Non tutti sanno che...

ASSISTENZA SPIRITUALE

Assistenza spirituale non è l'espressione moderna di quelle pratiche religiose che nel secolo scorso venivano imposte ai militari dell'Esercito sardo-piemontese, e quindi anche ai Carabinieri, ma l'esercizio dei doveri - la cosiddetta cura castrense - oggi affidati verso i militari ai ministri del culto cattolico incorporati nelle Forze Armate.

La presenza di religiosi negli eserciti per l'adempimento del loro ministero ha origini lontane: dai tempi di Costantino e dei primi imperatori cristiani, quando vescovi e sacerdoti officiavano in campo, fino ai sacerdoti castrensi presso le truppe degli imperatori germanici e presso ì Crociati. Nel secolo XVI l'ufficio di Cappellano venne ufficialmente istituito negli eserciti di Spagna, di Ungheria, di Francia e della Svizzera, e affidato a religiosi di Ordini vari, ma presentò taluni inconvenienti, come quello della sua dipendenza dagli Ordinari locali e delle controversie relative alle sue facoltà.

Solamente agli inizi del XVIII secolo la condizione giuridica dei Cappellani militari ricevette una normativa meglio determinata seppure ancora incompleta, permanendo, ad esempio, il loro obbligo di presentare le patenti ai parroci locali.

Nei primi decenni dell'800 le norme vigenti in materia di osservanza degli obblighi religiosi erano piuttosto perentorie.

Nel Regolamento Generale emanato il 16 ottobre 1822 per l'allora Corpo dei Carabinieri l'art. 471 stabiliva infatti nella prima parte che l' "adempimento dei sacri doveri" era imprescindibile nel Carabiniere e che "la menoma trascuranza nell'adempirvi lo renderebbe, in ragione, più colpevole d'ogni altro Cristiano, anche presso il Pubblico stesso" (v. Religione).

Nella seconda parte lo stesso articolo disponeva:
«Non può entrare nelle competenze della militare disciplina la vigilanza sulla frequenza di quegli atti religiosi, che soltanto si consigliano dalla Chiesa per il maggior vantaggio dei Cristiani; ma cade specialmente nelle dipendenze della disciplina stessa il tener mano a che siano esattamente adempiuti quegli obbligatori, come l'accostarsi ai Sacramenti nel tempo pasquale o circostanza di grave malattia, e l'assistere alla santa Messa nei giorni festivi. I Comandanti delle Stazioni sono sotto la più stretta responsabilità incaricati di vegliare a che nessuno dei loro subordinati ometta questi sacri doveri. Ogni domenica od altra festa di precetto essi riuniranno possibilmente l'intera loro brigata, e si recheranno con essa alla Messa parrocchiale, procurando ed esigendo, che quei Carabinieri, che per urgenza di servizio non potranno intervenirvi, assistano ad altra Messa. I doveri dei Comandanti di Stazione verso gli individui ammalati sono specificati nell'articolo relativo susseguente n. 501.
In quanto all'adempimento del precetto pasquale, spirato il termine prefisso dalla Chiesa, essi trasmetteranno un certificato del Parroco locale pel solito canale gerarchico al Comandante della Divisione, il quale è incaricato di far conoscere al Colonnello nominativamente quei Bass'Uffiziali e Carabinieri che non vi si saranno conformati.
In occasione in cui abbiano i Carabinieri ad assistere a sacre funzioni, devono tenersi riuniti in ordine militare e nel contegno il più decente.
Qualunque atto o postura che possa tendere all'irriverenza deve essere punito rigorosamente
».

L'art. 501 prescriveva: "I Comandanti delle Stazioni sono incaricati sotto la loro responsabilità di vegliare a che vengano per tempo amministrati li sacramenti agl'individui della Stazione, ove la loro malattia potesse presentare sintomi pericolosi, ed in tale circostanza avranno cura che sia il SS. Sacramento scortato dalla brigata in tenuta festiva".
In quel tempo, quindi, i militari delle Stazioni dell'Arma praticavano nelle chiese della rispettiva parrocchia i doveri religiosi loro richiesti ed il parroco era tenuto a darne testimonianza nei casi citati dal Regolamento.

