidato, ma le sue doti personali trovarono risalto proprio nella situazione incerta e difficile creata dall'armistizio, che tra le sue clausole conteneva quella della conservazione nei Ducati della forza dei Carabinieri, a tutela dell'ordine pubblico. Senonché ai primi di settembre il generale Thum, comandante austriaco della piazza, con vari pretesti ingiunse all'Ollandini di abbandonare coi suoi dipendenti la città, dichiarando che un governo militare provvisorio austriaco avrebbe provveduto ad ogni servizio. Ma l'Ollandini non si piegò all'ingiunzione, dichiarando che, trattandosi di una palese violazione dei patti armistiziali, pretendeva un ordine scritto, perché il suo governo potesse valersene, e di tutto informò prontamente il generale La Marmora, comandante delle truppe piemontesi di avanguardia, dal quale dipendeva in quel momento.

Il contegno fermo del capitano lasciò alquanto interdetto il generale Thurn, il quale, ben sapendo quanto arbitrario fosse il suo ordine, si astenne dal metterlo su carta e, mutando tattica, cercò di raggiungere egualmente lo scopo con l'opera persuasiva e con le lodi. Ma l'Ollandini, pur comprendendo che la partita non poteva in definitiva essere vinta, ritenne di rimanere sulle sue posizioni di intransigenza. Riferiva subito dopo i particolari del colloquio al generale La Marmora con la seguente lettera-rapporto:
"L'Imperiale Reale comando generale austriaco qui in Piacenza, per scrivere quella lettera di cui ieri ebbi l'onore di parlare a Vostra Signoria illustrissima, vi ha pensato sino a quest'oggi sino ad un'ora dopo mezzogiorno: questa mattina diede una nota al sindaco per essere informato se noi eravamo partiti, se ci disponevamo a farlo e quando.

Come io dissi di sopra verso un'ora dopo mezzogiorno sono stato chiamato dal luogotenente maresciallo Thurn, il quale mi diede lettura di uno scritto con cui dimostrava in poche parole tutta la convenienza che io avrei avuto a ritirarmi. Il suo ragionamento era questo: le autorità sarde compresi i tribunali civili e criminali devono evacuare Piacenza, e questa città dovendo essere retta da un governo provvisorio militare austriaco, ne consegue che i carabinieri reali piemontesi non possono più avere in Piacenza nessuna missione da compiere. Ho risposto al luogotenente maresciallo che il discorso era logico, ma che nè io nè i miei dipendenti potevamo lasciare la città senza incorrere in grave responsabilità, imperciocchè l'8° degli articoli convenuti tra lui e il signor conte Bricherasio m'imponeva l'obbligo di rimanere coi miei carabinieri al nostro posto; che il consiglio per iscritto di cui voleva favorirmi non garantiva, non lo avrei perciò accettato, nè l'avrei eseguito. A conferenza vi era un altro generale ed il capo di stato maggiore e tutti mi vollero persuadere che era del mio meglio di andarmene. Non mi lasciai sgomentare e stetti fermo nel mio proposito tuttochè essi impiegassero tutte le arti per arrivare nel loro intento e finii per concludere che se non mi davano ordine imperativo di partire, e per iscritto, per comprovare che essi me lo avevano imposto, i . o non mi sarei mosso. Allora fra di loro si consigliarono: lessero e rilessero i dispacci del maresciallo Radetzky e già sembrava che il luogotenente generale Thurn fosse disposto a darmi quest'ordine, quando il capo dello stato maggiore, avvedutosi della mia insistenza che lo scopo mio era poi di protestare formalmente della violenza che mi volevano fare contro la data fede, ne lo dissuase, per cui egli conchiuse che ne avrebbe scritto a Vossignoria illustrissima ed in caso nulla avesse potuto da Lei ottenere, io sarei rimasto qui coi miei carabinieri in mezzo a loro. La mia condizione si fa ognora sempre peggiore, non me ne sgomento però, e spero di poter condurre a termine la mia missione.

Gli Austriaci continuano ad essere sempre sfacciati ed impudenti nelle loro domande; a questi cittadini non vogliono lasciare che gli occhi per piangere le miserie in cui li avranno ridotti. Sono arrivati a dire al sindaco che se la città non poteva somministrare la contribuzioni in natura di cui era stata testè gravata in modo esorbitante, sarebbero stati mandati distaccamenti nelle campagne ad impadronirsene; eppure essa paga tutti i giorni settemila franchi in danaro sonante, e quattromila in razioni di viveri. Se non si pensa a preservare il territorio posto fuori del raggio militare della città con buona forza, sono essi capaci di mandare ad effetto il loro progetto. Pare si voglia procedere ad una domiciliare perquisizione per sequestrare i fucili della Guardia nazionale; penso che non se ne troveranno, essendo state tutte le armi ben nascoste; e sono molte e molte assai, particolarmente nelle mani del basso popolo, il quale le comprò dai nostri soldati per pochi soldi in occasione della ritirata. Oggi qualcheduno mi ha assicurato che già vi sono delle disposizioni per un accampamento di truppe austriache fuori di città e dentro il raggio stato loro assegnato.

La città ha somministrato l'altro giorno mille cinquecento letti completi per gli ammalati che sono molti e sorpassano i duemila e mi si dice che i medesimi siano mandati a Mantova. Ho l'onore di professarle gli atti del mio profondo rispetto
"
L'atteggiamento assunto dall'Ollandini ebbe la piena approvazione del Governo e tanto il Ministero dell'Interno quanto quello della Guerra furono d'accordo che senza ordine scritto i Carabinieri non dovessero lasciare Piacenza.
Non così invece videro la cosa i due commissari del Re nei Ducati, che dopo avere consegnata al generale Thurn una vibrata protesta, indussero l'Ollandini a cedere, ed egli, anche per esortazione dello stesso gen. La Marmora, si spostò coi suoi dipendenti a Gossolengo, distante otto chilometri. Da quella sede poi, privilegiato posto di vedetta, rese nuovi importanti servizi, seguendo attentamente l'azione del comando militare austriaco, tenendo deste le speranze nella popolazione ed impedendo sconfinamenti di truppe nemiche.

Il 1849 trovò l'Ollandini e i suoi uomini sulle medesime posizioni; ma quando con l'armistizio di Vignale si concluse, il 24 marzo, l'infausta, rapidissima campagna, per i Carabinieri la situazione nei Ducati divenne molto critica. Stando ai trattati, infatti, e all'avviso dello stesso Ministero dell'Interno, essi avrebbero dovuto lasciare i territori emiliani con le altre truppe sarde; stando invece a quanto ordinava il Ministero della Guerra, avrebbero dovuto restare ai loro posti.
L'ufficiale chiese per il tramite dei superiori una decisione da parte dei Governo, ma nell'attesa conservò il più sereno contegno, continuando a riferire ogni utile notizia coi risultati delle sue assidue, preziose osservazioni.
Sui rapporti che si erano stabiliti fra la popolazione e i Carabinieri e sul valore della loro presenza in quel territorio egli ebbe a scrivere il 6 aprile 1849 al Comandante Generale:
" (...) L'opinione pubblica è tutta in nostro favore, e quando le truppe austriache non vi si oppongano, i carabinieri possono senz'altro mantenersi nelle loro stazioni, poiché nei pochi mesi che vi sono rimasti hanno saputo meritarsi la pubblica confidenza. Dirò anzi di più, che quando questo potesse succedere, la nostra presenza sarebbe di grande conforto a quelle oppresse popolazioni e servirebbe ad alimentare in loro la speranza di vedere in breve mutata la loro infelice condizione (...)".

Un grave fatto avvenuto la sera del 5 aprile mise fine alla difficile situazione dei Carabinieri: un distaccamento austriaco portatosi alla caserma di Ponte dell'Olio, dopo avervi frugato dappertutto ed essersi impossessato di ogni cosa, fece prigionieri i tre carabinieri che vi si trovavano, mentre il maresciallo e altri tre militari riuscivano a salvarsi in tempo. La stessa notte era stata anche perquisita l'Osteria dei Sole per catturavi lo stesso Ollandini, che di solito vi alloggiava. Dinanzi ai pericoli di una situazione divenuta ormai insostenibile, l'Ollandini, dopo aver inviata una solenne protesta alle autorità di Piacenza, disponeva senz'altro il ripiegamento delle dipendenti stazioni entro i confini dello Stato sardo, decisione che il Governo approvò pienamente.