Allorché il Regio Brevetto del 31 maggio 1836 firmato da Carlo Alberto emanò nuovi provvedimenti relativi al Corpo dei Carabinieri, nel "Quadro di formazione" ad esso allegato apparve per la prima volta, in aggiunta alla categoria degli ufficiali, la figura del Cappellano, collocata dopo i sottotenenti ma prima del Chirurgo maggiore, del Chirurgo maggiore in 2^ e del Quartiermastro, il che fa ritenere che disimpegnasse i propri compiti presso il Comando Generale dei Corpo con funzioni di sovraintendenza all'adempimento delle pratiche religiose da parte dei Carabinieri.

Dal Regolamento del Corpo dei Carabinieri pubblicato nel 1867 a seguito del Regio Decreto 24 gennaio 1861 relativo alla riorganizzazione dello stesso Corpo si ricava all'art. 5 che solamente la Legione Allievi (istituita nel 1861 insieme con 13 Legioni territoriali) comprendeva nel suo Stato Maggiore un cappellano, che scompare invece dal Quadro di formazione dei Comitato (nuova denominazione del Comando Generale).

Nello stesso Regolamento vengono però sostanzialmente confermati i doveri religiosi spettanti ai Carabinieri.

Una nota apposta in calce alla pagina che riportava l'articolo suddetto rinviava, per gli acattolici, al Regolamento di Disciplina militare per la Cavalleria (edito il 25 febbraio 1864 e considerato per legge esteso ai Carabinieri), il quale disponeva al paragrafo 206: "Gli acattolici saranno dispensati dall'intervenire alle funzioni puramente cattoliche, eccettuate le parate e le altre funzioni militari, cui siano comandati di servizio. Ove talun acattolico infermo richieda i conforti del proprio culto, i ministri di questo saranno ammessi ad assisterlo senza impedimento".

In virtù dello stesso Regolamento di Disciplina il cappellano era assimilato al grado di capitano.

Ma subito dopo l'emanazione delle norme suddette l'indirizzo laico assunto dalla politica italiana provocò, sotto pretesto di economie di bilancio, la graduale soppressione dei 189 Cappellani militari esistenti nell'Esercito, che si chiamavano "direttori di spirito" presso gli istituti militari di educazione.

L'ufficio di Cappellano della Legione Allievi Carabinieri venne abolito con R.D. 6 gennaio 1867. Rimase solamente il diritto dell'Autorità militare di ripristinare i Cappellani in caso di guerra.

Nel 1915, a seguito della mobilitazione generale e per volontà del Capo di Stato Maggiore generale Luigi Cadorna, il R.D. Luogotenenziale del 27 giugno n. 1024 così dispose all'art. 1: "E' istituita la carica di Vescovo di campo. Il Vescovo di campo avrà l'alta direzione del servizio spirituale nel R. Esercito e nella R. Marina ed avrà autorità disciplinare ecclesiastica su tutti i Cappellani di Terra e di Mare".

I Cappellani vennero assegnati a tutti i Reggimenti (compreso quindi il Reggimento Carabinieri mobilitato) e reparti corrispondenti di altra specialità; agli ospedali, ospedaletti e sezioni di sanità; ai treni sanitari, agli ospedali di riserva e territoriali, nei quali ultimi venne destinato un Cappellano per ogni 400 letti.

Alla fine della 1^ Guerra Mondiale essi furono conservati temporaneamente con il R.D. 29 ottobre 1922, ma, per l'avvenuta abolizione del Vescovo di campo, si fece ritorno al sistema dei Cappellani dipendenti dagli Ordinari locali e con semplice giurisdizione delegata.

Un nuovo Ordinamento della Curia castrense si ebbe con la legge 11 marzo 1926 (e con il R.D. di applicazione 9 agosto Successivo), che istituì anche in tempo di pace l'Ordinario Militare preposto ai Cappellani assegnati nel numero di 27 all'Esercito, nel numero di 5 alla Marina e, in numero da determinare, all'Aeronautica.

Il Concordato Lateranense firmato l'11 febbraio 1929 disciplinò negli articoli 13-14 e 15 il servizio religioso nelle Forze Armate armonizzando i diritti della Chiesa con quelli dello Stato.
In atto, l'assistenza spirituale all'Arma dei Carabinieri (e alle altre Forze Armate) è regolata dalla legge 1° giugno 1961 n. 512, modificata dalla legge 22 novembre 1973 n. 873.
I Cappellani militari vengono scelti e preparati dall'Ordinariato Militare, che li assegna ai vari reparti, in base alle esigenze.